Is it real?

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  1. °°Midnight°°
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    Nell'ora più alta
    dell'oscurità assoluta,
    risplende
    il figlio della notte.



    Era tornato, dopo tanto tempo, quel sentimento d'inspiegabile malinconia. Una sorta di maledizione che si portava dietro da moltissimo tempo, ormai. Credeva che fosse dovuto all'eesere costretto in una forma che non era quella originaria: vestire i panni di un uomo comune, seppur bellissimo, era per lui quasi una menomazione. Gli mancava terribilmente la sensazione dell'aria ch'accarezza le piume delle sue ali di pece, il poter sentire i caplli accarezzate dalle onde di potere che il suo corpo emetteva ed il poter osservare i strani simboli che gli comparivano sulla pelle. L'umana, candida, pelle di cui era rivestito gli donava lo stesso senso di costrinzione che gl'avrebbe dato una camicia di forza. Per quanto perfetta, completamente priva d'imperfezioni o peli superflui, Shamsiel desiderava poter rimanere più spesso nella sua vera forma. Solo così dava vera mostra di se stesso, solo così faceva capire a chiunque lo guardasse che lui era superiore a tutti. Nessuno escluso. Oltre ad essere l'espressione di un desiderio, era un vero e proprio bisogno. Eppure qualcosa lo tratteneva: fino a quel momento s'era trasformato solo per bisogno, quando aveva bisogno di molto potere per affrontare un qualche avversario ed una voce interiore gli diceva che quella era la strada giusta da percorrere. La magnificenza della sua vera forma sarebbe stata compresa da pochi e fraintesa da molti. Era dunque più saggio attendere, ma la tentazione era troppo forte.

    In una notte buia di metà dicembre una figura aggraziata passeggiava per le diserte vie dei giardini di Nouvieille. I suoi passi erano leggiadri e pacati, che componevano un'andatura nè troppo spigliata, nè troppo lenta. La mezzanotte era già scoccata da un'ora buona e quasi nessuno s'azzardava a girare per la città. Questa, assopita, pareva rivestita di una sorta di manto che attutiva ogni suono e le rendeva ovattato. Colui che camminava si beava di tutto quello: la pace della notte era, in assoluto, la cosa che più adorava. Non sembrava interessato a nulla di quello che lo circondava: avanzava come trasportato da un'inconscia volontà che lo stava indirizzando verso un particolare posto. In realtà, Shamsiel, non aveva meta alcuna, se non quella che l'avrebbe portato il più lontano possibile dal caos cittadino. Aveva scelto i giardini proprio per questo: sebbene di giorno fossero uno dei luoghi più rumorosi della città, la notte assumevano una quiete davvero invidiabile. Prima d'uscire s'era avvolto in un lungo cappotto d'un blu molto scuro, modello Loden, che gli arrivava fino a quasi metà polpaccio. Sotto ad esso stava ben nascosta un maglione di caldo cotone, candido come la neve che sicuramente anche quell'anno sarebbe scesa, mentre sbucavan da sotto la stoffa del cappotto un paio di jeans dal tessuto molto spesso e scuro. Delle anonime scarpe in pelle nera chiudevano la sua figura longilinea. I lunghi capelli erano raccolti alla nuca da un nastrino in raso nero, con le punte che formavano dolci boccoli appena accennati. L'acconciatura non gli aveva richiesto che una ventina di minuti e gli conferiva una bellezza decisamente più femminea del solito. Forse, questa, era anche accentuata dal filo di matita nera che l'angelo aveva appicato agli occhi, in modo da renderli molto più profondi e magnetici e dando risalto al color ametista delle iridi. Avanzava con le mani sprofondate nelle tasche del cappotto, ben al riparo dall'aria pungente della notte, e col mento alto: che mai si potesse dire che Shasiel avanzasse a capo basso! Intanto nella mente continuava a presentarsi quel desiderio ricorrente, come una sorta di tarlo che non voleva saperne di quietarsi e di smettere di rovellargli in testa. Si mise, così a riflettere: da quando si faceva problemi sul giusto e sullo sbagliato? Da quando si preoccupava che qualcuno potesse vederlo? D'altronde era proprio quello che voleva: essere visto al suo meglio! Dunque, rimanere lì a ponderare non serviva assolutamente a niente: lui otteneva sempre quel che voleva, fosse anche una sensazione, per pochi attimi, di pura estasi di potere. Alzando il viso vide proprio ciò che faceva per lui: un lampione spento, sotto cui era stata messa una panchina a costeggiare il sentierino ghiaiato che stava percorrendo da chissà quanto tempo. Non c'era luce ad infastidirlo od a renderlo troppo visibile e non c'era presenza che potesse importunarlo. Sfruttando la sua capacità di volare senza che le sue ali dovessero mostrarsi, si portò sopra il braccio di quel lampione, per rimanervi in piedi, con, come uniche spettratrici, le stelle ed una flebile falce di luna.

    Cadde il cappotto, poi il maglione ed, in fine, la camicia che sotto v'era stata nascosta. Shamsiel ebbe la sensazione d'essere trafitto dai mille aghi dell'aria fredda, senza che la cosa gli desse troppo fastidio: si sentiva dannatamente vivo. Chiuse gli occhi, mormorando qualcosa che suonava come una liberazione ed i suoi capelli presero a muoversi, come proprietari di vita. Oscillavano leggiadri, in una danza elegante e senza musica. Il tempo di un respiro profondo e sentì il caratteristico strappo esattamente sotto le scapole: le ali, le enormi ali piumate, avevano fatto la loro comparsa sulla sua schiena. Senza bisogno di guardare sapeva ch'erano comparsi anche i simboli ad adornargli la pelle e sapeva anche che le sue unghie eran diventate artigli affilate.

    Si sentì stranamente appagato. Meglio di un orgasmo, pensò.

    CITAZIONE
    Ali invisibili: Le ali sono di energia invisibile ed e` un vantaggio soprattutto nei combattimenti, quando non si vuol fare uso della resistenza alla gravita`.
    Livello 1 e 2: le ali restano invisibili per tre turni

    SPOILER (click to view)
    Per Raven, sperando che sia di suo gradimento *-*


    Edited by °°Midnight°° - 5/1/2010, 10:47
     
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    La notte era una delle sue compagne di vita, un elemento quasi imprescindibile e indivisibile dalla sua stessa essenza di angelo nero. Di giorno, un uomo dai capelli rossi e neri occupava lo spazio riservatogli nel mondo, che fosse quello umano o della musica, e si muoveva, parlava, compiendo gesti e attendendo il momento appropriato quasi fosse un animale chiuso nella sua gabbia da cui aspettava di poter al più presto uscire. Di notte invece liberava le proprie urgenze, sfogava la sua ferocia su un palco che poteva essere di legno o di piume, un materasso a fare da spettatore ai movimenti, ai gesti e alla fine, al violento copulare e alla vista del sangue rosso e intenso che bagnava le lenzuola solitamente candide. Ma non quella sera, non quando era a caccia.
    La caccia era tutto un altro modo di liberare gli istinti repressi che erano tornati a farsi sentire con vigore nel suo corpo dopo la morte, che la svolgesse nel modo più cruento o sottile. Era stato in qualche modo risvegliato, ma non solo nell'animo quanto nei sensi che sembravano abbracciare molte più possibilità di quante ne avrebbe desiderate: sentiva, vedeva, toccava, assaporava con intensità tale da rimanerne stordito, non sapendo ancora ambientarsi in quella gamma di sensazioni nuove e variegate, confuso dalla nitidezza del mondo. Nonostante questa condizione da pochi mesi acquisita e ancora del tutto sconosciuta, specialmente a lui che si era sempre dimostrato molto più umano di quanto avesse dovuto e che ancora non riusciva a smentire quel proprio lato, non smetteva di ricercare qualcosa di sempre migliore che lo soddisfacesse nella maniera a lui congeniale. Così cacciava, in attesa della completa guarigione, per quanto il vocabolo fosse nel suo caso scorretto, sia per appagarsi ma sopratutto per recuperare il peso perso durante il periodo di coma nella quale era stato relegato per gli otto mesi successivi al ritorno in vita.
    I muscoli in un primo tempo irrigiditi avevano ripreso la giusta mobilità così come non aveva smesso di migliorare l'agilità e l'elasticità, i tendini e i nervi messi a lavoro tra piscina, arrampicata e qualunque sport potesse consentirgli di effettuare una veloce riabilitazione; si era perfino dato alla corsa per incrementare le già sviluppate capacità in previsione di sorprese che sapeva poteva sempre aspettarsi da Nouvieille. Ormai se ne era accorto da parecchio, per la precisione dai tempi dell'intrigante dialogo con una ragazza di nome Selene avvenuto proprio nel parco a cui, ora, era diretto per la solita ricerca di prede: non era quella la città delle creature per eccellenza? Quasi come attirati da un fulcro di energia, proprio lì aveva incontrato esseri di cui non avrebbe nemmeno potuto ipotizzare l'esistenza, e se il discorso non valeva poi così tanto per i vampiri - alquanto diffusi sulla superficie terrestre - invece interessava benissimo un qualcosa di antico e sconosciuto come le ninfe o i suoi detestati simili.

    Comunque erano pensieri abbastanza superficiali questi, che lo accompagnavano nel volo dalla propria casa fino ai giardini, che fossero dell'Alaman Park o i St. Francis, o uno di quegli altri assurdi nomi che gli umani avevano voluto affibiare loro invece di indicarli più intelligentemente come parchi pubblici aperti a tutti e basta. L'aria fredda gli sfiorava la pelle scolorita e gliela pungeva con mille aghi ghiacciati ma anche grazie alla trasformazione praticamente completa e all'abitudine alla noncuranza non sentiva più che un sopportabile fastidio, la forma angelica a mostrare il colore alterato dei capelli, l'assenza di piercing e il corredo di artigli, zanne e piume lucide con cui si sarebbe avventato sul primo passante senza rimorsi, con tutta l'intenzione di divertirsi un po' per conto proprio. Le luci dei lampioni tremolavano nell'aria riflesse sulle ali nere mentre ne regolava i gesti sbattendole, osservando la terra a parecchi metri di distanza con le iridi verdi dalle sclere nere cercando un buon punto per atterrare, ma più di tutto il panorama lo colpiva il punto di vista privilegiato da cui poteva godere di una visuale pressochè totale del luogo. Alberi, vegetazione, siepi, un intrico di natura selvaggia che seguiva l'ispirazione lasciandosi guidare dal sole ingannevole: sorrise, tirando le labbra sbiancate sulla faccia altrettanto pallida. Una piazzola lontana si traduceva in una macchia scura male illuminata in cui le luminarie erano saltate e non certo per colpa sua; si soffermò brevemente a squadrarla prima di virare a sinistra raggiungendo i rami sulla sommità di un tronco abbastanza largo e alto adatto ad offrirgli abbastanza appoggio: si ranicchiò piegato sulle ginocchia, a piedi nudi, sedendosi e spolverandosi i jeans scuri, attualmente l'unico pezzo di vestiario che gli dava una dignità al pari del lenzuolo nero utilizzato mesi prima. Nemmeno gli ovvi stivali erano stati messi, e non faceva sfoggio di nessuna maglia - era a petto nudo per via delle ali - o altri inutili accessori nonostante la descrizione appropriata per il tempo attuale fosse "raggelante" e calzasse a pennello: portava con sè solo il solito anello, l'opale e il pugnale legato allo stinco destro sotto la gamba del pantalone con le apposite cinghie. E ovviamente la fame, tanta fame.

    Raven continuò a sondare la zona per altri minuti stringendosi nelle braccia in cerca di qualcosa di interessante, finchè non gli saltò all'occhio qualcosa di strano nella stessa zona buia di prima, una sagoma che lentamente si innalzava nell'etere e si posava dolcemente sul braccio del lampione spento, solo una figura lontana dai contorni sfocati che poteva benissimo confondersi sullo sfondo blu scuro. Indifferente, rimase a guardarla ancora un po'. Poteva essere qualunque cosa, da un uccello ad un alieno, e a lui non sarebbe importato. Fu però qualcos'altro a spingerlo ad andare a dare un'occhiata, un'imprecisato presentimento che ogni tanto si affacciava all'anticamera del suo cervello per dargli un suggerimento o un consiglio utile che aveva imparato ad apprezzare: si costrinse ad alzarsi sulle gambe, e il rumore del mulinare d'ali sottolineo il suo sollevarsi in volo, fremendo. Al piccolo sforzo si sostituì subito dopo una sferzata di vento che lo fece rabbrividire leggermente; si avvicinò alla zona restando a distanze decenti, in attesa le pupille si abituassero alla nuova condizione di semioscurità. Bastò attendere un mezzo minuto e già potè identificare meglio i tratti della sagoma accomodandosi momentaneamente su un altro ramo, cercando di fare meno rumore possibile nello strusciare delle piume e della pelle contro il fogliame: gli pareva un umano andato ad arrampicarsi troppo in alto per i mortali. Scorgeva anche due escrescenze, qualcosa di simile a due ali sulla schiena ma non ne poteva essere sicuro e, per quanto gliene fregava, poteva anche trattarsi di un cappotto addossato a spalle che svolazzava per l'aspirante novello Dracula da love story a cui piaceva bearsi delle altezze. Un sorriso osceno gli aprì il volto a metà mentre il caduto discostava una ciocca rossa e nera dalla fronte, ridendo a bassa voce e con sincero sarcasmo: qualunque cosa decidesse di fare l'individuo, poco ma sicuro gli avrebbe fatto sperimentare lui l'ebrezza di un piccolo viaggetto delicato e poetico nell'aere fino a terra. E poi avrebbero visto se aveva ancora tanta voglia di giocare a fare l'amichevole Uomo Ragno di quartiere. Così deciso, anche piuttosto divertito dall'idea, senza tanti ripensamenti nuovamente si alzò con un frullare d'ali sollevandosi ad almeno a dieci, dodici metri dal suolo portandosi pressapoco sopra l'obbiettivo e alle sue spalle se aveva fatto bene i calcoli, approssimato di quel tanto che bastava a dare inizio ad una discesa veloce e fulminea: il terreno iniziò ad avvicinarsi pericolosamente mentre come e peggio di un rapace, si gettava sulla sagoma antropomorfa con le gambe appena piegate in avanti, mirando a dargli un bel colpo in modo da, letteralmente, poterlo buttare giù faccia a terra dal suo odioso angolo di paradiso.

    CITAZIONE
    Volo: Una volta che l’angelo ha lasciato libere le sue ali, puo` volare.
    Livello 1 e 2: vola per la durata di tre turni
    Da livello 3 a 5: vola per quattro turni
    Livello 6 e 7: vola per cinque turni
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    Poteva chiaramente sentire la vita, la sua vera essenza, scorrergli nelle vene come avesse sostanza, come se fosse tangibile. Strano, come bastasse così poco per riempirlo di vigore. Da un lato era abbastanza ovvio: la dannazione cui l’aveva costretto l’Altissimo comprendeva anche quello. Aveva pensato proprio a tutto prima di cacciarlo dalle meravigliose schiere celesti -che non aveva mai potuto sopportare, con tutte le loro regole, il buonismo eccessivo e tanti, troppi, angeli che si credevano chissà chi- e gettarlo sulla Terra. Meglio un insulso pianeta, colmo d’individui da corrompere e trattare come burattini, che una sorta di salottino tra le nuvole in cui non era permesso praticamente niente. Per lui, Dio, non era mai stato altro che una terribile scocciatura, altro che un padre. Si stupiva, spesso, del fatto che gl’avesse lasciato la possibilità di ricordare cosa fosse successo prima che venisse schiantato al suolo. Forse faceva parte della sua “punizione” che, in realtà, altro non era stata che una liberazione. Ciò per dire che non gli mancava affatto la sua condizione precedente, se non piccoli dettagli, proprio come il dover tenere nascosto il suo vero aspetto. Ma starsene in piedi, in perfetto equilibrio grazie alle grandi ali piumate, su quel lampione, con la sensazione di poter dominare su quello squarcio di cittadina addormentata, lo riempiva veramente di una sensazione di libertà che rasentava quasi l’assurdo. Si concesse di chiudere gli occhi, inspirando a pieni polmoni l’aria fredda della notte. Intorno a lui non percepiva nessuna presenza che non fosse la propria e ciò non fece altro che accentuare quel sentimento di possesso. Era quasi convinto che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa gli passasse per la mente senza che nessuno giungesse a disturbarlo od a mettergli un freno.

    Sarebbe potuto sembrare un’apparizione, un’illusione o forse un incubo. Era tutto molto relativo quando si aveva a che fare con Shamsiel. Allargò le braccia, sentendo sui palmi delle mani l’energia pizzicare, vibrare ed accarezzargli ogni singola cellula. Non che stesse sfogando tutto il suo potere, che in gran parte ancora tratteneva, ma ne stava liberando abbastanza da essere percepibile a qualcuno che sapeva cosa cercare.

    Un pizzicorio, improvviso, alla base del collo che proseguì in un brivido che gli percorse la schiena nuda e gli fece fremere le ali. Non era più solo. Sentiva occhi estranei fissarlo da lontano, ma era stato tanto preso dalla sua momentanea liberazione da non sentire l’arrivo dell’osservatore. Non si mosse, limitandosi ad aprire gli occhi ed a puntare le sue iridi violette su quella porzione di giardino immersa nell’oscurità. Le sue pupille, a tempo debito, s’abituarono a quella scarsa presenza di luce, ma non riuscirono a scorgere nulla che risultasse un pericolo. Mantenendosi in equilibrio si voltò, cercando alle sue spalle ciò che l’aveva disturbato. Uno scherzo del fato volle che quando l’angelo si voltò, l’altro s’era già librato a metri e metri di distanza, in alto nel cielo. Oltre alla presenza, però, c’era qualcos’altro che lo metteva in allarme, qualcosa di più sottile e leggero, come un sussurro in un orecchio le cui parole erano indistinguibili. C’era un dettaglio che continuava a sfuggirli, un nonsoche di familiare che non riusciva ad afferrare. Non ci avrebbe messo molto, sperava, a scoprire di cosa si trattasse. Seguitava a guardarsi attorno, cercando con lo sguardo anche solo un guizzo che potesse identificare l’avventore, ma nulla gli giungeva, perché continuava a guardare in orizzontale e non puntava gli occhi poco in su, verso quel manto oscuro che era il cielo. Il volo repentino dell’altro venne intercettato quando, ormai, non li separava che una manciata di metri, forse due o tre. Vide questa figura, apparentemente enorme e dotata di quelle che gli parevano essere delle vere e proprie ali come le sue e con un guizzò d’istinto ordinò al suo corpo di prendere le fattezze dell’aria stessa e di sottrarsi, così, a quell’attacco indesiderato. Si lasciò trasportare da una corrente fino al tronco di un possente albero, forse una quercia, completamente priva di fogliame e lì riprese la sua forma tangibile. Questa si trovava abbastanza vicino ad un altro lampione -ad una ventina di metri da quello su cui era appoggiato prima d’esser brutalmente interrotto nel suo momento di gloria- il che faceva sì che una flebile luce lo illuminasse: i capelli che incessantemente ondeggiavano sulla sua schiena, incrociavano il viso dall’espressione quantomeno scocciata, per non dire velata d’ira, per quell’affronto che nemmeno s’era andato a cercare. Esisteva davvero qualcuno più sconsiderato di lui! Seduto su di un tronco, con le gambe a penzoloni, non dava proprio l’impressione d’essere amichevole: detestava essere interrotto in qualunque cosa. Lo sconosciuto l’avrebbe pagata ed anche molto, molto cara. A lui gli affronti non piacevano, affatto.

    “Chi sei, tu, stupido essere che osa interrompermi?” la sua solita voce musicale, durante la trasformazione, s’abbassava di un’ottava e lasciava trapelare qualcosa d’arcaico, d’intrinsecamente inumano. Coi sensi all’erta Shamsiel s’attendeva un nuovo attacco, mentre un flash invase, per un attimo, la sua mente: un giorno di tanto tempo prima nel bosco, un giovane gl’aveva fatto i complimenti per il suo Stradivari e per poco non erano arrivati a dimostrarsi quanto valessero.

    Non può essere… riflettè l’angelo mantenendo alta la guardia.

    CITAZIONE
    Forma gassosa: Permette di diventare un tutt'uno con l'aria stessa. Questa forma pero` non e` da confondere con l’invisibilita`: la forma gassosa e` sempre una forma ‘materiale’ percio’ l’angelo resta invisibile ad occhio umano, ma percepibile da chi ne e` in grado. Si smaterializza, ma le molecole restano sempre nell’aria, percio` bersaglio di incantesimi come il congelamento, che hanno a che fare con il fuoco, la paralisi. Inoltre non puo` attaccare quando si trova in tale forma.
    Livello 1 e 2: durata tre turni.

     
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    Nel suo scendere al suolo aveva fatto tutti i calcoli necessari per non schiantarsi, potendo contare sia sulle ali che su qualsiasi altro tipo di espediente come il lampione stesso per magari appendersi quando avesse gettato a terra il tizio che non sembrava più di tanto in allerta, ma il suo tentativo fallì miseramente non appena le sue gambe furono abbastanza vicine da sfiorare l'individuo, appena intravisto un attimo di luce riflessa. Occhi violetti, capelli neri lasciati al vento, piume e pelle segnata. Gli occhi verdi che foravano il buio con la loro luce quasi al neon sembrarono sorpresi per qualche attimo, ma prima di tutto doveva pensare a fermare la discesa: dato aveva calcolato piuttosto bene il lancio di prima non ebbe nessun problema a sostituirsi alla sagoma, ritto sul braccio del lampione, i piedi nudi a contatto del metallo freddo mentre si abbassava sulle ginocchia e continuava ad osservarsi attorno, le narici sottili a fiutare l'aria. Odore di vegetazione e di linfa, ma sopratutto, puzza di selvatico e la percezione di un altro angelo nero invadevano l'aria ammorbandola, disgustandolo. Ecco, lo sapeva che non si poteva mai andare in giro cacciando tranquilli in quello che era, a tutti gli effetti, il suo territorio: un territorio grande quanto tutti i quartieri alti e forse anche quando tutta la città intera, nessuna zona esclusa tranne quelle in cui circolavano e cacciavano i vampiri, e che evitava più per l'eventualità di incontrare un Vitra vecchio e magari ancora abbastanza incazzato per la morte di Asterios che per personale timore. Conosceva Nouvieille da tre anni, troppo a lungo e troppo a fondo perchè non la considerasse in un certo modo sua. Era ancora egoista per certe cose.
    Finalmente un segno gli arrivò alle orecchie, un ronzio fastidioso solitamente prodotto dagli altri, e il rumore dei propri artigli che ticchettavano sul freddo e lucido ferro diminuì di intensità così come la sua frustrazione, pur non essendo molto entusiasta di com'era finita la sua sorpresina di poco prima. Si mise comunque ad ascoltare dando poco conto alle parole piene di vanità dell'altro, sicuramente un maschio dalla tonalità bassa e melodiosa che per lo meno non gli feriva i timpani. Ma che razza di richiesta era voler sapere chi fosse? In genere la vittima non domandava il nome all'omicida dato era meglio prima difendersi, logicamente, e poi magari passare ad una breve chiacchierata confidenziale nella quale ci si poteva anche sfottere amorevolmente come tanto piaceva a lui; probabilmente però l'esaltazione del bersaglio arrivava alle stelle, e forse si credeva un qualche tipo di supereroe a fumetti di quelli che restavano a blaterare anche per ore prima di mollare il colpo di grazia. E poi dargli dello stupido era un vero e proprio suicidio. Fosse almeno stato uno stridio insulso avrebbe evitato di stare a sentirlo per passare all'azione, ma (purtroppo) in quel caso preferì tacere e cercare di individuare il rumore, che si scoprì provenire da un lampione ad una ventina di metri da dov'era lui. Diresse lo sguardo proprio in quel punto, ricercando la stessa visione degli attimi prima, assottigliando lo sguardo e abbassando le palpebre, e all'infine la trovò. Ecco il pallido giovane seduto su di un ramo con i capelli lunghi e ondeggianti ad un inesistente vento come serpi, un paragone che stava a pennello per il ragazzo, lo sguardo viola torvo puntato in un area indefinita attorno o su di lui. L'aspetto gli ricordava vagamente qualcosa, ma non avrebbe saputo dire esattamente cosa, chi o il perchè e d'altronde non era tornato nemmeno con tutta la memoria integra dal suo personale limbo di tortura, dopo il decesso. Le cose più importanti probabilmente non se le sarebbe mai scordate, ma gli incontri occasionali era facile si perdessero via nella routine giornaliera, un tram tram quotidiano veramente dispersivo in cui era facile incontrare miriadi di volti al giorno per poi non rivederli mai più. E allora a che scopo indaffararsi tanto per tenerli in serbo nel cervello? Un inutile spreco di spazio.

    Ci fu uno schiarirsi di gola, un raschiare delle corde vocali mentre schioccava la lingua sul palato, flettendo pigramente le ali allargate piano sulla schiena. Non aveva molta voglia di conversare e avrebbe volutamente evitato la domanda di prima, piuttosto impaziente di cominciare a cenare, i capelli bicromi a scendergli di nuovo in ciuffi sulla fronte e sulla guancia scostati con un gesto scocciato, ma non per questo due o tre paroline non poteva concedersele.

    Vengo a prenderti.

    Raven non scherzava. Quello sul viso privo di colore poteva anche sembrare un sorriso ironico, e la voce calda era solitamente accomodante per chi la ascoltava, ma senza particolari inflessioni la tonalità risultava volutamente piatta e spenta. Una constatazione ad alta voce che contrastava enormemente con l'espressione, accordata all'aspetto tutt'altro che umano.
    L'angelo non aveva bisogno di un piano di azione, o di lunghi ed estenuanti pensieri su cosa fare: le azioni dirette di danno alla persona erano sempre tra le prime in lista, fonti di elettricità vicine o meno che comunque rimanevano inestinguibili fulcri di idee. Certo, in un giardino forse non c'era chissà quale possibilità di sfruttare macchine o espedienti nei dintorni, ma due lampioni o tre erano sempre meglio di niente ed aveva con sè anche uno dei propri piercing, l'unico lavorato dall'artigiano Adranos che staccava prima di trasformarsi da modo non fosse riassorbito - ma era quasi scontato l'avesse addosso, non ci pensava neanche più tanto era un'abitudine toglierlo e rimetterlo: la mano destra si abbassò piano verso il pantalone sfilando da sotto le cinghie e il tessuto il pugnale dalla lama rossa, e vibrando di puro divertimento decise di utilizzare l'anellino in lega per scoprirne gli effetti, dato non l'aveva ancora provato. Si sentì tremare, un tremore diffuso e leggero prima qualcosa succedesse e una seconda figura iniziasse a staccarsi dal suo corpo senza dolore, un'esatta copia di sè stesso in condizioni angeliche poco visibile a causa del buio. Soddisfatto, costrinse contemporaneamente la sua carne al processo di trasformazione in etere, lasciando libero sfogo ad una piccola parte del potere che scorreva riscaldandogli le vene nel freddo invernale, inviando la copia a fare da intermediario effettivo al ragazzo, una semplice illusione che però provocava fruscii e rumori e dava l'impressione di essere vera. Mentre lasciava il clone si fiondasse su di lui per simulare un attacco, Raven si muoveva velocemente sotto forma di aria sempre verso l'individuo aggirandolo per trovarsi alle sue spalle, ma ad un metro e mezzo di distanza circa: se l'idea era quella di distrarlo, ora veniva il meglio. Si sforzò di riapparire materiale e tangibile giusto pochi attimi prima il doppio provasse a colpire davanti senza logicamente poter ferire davvero, il pugnale illusorio stretto nel palmo destro a tracciare un fendente obliquo dal basso a sinistra verso l'alto a destra mentre il suo, a tradimento, tentava con secondi d'anticipo di infilarsi di punta esattamente tra le costole del fianco destro alla ricerca dei polmoni e del fegato, sperando non ci fosse lo spazio necessario a far scappare il giovane ma, sopratutto, che lo stesso non avesse il tempo di ritrasformarsi in aria.

    CITAZIONE
    Piercing dell'illusione: Semplice Piercing in lega. L'anellino metallico è stato modificato per poter creare una perfetta copia illusoria dell'utilizzatore. L'immagine è completamente intangibile e i suoi movimenti sono dettati dalla volontà del possessore dell'artefatto. L'utilizzo di un incanto d'aria permette alla figura immateriale di emettere piccoli suoni, come il rumore dei passi o il fruscio dei vestiti.
    All'attivazione dell'oggetto la copia si separa dal corpo in modo tale da confondere l'avvesario sulla posizione dell'originale.
    Dura 3 turni e, prima di poter essere utilizzato una seconda volta, è necessario attenderne altri quattro.
    Turno I

    CITAZIONE
    Forma gassosa: Permette di diventare un tutt'uno con l'aria stessa. Questa forma pero` non e` da confondere con l’invisibilita`: la forma gassosa e` sempre una forma ‘materiale’ percio’ l’angelo resta invisibile ad occhio umano, ma percepibile da chi ne e` in grado. Si smaterializza, ma le molecole restano sempre nell’aria, percio` bersaglio di incantesimi come il congelamento, che hanno a che fare con il fuoco, la paralisi. Inoltre non puo` attaccare quando si trova in tale forma.
    Livello 1 e 2: durata tre turni.
    Turno I

    CITAZIONE
    Pugnale: Un pugnale ricurvo e seghettato, la cui lama è completamente rossa. Provoca ferite profonde e può essere impugnato solo da Raven: un qualunque altro tocco lo rende incandescente, provocando una profonda bruciatura a chi lo afferra.
    Chi riesce a tenerlo comunque in mano, perde progressivamente le forze come se invecchiasse a ritmo spropositato (solo per il tempo in cui lo regge e solo per le razze che invecchiano: maghi, stregoni, umani, risveglianti, malviventi, osservatori, mutanti, uomini drago, licantropi).

     
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    L’aria parve quasi mettersi a crepitare, come arricchita da qualcosa di molto potente le cui fonti erano Shamsiel e lo sconosciuto che aveva tentato d’attaccarlo alle spalle. Ci poteva essere una sola spiegazione per quel fatto: entrambi emettevano lo stesso tipo d’energia oscura, entrambi erano esseri dannati che passavano sotto il nome di angeli neri. Non gli dava fastidio tanto la presenza di un suo simile, quanto l’atteggiamento che questo aveva avuto nei suoi confronti: era quantomeno di dubbio gusto attaccare uno sconosciuto alle spalle. Ma cosa ci si poteva aspettare da uno della sua stessa, maledetta, stirpe? Nulla di meglio e molto di peggio. Avuta questa conferma rimaneva, comunque, nascosta la certezza di chi si trovava davanti: che fosse davvero il giovane che aveva incontrato nel bosco tempo addietro? Qualcosa gli suggeriva un sì come risposta, ma non aveva potuto veder di lui nulla di più che un’ombra che s’avventava su di lui, con tutte le intenzioni di fargli passare un brutto quarto d’ora. Anche adesso che lo aveva ritrovato, appoggiato sullo stesso lampione su cui era stato in piedi lui fino a prima dell’attacco, non poteva che distinguerne la sagoma abbozzata, in cui l’unica certezza era la sua stazza non particolarmente preoccupante e le grandi ali piumate. Doveva ammettere che aveva scelto proprio un bel posto per nascondersi da occhi indiscreti, ma quella sua scelta, ora, tornava a suo sfavore per quanto bene potesse vedere nell’oscurità. Tutto intorno a loro c’era un tal silenzio da dare l’impressione che qualcuno avesse messo un fantomatico registratore in pausa: non un movimento, né un sibilio significativo. Captò solo un flebile ticchettio su qualcosa di metallico, di cui non riuscì a capire la fonte e poi un rumore roco, come di qualcuno che si schiariva la voce. Sicuramente era stato l’altro angelo, forse per attirare la sua attenzione. Quanto alle parole che seguirono, fecero destare maggiormente l’attenzione del bel caduto che non potè fare a meno di raccogliere un ginocchio al petto e poggiarne il relativo piede sul robusto tronco su cui era seduto, mentre una mano andava a poggiarsi al fusto dell’albero il modo fa darsi maggior slancio. Posizione molto comoda nel caso in cui avesse dovuto scattare via per evitare un qualche attacco. “Ma che diavolo…” borbottò mentre si guardava intorno e decideva sul da farsi.

    La sua mente elaborava velocemente: lo sconosciuto avrebbe potuto attaccare da qualsiasi direzione senza che lui lo vedesse, dato ch’era protetto dall’oscurità dei lampioni spenti. L’unica cosa saggia da fare era togliersi da lì alla svelta ed evitare di farsi mettere con le spalle al muro prematuramente. Si diede una veloce spinta con la gamba piegata e lasciò che fossero le sue ali a stabilizzarlo, proprio mentre lo sconosciuto piombava nuovamente verso di lui. Indietreggiare era inutile, dato che l’albero l’avrebbe impedito. Si ricordò del ciondolo a forma di clessidra che sempre portava al collo: un ornamento tanto bello quanto utile, dato che aveva la capacità di cristallizzare il tempo nel giro di qualche frazione di secondo. Mormorò a bassissima voce la formula che ne avrebbe risvegliato il potere e lo vide allumarsi, gettandogli sul viso una luminescenza priva di un colore classificabile. Il tempo si un battito di ciglia e tutto si bloccò, rimanendo immobile. Solo Shamsiel aveva la possibilità di poter ordinare al suo corpo di muoversi, lui era l’unico immune a quell’incanto. Si ritrovò a pochissima distanza, forse meno di un metro, il corpo dell’altro fermato nell’atto di colpirlo. Ciò gli diede la possibilità d’osservarlo per qualche attimo: capelli bicromi, forse rossi e sicuramente neri, occhi dalle iridi di un verde quasi elettrico e dalle sclere nere ed un busto ben modellato che sembrava risplendere nella notte tanto era candido. Furono i capelli a far sì che Shamsiel ricollegasse l’aggressore al ragazzo che aveva conosciuto nel bosco. Sì, era lui. Allungò una mano, con l’intento di sfiorarlo, ma le sue dita non trovarono nulla di solido. Era un’illusione, un dannatissimo ologramma creato chissà come! Istintivamente si voltò, guardando il punto dove aveva avuto le spalle fino a poco prima: cristallizzato poco sopra il ramo su cui era stato seduto c’era il suo vero avversario con un pugnale tra le mani e l’aria sadica di qualcuno che ha appena trovato un divertimento. C’era cascato come un imbecille, lui che manipolava la mente altrui aveva rischiato di ritrovarsi con qualche squarcio. Pensò bene d’avvicinarsi e di sottrargli dalle mani l’arma che aveva intenzione d’usare, ma quando fu abbastanza vicino, quando allungò la mano sinistra per afferrare la lama, gli parve che quel pugnasse bruciasse d’energia negativa. Si limitò così ad afferrare il polso dell’altro ed a portarglielo all’altezza della testa, in modo che non potesse usarlo contro di lui. Implicò in quel gesto anche una torsione sull’altrui polso, in modo che se si fosse mosso troppo violentemente si sarebbe trovato l’articolazione se non spezzata, almeno molto dolorante e quindi per un po’ inutilizzabile. Per sicurezza gli bloccò anche l’altra mano con la propria destra. Sapeva che quella staticità non sarebbe durata che qualche attimo, quindi, a quel punto, non dovette far altro che attendere che l’altro si rendesse conto di quanto era accaduto e, pronto in qualsiasi momento a farsi d’aria, rimase ben vigile ed in attesa.

    CITAZIONE
    Volo: Una volta che l’angelo ha lasciato libere le sue ali, puo` volare.
    Livello 1 e 2: vola per la durata di tre turni

    Ciondolo a forma di clessidra che, risvegliato con una particolare formula, gli permette di fermare il tempo per brevi attimi, bastanti per sottomette il nemico.

     
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    Purtroppo come le azioni in generale, a cui seguiva sempre una contro-reazione, non tutte le sorprese avevano un buon fine e sicuramente quelle che aveva intenzione di riservare lui all'altro piumato erano poco propense a rispettare i canoni umani di felicità e divertimento. Raven era rimasto sollevato a mezz'aria senza che il cervello potesse registrare la minima perdita di tempo, il suo scorrere improvvisamente interrotto dal potere dell'oggetto dell'avversario che doveva fargli da cena deambulante, anche se poco consenziente per come gli sembrava volesse tenersi la pellaccia da conto. Non una piega, non un senso di staticità, non si era nemmeno accorto se non forse a livello inconscio di essere rimasto bloccato per forse un millesimo o addirittura qualche secondo a mezz'aria, lui e il suo ologramma irreale separati da poco spazio, quel tanto che sarebbe dovuto bastare a mettere alle strette il giovane pollo. Invece no. Già, perchè non c'era niente tra lui e la copia, solo aria vuota, una presenza silenziosa alle sue spalle di cui si era a malapena accorto e nulla più. Che avesse utilizzato la sua stessa abilità per giocarsela al meglio? Poteva, ne aveva sicuramente le capacità: sgranò gli occhi e si accorse solo troppo dopo, quasi al rallentatore, del braccio sinistro bloccato all'indietro da un altro paio di mani e del destro a cui aveva dato troppo slancio che se lo trascinò dietro a tutta forza per pochi centimetri fino alla fronda dell'albero, l'arma che fendeva l'etere in modo quasi automatico, il movimento di torsione forzatamente bloccato di schianto prima arrivasse a farsi veramente male. Frattanto, disattivò il potere del piercing e la copia a poca distanza si dissolse nel nulla come fumo; se ora l'articolazione del polso doleva da matti almeno di una cosa era certo: male cane da una parte e stelle di dolore dall'altra - per la precisione dalla spalla in giù dato il movimento volutamente interrotto -, a parte essersi improvvisamente intorpidito lasciandogli solo il minimo necessario di sensibilità a chiudere la mano sul pugnale, ma non a muoverla, l'arto intero si poteva considerare integro e salvo da eventuali rotture di legamenti. In compenso, ora in piedi sul ramo abbastanza largo da tenere in piedi sia lui che l'avversario volle subito sfruttare al meglio il fatto che le sue gambe non avessero alcun tipo di impedimento: non era tanto facile metterlo alle strette, non quando l'urgenza di sfamarsi dava un deciso supporto lasciando la sua mente risuonasse solo di una necessità fisica, un sordo, rindondante avvertimento, il corpo a fare il resto come sempre quand'era spinto dalla fame. Stringendo i denti che poi erano zanne da squalo, cercò di dare un'alata allargando in circolare la coppia di ali per toglierselo di torno o almeno farlo allontanare prima di arrischiarsi ad arretrare con un balzo, tanto da lasciarsi accogliere non più dal ramo, ma dal vuoto sotto ai piedi: se anche mister occhi d'ametista non voleva cadere con lui avrebbe dovuto per forza mollare la presa, o in alternativa poteva trascinarselo dietro anche se non era lui, dei due, quello a tenere bloccato l'altro. Non significava però che non conducesse il gioco, nonostante l'aria familiare del ragazzo continuasse a torturargli i sensi per suggerirgli qualcosa; non aveva però il tempo di ascoltarli, costretto a reagire in modo fulmineo, la faccia bianca come il latte ora più seria e vuota di prima, quasi avessero cavato al di fuori del caduto tutte le sensazioni esprimibili a pelle. Comunque, che l'altro si decidesse o meno a seguirlo verso il basso, il giovane avrebbe dovuto liberargli le mani, caso nel quale avrebbe sfruttato appieno e in caduta il territorio in cui si stavano scontrando: l'intenzione era quella di aggrapparsi con entrambe le braccia (o infilzando il pugnale nel legno, nel caso della destra malandata) allo stesso ramo dalla quale era indietreggiato e sfruttando un po' di slancio e la forza semplice e pura, compiere un giro utilizzandolo come un'asta da ginnasta in preparazione sorprendendolo e colpendolo con le gambe, tornando di nuovo a posarsi sopra il legno subito dopo il ribaltamento. C'erano panchine, c'era l'albero e i lampioni, e c'era silenzio quasi avessero spento con un interruttore universale ogni rumore lasciando solo al freddo e alla sua spiacevole morsa il compito di coprire la loro assenza. C'erano, insomma, ottime possibilità e tanto da ingegnarsi, ma se il giovane e probabile aspirante suicida non avesse deciso subito di mollarlo, si sarebbero visti subito i risultati alternativi.

    CITAZIONE
    Pugnale: Un pugnale ricurvo e seghettato, la cui lama è completamente rossa. Provoca ferite profonde e può essere impugnato solo da Raven: un qualunque altro tocco lo rende incandescente, provocando una profonda bruciatura a chi lo afferra.
    Chi riesce a tenerlo comunque in mano, perde progressivamente le forze come se invecchiasse a ritmo spropositato (solo per il tempo in cui lo regge e solo per le razze che invecchiano: maghi, stregoni, umani, risveglianti, malviventi, osservatori, mutanti, uomini drago, licantropi).

     
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    Shamsiel non era stolto: ben sapeva ch'era meglio per lui mantenere le distanze e non rendere lo scontro troppo ravvicinato. Non poteva sapere quali poteri possedesse il suo avversario, che a quanto ne sapeva poteva anche mettersi a sputare acido. Inoltre era molto più complesso colpire sulla lunga distanza, un po' per via della precisione che il colpo richiede, un po' per via dei vari impedimenti -pali, fronde degli alberi- che quel territorio di scontro presentava. Però aveva voluto tentare quel bloccaggio ravvicinato perchè non c'era altro modo per far nascere una situazione di stallo: così, almeno, poteva studiare un minimo, e da vicino, colui con cui stava avendo a che fare. Ebbe poche frazioni di secondo per farlo, dato che non appena concluso l'effetto del suo medaglione, l'altro non c'avrebbe messo molto a rendersi conto d'esser di nuovo libero di muoversi. Osservò quegli occhi dal colore quasi chimico e quell'aria più feroce che non razionale: pareva mosso seriamente solo da chissà quale istinto, che non lasciava affatto spazio per la ragione. Come un animale durante la caccia: non trovò parallelo migliore di quello. L'aveva forse preso per la cena che aveva saltato? Da come si comportava pareva proprio di sì e ciò non piaceva molto all'angelo che, oltre a tenere alla propria pelle, teneva anche alla propria magnificenza e perfezione. L'avrebbe decisamente squartato e poi bruciato se avesse osato nel deturparlo anche solo minimamente. Dovette distrarsi dalla sua contemplazione perchè l'altro aveva ripreso a muoversi: i muscoli delle braccia e delle spalle si tesero, per attutire gl'improvvisi movimenti dell'altro che si ritrovava in parte bloccato ed in parte impedito per via della scomoda posizione in cui stava. Ovviamente ciò non bastò a farlo demordere: colpi gemelli dalle altrui ali gl'arrivarono dritti dritti sulla faccia, costringendolo ad allontanarsi un po' col viso per non essere preso in pieno. Diversivo intelligente, ma che non bastava affatto per farlo demordere. Ciò che, invece, lo convinse a mollare la presa, fu l'altrui passo verso il vuoto: se il suo avversario non si sarebbe messo a planare sicuramente sarebbero finiti entrambi a terra e qualcosa gli diceva che il rosso aveva anche qualche altro scherzetto in mente. Prontamente mollò la presa, sfruttando l'altrui corpo per darsi un possente slancio all'indietro ed usare poi le ali per rimanere in equilibrio nel nulla. Sbattè, più volte, gli arti alati, in modo da non perdere l'equilibrio acquisito e, con una rapidità abbastanza impressionante per chiunque l'avesse creduto un essere umano, si fiondò verso il basso. Voleva costringerlo a tornare con i piedi per terra, o ce lo avrebbe fatto tornare lui con maniere poco ortodosse.

    Guardò l'altro caduto dal basso, chiedendosi come si sarebbe comportato quello strane animale alato se avesse tentato con qualcuno dei suoi trucchetti psichici. Tanto valeva provare... Cercando un minimo di contatto visivo con l'altro, s'insinuò nella sua mente, aprendo porta dopo porta il varco che l'avrebbe portato alla sua coscienza. Shamsiel s'inoltrava nei meandri della'altrui mente, come se fosse la cosa più semplice del mondo. Oh, quanti ne aveva fatti impazzire in questo modo e quant'altri erano stati mandati al manicomio per casua sua. Si divertiva infinitamente a sconvolgere chi se lo trovava sulla propria strada, il piacere, poi, era ancora più intenso se questo qualcuno l'aveva anche stuzzicato. Fece esplodere, come una bomba ad orologeria il cui timer avesse toccato l'ora stabilita, un'accozzaglia di rumori, suoni indefinibili, grida senza senso nella testa del suo compare, spingendoli ad una tal profondità che l'altro avrebbe avuto la sensazione che arrivassero proprio dal suo interno e non dall'ambiente che lo circondavano. Ma aveva trovato qualcosa di molto interessante, qualcosa di squisitamente straziante con cui aumentare quella sofferenza: l'immagine sbiadita di una donna, leggiadra e graziosa, dai contorni però indefiniti, che sicuramente l'altro avrebbe riconosciuto con poco sforzo. Non sapeva chi fosse, e nemmeno gl'interessava, ma poteva darsi che fosse qualcuno ch'era stato importante per il suo avversario, sebbene dubitasse che per un angelo nero ci fosse qualcosa d'importante al di fuori di se stesso. Trucchetti del genere potevano causare reazioni imprevedibili: quando ne faceva uso aveva l'impressione di giocare ad uno strano tipo di ruolette russa: mai era a conoscenza di cosa avrebbe ottenuto. Sperava solo che quel qualcosa servisse ad annichilire almeno un po' il suo avversario od a metterlo, almeno, in difficoltà.

    Con gli occhi puntati all'insù il bell'angelo attendeva che gli effetti del suo silente attacco si facessero sentire, sperando d'aver toccato le giuste corde.

    CITAZIONE
    Volo: Una volta che l’angelo ha lasciato libere le sue ali, puo` volare.
    Livello 1 e 2: vola per la durata di tre turni

    -Illusione: è capace di manipolare la mente di colui che gli si trova davanti, facendogli credere ciò che vuole.
    Con questo potere molte volte ha portato il suo nemico ad impazzire.
    Questo potere può essere utilizzato solo quando l'angelo è nel pieno delle sue forze, in quanto richiede molta forza psichica.

     
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    Inutile dire di come il suo stratagemma non aveva funzionato, l'altrui corpo spintosi violentemente all'indietro e poi arrivato a terra col rumore di erba pestata e passi lievi sul folto manto verde e il proprio tornato al contatto sicuro col legno, solo un po' più in basso di quanto credeva per via dell'arto destro che iniziava a riprendere sensibilità, ma che certo non gli risparmiava il dolore ad ogni muscolo o tendine mosso o anche solo steso più del dovuto. Il pugnale aveva scavato nel legno quando non era riuscito a completare il giro perdendo la presa, cadendo per un breve tratto, gli artigli a scendere assieme all'altro braccio calando nel tronco lasciando artigliate profonde finchè, nella foga, non aveva trovato sotto i palmi e le dita l'appoggio sicuro di un secondo ramo un po' più piccolo del precedente ma comunque resistente, tanto da sopportare di schianto tutto il suo peso. Ci si era arrampicato come poteva, allora, tentando di riguadagnare un punto di vista privilegiato guardando con astio il malcapitato sotto di lui che continuava a ricordargli qualcosa, anche se non sapeva cosa. Possibile l'avesse conosciuto, in un altra occasione o in un altro tempo? E perchè aveva il presentimento c'entrasse qualcosa con la breve gita all'inferno avuta molto, molto tempo prima? La croce momentaneamente assente sul corpo privo di cicatrici e slavato dal colore sembrò voler pizzicare anche da scomparsa dal suo posto, lasciato vacante e liscio a favore delle ali nere ranicchiate contro il dorso, l'arma ancora ben stretta in pugno e chiusa tra le falangi artigliate. Si ricordava poco o nulla di chi aveva conosciuto in quell'occasione, ancora meno i volti dei partecipanti al recupero del Velo: solo Sara gli era rimasta particolarmente impressa se non fosse stato che l'aveva vista sparire da un giorno all'altro di punto in bianco dopo averlo curato da una malattia magica, parecchi mesi addietro. Aveva visitato il suo negozio per dare un'occhiata e non l'aveva trovata nemmeno lì, e dandola per dispersa non le aveva mai ridato nè l'aiuto economico per il divano distrutto quella volta dalle sue unghiate, nè per la casa che era rimasta da ritinteggiare, come minimo. Nel vagare tra fili e grappoli di pensieri in quei pochi secondi a lui concessi ebbe però la malsana idea di tornare a sbirciare il suo avversario ora piantato a terra che lo stava osservando con tutta la sicurezza del mondo senza però aver fatto i conti con di cosa fosse davvero capace. Le perplessità scivolarono via come acqua nel momento stesso in cui nella sua testa esplose qualcosa.
    Un'accozzaglia di rumori, grida, suoni malformati e distorti sembrò riversarsi senza motivo all'interno del cervello del caduto e sorpreso, invaso da una sensazione di stordimento crescente e senza più equilibrio iniziò a perdere la presa di una mano dal ramo su cui si era appostato di peso, il dorso inarcato all'indietro e la sinistra portata al corrispondente orecchio nel tentativo di ripararsi le orecchie da un rumore inesistente all'esterno, in realtà presente solo nella sua mente. Non poteva certo saperlo, ma in fondo, nei recessi del suo cervello impegnato a non arrendersi al frastuono immane, poteva anche immaginare quella fosse un'abilità dell'avversario alato con cui si stava confrontando. Sicuramente tra le tante non si aspettava poi di rivedere l'immagine sbiadita e rovinata di Shannon, la donna in bianco, spuntare a pochi metri di distanza nella sua forma più candida e bella, umana, a terra, mentre il dolore di braccio e testa continuava ad assorbirgli fin troppa concentrazione: a quel punto, nell'unico gesto di espressione a lui possibile in una situazione del genere, rise. Una risata bassa e sarcastica che si alzava di volume a prescindere dalla quantità di suoni presenti sovrastando piano tutto il resto, soverchiando perfino il potere dell'altro da cui si riscosse all'improvviso come se gli avessero gettato addosso un secchio pieno d'acqua gelata. Il ragazzo non avrebbe potuto tirare fuori immagine peggiore da porgli in illusione per quanto sapeva quella non poteva essere davvero sua sorella, conciata ora in modi ben peggiori e sicuramente errante in una delle due case nella quale aveva vissuto, la sua attuale e quella bruciata anni prima, specialmente perchè non provava nessun risentimento - forse solo dispiacere e ancora odio per averlo costretto alla morte, a volte - per la sua vecchia forma ma sopratutto per lei, sangue del suo sangue privato di quel vecchio io umano che era stato suo fratello Michael, ma ugualmente ora aveva capito che era tutto frutto di una qualche capacità psichica del candidato a cena e che allo stato attuale delle cose poteva fregarsene altamente, anche stordito com'era ora e senza troppa capacità di equilibrio. Proprio per questo motivo mollò la presa sul legno continuando a ridere, la bocca in un ghigno sottile e sformato sulla faccia trasformata, coinvolgendo tutti gli arti e i muscoli del corpo, tra quelli di gambe, braccia, ali, per attutire il colpo.

    Cadde a terra su quattro zampe, piegato e col ventre a pochi centimetri dal terriccio umido ed erboso prima di rialzarsi fulmineo, dando solo una breve occhiata a ciò che aveva a disposizione. A pochi metri stava una panchina di metallo, un buon conduttore, e loro stessi erano vicini alla serie di lampioni accesi posti l'uno dopo l'altro ad almeno venti metri di distanza, quello spento lasciato parecchio più in là. Sentì l'energia invaderlo come calore, riscaldandogli la carne intirizzita dal freddo dell'aria e della notte, e la lasciò libera di dirigersi fino al lampione che sfrigolò prima una dispersione di energia potente ne facesse saltare il vetrino di copertura in plastica, in alto a proteggere la luminaria vera e propria, e l'energia elettrica si dirigesse in massa ad elettrificare la panchina utilizzandola come conduttore per intensificare il potere disperdendolo maggiormente in modo colpisse l'altro angelo anche da una certa distanza, scosse e scintille di corrente ad alto voltaggio ad allungarsi nell'aria in sottili fulmini che rapidi come lampi di luce e sopratutto pericolosi, si distendevano nei dintorni e sull'erba bruciandola, coprendo un'area più o meno grande - forse cinque, sei metri a far tanto - sperando colpissero o lambissero il moro. Nel frattempo gli era passata la voglia di giocare, e che la carne fosse cotta o meno non gli scombinava chissà quanto i piani: costrinse le proprie molecole a cambiare forma, consistenza e il suo corpo si combinò all'aria in pochi attimi, rendendolo intangibile e sopratutto inosservato. A quel punto, ovunque si fosse spostata la vittima, anche se a mezz'aria o fuori campo dal raggio della corrente elettrica, lo raggiunse: comparì il più vicino possibile al giovane con l'intento di dargli un calcio di spinta nello stomaco che lo rintronasse ma sopratutto lo facesse finire dritto dritto sulla panchina elettrificata, la gamba protesa verso il torace dell'uomo con furore, affamato.

    CITAZIONE
    Sovraccarica: in presenza di qualunque apparecchiatura elettrica o elettronica nei paraggi (basta anche un lampione o dei cavi dell'alta tensione, o anche una semplice torcia elettrica a batterie..insomma, qualunque cosa), è in grado di caricare quest'ultima di energia. Questo causa una dispersione di tensione ed elettricità nei dintorni, che non solo stordisce gli avversari, ma può anche danneggiarli con scariche d'energia.
    Turno I

    CITAZIONE
    Forma gassosa: Permette di diventare un tutt'uno con l'aria stessa. Questa forma pero` non e` da confondere con l’invisibilita`: la forma gassosa e` sempre una forma ‘materiale’ percio’ l’angelo resta invisibile ad occhio umano, ma percepibile da chi ne e` in grado. Si smaterializza, ma le molecole restano sempre nell’aria, percio` bersaglio di incantesimi come il congelamento, che hanno a che fare con il fuoco, la paralisi. Inoltre non puo` attaccare quando si trova in tale forma.
    Livello 1 e 2: durata tre turni.
    Turno I

     
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    Non v’era per lui migliore spettacolo di quello di una vittima in preda alle allucinazioni che creava: certo, non sempre funzionavano come dovevano, ma il più delle volte servivano a distrarre l’avversario ed a permettere all’angelo di trovare un modo qualsiasi per sottrarsi ad una situazione difficile. In quel caso non era servito a quello scopo, ma solo a dargli un po’ di sadico divertimento: godette di un piacere quasi carnale quando vide le pallide mani del suo avversario premersi contro le tempie, nel tentativo di zittire quella tremenda accozzaglia di rumori privi di alcun senso. Lo vide perdere un po’ dell’equilibrio che aveva mantenuto fino a quel momento su di un ramo ch’era difficile immaginare capace di sostenere il peso di un corpo abbastanza massiccio. Evidentemente era un caduto fortunato. Rimase, però, allibito quando sentì l’altro prorompere in una risata che non aveva niente di musicale, né di ilare, ma sembrava più intenzionata a prendere in giro quella visione che gli aveva donato. La dama bianca, che per Shamsiel non valeva più di un due di picche, pareva avere lo stesso valore per l’altro: di tutto aveva già visto in quelli che erano stati sottoposti ad un simile trattamento, ma mai nessuno s’era messo a ridergli in faccia. La cosa non gli fece affatto piacere e procurò un piccolissima, forse neanche tanto, lacerazione nell’immenso orgoglio di cui era dotato. Si stava prendendo gioco di lui e del suo potere! Gli si sarebbe avventato contro se l’altro caduto non si fosse lasciato andare, cadendo per brevi attimi nel vuoto, per poi atterrare su quattro zampe come un felino. Intanto qualcos’altro stava modificandosi attorno a lui: l’atmosfera s’era fatta più pesante, come se l’aria stessa fosse stata appesantita da qualcosa che ai suoi occhi non era visibile, qualcosa che, gli diceva l’istinto, non sarebbe stato a suo favore. Lasciando perdere le illusioni, che gli causavano un dispendio d’energia ingente, si preoccupò piuttosto di capire in cosa si sarebbe concretizzato l’attacco del suo avversario. Non conoscendone le vere capacità poteva aspettarsi di tutto.

    Scintillanti accumuli di elettricità illuminarono la notte ed il giardinetto, partendo da alcuni lampioni che parevano averlo accerchiato. Era sì e no, in una sorta di trappola ed anche ragionare gli sarebbe potuto costare caro, visto che se uno di quei lampi gl’avesse toccato il corpo avrebbe rischiato una folgorazione non molto piacevole. Si guardò intorno, cercando di spostarsi il più velocemente possibile dai primi lampi, e la prima cosa che riuscì a notare fu una panchina di ferro: da quella era meglio stare alla larga. Sussultò quando una lingua di pura energia gli lambì la schiena, mentre era intento ad allontanarsi da quel buon conduttore, rimanendo appena stordito e, per un attimo, senza fiato. non poteva continuare a permettere che quell’elettricità lo toccasse, o avrebbe rischiato veramente di finire a fare la parte della cena del suo avversario. Dato che la necessità acuisce l’ingegno, non gli restava altro da fare che impedire alla forza di gravità di richiamare i fulmini verso il suolo. Richiamò parte del suo potere e lo indirizzò verso i fulmini stessi, ordinando alla gravità di tenerli abbastanza sospesi per evitare che toccassero qualsiasi cosa fosse ad un’altezza superiore ai due metri. Lui, quindi, insieme a tutto il resto -panchina in ferro compresa- sarebbe stato coperto da una sorta di cupola che avrebbe impedito all’elettricità di far danni. Però risolto un problema se ne presentò un altro: era sparito, almeno alla vita, l’altro angelo nero. Era ancora lì, poteva sentirlo, ma non sapeva bene in quale punto preciso. Il dannato s’era reso invisibile. Se lo ritrovò davanti in una frazione di secondo, ma non riuscì a vedere il calcio che lo colpì in pieno stomaco, mozzandogli il fiato e facendogli strabuzzare gli occhini ametista. Il colpo lo mandò col fondoschiena a terra -non finì sulla panchina, solo perché si era spostato poco prima nell’intento di cercare con lo sguardo l’avversario-. Stordito dal colpo rimase per un attimo immobile, con un braccio a sostenere il busto e l’altro a reggere la zona addominale. Quella situazione poteva ancora giocare a suo favore: aveva solo bisogno di un po’ più di vicinanza con l’altro e poi, forse, sarebbe riuscito a restituire il gentil dono di un bel po’ di dolore che l’altro gli aveva fatto. Rimase quindi immobile, fingendo un malessere molto superiore a quello reale, che comunque non era poco. L’amo era stato gettato, ora bisognava solo attendere che qualcosa abboccasse.

    CITAZIONE
    Gravità: Permette di sfruttare la forza di gravità per sollevare se stesso da terra o altre persone od oggetti, ma NON di muoverli (non e` telecinesi).
    Livello 1 e 2: resta sospeso per tre turni.

    SPOILER (click to view)
    Spero che l'abilità base sia ben usata e poi ti chiedo scusa per lo schifoso ritardo >.<
     
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    L'esca non aveva funzionato e se ne era accorto semplicemente seguendo gli spostamenti dell'altro sotto forma di aria prima di riapparirgli e sferrargli un calcio che aveva fatto il suo dovere, seppure non come si immaginava. La panchina sostava a troppa distanza e le scosse di elettricità che prima se ne andavano tranquillamente in giro senza toccarlo - e forse lui era il soggetto meno esposto man mano che il potere gli scorreva febbrilmente nelle vene - ora sembravano dominate da un'abilità legata alle leggi della fisica che purtroppo, come ogni cosa fatta di materia, piegava alla sua causa la maggior parte delle molecole e degli atomi di qualsiasi natura, spostamenti dell'elettricità compresi. Gravità, la capacità di dominare alte e basse pressioni, di sviluppare o alleggerire pesi e altro ancora, la riconosceva, la fiutava, capiva che era lei per una reazione fisica ignota che si scatenava a livello profondo nel riconoscere nell'altro un suo simile, un invasore di territorio, qualcuno che sì aveva già visto ma di cui non gli importava affatto. Economizzando sulle proprie energie decise di chiudere il rubinetto al potere per qualche tempo fino a quando non gli sarebbe di nuovo servito; al contempo ragionava distrattamente su come la fame fosse davvero più grande e più forte di ogni stimolo, strettamente legata alla sopravvivenza insita nell'animo di qualunque creatura non fosse dichiaratamente votata al suicidio. Se spingeva animali ed esseri viventi e non a ogni genere di azione, come poteva fermare proprio lui dal soprassedere a buoni rapporti e a qualsiasi tipo di conoscenza potesse aver mai avuto col giovane in questione? La bella notizia in tutto questo era che alla fine lo aveva colpito, e lo aveva colpito forte e chiaro, un messaggio che voleva fosse ben recepito dal destinatario. Ecco per cosa faticava tanto, mettendo da parte l'orgoglio, la superbia, facendosi un po' beffe persino del proprio aspetto attuale da statua di marmo ormai ben accolto da quando aveva imparato a conviverci come una rappresentazione naturale di sè stesso, un'evoluzione in positivo - ma solo per lui - che gli regalava la possibilità di danneggiare il prossimo in modi impensabili e molteplici. Bastava pensarci un attimo: zanne, unghie, ali, abilità e capacità. Niente di meglio per iniziare, o per finire.
    Ricadde a terra morbidamente e sulle due gambe dopo il colpo, piegando le ginocchia per attutire l'atterraggio e sbattendo i grandi ali piumati per lo stesso motivo; il braccio doleva ancora parecchio, insensibilizzato, ma piano le dita sembravano riprendere un minimo di senso del tatto e i polpastrelli si stringevano con più forza sul pugnale che non aveva mai abbandonato durante tutto il corso del combattimento, provocandogli smorfie e qualche dolorino sopportabile. Per il resto non aveva che graffi e forse un inizio di mal di testa velocemente regredito nello sparire delle immagini inviate a livello mentale poco prima, quasi fosse un televisore guasto sintonizzato sulla rete di musica sbagliata. I timpani ancora pulsavano per l'accozzaglia di rumori e fruscii, urla ed esplosioni assordanti, ma ancora più che il riacquistare il corretto uso delle orecchie era appagante osservare con la vista il moro riverso a terra che non si lamentava ma rimaneva immobile come una pietra, quasi fosse bastato quel calcio a distruggergli la vita mentre invece la sentiva pompare ancora nelle vene, non sotto forma di sangue ma di energia a scorrere nel corpo scuotendo le membra con un respiro più che leggero. Che si sentisse male, o che gli avesse frantumato la cassa toracica? In quel caso Raven scommetteva che l'avrebbe visto a terra agonizzante, avendo provato l'esperienza di prima persona con tutti i suoi pregi e difetti, mentre l'immobilità era il segnale tipico del corpo per dire due cose: "ciao, sono morto" o in alternativa, "ciao, sono svenuto". Prese in considerazione la più credibile delle due ipotesi e iniziò a dirigersi verso l'individuo con calma, camminando senza affrettare i tempi dovuti, non avendone bisogno; non c'era gusto nel velocizzare l'azione facendola risultare forzata se poteva gustarsi il momento assaporandolo senza correre nessun rischio. Poi, ad un paio di metri circa dal corpo, l'idea venne: non a causa di un latente pericolo previsto o di chissà quale altro espediente, ma per una semplicissima constatazione in uso nel mondo, di quelle immediate e quasi divertenti trasformate in annedoti relativi ai rapporti sociali più impensabili. Fidarsi era bene, non fidarsi era anche meglio. E poi, certo, anche per un fatto di crudeltà gratuita.

    Si fermò in piedi a pochi passi dal ragazzo mentre si concentrava, il freddo a intensificarsi sulla pelle nei soli, pochi secondi di inattività voluti dal richiamare quella stessa gravità utilizzata poco prima dal piatto forte della serata. Non sapeva come e se avrebbe fatto contrasto con la sua abilità, nè in che modo, era solo un bel tentativo per salvaguardarsi e anche per infierire su di lui con un minimo di sicurezza in più: caricò sulla sua figura un peso paragonabile a quello di un uomo della sua stazza sdraiato, circa ottanta chili in totale, prima di avvicinarglisi ulteriormente tentando di sferrargli un colpo di tacco dritto alla testa, il suo obbiettivo preferito. E chissà che riuscisse a infierire su quella bellezza da damerino efebico, una buona volta.

    CITAZIONE
    Gravità: Permette di sfruttare la forza di gravità per sollevare se stesso da terra o altre persone od oggetti, ma NON di muoverli (non e` telecinesi).
    Livello 1 e 2: resta sospeso per tre turni.
    Turno I

    SPOILER (click to view)
    Figurati, capita, abbiamo tutti degli impegni fuori di qui! Comunque sì, credo l'abilità sia usata bene xD non sono un esperto del campo ma comunque l'utilizzo dovrebbe essere abbastanza appropriato :)

     
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    Shamsiel restava immobile per terra, con la testa rivolta appena da un lato, le mani poggiate sul punto in cui era stato colpito e le gambe in una stranissima posizione affatto comoda: piegate dal lato stesso della testa, quello sinistro, con la relativa gamba il cui ginocchio formava un angolo di novanta gradi, in modo che la distanza tra il polpaccio e la mano fosse il minore possibile. Fortuna voleva che avesse le unghie divenute artigli durante la trasformazione e non avrebbe perso tempo, così, a litigare con la stoffa per estrarre il pugnale che lì riposava tranquillo. Non che se ne stesse in quella posizione perché gli piacesse particolarmente o perché la trovasse comoda, bensì perché sapeva che spesso ci si lasciava ingannare dalle apparenze e uno superbo come l’angelo che si trovava davanti non avrebbe esitato a colpire anche quando il nemico pareva incapace di resistere. Era una tecnica che aveva imparato osservando alcuni animali ed insetti che pur di scampare alle fauci del loro predatore si fingevano morti. Spesso la natura tornava più utile del previsto.
    Dato che aveva precluso da sé l’uso della vista, decidendo di tenere gli occhi chiusi per dare più veridicità al suo pseudosvenimento, si fece forte dell’udito per comprendere i movimenti dell’altro e capirne la distanza. Con quasi un orecchio a contatto col terreno, riuscì a cogliere l’esatto momento in cui l’altro inziò a muoversi, dopo una lunga pausa durante la quale, probabilmente, s’era goduto lo spettacolo del suo avversario accasciato a terra. Il tempo che il suo avversario perse ad osservarlo fu molto utile a lui per riprendersi quel tanto che bastava per essere pronto ad un attacco tanto imprevedibile quanto fulmineo. Ogni fibra del corpo del bell’angelo attendeva che qualcosa accadesse, perché dubitava fortemente che l’altro fosse rimasto ad osservare ed a bearsi di tale visione senza fare altro. I passi, intanto, continuavano e portavano quella sorta di statua dagli occhi di neon sempre più vicina al suo corpo, con tutta l’intenzione di tirargli qualche brutto scherzo. S’arrischiò a sollevare appena le palpebre per vedere dove fosse e lo notò ad un paio di metri scarsi di distanza, misura non molto attendibile vista la posizione e le condizioni in cui si trovava, senza nessun’arma in mano, o almeno così gli sembrava.

    D’improvviso un peso abbastanza gravoso gl’andò a schiacciare tutto il corpo, come se si fosse ritrovato con un uomo addosso e non uno di quelli molto leggeri. Schiudendo appena le labbra per cercare di recuperare un po’ d’aria, perse un attimo in lucidità e non arrivò subito a comprendere che l’altro aveva usato la manipolazione della gravità proprio come lui stesso aveva fatto poco prima. Com’era arrivato a tale conclusione? Intanto perché non l’aveva sentito muoversi e poi perché non gl’era parso che avesse qualche compagno nascosto chissà dove pronto ad aiutarlo. Finse d’essere in una situazione peggiore di quella in cui in realtà si trovava: da ottimo attore qual’era, spalancò le labbra, come chi cerca di prender fiato non riuscendoci e si contorse un poco, lasciando che sul viso si delineasse un dolore che non era vero. Solo quando lo sentì avvicinarsi utilizzò lo stesso potere per annullare qual peso sul proprio corpo e poter tornare così a muoversi. Con uno scatto si tirò su, alzando il busto da terra, mentre una mano squarciava i pantaloni ed afferrava il pugnale dalla guaina sul polpaccio, l’altra andava a bloccare il colpo di gamba afferrando la caviglia. Nel parare in quel modo il colpo sentì tutto il braccio indolenzirsi: il dannato aveva impiegato un bel po’ di forza nello sferrare quell’attacco. Probabilmente aveva avuto l’intenzione di sfigurarlo. Dal basso Shamsiel fece un affondo con la destra -poi era stato costrettoa d usare questa per afferrare l’arma, visto che la sinistra era andata a parare il colpo-, nel tentativo di andare a conficcare il suo pugnale nello stomaco di quel pollastro da quattro soldi e rendergli tutte le gentilezze ricevute fino a quel momento.

    CITAZIONE
    Gravità: Permette di sfruttare la forza di gravità per sollevare se stesso da terra o altre persone od oggetti, ma NON di muoverli (non e` telecinesi).
    Livello 1 e 2: resta sospeso per tre turni.
    TURNO II

    Coltello dalla lama seghettata: è capace di provocare profonde ferite e di difficile guarigione, come se sulla lama vi fosse del veleno.

    SPOILER (click to view)
    *guarda Raven con aria pucci per non essere fulminata, dato lo schifoso ritardo*
     
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    La sicurezza prima di tutto era un motto che non aveva dimenticato da tempo immemore, poco dopo essersi risvegliato nelle strade di Nouvieille tre anni prima in mezzo a spruzzi di neve, sangue e carne umana lasciata a frollarsi per bene. Ricordava pressochè ogni particolare nonostante la memoria si rendesse a volte offuscata e nebulosa, ma al di sopra di ogni altra cosa ricordava che non gli mancavano l'aspetto che aveva avuto e quello che era stato costretto a fare strisciando per strada con poche cose, tutte sue prelevate dalla casa andata in fiamme. Poi si era ricostruito una vita con calma e aveva fatto le sue mosse, posizionato le sue pedine come su una scacchiera durante una partita che durava ancora adesso e che sarebbe sempre andata avanti, almeno fino alla morte. Di nuovo, morte. Il pensiero lo fece rabbrividire nello stesso istante in cui, sicuro di riuscire a colpire il ragazzo steso a terra, si sentì parare il colpo dalla mano sinistra dello stesso che gli aveva afferrato la caviglia al di sopra del pantalone scuro e pesante con particolare forza. Quanto ancora sarebbe durata quella partita, quante nuove ce ne sarebbero state nell'infinito tempo che sarebbe trascorso da questa alla sua prossima dipartita? Quanti, sopratutto quali giocatori avrebbe dovuto ancora affrontare prima di potersi dichiarare soddisfatto? Non lo sapeva, non se lo voleva nemmeno chiedere. Non aveva alcuna importanza. Immaginariamente sentì il Re bianco dell'avversario spostarsi e tentare uno scacco matto coi fiocchi, di quelli di cui sarebbe andato fiero un qualsiasi esperto, ma fisicamente, al momento era un diretto con pugnale in pancia che gli stava arrivando, un tentativo di ferirlo che poteva benissimo andare a segno oppure no. Il punto era come avesse fatto l'altro a muoversi col peso della gravità che gravava su di lui, ma a quello c'era una risposta molto semplice e lo capì in pochi attimi: gli era bastato utilizzare la stessa abilità al contrario perchè si liberasse facilmente. Più ovvio di così, si moriva.
    Lo spostamento d'aria era leggero, i movimenti dell'altro veloci e i propri muscoli troppo tesi nel mantenere l'equilibrio sulla gamba bloccata a mezz'aria perchè si potesse accorgere in tempo anche di quel nuovo tentativo in arrivo, un colpo che, se ne rese conto nel momento in cui vide il fioco luccicare dell'arma bianca, avrebbe anche potuto mandarlo al tappeto senza troppi problemi se fosse stato ben piazzato. I colpi allo stomaco se ben portati erano ferite difficili da richiudere ma spesso e volentieri anche mortali, e curarle richiedeva perizia data la quantità di organi che si concentravano in quello spazio di corpo ridotto che era la cassa toracica in generale.

    Nè con le abilità, nè con reazioni repentine aveva quindi modo di evitare il pugnale, nemmeno spostando in avanti il proprio braccio armato per tentare di bloccare, e l'esitazione di troppo di prima gli era evidentemente costata cara. Appuntò mentalmente di fare più attenzione in seguito se ce ne fosse stato uno, quando invece delle azioni trovò l'illuminante soluzione a quel blocco di posizione temporaneo. Un movimento tanto semplice quanto stupido che non aveva nemmeno considerato, sentendo l'erba umida sotto i piedi e in gran parte scivolosa, stendendo in una frazione di secondo un sorriso preoccupante che gli andava da un'orecchio all'altro spaccandogli in due il volto. Non richiedeva sforzi, solo una buona resistenza.
    Si lasciò andare all'indietro. L'erba non fece attrito nel suo sbilanciarsi prima che fosse tardi per evitare il colpo, e non trattenne il piede e la gamba sinistri che invece trascinarono a terra nella caduta il resto del corpo, ma non con la velocità necessaria. Raven sentì un bruciore al ventre, chiuse per un attimo gli occhi e quando li riaprì, poco dopo dal tonfo della caduta di schiena e sulle ali che avevano attutito evitandogli un grande ed esteso ematoma nuovo di zecca, comprese con la coda dell'occhio che era stato comunque ferito anche se solo di striscio. Una parola limitativa per definire il lungo taglio che partiva, più profondo, da poco sotto l'ombelico e che si estendeva fin quasi al plesso solare diminuendo in gravità dal basso verso l'altro anche grazie allo scivolone volontario compiuto. Iniziò a colarne sangue denso e scuro, poco ma abbastanza da lasciare che la rabbia dell'angelo sgorgasse fuori assieme all'ingordigia, voluta e intensificata dal nervosismo del momento. Sapendo che non poteva perdere un secondo, il rosso col corpo da statua caduto proprio perpendicolarmente alla posizione dell'altro angelo caricò un altro calcio e stavolta con la gamba sinistra libera dalla presa, con l'intenzione di colpirgli il fianco o al massimo il torace (o le gambe se quello si fosse rialzato) prima di utilizzare un minimo di energie e mutarsi in aria, atomo dopo atomo in una scomposizione forzata e veloce, quasi immediata che gli costò dello sforzo in più. Affaticato, non si spostò quindi di molto ma subito aggirò l'ostacolo della sagoma dell'altro, comparendo proprio dietro di lui e tentando di bloccarlo con una presa delle braccia sia che fosse stato ancora a terra o meno, quella tipica effettuata al collo dalla polizia eseguita con l'arto sinistro pressato davanti alla trachea e quello destro a trattenerlo da dietro, con la sola differenza nella posizione di questo braccio. L'intenzione era infatti quello di bloccare, ma il destro era invece teso in avanti e all'insù, il pugnale impugnato come uno scalpello a scendere implacabile per colpire i polmoni o, se le cose fossero andate veramente bene e il ragazzo al contrario si fosse inclinato o spostato male, direttamente il collo.


    CITAZIONE
    Forma gassosa: Permette di diventare un tutt'uno con l'aria stessa. Questa forma pero` non e` da confondere con l’invisibilita`: la forma gassosa e` sempre una forma ‘materiale’ percio’ l’angelo resta invisibile ad occhio umano, ma percepibile da chi ne e` in grado. Si smaterializza, ma le molecole restano sempre nell’aria, percio` bersaglio di incantesimi come il congelamento, che hanno a che fare con il fuoco, la paralisi. Inoltre non puo` attaccare quando si trova in tale forma.
    Livello 1 e 2: durata tre turni.
    Turno I

    CITAZIONE
    Pugnale: Un pugnale ricurvo e seghettato, la cui lama è completamente rossa. Provoca ferite profonde e può essere impugnato solo da Raven: un qualunque altro tocco lo rende incandescente, provocando una profonda bruciatura a chi lo afferra.
    Chi riesce a tenerlo comunque in mano, perde progressivamente le forze come se invecchiasse a ritmo spropositato (solo per il tempo in cui lo regge e solo per le razze che invecchiano: maghi, stregoni, umani, risveglianti, malviventi, osservatori, mutanti, uomini drago, licantropi).

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    Figurati, non c'è problema :)


    Edited by 'Raven' - 24/1/2010, 15:47
     
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    In ritmo di quello scontro si stava facendo sempre più serrato, iniziando a richiedere da entrambe le parti uno sforzo ed una precisione sempre maggiori. Più i muti trascorrevano, più le condizioni dei due si facevano precarie ed i loro animi s’infiammavano della voglia di far del male. Shamsiel non era solito lasciarsi andare all’istinto, era un essere troppo razionale per poterlo fare, ma non nascondeva che questo, spesso, era riuscito a salvargli la vita. Raramente i ricorreva e quando lo faceva era perché la situazione era davvero delle peggiori. Fortunatamente non si era ancora arrivati a quel livello. Mentre i due caduti si scontravano in un’accozzaglia di corpi, tutto intorno a loro era statico e calmo, come se ogni foglia, ogni albero, ogni panchina ed ogni filo d’erba fosse tanto interessato a quello scontro che aveva cessato ogni attività. Solo un alito d’aria gelida, pungente, faceva ricordare che tutto lì fosse vivo non solo i due contendenti. Che poi, cosa si stavano contendendo era davvero difficile da dire: sicuramente la propria vita, forse un macabro orgoglio od un cupo senso del divertimento. Forse quello era solo un modo per sfogare una natura che, per certi versi, era costretta in una corazza di normalità a dir poco asfissiante. Per il bel caduto, sulla Terra, era tutto così diverso: la sua forma reale, il suo vero aspetto, era un qualcosa da tenere segreto, da nascondere, perché altrimenti sarebbe stato cacciato da stupidi umani con la testa montata. Di quei pochi ricordo che aveva di quando era tra le schiere celesti, uno gl’era rimasto impresso: la sensazione di libertà che si provava a poter essere veramente se stessi e non essere costretti a convivere con una maschera umana. Per lui tutto era un gioco, ma anche il gioco più bello e stuzzicante, alla fine, diventava noioso. Probabilmente anche per questo s’era gettato nella lotta, senza pensar troppo alle conseguenze che ciò avrebbe portato. Non era immortale, certo, ma molto difficile da uccidere.

    I suoi movimenti calcolati e messi in atto con una rapida precisione portarono i frutti desiderati: sebbene con immenso dispiacere delle sue ossa, che parvero vibrare come il pendolo di una campana, era riuscito a bloccare completamente il colpo di gamba con una mano, evitandosi una costola rotta od il collo spezzato, a seconda del punto in cui sarebbe andato a segno. Quando aveva sentito l’altro scivolar giù, approfittando del terreno coperto di erbetta vischiosa, quasi aveva temuto che l’affondo col cui pugnale fosse andato in vano, squarciando aria e non carne viva. S’era invece dovuto ricredere quando la lama aveva incontrato la pelle, aprendola in un taglio più profondo al suo principio e più superficiale verso la fine, all’altezza dell’altrui plesso solare. Al suo avversario non sarebbero piaciute le conseguenze di quella ferita: la guarigione sarebbe stata lenta e molto dolorosa, come se contrastata da un qualche veleno. Forse intontito dal dolore al braccio, o dal colpo precedente che l’aveva fatto cadere, non riuscì a bloccare del tutto la nuova aggressione a gamba tesa dell’avversario. Fece solo in tempo ad alzare il braccio sano a mò di scudo che prese appieno il colpo e dovette appoggiarsi su quello dolorante per reggersi e non finire con la faccia a terra, a respirare rugiada e terriccio. In un battito di ciglia ed un boccheggiamento l’altro era sparito, resosi invisibile eppure percepibile da Shamsiel che aveva usato la stessa abilità a suo tempo. Quando si accorse dell’orrida situazione in cui si trovava una presa ferrea lo strinse da dietro, spingendo la propria schiena contro il petto dell’avversario. Il sinistro di lui gl’impediva il respiro già forzoso, ma il destro non gli bloccò le spalle. Un guizzo, colto con la coda dell’occhio, gli ricordò la presenza della lama che l’altro aveva tentato di usare poco prima. In un gesto il più rapido possibile tentò di bloccare quella mano armata, fermandola afferrando il rispettivo polso. Non fu abbastanza: aveva usato il braccio destro, quello che aveva subito l’ultimo calcio, per cui la sua azione fu debole e gli costò una lama piantata tra le costole. Almeno era riuscito a far sì che non andasse troppo a fondo: il metallo sfiorò appena il polmone, provocando una piccola ferita interna. Con un gemito Shamsiel gettò la testa all’indietro, con l’intenzione di spaccare il setto nasale dell’altro caduto, mentre cercava, con quanta violenza gli fosse possibile dato il braccio indebolito, di estirpare l’arma dalla sua carne. Contemporaneamente mandò l’articolazione sinistra all’indietro, portando una mano il più vicino possibile alla coscia dell’altro, con gli artigli contratti, agitati nell’intento di graffiare e dilaniare la pelle, come un gatto imbizzarrito.

    Ormai nessuna mossa era preclusa ed avrebbe vinto il più cattivo. Chissà, forse, so sarebbero annientati a vicenda.

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    Coltello dalla lama seghettata: è capace di provocare profonde ferite e di difficile guarigione, come se sulla lama vi fosse del veleno.

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    Ghermirlo. Prenderlo, spezzarlo, strappargli dalla faccia ogni singolo millimetro di pelle e cavargli gli occhi color ametista nel muoversi delle ali, nella baruffa trai due corpi dei quali uno in particolare sembrava sprizzare odio in abbondanza da ogni poro, le labbra arricciate non in un ghigno ma in una semplice espressione da belva feroce mentre Raven si sforzava di spingere con più forza, conficcare il pugnale più a fondo nella carne per arrivare ai polmoni sentendo il respiro dell'altro farsi corto e godendone, come e più di prima. Un solo obbiettivo, rispondere alla fame che gli stringeva le viscere, e c'era soddisfazione suscitata dal dibattersi dell'altro contro di lui con furore in un semplice gioco di muscoli e tendini nel tentare di tenerlo bloccato come in una lotta greca, il fiato spezzato e il dolore più marcato della ferita dallo stomaco al plesso solare che bruciava e da cui colavano lentamente grosse gocce vermiglie che correvano lungo il ventre facendo a gara per toccare terra o il bordo dei jeans ormai sporchi che gli fasciavano le gambe. Ma c'era altro: il fiutare l'odore della concitazione nell'aria fredda, il breve attimo in cui il moro tirò indietro la testa e lo colpì non in pieno naso ma appena sotto per via dell'altezza, sulle labbra, le unghiate che arrivarono alla coscia sinistra lasciando solchi definiti e profondi. Tuttavia, per un attimo non arrivò a sentirli perchè le forze stavano scivolando via da sole, vanificando ogni disperato tentativo del cervello di trasmettergli informazioni importanti. Con lo stomaco vuoto, ebbe un attimo di distacco totale dovuto a un minimo di stanchezza prima di tornare come inebetito ad avere il possesso del proprio corpo d'un colpo, respirando improvvisamente e a fondo come se gli mancasse l'aria quando, finalmente, sentì la fitta di dolore proveniente dalla gamba trasmettersi a tutto il resto e pervaderlo, tramutandogli la faccia in una maschera ritorta di puro risentimento. Nello stesso momento, il colpo dato all'indietro dall'altro nel muovere il capo venne ricevuto da labbra e mento che gli rintuzzarono contro, e quando il nuovo e acuto dolore si sommò al resto si ritrovò proiettato all'indietro, a cadere di schiena sull'erba col pugnale tra le mani che era stato estratto di slancio dalle carni del ragazzo anche con l'intenzione di allargargli ulteriormente la ferita. Si accorse di essersi morso la lingua solo quando urtò il terreno sulle ali ripiegate del dorso con un tonfo attutito e il respiro mozzato, sentendo il proprio sangue invadergli il palato e quello ancora più caldo scorrere verso il basso inzuppandogli la parte sinistra dei jeans scuri, rendendoli di un cupo rosso, e allora si ritrovò nella posizione di fare la scelta giusta, quella guidata dall'istinto e dal cupo ringhiare che gli saliva dalla gola rialzandosi sulle braccia, un rivolo di sangue a colargli lungo il labbro inferiore spaccato e morso con violenza. Costrinse, e stavolta in modo repentino, la propria gamba destra a estendersi verso il giovane per dargli un calcio alla schiena, in pieno centro possibilmente, poggiandosi e facendo perno sulla sinistra nonostante la straziante sofferenza che lo colpì nel sentire la pelle tendersi e mettere allo scoperto la carne sommersa dal vischioso liquido ematico che si rapprendeva lentamente, attaccando al vivo delle ferite stralci di tessuto dei jeans fastidiosamente incollatigli addosso come con la colla, troppo aderenti ora che aveva iniziato a sudare. Se solo avesse potuto tagliarne una parte sarebbe stato più contento ma non aveva tempo da perdere, perchè il calcio era solamente un diversivo veloce e semplice a cui far seguire l'utilizzo di altro, l'improvviso consumo di ulteriori energie a fargli traballare la vista per pochi attimi, il rubinetto di nuovo deliberatamente aperto come fosse quello di una conduttura principale dell'acquedotto cittadino. E sentì il calore scorrergli nelle vene mentre attorno gli si addensavano, sotto il controllo della sua sola volontà, particelle d'ombra che sembravano prendere forma e consistenza unendosi, formando una nube tentacolare che poco a poco si ingrandiva ingigantendosi attorno a lui, gli occhi verdi e neri a riempirsi completamente di pece nel dare libero sfogo alla rabbia che lo animava, alla fame sorda e cieca che non voleva sentire ragioni. E sempre sotto il suo controllo, quando dopo attimi si ritenne soddisfatto della quantità di ombra presente, la lanciò addosso all'individuo con tutto il furore che potè raccogliere con la speranza di riuscire a bloccarlo, i tentacoli a estendersi pericolosamente verso il corpo dell'avversario nel tentativo di prenderlo infiltrandosi negli orifizi possibili attraverso la bocca, le orecchie e il naso per impedirgli di respirare, trattenendolo al contempo ben stretto al posto suo quasi come aveva fatto il rosso, poco prima, ora intento invece a spostarsi velocemente all'indietro rialzandosi e carrcollando per i tagli inflitti, tenendo però sempre d'occhio l'altro angelo.

    Non gli importava poi molto di come sarebbe andato a finire, bastava che quello a rimetterci il meno possibile fosse lui col suo corpo, il male altalenante che si alternava nel pulsare con tutti gli altri dolori, la pelle discretamente resistente lacerata e attaccata ai pezzi di cotone maciullati sulla gamba sinistra. Non sentiva il vento gelido che aveva iniziato a spirare da nord, o l'erba che gli si strusciava contro i palmi sporcandoglieli di verde perchè non c'era tempo, ma sopratutto perchè mano a mano che la sua resistenza calava si trovava sempre più in difficoltà a mettere allle strette l'individuo: non aveva una capacità di resistenza infinita a disposizione e ne aveva già sprecata troppa pur facendo quanto di necessario misurando ogni azione, ogni movimento; ora che quella si affievoliva iniziavano però i problemi veri e non gli piaceva trovarsi alle strette per nessun motivo, non quando c'era di mezzo qualcosa di più di una semplice preda. Si stava parlando di un suo simile, un angelo nero da spennare con tanto di ali e trasformazione completa come lui, qualcuno che avrebbe dovuto ipoteticamente essere un osso duro: non lo era, ma sicuramente cercava di fare del suo meglio per non essere divorato in poco meno di due minuti e fin'ora c'era anche riuscito.

    CITAZIONE
    Controllo delle ombre: Raven è in grado di controllare le ombre in due soli modi:
    La difesa, condensando qualunque ombra presente nel raggio di 15 metri in un solido scudo che, per la sua impenetrabilità, non può essere distrutto nemmeno in presenza di una semplice luce (è palese che possa venire usata perfino l'ombra stessa dell'avversario);
    l'attacco, condensando nello stesso modo sopra descritto, e sempre entro i 15 metri, una nube di ombra nelle vicinanze o direttamente sopra l'avversario. In questo modo si favorisce l'asfissia del nemico o il suo ostacolamento, e si aumentano le sue sensazioni di claustrofobia e paura.
    Turno I

    CITAZIONE
    Pugnale: Un pugnale ricurvo e seghettato, la cui lama è completamente rossa. Provoca ferite profonde e può essere impugnato solo da Raven: un qualunque altro tocco lo rende incandescente, provocando una profonda bruciatura a chi lo afferra.
    Chi riesce a tenerlo comunque in mano, perde progressivamente le forze come se invecchiasse a ritmo spropositato (solo per il tempo in cui lo regge e solo per le razze che invecchiano: maghi, stregoni, umani, risveglianti, malviventi, osservatori, mutanti, uomini drago, licantropi).



    Edited by 'Raven' - 6/2/2010, 14:41
     
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    Iniziava a perdere di forza e di lucidità: la vista gli si stava affievolendo, rendendo leggermente indistinti i contorni di ogni oggetto, se non quello particolarmente vicino e la cosa non era un buon segno. Non era ancora giunto il momento di lasciarsi andare, anche perché difficilmente lo faceva, ma iniziava a desiderare abbastanza intensamente di porre fine a quella lotta senza un vero fine ed una vera causa. Non era stato lui a importunare, né aveva fatto in modo che l’altro cercasse lo scontro: tutto era iniziato senza che ne si potesse spiegare la ragione. Shamsiel aveva accettato, fors’anche per una strana monotonia che aveva avvolto la sua vita, fino a renderla quasi indegna d’esser vissuta: le giornate che s’alternavano trascorse tra un vizio piuttosto che un altro, tra un amante, piuttosto che un buon libro tra le mani, od il suo violino a cantare melodioso. Tutto ciò fatto, tutto già visto, tutto già sentito, aveva bisogno proprio di quelle emozioni forti, e molto pericolose, che in quel momento non gli mancavano. Per uno strano atto di masochismo, qualcosa in lui godeva mentre la sua carne veniva straziata ed il suo corpo affaticato. Si sentiva vivo e pronto a combattere per cedere ogni singola goccia di sangue.

    Le sue risposte ai colpi subiti erano andati abbastanza a segno da riuscire a colpire seriamente l’altro: aveva sentito chiaramente la propria testa cozzare contro il muso dell’altro, probabilmente lasciandogli qualche lesione, riuscendo così a levarselo di dosso, pagando però un grosso prezzo: la ferita al polmone, nel momento in cui l’altro angelo veniva catapultato all’indietro, era stata allargata e resa più profonda, abbastanza da farlo tossire e sentire il sapore del suo stesso sangue in bocca. Il polmone destro era lesionato. Almeno era riuscito ad interrompere quel contatto poco piacevole ed a lasciar sull’altrui corpo un ingente numero di artigliate. Non appena libero si accasciò su di un fianco, reggendosi sul gomito sinistro, ancora dolorante, e cercando di evitare di ingoiare il suo stesso sangue, sapore che non amava affatto. Il dolore era intenso, reso quasi lancinante da ogni respiro più profondo del dovuto, ma aveva ancora i riflessi abbastanza svegli per evitare brutte sorprese, proprio come quella che si stava preparando alle sue spalle. Il suo fine udito percepì il rumore dello spostamento del caduto e con la coda dell’occhio scorse un movimento sinistro che lo portò a spostarsi, facendo leva sul braccio dolorante, non riuscendo quindi a spostarsi di molto, ma riuscendo ad evitare il colpo il piena spina dorsale, per beccarlo su di un fianco. Ingoiò un’imprecazione dovuta al nuovo dolore. S’era appena guadagnato un bel livido violaceo che ben preso si sarebbe presentato. Lo vide poi allontanarsi, mentre lui si alzava in ginocchio e successivamente in piedi, non senza sforzo, con una lentezza per lui snervante, ma effettivamente non troppo eccessiva. Di colpo di ricordò di qualcosa che aveva nella tasca, qualcosa che gli sarebbe risultato molto utile, anche solo come diversivo o modo per acquistare un po’ di tempo per riprendersi. Infilata nella tasca destra dei pantaloni la mano toccò una superficie irregolare e dura, una pietra: la pietra del lampo. Ma qualcosa cambiò, nello scenario attorno a lui, tanto rapidamente da lasciarlo interdetto: se, fino a poco prima aveva tenuto gli occhi sul suo avversario, d’improvviso questo non fu più visibile perché coperto da qualcosa che pareva una nube nera colma di tentacoli, quasi fatta della stessa materia dell’ombra, che si muoveva in sua direzione. Fu tutto troppo rapido perché potesse agire in tempo: ne venne avvolto, in un freddo abbraccio che lo fece rabbrividire e gli tolse ogni possibilità di vedere, di comprendere. Respirando quella cosa entrava in lui e gli impediva d’assorbire abbastanza ossigeno. Si sentì soffocare. Spalancò la bocca dalle labbra vermiglie. Sentì i morsi del panico e si lasciò cadere sulle ginocchia con le mani alla gola, una delle quali stringeva la pietra. S’impose di calmarsi, magari quella non era altro che un’illusione: no, era tutto dannatamente reale e sarebbe svenuto, finendo in mano di quel pazzo, se non si sarebbe risollevato al più presto od avesse trovato un modo per levarsi da quella spiacevole sensazione. L’unica cosa che poteva fare era usare quell’oggettino che, per quanto piccolo, poteva dar vita all’unica cosa che, forse, gli sarebbe stata d’aiuto: la luce. Lui, ovviamente, non ne sarebbe rimasto ferito od infastidito. Se davvero ciò che lo opprimeva era fatto d’ombra, allora, forse, si sarebbe liberato. Con un colpo carico del panico che stava tentando di tenere a freno, Shamsiel fece collidere la pietra contro il suolo, gettandola con violenza da una breve distanza. Un lampo luminosissimo, accecante, illuminò a giorno quello squarcio di giardino, come se fosse sorto un nuovo sole.


    CITAZIONE
    Pietra del lampo:
    Oggetto non magico ottenibile da un bravo alchimista.
    La pietra del lampo è la variante luminosa della pietra del tuono. Va usata possibilmente di notte o in luoghi in cui non c'è luce, per abbagliare gli avversari. La pietra deve essere lanciata. Quando tocca terra o un oggetto solido (un muro, un'armatura o altro) emette un lampo (come un flash) che accieca temporaneamente, 2 turni, chi si trova nel raggio di 4,5 m dal punto dell'impatto. Naturalmente chi non fa uso della vista non ne rimane influenzato, così come chi fa uso di una abilità non collegata alla vista (per esempio ascoltare).

     
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23 replies since 4/1/2010, 19:36   339 views
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