Il passato è una terra straniera

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  1. Cuore d'inchiostro
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    audrey-hepburn-september-1954
    Passi lenti, misurati, come se in quei disperati momenti di pensiero interiore si ritrovasse a ponderare persino sull'aria che i suoi polmoni respiravano, bronchi e bronchioli che rispondevano ad ogni minima volontà, desiderosi di vivere come lo era la loro legittima proprietaria. La donna a cui apparteneva l'apparato respiratorio controllava ogni passo, percependo e riconoscendo ogni muscolo che usava, ogni tendine messo in funzione, ogni ossa che digrignava contro l'altra.
    Era sempre stata esile di costituzione, e, nonostante fosse più alta della media femminile, non era mai risultata così magra da apparire denutrita. Certo, non particolarmente formosa o appetibile come giovane, più che altro un corpo adatto alle sfilate di moda, ma non aveva mai superato di molto la soglia dell'anoressia.
    Ora, però, una folata di vento troppo forte l'avrebbe spazzata via, cancellandola e lasciando al suo posto qualche granello di polvere e molte ossa vuote e tristi.
    Faceva molto caldo quel pomeriggio, ormai la bella stagione si stava risvegliando, e così aveva fatto lei. Gli occhiali da sole le facevano guardare il Museo della città scuro e tetro, e per quello li tolse, osservando la costruzione magnificamente fatta. Era bello quel museo non solo all'interno, ma anche all'esterno.
    Lentamente, gustandosi ogni passo nelle sue scarpe dal basso tacco, nere traforate, raggiunse il grande patio, facendo il suo ingresso nella "hall". Grande, spaziosa, gli occhi scuri come inchiostro di china si posarono sul soffitto affrescato, meraviglioso nella cura dei dettagli e nel restauro. Una segretaria dall'aria impegnata le chiese un compenso per avere il permesso di entrare. Volentieri Lia pagò, prendendo i soldi da una borsa a tracolla che evidenziava le ossa e l'ignorabile seno. Preso il biglietto con diversi foglietti esplicativi girò subito verso l'ala destra. Per iniziare una valeva l'altra, dopotutto.
    Si guardò un po' in giro, l'ala romana e greca era molto cambiata negli ultimi 8 anni. Quanto tempo era stata lontana da quel luogo...Quanta magia, quanta storia, quanti odori si era persa. Le narici della francese erano pregne dell'odore della storia, della cultura, della sapienza e dell'arroganza.
    Una parte di lei detestava la storia, preferendo a questa la storia dell'arte: la storia è scritta dai vincenti, quella dell'arte da tutti.
    Eccola, la sezione Antica Grecia. Anfore, sculture, molto sculture, la osservavano disegnando storie al suo passaggio.
    Si fermò davanti all'imponente statua di Perseo con in mano la testa di Medusa mentre nella destra stringeva il coltello ipoteticamente sporco di sangue. Meraviglioso, pieno di virtù e bellezza. Ma forse un po' più di sentimento non avrebbe guastato. Da una grande appassionata di Caravaggio, di Goya e di Gentileschi, cosa ci si poteva aspettare?
    Lia rimase lì davanti a fissare il volto immobile ed eterno di Perseo, pensando a chi assomigliasse. Pallore, immobilità, antichità. Sorrise lievemente, le mani strette l'una nell'altra, la maglia nera attillata che la faceva apparire ancora più magra, i pantaloni neri lunghi fin sotto il ginocchio. Un mimo, più che altro, pareva. Una mano andò a sistemarsi rapida, più che altro come un vizio, i capelli scuri legati in una crocchia, posandosi poi sulla frangia, sbarazzina al punto giusto. Metodica, studiata in ogni cosa che faceva, lo sguardo profondo puntato sul vuoto del viso della statua. Nessuna emozione, nessuna gioia della vittoria, nessuna felicità di non aver perso la sua vita. Che spreco, così poca emozione.


    Attendo Styll
     
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  2. •Styll«
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    alex

    "Il passato è una terra straniera"


    L
    egenda
    Narrato - Pensato - Parlato - Parlato Altrui




    Heard melodies are sweet, but those unheard
    Are sweeter; [...]
    «Beauty is truth, truth beauty,»- that is all
    Ye know on earth, and all ye need to know.
    ~ John Keats - Ode on a Grecian Urn



    T
    u, ancora inviolata sposa della quiete! Figlia adottiva del tempo lento e del silenzio, narratrice silvana, tu che una favola fiorita
    Racconti, più dolce dei miei versi, quale intarsiata leggenda di foglie pervade la tua forma, sono dei o mortali, o entrambi, insieme, a Tempe o in Arcadia? E che uomini sono? Che dei? E le fanciulle ritrose? Qual'è la folle ricerca? E la fuga tentata? E i flauti, e i cembali? Quale estasi selvaggia?

    Alexandra aprì gli occhi, mentre le parole sparivano davanti i suoi occhi, come scritte, impresse sulle palpebre. Rimase a rimirare il cratere greco e sorrise piano guardando come era stata dipinta grassa sua zia Scilla; il nero e il rosso tipico di quei manufatti greci antichi le ricordavano il passato - il suo primo passato - e ogni tanto un tuffo nella propria infanzia va fatto; tutti dovrebbero farlo.
    Voltò il capo lentamente, guardandosi intorno e dirigendosi verso la scultura marmorea posta su un piedistallo rappresentante un satiro nell'atto di suonare un flauto immobile.
    Sì, le melodie ascoltate sono dolci, ma più dolci ancora son quelle inascoltate. Su, flauti lievi, continuate, ma non per l'udito; preziosamente suonate per lo spirito arie senza suono...
    Sempre camminando piano, dirigendosi verso un altro cratere, rappresentante due giovani rincorrersi sotto delle chiome d'alberi, e poi spostando lo sguardo sugli altri due vasi lì affianco, rappresentanti lo stesso soggetto, e ancora davanti un foglietto esplicativo che si fermò a leggere.
    E tu, giovane, bello, non potrai mai finire il tuo canto sotto quegli alberi che mai saranno spogli; e tu, amante audace, non potrai mai baciare lei che ti è così vicino; ma non lamentarti se la gioia ti sfugge: lei non potrà mai fuggire, e tu l'amerai per sempre, per sempre così bella...ah rami, rami felici! Non saranno mai sparse le vostre foglie, e mai diranno addio alla Primavera; e felice anche te, musico mai stanco, che sempre e sempre nuovi canti avrai; ma più felice te, amore più felice, per sempre caldo e ancora da godere, per sempre ansimante, giovane in eterno. Superiori siete a ogni vivente passione umana che il cuore addolorato lascia e sazio, la fronte in fiamme, secca la lingua.
    E chi siete voi, che andate al sacrificio? Verso quale verde altare, sacerdote misterioso, conduci la giovenca muggente, i fianchi morbidi coperti da ghirlande? E quale paese sul mare, o sul fiume, o inerpicato tra la pace dei monti ha mai lasciato questa gente in questo sacro mattino? Silenziose, o paese, le tue strade saranno per sempre, e mai nessuno tornerà a dire perché sei stato abbandonato.

    Passo accanto un cartello che imponeva di non utilizzare la macchina fotografica e continuò a girare svagandosi senza tempo per la zona relativa all'epoca classica del museo della città; urne, statue, bronzi e ricostruzioni, il tutto in un insieme ben ordinato che comprendeva quasi mille anni di storia. Se fosse stata un'artista, forse, le sue opere sarebbero state lì; se fosse stata una scultrice, o una pittrice in epoca più tarda, o così via, magari avrebbe pagato un biglietto per rimirare di nuovo qualcosa che aveva creato...ma non lo era? Lei creava arte, con il suo sguardo, lei creava statue immobili nei secoli e nei millenni...lei creava mostri di pietra.
    Il problema era che nessuno le aveva mai sorriso, dopo averla vista negli occhi.
    O forma Attica! Posa leggiadra! Con un ricamo d'uomini e fanciulle nel marmo, coi rami della foresta e le erbe calpestate - tu, forma silenziosa, come l'eternità tormenti e spezzi la nostra ragione. Fredda pastorale! Ancora tu ci sarai, eterna, tra nuovi dolori non più nostri, amica all'uomo, cui dirai "Bellezza è verità, verità bellezza," - questo solo sulla terra sapete, ed è quanto basta.
    Alzò lo sguardo magnetico sulla statua che aveva davanti e rimase immobile, fredda ma non tesa, a guardarla. Quel porco di Perseo, aiutato da quella maledetta Atena, quella cretina moralista che si faceva tanto la sapiente e la giudiziosa...complice dell'uccisione di Medusa! E che aveva fatto, lei? Se ne stava per fatti suoi, a custodire un tesoro, in una caverna, senza dare fastidio a nessuno che non la stuzzicasse...e si era pure trovata uccisa! Atena aveva giocato con gli uomini, tutti gli dei si divertivano così, e - bontà d'animo - quell'essere semi divino non solo aveva scelto di vivere nella sua vera forma non umana, non solo era andata a vivere da eremita, non solo facesse il suo lavoro, era pure ricordata come la cattiva della situazione - ah! Com'è ingiusto il mondo. Ma Alexandra questo l'aveva capito, e da molto tempo. E i suoi occhi si distolsero dal mortale reso immortale dall'arte per soffermarsi sulla figura minuta e sottile vestita di nero, lì davanti.
    Sembrava che potesse cadere da un momento all'altro con tutte le ossa spezzate; e il contrasto accentuato dalla grandezza della statua a lei di fronte la faceva sembrare quasi una bambina. Si avvicinò alla teca con le informazioni sull'opera e rimase a leggere.

     
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  3. Cuore d'inchiostro
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    Se fosse stata lei l'eroina ad aver ucciso la Gorgone, sicuramente avrebbe avuto un'espressione migliore.
    Non era sua abitudine giudicare, ma lo sguardo di Perseo in quel momento lo rendeva proprio antipatico e patetico, gli occhi vuoti e il volto di chi non aveva fatto niente, ma teneva per caso una testa a penzoloni dai suoi serpenti.
    Fosse stata lei avrebbe riso fino alla morte, soddisfatta della sua vittoria sulla bestia, orgogliosa della gloria che gli Dei le avevano donato. Beh, lei forse no, non amava particolarmente eliminare creature così interessanti. Non ne avrebbe nemmeno avuto la forza, in quel momento, e forse nemmeno mai.
    Ogni creatura, esistente o meno, era stata pensata e creata da Dio per un motivo, che gli uomini non lo potessero sapere era un'altra faccenda.
    Il disegno divino non era e non doveva essere noto a nessuno, quindi perché alcuni uomini, semi-dei o chissà cos'altro si ritenevano così importanti importunare il disegno di Nostro Signore?
    Se quella Gorgone esisteva, c'era un motivo. Forse quegli uomini e donne trasformate in pietra erano esseri malvagi o che prima o poi con il loro operato avrebbero contrastato l'operato di qualcuno di più importante, di più utile.
    Chi era Perseo per ritenersi giudice e boia di una creatura tale?
    Le sottili sopracciglia dell'Osservatrice si aggrottarono lievemente a quei pensieri, lo sguardo rivolto al viso dell'alta statua in bronzo. Lia distolse lo sguardo, irritata dai suoi stessi pensieri, posandolo poco più in là, dove un movimento aveva attirato la sua attenzione. Una ragazza, apparentemente più giovane lei, lunghi capelli e grandi occhi verdi, quest'ultimi squadravano la teca con le informazioni sull'opera. Era una gioia vedere ragazze così giovani interessarsi all'arte in un'ora così desolata ed in un'epoca così priva di cultura.
    Un paio di passi leggeri e la raggiunse, facendo scorrere lo sguardo dalla teca alla statua inespressiva.
    Perché non fare conversazione? Dopotutto erano 8 anni che non parlava con uno sconosciuto.

    -E Perseo stesso, figlio di Danae, stava ritto come
    chi si affretta e trema per la paura: alle sue spalle
    le Gorgoni tremende e innominabili si lanciavano
    pronte a ghermirlo; e mentre avanzavano sul pallido
    acciaio, risuonava lo scudo di un rombo pesante,
    acuto e stridente-
    tradusse dal greco antico una delle scritte poste nella teca, in diretta dallo "Scudo di Eracle" a voce non troppo alta da disturbare ma abbastanza da essere udita dalla ragazza.
    Attese un istante, poi rivolse un sorriso alla giovane bionda.
    -E' rincuorante vedere donne così giovani interessarsi all'arte. Ormai di questi tempi non se ne trovano più.-
    Un po' come parlare del tempo, della sparizione delle mezze stagioni, di come gira l'economia. Un modo per rompere il ghiaccio, un modo per attaccare bottone.


    CITAZIONE
    -Conoscenza lingue morte
    Liv. I – Leggere e tradurre testi greci e latini



    Edited by •Styll« - 20/9/2012, 18:38
     
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  4. •Styll«
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    alex

    "Il passato è una terra straniera"


    L
    egenda
    Narrato - Pensato - Parlato - Parlato Altrui





    D
    ei passi così leggeri da sembrare piume che cadevano sul pavimento; se non l'avesse notata prima, quella donna minuscola, Alexandra avrebbe voltato la testa per guardare chi mai potesse produrre un suono così minuscolo poggiando i piedi sul pavimento, ma era concentrata a screditare la terribile traduzione che avevano dato al testo greco lì affiancato; non rendeva minimamente l'idea della musicalità o del ritmo, in quell'inglese crudo. Rimase a leggere, sovrappensiero, finchè una voce non la riportò alla realtà: "E Perseo stesso, figlio di Danae, stava ritto come chi si affretta e trema per la paura: alle sue spalle le Gorgoni tremende e innominabili si lanciavano pronte a ghermirlo; e mentre avanzavano sul pallido acciaio, risuonava lo scudo di un rombo pesante, acuto e stridente"
    La donna alzò lo sguardo sul viso minuto dell'altra, che sembrava aver tradotto sul momento ciò che c'era scritto sulla teca; o, almeno, aveva detto praticamente le parole che lei aveva letto in greco qualche attimo prima. La ragazza con i capelli scuri disse ancora qualcosa, ma lei non le rispose, assorta dal suo viso, stupita, prima di continuare, a memoria: "Alle loro cinture stavano appesi due serpenti con le teste tese in avanti; e questi sibilavano, muovendo i denti con furia, lo sguardo selvaggio; sulle teste terribili di Gorgoni si agitava un’immensa paura."
    Il tempo sembrò dilatarsi. O quell'essere era una creatura con qualche specie di bizzarro dono, o sapeva il greco antico a menadito, oppure sapeva le parole dello Scudo d'Eracle a memoria. Alexandra sperò che non fossero tutte e tre messe assieme.
    "Non pensavo che una persona così giovane potesse conoscere così fluidamente una lingua che è morta quasi tanto quanto il latino" disse con sincerità e una punta di sarcasmo, alzando le sopracciglia e guardando meglio il suo interlocutore. Quella mingherlina le stava già simpatica; sperando che non fosse una qualche sorta di creatura - e quindi che dovesse rivalutare quella prima impressione.
    "Perseo e Medusa" disse soltanto, indicando con il capo la statua e poi tornando sullo sguardo sulla teca, per allontanarsi quasi subito dopo e dando voce ai suoi pensieri di poco prima "Non ho mai visto una traduzione di un testo così patetica come quella in questa teca..." poi, rivolgendosi direttamente a lei "Ma deve saperlo tanto quanto me, se non meglio; per tradurre così bene queste parole, dev'essere per forza una specialista!"
    Aveva gettato l'amo; se così si poteva chiamare. Alexandra attendeva ora la sua prossima mossa.



     
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3 replies since 8/6/2012, 22:01   88 views
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