Delusion.

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  1. TalesDreamer
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    "La trasmissione economica dell'energia senza fili è di importanza fondamentale per l'uomo. Gli permetterà infatti di dominare incontrastato sull'aria, sul mare e sui deserti. L'uomo sarà libero dalla necessità di estrarre minerali o petrolio, trasportare e bruciare combustibili, abolendo così molteplici cause di inquinamento. Il glorioso sole diventerà il nostro servo ubbidiente. Pace e armonia si diffonderanno sulla Terra."



    Questo aveva scritto Nikola Tesla più di cent'anni prima. Con queste convinzioni si era ucciso per poi tornare in vita: aveva voluto vedere l'Utopia che aveva contribuito a realizzare, un modno basato sul libero scambio di energia, idee ed opinioni.
    Per questo lo sconvolse tanto la sua visita al museo, in cui s'era recato per capire cosa fosse successo durante il suo periodo di stasi. Si era aspettato un nuovo Illuminismo, il trionfo dell'energia senza fili, ed invece...

    Guerre mondiali.

    Ad occhi sbarrati aveva esplorato le ale dedicate agli avvenimenti più recenti, ripercorrendo passo dopo passo i momenti salienti di quei conflitti. Con la gola strozzata si era trovato a contemplare fotografie, testimonianze, descrizioni. Resti di mine e macchine da guerra, l'orrore dei campi di concentramento e le conseguenze del frutto più deviato mai scaturito dall'intelletto umano.
    L'atomica.

    La confusione regnava sovrana nella sua mente, mandata in sovraccarico da una quantità di emozioni discordanti: confusione e shock, ma anche delusione di appartenere ad una razza così crudele e meschina, in grado di sfruttare la Scienza solamente per provocare dolore. Sopra ogni altra cosa predominava il disgusto, una nausea totale ed assoluta provocata non dal contorcersi di uno stomaco, ma dal rigetto provato dal suo intero corpo nei confronti di quell'epoca.
    Un epoca in cui non avrebbe voluto mai risvegliarsi.
    Corse a cercare un bagno.

    Passò i dieci minuti seguenti chino su un gabinetto, rigurgitando qualcosa che il corpo umano non dovrebbe essere in grado di produrre: un impiastro giallognolo e sulfureo, emanante lo stesso odore di dolciastra putrefazione che sentiva su di se dal momento del suo risveglio. Quella sostanza accrebbe ulteriormente il suo senso di nausea, ma Nikola si sentiva talmente stanco e svuotato da non poter neppure rincarare la dose aggiungendo vomito al vomito.
    Doveva capire cos'era diventato. Sapeva che non sarebbe stato del tutto umano al suo risveglio, ma l'esperimento gli era decisamente sfuggito di mano. Non credeva che si sarebbe risvegliato con sensi migliorati ed abitudini stravolte, con strani poteri che doveva ancora scoprire, studiare e controllare.
    E neppure credeva che avrebbe dovuto cibarsi di carne umana per sopravvivere.


    Le ale che trattavano di storia antica erano decisamente più rilassanti di quelle recenti. Anch'esse erano colme di orrori e battaglie, ma apparivano lontane e distanti, combattute da genti che si faticava a considerare come davvero esistite.
    Tanto ridicole, le prove della loro esistenza. I loro cadaveri essiccati dietro ad una teca, quelle mummie che non parevano neppure cadaveri umani. Alieni, artefatti, pezzi di carta rinsecchita.

    Ed eccolo lì: un visitatore venuto a visitare il museo di prima mattina; un uomo in gilet e camicia, abiti rispettabilii a rivestire un corpo magro e spettinato.
    Era accasciato su una panchina posta vicino alla teca delle mummie, il volto pallido e stravolto. Una mano sul ventre, lunghi e lenti respiri fatti ad occhi socchiusi.
    Pareva aver appena ricevuto lo spavento più grande di tutta la sua vita.


    SPOILER (click to view)
    Topic aperto a chiunque voglia o/

    Poteri utilizzati contro il povero gabinetto del museo:
    The Monster I've become
    Una mummia non è che un bozzolo di carne morta in cui fermentano sostanze marcescenti e corrosive. Tesla può espellere queste sostanze secernendole dai pori della pelle, dai condotti lacrimali, o vomitandoli con poca eleganza. Il liquido che fuoriuscirà sarà giallastro ed infiammabile, puzzerà di carne rancida e zolfo. A contatto con la carne viva, per tre turni genera ustioni anche gravi in base alla quantità di liquido utilizzato. Nikola può manipolare questo marcescente schifo senza venirne danneggiato. Servono 4 turni perché il corpo della mummia riesca a ricreare una quantità di liquido sufficiente per un nuovo attacco.
     
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    Genevieve teneva le braccia conserte e la caviglia sinistra intrecciata all'altra, restando in equilibrio sul piede destro. Teneva i capelli deliberatamente sciolti e scompigliati, in un modo che non risultava nè alla moda nè giovanile: aveva semplicemente i capelli tutti spettinati.
    Quando la perfetta sconosciuta le porse il biglietto, la ragazza glie lo strappò dalle mani con nervosismo e le lanciò uno sguardo seccato, per poi avvicinarsi all'entrata per la prima stanza del museo.
    Quando il ragazzo lì vicino si prese un pezzo del biglietto, Genevieve accartocciò il restante e lo ficcò nella tasca del giubbotto. Si fece avanti.
    Era strano vedere una ragazzina aggirarsi per le sale di un museo completamente sola, senza macchina fotografica e senza un folto gruppo di altri ragazzini lì intorno a ridere come pazzi. Normalmente sarebbe stato così: lei avrebbe fatto passi il più lenti e corti possibile, senza degnare di uno sguardo le opere e senza ascoltare la guida; gli altri avrebbero fatto il lavoro al posto suo. Possibilmente facendo scattare almeno un allarme per sala, scoppiando a ridere nel vedere i volti nei quadri, notando in continuazione quanto fosse orrendo l'abbigliamento che s'indossava in un certo periodo.
    E invece no. Non era così. Si era svegliata prestissimo e aveva deciso di bruciare per andarsene in un luogo istruttivo almeno quanto la scuola. Genevieve si portò un paio di dita alla tempia, come se la sola idea di aver fatto qualcosa di stupido le facesse male.
    Attraversò le sale senza interessarsi davvero. Ogni tanto notava quei dettagli fuori dal comune che potevano interessare, ma non leggeva le targhette accanto ai reperti o alle opere d'arte.
    Forse aspettava solo che qualcosa che non riguardasse il suo presente attirasse la sua attenzione. Non lo sapeva nemmeno lei.

    Forse fu solo dopo quella decina di minuti che ebbe trascorso ad annoiarsi, che finalmente qualcosa attirò la sua attenzione. Qualcosa di vivo: una delle poche persone che avevano deciso di visitare il museo a quell'ora.
    Era un uomo, e aveva gli occhi socchiusi. Dato che restava quasi immobile, Genevieve decise di preoccuparsi: dopotutto il suo stesso padre adottivo era in coma farmacologico in quello stesso momento. Si avvicinò, e notò il lievissimo movimento del suo addome. Almeno non era morto. O forse sì?
    "Sei ancora vivo?" domandò.

    SPOILER (click to view)
    M'intrometto io, se per te va bene. 8D
     
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  3. TalesDreamer
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    Gl'era parso di sentire una voce nella testa.
    Non era la prima volta che gli accadeva. E dato che non è educato ignorare le domande, anche se immaginarie, Nikola si sforzò di biascicare una risposta.
    «Non ne sono sicuro.»

    Teneva ancora gli occhi serrati, gioiva della patina di buio che lo isolava dalla cruda realtà.
    Sempre che esistesse, la realtà. Era estremamente surreale, quella domanda riecheggiante nel buio delle sue palpebre abbassate. Stava davvero vivendo o le giornate dopo il suo "risveglio" erano state le allucinazioni di un Tesla sul letto di morte, incapace di accettare l'ineluttabilità della fine?
    Si portò una mano sul volto. Sentì il calore della propria pelle, la protuberanza del naso, le labbra secche a contatto col suo palmo. Le guance un po'ruvide.
    Tutto molto reale.
    Fece scivolare la mano sul collo e ancora più in giù, sul petto. Sul cuore.
    L'organo ancora batteva, immerso nel suo nido di vene ed arterie, qualche centimetro sotto i suoi polpastrelli. Il suo battito era estremamente fievole, ma percepib...

    Mentiva a se stesso, lo sapeva. Nulla pulsava nel suo petto, nè s'era mai mosso dopo essere stato arrestato da una potente scarica elettrica.
    Era il 1892.
    Sono morto.

    «Testa, torso, organi interni... c'è tutto.
    Confermo di essere ancora vivo.
    »
    Disse invece, e non si sentiva un bugiardo. Il solo affermare la sua esistenza equivaleva a confermarla: cogito, ergo sum.
    Riaprì gli occhi.
    E si rese conto di avere qualcuno davanti.

    Dunque quel "Sei ancora vivo?" non era stato un frutto della sua immaginazione. Se da una parte era un sollievo sapere di non star sprofondando nella schizofrenia, dall'altra faticava a spiegare alla sconosciuta i motivi del proprio bizzarro comportamento.
    Faticava, in generale, a trovare qualcosa da dirle.
    La guardò negli occhi, ne contemplò per qualche istante i lineamenti.
    Ed infine disse:
    «Salve.»

    Da qualche parte occorre pur iniziare.
     
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    Nel sentire quella prima risposta sbuffò appena, premendosi le dita sulle labbra per bloccare sul nascere la propria risata.
    Magari l'aveva svegliato. Da un sogno a occhi aperti: quell'uomo stava immaginando qualcosa di orrendo e si era sentito male, forse. Genevieve curvò le labbra in un ghigno e voltò lo sguardo altrove, cercando di capire da cosa potesse essere nato quel sogno.
    Storia antica, con tanti cadaveri che invecchiavano dentro le teche di vetro. Chissà se si era immaginato mentre qualcuno gli tirava fuori il cervello dal naso oppure investito da una colata di magma vulcanico.
    Era comunque strano vedere un adulto in quello stato. In generale gli adulti erano sempre quelli che restavano solidi... almeno questo era ciò che la ragazza aveva creduto per quasi l'intera durata della propria vita. Quell'uomo mingherlino che si toccava, come a voler essere sicuro di non aver perso pezzi, sarebbe potuto diventare un'ottima variante a una giornata di scuola.
    Poi lo vide mentre la metteva a fuoco, e non riuscì a trattenere una risatina, mentre chinava appena il viso per guardarlo meglio. Aveva una strana aria schizzata. Magari era pazzo.
    CITAZIONE
    «Salve.»

    Sollevò le sopracciglia in un'espressione di muta sorpresa, perdendo l'ilarità. Era strano sentirsi salutare dopo aver già scambiato un paio di parole.
    La sorpresa mutò rapidamente in un sorriso tronfio.
    "Ma buongiorno, signore" rispose. "E bentornato tra i certamente vivi".
    Lanciò un'occhiata svagata alle mummie esposte.
    "O quasi" aggiunse.
     
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  5. TalesDreamer
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    L'attenzione della ragazza piroettò per un attimo sulle teche; Nikola istintivamente seguì il suo sguardo, pentendosene subito.
    Quei sacchi di ossa e pelle secca dietro una teca. Troppo simili a quel che aveva scorto nel riflesso di una finestra qualche notte prima: una persona scheletrica, il derma come cuoio scolorito.
    Quella persona che era stato lui stesso, prima che il suol corpo di mummia venisse colmato da fresca carne di umani appena ammazzati.
    Non volevo farlo davvero.

    Tornò a fissare la ragazza.
    Piacevolmente roseo e pieno il suo corpo, rispetto alla secchezza di quei cadaveri. Bello quel suo essere così giovane, il suo contrastare il vecchiume della stanza semplicemente esistendo.
    Anche se sembrava un po'troppo giovane per essere una mattiniera visitatrice di musei.
    Qualcosa non quadrava.

    Ipotesi numero uno: era in gita scolastica.
    Ipotesi scartata, in quanto l'ambiente era privo dell'odioso vociare tipicamente prodotto da una comitiva di adolescenti svogliati.
    Ipotesi numero due: era lì di sua spontanea volontà.
    Pareva un'idea improbabile. La giovane mancava di quel non so che di pacato e tranquillo tipico dei secchioni, unica categoria di persone capaci di alzarsi ad un orario simile per andare ad ammirare antichi reperti.
    Il che lo portava direttamente all'ipotesi numero tre...
    «Tu non dovresti essere a scuola?»
    Non poteva che essere fuggita dalle sue lezioni giornaliere, la ragazzina. Un'azione assolutamente deprecabile, un inutile sprecare tempo anziché sfruttarlo per aumentare le proprie conoscenze. Evitò di fissarla troppo male solo perché la sua pigrizia, in quei giorni, superava di gran lunga quella della sconosciuta. Raddrizzò bene la schiena ed incrociò le braccia, in compenso, cercando di regalare un'oncia di severità alla propria figura.
     
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    Non smise di sorridere. Semplicemente abbassò lo sguardo sui piedi, uno dei quali stava dondolando avanti e indietro, sfiorando appena il pavimento.
    Il brutto dei "grandi" era proprio questo, secondo lei: nella maggior parte dei casi erano già maturati troppo per lasciar perdere i ragazzini e pensare solo e soltanto alle faccende degli adulti. Si poteva chiamarlo altruismo, o magari senso di responsabilità... per Genevieve era un fastidio e basta.
    Ma voleva credere che quell'adulto potesse essere meno rigido.
    "Dovrei essere a scuola, già" rispose, facendo vagare lo sguardo sulla parete oltre la panchina. "Ma oggi non ne ho proprio voglia".
    S'infilò una mano dentro la giacca e il collo della maglietta per spostare il bracciale sinistro, che le si era appiccicato alla pelle. Tirò fuori la mano quasi subito per solleticarsi la nuca con le unghie, poi si mise a braccia conserte.
    "A lei non dovrebbe interessare, signore" osservò, mostrando i denti in un sorriso quasi malizioso. "Tanto non sono sua figlia. In più sono lo stesso circondata dalla cultura!" sciolse le braccia per fare un gesto teatrale, a indicare la sala, poi le lasciò ricadere lungo i fianchi.
    Non aveva bisogno di giustificarsi. Il suo sorriso svanì mentre una nuova considerazione le veniva in mente.
    "Lei è un insegnante?"
    Per quello che ne sapeva, poteva esserlo.
     
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  7. TalesDreamer
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    Nikola rispose alla domanda della ragazza scuotendo il capo, ed aumentando nel contempo lo scompiglio che regnava sulla propria testa.
    «Oh no, per carità. Mi occupo di elettronica.»
    Questo spiegò mentre si passava una mano tra i capelli, cercando di imporre un certo ordine alla sua chioma.
    Impresa oltremodo vana. Con quel taglio, pettinato o meno, sarebbe sempre sembrato un uomo che ha appena infilato due dita in una presa elettrica.
    Non che gli dispiacesse, sia chiaro.

    «Lavono nel campo delle riparazioni al momento, ma una volta ero attivo nel settore... ricerca e sviluppo.»
    L'immaginarsi per un istante nei panni di un insegnante era stato straniante, comunque.
    Non in molti l'avevano ascoltato nella sua epoca, ed i pochi che avevano prestato attenzione alle sue innovative teorie spesso gl'avevano dato del folle e dello sconclusionato.
    Avere una propria classe di alunni ansiosi di ascoltarlo, che lo rispettavano come scienziato e pensatore... sarebbe stato fantastico. Temeva, però, che non sarebbe stato un bravo docente: tendeva spesso a sopravvalutare il genere umano, si perdeva in discussioni estremamente tecniche che risultavano incomprensibili ai più. Avrebbe solo finito per straziare giovani menti con complessi ragionamenti al di là della loro portata.
    Oltretutto, il venir fissato da uno stuolo di studentelli adoranti l'avrebbe inquietato un poco.
    «E lei invece, signorina, cosa studia?.»
     
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    Sospirò di sollievo senza preoccuparsi di nasconderlo.
    Il signore non insegnava. Almeno non avrebbe dovuto subire una ramanzina nello stile "se non vai a scuola finisci per strada a fare la barbona", o magari del tipo "visto che non sei voluta andare a scuola, ti faccio da guida per il museo"... anche se era sempre troppo presto per poterlo affermare con certezza.
    Stranamente, per Genevieve non fu difficile immaginarsi quell'uomo a lavorare con l'elettronica. Forse era la strana direzione che avevano i suoi capelli, oppure l'aura da adulto con un lavoro stabile.
    Ricerca e sviluppo, comunque. Non poteva evitare di assegnargli un punto in più: dopotutto si parlava di uno di quelli che lavoravano dietro i computer, gli mp3 e i cellulari. Negli occhi di Genevieve si accese una luce d'interesse... poi arrivò la domanda.
    CITAZIONE
    «E lei invece, signorina, cosa studia?.»

    Si appoggiò una mano al petto. "Io? Beh. Inglese, storia, disegno, scienze, fisica... latino". Fece una smorfia. Non le piaceva moltissimo parlare di scuola, specialmente quando la saltava: era uno dei momenti in cui non avrebbe dovuto pensarci. "Materie scolastiche" minimizzò con noncuranza.
     
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  9. TalesDreamer
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    «Materie che non ti interessano.»
    I secoli passavano, ma certe situazioni non cambiavano mai. Il disgusto dei giovani nei confronti della scuola era una di quelle certezze immutabili, anche se differivano le cause che portavano i giovani a provare disgusto psicofisico per l'istruzione.
    Chissà com'era cambiato il sistema scolastico in quegli anni?

    Battè una mano sul legno della panchina, invitando la ragazza a sedersi accanto a lui.
    «Allora, qual'è il problema? Sono davvero le materie, o è il modo in cui cercano di insegnartele?»
    L'ipotesi numero due gli sembrava la più probabile. La ragazza pareva sveglia, una di quelle persone le cui pagelle erano sempre segnate dalla frase "il ragazzo è intelligente, ma non si applica abbastanza". Se così non fosse stato avrebbe passato la mattinata in un negozio di scarpe, e non certo in un museo.
    «...Qualche compagno di classe che ti infastidisce?»
    Azzardò con cautela. Di problemi simili, lui, ne aveva avuto fin troppi. Quando sei un bambino timido e secchione con un mucchio di strane fobie, i bulletti ti vedono solo come un agnellino da sbranare. Se poi a scuola iniziano a raccontare di quella volta in cui ti sei lanciato dal tetto con l'assoluta convinzione di poter volare, il campionario di insulti con cui vessarti può divenire incredibilmente pittoresco.
     
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    Arrossì appena, imbarazzata, ma continuando a sorridere per evitare di sentirsi ancora peggio. Parlare di quanto non le interessasse la scuola era un conto, ma farlo davanti a qualcuno più adulto e dall'aria più colta era un altro paio di maniche.
    All'invito dell'uomo di sedersi accanto a lui si sentì in qualche modo più sollevata, così si avvicinò alla panchina, fece una mezza giravolta e si sedette, appoggiando subito la schiena ed espirando piano dalla bocca, facendo vagare lo sguardo sul soffitto e sulle pareti. Da una parte avvistò un vecchio disegno - forse qualcun altro l'avrebbe definito "antico" - di una donna con le ali, poi chiuse gli occhi e li riaprì sulle proprie ginocchia. Era meglio non distrarsi troppo quando si parlava con qualcuno.
    "Non credo che siano le materie... tanto non credo che mi sia mai piaciuto nulla in particolare di quello che ho studiato. Sono normali" disse, intrecciando le dita delle mani e accavallando le gambe. "Nemmeno i compagni di classe sono un problema, in quel senso. E' solo... non lo so". Si passò una mano tra i capelli, pegiorandone la situazione. "Oggi mi sono svegliata e mi sono detta: chi me lo fa fare? Così non ci sono andata".
    Non vedeva l'ora di finire la scuola e poterne uscire. Si sentiva una sconosciuta, lì dentro: on i compagni di classe riusciva a convivere, ma non stabiliva mai un rapporto grandioso. Non poteva nemmeno dire di essere loro amica, nè che loro fossero amici suoi. Anzi: non ricordava di aver mai stabilito un rapporto del genere con niente e nessuno in vita sua. Perciò perchè andare a scuola?
    "...perchè lo starò raccontando a lei?" si chiese, aggrottando la fronte. In generale non amava moltissimo parlare di sè stessa.
    Forse lo faceva perchè stava parlando con un adulto. Si disse che non poteva essere altrimenti, giusto per accontentarsi di una risposta immediata, per quanto provvisoria.
     
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  11. TalesDreamer
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    "...perchè lo starò raccontando a lei?"

    Fece spallucce a quella domanda, come a dire "ah, non chiederlo a me". I motivi di quella conversazione erano, in fondo, sconosciuti anche a lui: non era abitudine di Nikola ciarlare coi mocciosi. Eppure, il dialogare con quella creature minorenne gli stava risultando più facile rispetto ad un rapporto sociale standard.
    Forse perché i bambini sono creature semplici. Pensieri puri, privi di influenze, nessuna regola sociale a tarparne le lingue.
    Peccato che molti di loro fossero così sporchi...

    «Chi te lo fa fare? Beh, si chiama "istruzione obbligatoria" per un buon motivo, suppongo. Le nozioni che ti insegnano a scuola, anche se ora ti sembrano inutili, acquisteranno tutt'altro valore con il passare degli anni.»
    Una classica, tediosa predica che gli adulti rivolgono agli studenti recalcitanti. Un pallido tentativo di giustificare un sistema scolastico scadente sotto termini come "forma mentis", "imparare a pensare" e tante care cose.
    «Tuttavia...»
    Nikola non era esattamente un adulto tradizionale. Aveva sempre fatto di testa sua, e ne era andato fiero. Se non l'avesse fatto, Edison avrebbe trionfato ed il mondo sarebbe rimasto incatenato alle limitazioni della corrente diretta.
    L'Orrore.
    «Credo che sia importante dedicarsi a qualcosa, ma non devono essere gli altri a decidere in cosa dovresti impegnarti.
    Scegli qualcosa che ti piace e mettici tutta te stessa, lotta per le tue idee.
    Magari le tue saranno idee sbagliate, ma... almeno avrai fatto qualcosa nella vita, no?
    »
    Idee sbagliate. Come l'ammazzarsi, farsi inscatolare e cercare di tornare in vita un secolo dopo forse.
    Almeno poteva vantarsi di aver fatto qualcosa anche nella morte.

    SPOILER (click to view)
    Perdona il ritardissimo nel risponderti, ma scuola e mancanza cronica d'ispirazione mi sono state letali in questo periodo. ;_;
     
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    Lì per lì non seppe come rispondere. Qualcosa come “capisco”, oppure come “ha davvero ragione, lei è un genio”? Genevieve in quelle situazioni non sapeva come comportarsi. Però non avrebbe mai accettato di farsi mettere in difficoltà dal primo sconosciuto incontrato al museo.
    «Oh! Ho capito».
    Una risposta piuttosto banale. Però non sapeva cos’altro aggiungere.
    Alla fine non le restava che trovare una propria idea, sempre se era decisa a mettere in atto i consigli di quell’uomo. Molto in generale una propria idea non l’aveva: preferiva restare in distacco dal resto del mondo... perciò per trovarne una doveva trovare un contatto. La ragazzina decise di sfruttare il primo che aveva sotto mano.
    Io mi chiamo Genevieve. Posso sapere chi è lei?
    Appena ebbe pensato queste parole si chiese perché avesse scelto quelle. Suonava un po’ insolente, o forse troppo formale: dopotutto era ridicolo chiedere a una persona il permesso di conoscerla. Soprattutto dopo che si era già scambiata più di una parola. D’altra parte, però, aveva un suo senso: doveva essere quell’estraneo a decidere se fare una vera conoscenza con lei oppure no.
    Genevieve si accorse di stare divagando con i pensieri solo quando si rese conto di avere lo sguardo perso, che guardava e non guardava il volto dell’uomo. Era ora di parlare.
    «Io mi chiamo Genevieve» si presentò in tono più cordiale. «Posso sapere chi è lei?»
    SPOILER (click to view)
    Non preoccuparti, ci siamo dentro un po' tutti... ^^"
     
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  13. TalesDreamer
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    La ragazzina non aveva capito un fico secco.
    Ma d'altra parte, tentare di illuminare le menti di minorenni casualmente incontrati nei musei era un'impresa che recava in se fin dalla nascita il germe del fallimento. La piccina non si era allontanata dandogli dell'insegnante barboso, in fondo, e già questo poteva considerarsi come una piccola vittoria.

    «Mi chiamo Nikola.»
    Fece per alzare la meno destra e stringere quella di Genevieve, quando si rese conto che la ragazzina non gl'aveva porto alcuna mano da sfiorare con le sue dita gelide.
    Il comportamento di lei lo confondeva a dir poco. I giovani del ventunesimo secolo erano tutt'altra cosa ai ragazzini della sua gioventù, che con gli adulti erano (quasi) sempre soliti mostrare un certo rispetto.
    Le buone maniere erano state sostituite da un'informalità sull'orlo della maleducazione, priva di odiosi vincoli sociali, da un'estroversione quasi aggressiva che... boh. Le cose nel complesso gli risultavano piacevolmente semplici, ma la forza dell'abitudine gli fece storcere il naso.
    Ipotesi sulle cause che hanno potuto portare ad una tale involuzione della società?
    «Evita pure di darmi del lei, mi fai sentire un vecchio.»
    Quelle forme di rispetto parevano essere divenute desuete e vetuste. Gl'andavano un po'strette ora, gli facevano sentire il peso d'ogni granello di polvere poggiato sulle sue spalle centenarie.
    Il 2000 era informale, libero, casual.


    ...non ci avrebbe mai fatto l'abitudine.
     
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    Genevieve arricciò un angolo della bocca in un mezzo sorriso. Nikola. Doveva cercare di ricordarselo, e fortunatamente non era un nome troppo difficile: lunghezza media e non troppo comune né troppo raro.
    Alzò un sopracciglio quando Nikola le chiese di non dargli del lei. Era abituata a fare così con tutte le persone palesemente più grandi di lei, e nessuno di loro le aveva mai chiesto nulla del genere. Non capiva, poi, perché una persona dovesse sentirsi vecchia solo per come gli altri si rivolgevano a lei.
    Magari Nikola si sentiva vecchio per conto suo. Del genere “stanco della vita”, come Genevieve l’avrebbe definito. Ma non osava esprimere quel pensiero ad alta voce.
    «Nikola» ripeté, saggiando quel nome sulla lingua. «Allora dimmi, cosa fai in un museo a quest’ora del mattino, Nikola?» chiese, scoccandogli un’occhiata interessata. Poteva essere il suo giorno libero, per quanto ne sapeva lei. O magari era stato lì per tutta la notte a dormire con le mummie. Chissà.
    Non riusciva a immaginare, in quel momento, cosa poteva portare un “lavoratore nel campo dell’elettronica” in un museo se non per un guasto. In quel caso, però, Nikola se ne sarebbe stato da qualche parte nel museo dove le persone non potevano entrare, magari in tuta e armeggiando con dei fili di rame e dei cavi di gomma. Perciò poteva essere un fatto sentimentale. Altrimenti era semplice noia.
    Poteva anche trattarsi della stessa noia che aveva condotto lì Genevieve senza un motivo apparente. Genevieve sorrise divertita a quel pensiero: le persone non si avvicinavano certo per il semplice fatto di provare le stesse emozioni.
    SPOILER (click to view)
    Stavolta tu perdona me. ç___ç
     
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  15. TalesDreamer
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    "Allora dimmi, cosa fai in un museo a quest’ora del mattino, Nikola?"

    Avere un Q.I. di gran lunga sopra la media significa anche effettuare ragionamenti e formulare teorie in tempi estremamente brevi. Grazie a questo suo dono, Nikola Tesla impiegò solamente et esattamente 12 secondi affinché la sua mente concepisse una risposta differente da sai com'è, avevo un secolo di storia umana da recuperare. Io non c'ero e se c'ero dormivo, letteralmente parlando. Si grattò il mento, riflettendo su quanto la verità fosse diventata un lusso per lui.
    La sua stessa esistenza era il suo esperimento meglio riuscito, e non v'era nessuno che potesse apprezzare la cosa. La cosa lo sconfortava un poco.

    «Hai mai avuto la sensazione di non sapere abbastanza del mondo in cui vivi?»
    Domandò alla ragazza mentre si rilassava, poggiando bene la schiena contro lo schienale della panca.
    Chissà quanti umani avevano poggiato i loro luridi corpi su quella superficie prima di lui, macchiando il legno di microscopici parassiti che stavano ora aderendo ai suoi abiti.
    Ma soprattutto, era sensato per un vivo-ma-non-troppo quale lui era preoccuparsi di simili questioni? Il suo corpo poteva ammalarsi, star male, soffrire l'attacco degli agenti patologici esterni?
    Doveva compiere al più presto ricerche in merito.

    «Voglio dire... diamo tante cose per scontate. Pensiamo di conoscere la nostra storia perché l'abbiamo studiata un poco a scuola, ma le nostre conoscenze sono così superficiali.
    Mi sembrava bello passare il mio giorno libero imparando qualcosa, invece di stare davanti alla televisione. Al mattino qui è tutto molto tranquillo, non ci sono scolaresche urlanti in giro.
    E poi ho un debole per loro.
    »
    Concluse con un sorrisetto, alzando una mano per indicare i cadaveri rinsecchiti che li fissavano da dietro le loro teche. Nobili ed antiche mummie, secchi cadaveri...

    I cadaveri della seconda guerra mondiale.
    Soldati e scheletri d'uomo.
    Le foto. Campi di battaglia e campi di concentraento.


    Fece un lungo respiro, ripromettendosi di non pensare troppo ai morti. Un'altra crisi di panico sarebbe stata pericolosa, la ragazzina poteva preoccuparsi e chiamare l'ambulanza.
    E allora sarebbe stato difficile spiegare ad un medico perché il suo cuore non batteva.
     
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15 replies since 4/2/2011, 18:33   195 views
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