• {Creature Antiche Vivono Ancora GDR} • Gioco di Ruolo by forum a carattere Horror-gotico moderno

Posts written by 'Raven'

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    Bentornata Mid, è bello riaverti in barca :)
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    Tranquillo, a giorni cerco di risponderti anch'io, mi è arrivata la maledetta notifica solo adesso >_>
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    Ciao Nick! Chiedo scusa per averci messo così tanto a risponderti, ma dato il proseguio a rilento della quest mi sono perso un po' via. Per quanto riguarda Darshan, fare un altro lungo post in cui usciva mi sembrava superfluo, quindi la chiusura è nel post precedente - tieni conto che se ne va via senza ulteriori lamentele xD

    Per quanto riguarda invece l'oggetto, è una cosa di pura role, tra l'altro già usata in passato da uno spirito conosciuto appunto IC che usava il "ritualino" in gioco come un modo per comunicare.
    Ad ogni modo, l'oggetto non è da riportare in scheda, in quanto normalissimo specchietto sostituibile con qualsiasi altro e senza abilità particolari. Fai conto che la comunicazione si attivi solo in presenza del rituale (il pentacolo di sangue per il chiamante umano, l'energia da spendere per il chiamante spirito), che va considerata alla stregua di una semplice telefonata, ma ruolisticamente più bella e impegnativa :)

    Per ogni ulteriore informazione in ogni caso rivolgiti pure a me :)
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    Parlare al sottoscritto di cimiteri era come parlare di fogne ad un topo: il paragone non era molto lusinghiero, ma avevo fatto la storia dei cimiteri di mezzo mondo e sapevo bene cosa fossero, cosa contenessero e sopratutto chi. Spiriti infami, infedeli, canaglie, doppioni che tentavano di farti traslocare presagendoti un futuro di mani e teste mozzate, cadaveri ambulanti che tentavano di sgranocchiarti le ossa e cadaveri ancora più ambulanti (ll chè era tutto dire) che tentavano la sorte non solo con le tue ossa ma anche col resto, nella possibilità di tornare con la pelle liscia e giovane che manco Madorra, secondo il famoso medoto à la Erzebeth Bathory. Grami, anche, tanto per non dimenticare quei simpaticoni, primi tra tutti l'abitante di Orino e quello del faro di Nouvieille - forse tra i meno peggio nonostante la fastidiosa tendenza a far morire la gente in forma canina. E poi l'ovvia sfilza di amorevoli spiriti benigni, così rari da rappresentare occasioni uniche di incontro: semplici animi inquieti e malinconici, dame bianche, qualche banshee che poteva infilarsi nel mezzo, destinata a presagire la morte e non sempre a provocarla. Col database degli Osservatori tra le mie mani poi, il mio dizionario si era riempito di nomi e classificazioni mai viste.
    Diciamo che potevo non sapere nulla di molte cose, ma non dei luoghi di riposo eterno. Per questo non potei far altro che sollevare brevemente un sopracciglio davanti all'invito di Bola, sapendo che non mi stava prendendo in giro (ovviamente) ma con lo stesso sarcasmo del se l'avesse fatto.
    Ti ringrazio, ma avrei altro da fare. Molto altro. Scossi la testa con un sospiro, smuovendo il ghiaino sotto il piede con un rumore graffiante. Viaggio in Perù eccetera, eccetera, comprenderai. Devo evitare di farmi ammazzare dalle probabili trappole di una piramide, ricordi? Non era un pensiero confortante, ma perlomeno era divertente.
    Anche se non avevo particolarmente voglia di riderci sopra.
    Quindi... credo che andrò e basta. O passerò dalla biblioteca. Possibilmente evitando ficcanaso, inseguitori e guastafeste. E ne conoscevo, a bizzeffe. L'università, il lavoro... stavo perfino per andare dritto in bocca ad un'altra di quelle persone. Dovevo conservare la mia pazienza per quello, prima di iniziare a far volare cose, persone e fontane.
    Non era però gentile rifiutare, o perlomeno cortese. Per cui contraccambiai con una proposta, sperando non venisse presa come la storia del mausoleo - che solo a pensarci mi dava nuovamente ai nervi, ma tant'era...
    Piuttosto, se al ritorno sarà ancora vivo, vegeto e senza danni, magari mi fermerò a mangiare qui vicino. Una volta potresti sfruttare la pausa pranzo e venire a farmi compagnia, magari.
    La cosa era abbastanza proiettata nel futuro da non richiedere risposta, per cui feci un cenno con la testa, salutandolo.
    Grazie per il tuo tempo salutai il fantasma, iniziando a girare i tacchi per avviarmi fuori dal cimitero. Purtroppo o perfortuna, non ero il tipo di ragazzo da andarmene senza neppure una formalità, per quanto banale potesse risultare.
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    Quando capitavano queste occasioni, il primo cambiamento consistente nel mio modo di pormi era la totale chiusura. Mi rabbuiavo con un nonnulla, certo, anche con un sussulto il più delle volte: ero una persona guardinga, capace, scettica e soprattutto cauta. Ma in momenti come questi, invece, la rabbia premeva ogni mia fibra per uscire, perché la lasciassi andare invece di trattenerla, tendendo tanto i muscoli da non poterli più sentire. Persino il modo in cui ero seduto, il mio semplice trattenermi un polso con l'altra mano, stritolandolo in una morsa, era indice di quanto potessi arrivare a sfiorare un limite che consciamente non avrei mai sorpassato.
    Consciamente, appunto.
    Ricordavo ancora il mio primo e ultimo compleanno festeggiato come un ragazzo normale. La soglia della maggiore età che ancora non sentivo, l'aria piena di aspettative di responsabilizzazione e crescita. Il bel sorriso di mia madre nel suo vestito color panna, con i suoi capelli rossicci e il volto invecchiato, l'aria seria di mio padre con le braccia incrociate e il volto eternamente severo. Non avevo mai capito perché due persone tanto diverse si fossero messe assieme.
    Ricordavo perfettamente l'attimo di silenzio quando mia madre aveva voluto brindare, Angeline, sofisticata come il suo nome ed i suoi modi affabili. Col rossetto rosso sulla bocca delicata aveva richiesto l'attenzione di tutti, spostando la sedia con una leggerezza impareggiabile, senza un rumore. Solo lei si era alzata, sollevando un calice stretto di champagne frizzante, gli orecchini di perla che ciondolavano pigramente dai suoi lobi.
    Il resto era confuso, e non perché non me lo ricordassi - l'esatto contrario, mi impedivo di farlo. C'erano solo le facce spaventate dei presenti, il rumore sordo della sedia spostata da mio padre, Lukas, granitico nel nome tanto quanto nel corpo, e una grossa macchia di sangue che si allargava sulla tovaglia davanti ai miei occhi, col moncone spezzato del calice di cristallo stretto nella mano. Poi il lieve crepitio, un filo di fumo. Buchi sul tessuto. La tovaglia aveva iniziato a sciogliersi, assieme al resto.
    Poi ancora, il giardino del bel ristorante, la strada immersa nel buio. Io con ancora quel moncone in mano che quasi mi ero fatto ammazzare da una macchina in arrivo, il freno premuto all'ultimo istante. Il volto - nuovo, preoccupato, illuminatosi nel guardare la mia mano gocciolante di rosso - di Ael.

    Ero così ammorbato nei miei pensieri da non essermi reso conto della presenza che sentivo, non strettamente relativa al fantasma, ma a qualcosa di più etereo e leggero che sostava alle mie spalle. Fosse stata una mano allungata od un qualsiasi tipo di contatto fisico, il malcapitato si sarebbe trovato suo malgrado a far compagnia ai morti in una fossa, almeno per delle buone ventiquattr'ore. Saggia scelta, quindi, quella del fantasma che si era limitato a rabbonirmi piuttosto che altro, tramite quella che sembrava - lanciando una veloce occhiata alle mie spalle - a... nebbia?
    Scossi la testa, con la circolazione ormai rallentata dalla mano che mi stritolava il polso e che aveva continuato a farlo nel mio restare sovrappensiero. Nonostante potessi tollerare quella stretta ancora per un po', la allentai, muovendo le dita intorpidite dalla mancanza di circolazione e schioccandole tra loro, infastidito dal sentirle formicolare. In quello stesso istante, lo specchio che avevo nella tasca emise un lieve fremito, come se qualcuno si fosse messo in contatto. Lo tirai fuori dalla tasca, guardandolo: Bola.
    In effetti, l'avevo perso di vista, poco prima. Grugnii, irritato, prima iniziasse a parlare.
    Si stava scusando.
    Niente, figurati risposi in automatico, anche se lo sguardo poteva suggerire non fosse propriamente così. Beh, almeno stava provando a scusarsi, e apprezzavo il fatto si fosse accorto di avermi irritato suo malgrado. E dopotutto, gli spiriti che conoscevo in generale o non imparavano dai loro errori, o non erano disposti a farlo - nel senso che se ne fregavano poco, quando per loro eri un succulento pasto a base di carne e ossa viventi. Sbuffai e respirai profondamente, sentendo i nervi smollarsi un poco, lasciandomi una sgradevole sensazione di dolore diffuso. Mi ero teso come una corda di violino.
    Sembra che gli specchietti funzionino alla perfezione gli feci notare. Mi sollevai dalla panchina, sgranchendomi le gambe, e trovatolo con gli occhi mi diressi in sua direzione, fermandomi a qualche metro di distanza. A questo punto, non vorrei farti attardare. Non mancherà molto alla fine della pausa pranzo e anche io ho da finire i preparativi. Ci... sentiamo?
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    Il fatto che gli specchi funzionassero secondo le indicazioni datemi da Raven e dal suo famoso amico gramo era constatato dalla vista del volto del fantasma oltre il piccolo spazio della superficie riflettente. Sembrava un televisore in miniatura, o una di quelle vecchie telecamere in qualche modo: la ripresa era limitata ma nitida e rimandava non solo lo spazio attorno al fantasma, ma anche il lieve tremolio della sua mano e il suo sopracciglio inarcato. Non riuscii a capire il perché, non fino a quando non parlò, lasciandomi... perplesso.
    Io...
    Volevo ribattere, le sopracciglia aggrottate a quello che era stato niente più che un rimbotto da parte dello spettro: anche io rispettavo i morti, ma così tanto da non poter entrare in un mausoleo per qualcosa ben più importante di me o di loro era ridicolo. Specialmente per il fatto che in quel cimitero non c'erano gli spiriti dei corpi che lo abitavano, almeno non più: avrei capito in altre situazioni, e in altri luoghi, ma dubitavo che alla carne marcia o alle urne ripiene di cenere importasse qualcosa. E dopotutto, dopo aver passato parecchi mesi con un morto, risorto, poi rimorto e poi tornato, e dopo essermi preso alcuni dei suoi ricordi tra cui, per l'appunto, una delle sue morti... non potevo dirmi forse più esperto di Bola stesso?
    Dopotutto io sapevo cosa c'era, dopo. Attraverso gli occhi dell'angelo avevo visto l'inferno, sia quello che chiamavano "terra" che quello che definivano tale nella Divina Commedia. Ci mancava poco che non andassi a farmi partitelle di poker con Lucifero in persona, dato sapevo che il mio caro angelo le faceva eccome.
    Ma a quel punto subentrava anche il rispetto reciproco, no? Per me, forse anche per quello, parlare della morte era difficile. Per il fantasma, non portare rispetto ai morti lo era altrettanto.
    Trattenni un commento astioso sulla punta della lingua e me la morsi da dietro le labbra serrate. Un'improvvisa scintilla di rabbia mi aveva colpito quel tanto che bastava per rendermi indisponente, e solo il successivo avvertimento di Bola riguardo all'arrivo di qualcuno riuscì a tirarmi fuori altre due parole.
    Mi sposto.
    Chiusi la comunicazione repentinamente, cancellando l'immagine dallo specchio semplicemente pulendolo dal sangue, rificcandomelo in tasca. Con un grugnito mi tirai il cappuccio della felpa sulla testa e, le mani nelle tasche dei jeans, uscii dal mausoleo irritato dirigendomi verso la parte centrale del cimitero, punteggiata di tombe di marmo chiaro. Ovviamente quella era proprio la posizione di peggior svantaggio, per cui, nonostante le parole di Bola, la superai per ritirarmi poco oltre, decisamente più vicino al verde delle piante. Una panchina vuota sostava solitaria in quella zona, e presi l'occasione per occuparla sedendomi sul bordo, i gomiti sulle ginocchia e una mano nell'altra, lo sguardo a terra mentre respiravo a fondo. Se non volevo iniziare a lasciare impronte corrosive ovunque, avevo l'assoluto, imperativo bisogno di calmarmi.
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    Iniziavamo proprio bene.
    Key, una volta interpellato e concesso che potessi dargli del tu, si era avvicinato all'insenatura che avevo trovato constatando l'ovvio - che ci potevamo lasciare le penne. Data la sua natura, la frase poteva risultare scherzosa se traslata nel tempo e nello spazio da tutt'altra parte... ma purtroppo, e lo sapevo bene anch'io, non lì. Aveva ragione a farmelo notare, anche se il pensiero non si era mai spostato da un angolino ben visibile della mia mente: in quel luogo iniziavo a percepire uno schema delle cose, un tracciato organizzato al meglio di una inquietante, bellissima, mortale partita a Ravenloft dove rimetterci il sangue e la vita erano cose di tutti i giorni. Ma io, come immaginavo anche il mio compare, non avevo l'assoluta intenzione di dare né l'uno, né l'altro - anche per mancanza di abilità curative a mia disposizione, in verità.
    Non ero mai stato una grande cima nelle arti di guarigione.

    Non dovresti sentirti vecchio: conosco almeno un paio di persone che portano davvero male i loro cinquecento anni. A confronto, sei un bocciolo di rosa. Cercai di smorzare la tensione densa nell'aria con un mezzo sorriso. Si, gli stavo facendo un complimento del tutto sincero: a prescindere dalla sua età reale, il suo aspetto lo rendeva particolarmente "fresco" alla vista, come se avesse poco più di vent'anni. Quasi quasi mi sentivo più vecchio io! Quanto alle penne, preferirei fossero poche e superficiali, né mie né tue. Se permetti, vorrei che entrambi i nostri deretani tornassero a casa sereni. Magari la cosa non è reciproca, ma se ci aiutassimo per convenienza, sarebbe già un bel guadagno. Lui non sapeva che io sapevo cosa fosse, e al meglio delle possibilità lui non sapeva cosa io fossi. Ma constatando che io sapevo, mi rimaneva in mente quella piccola proposta che mi era balenata nella testa sull'elicottero. Quanto vuoi per un paio d'ali? O magari qualcosa di meglio - avrei dovuto pensarci una volta fuori dalla piramide. L'amore? L'eterna giovinezza? Non certo l'immortalità, quando a me bastava sopravvivere decentemente. A mio parere, l'impossibilità di morire restava tra le richieste più sopravvalutate.
    E poi ti dovrei chiedere un paio di cose e... vorrei evitare di evocare il tuo essere da qualche luogo astruso. Mai stato bravo coi rituali.

    Proposta di collaborazione a parte, aiutato dalla torcia - che per inciso non sarebbe servita nemmeno a me, ma che preferivo all'infravisione - osservai l'angelo recuperare una sorta di pugnale - un kunai? - ed infilarlo nella cavità con attenzione, nell'intento di non andare incontro a brutte sorprese. A quanto pare avevo fatto bene a ricordarmi di quel sanissimo timore provato alla bocca della verità di Roma.
    Anzi, quale idiota ero stato! Ci ero andato leggero nel pensare in quel buco ci potessero essere insetti, scorpioni, serpenti o qualche altro rifugiato del deserto: dopo quello che vidi, potevo anche scordarmi che bastasse un antidoto a curare i presunti pericoli nascosti in quella dannata piramide. Era bastato il suono a farmi alzare la pelle d'oca di un centimetro buono - quel viscido sfilarsi di un qualcosa che già preludeva un pessimo incontro. Poi, aiutato dalla luce e dai dieci decimi, l'avevo visto: il repentino baluginare di uno spunzone che aveva tentato invano di ficcarsi nella lama, ovviamente ritraendosi davanti al mancato bottino. Bottino che nel mio gergo aveva un nome molto pittoresco.
    Ah, bene commentai freddo davanti a quella vista, nascondendo l'acuta sirena d'allarme che mi trapanava il cervello. Non ero nuovo a quelle cose, e sapevo di dover semplicemente restare concentrato e calmo. Peccato che i templi che avevo visitato in passato, assieme ai loro trabocchetti, impallidissero al confronto di Caral: da esploratore preparato mi sembrava d'essere appena passato al ruolo di controfigura di Indiana Jones. Male, malissimo. Vogliono un sacrificio.
    Presi lunghi respiri, innervosito, girandomi a controllare la statue di tanto in tanto per constatare fossero ancora al loro posto. Fu allora, al secondo o terzo controllo dettato dall'irritazione del momento, che notai sulla loro fronte un qualcosa di nuovo rispetto a prima: parole.
    Parole che dalla grafia, ad occhio e croce, dovevano essere in greco. Di cui ovviamente non conoscevo minimamente il significato, o sarebbe stato troppo facile, no?

    Key, per caso hai qualche nozione di... ehm, greco antico?
    Feci notare le statue al mio compagno con un cenno della testa, invitandolo a voltarsi. Nonostante fossi generalmente avido di conoscenze ed il mio tutore mi avesse più o meno costretto a studiare le lingue antiche, ero ben lungi dal riconoscerle senza difficoltà - sapevo qualche parola, ma niente di utile in questo caso. Tra me e me, pensai invece a quale tremenda sfortuna, nell'avere la tecnologia a disposizione... ma solo fino a quando non ti trovavi separato da più di un metro e mezzo di cemento o nuda roccia dall'esterno. Dov'era Google traduttore quando serviva? E la Vera Vista?
    Ah, quasi me ne ero dimenticato in effetti, essendo "solo" l'ennesimo dei tanti motivi per il quale non rimetterci una mano o entrambe. Come frutto di un patto, dubitavo l'Occhio sarebbe scomparso facilmente in caso di inutilizzo o anche amputazione della mano: da qualche parte sarebbe ricomparso, almeno così avevo ipotizzato al tempo in cui l'avevo studiato. Ad ogni modo non intendevo ancora provare l'effettiva possibilità sulla pelle, e a quel punto l'unica cosa sensata da fare - prima di offrire del sangue ad un meccanismo non ben identificato - era, stupidamente... controllare tutto con l'unica cosa in grado di rivelare il magico, superando pareti ed ostacoli. Mi rivolsi a Key.

    Tu cosa ne pensi? In una situazione come quella, ero politicamente aperto a qualsiasi teoria utile. Nel frattempo armeggiai col fazzoletto rosso sul dorso della sinistra, iniziando a slacciarlo e incanalando il minimo di magia necessaria a far comparire l'occhio. Secondo me, offrire il sangue al meccanismo potrebbe alternativamente aprire le porte, o attivare quel bel paio di guardiani d'ardesia con cui non vorrei avere nulla a che fare. Anche perché in caso di incontro, non possedevo la forza né le armi per combattere la pietra. Solo acqua e acido corrosivo. Svolsi finalmente il fazzoletto dal dorso e mi sgranchii le dita, lasciando libera la visione del globo oculare. Allungai il braccio e lasciai che vedesse, mentre l'iride grigio-verde si muoveva pigramente. Era impossibile non notarla a causa della lieve luminescenza simile a quella dei miei occhi, e ormai il bisogno di nasconderla all'angelo era largamente sorpassato da quello di sopravvivere. Se hai altre idee, dì pure. Nel frattempo non ti dispiace se do una controllata in giro, vero? chiesi con un mezzo ghigno. Non durò molto, più che altro perchè avevamo poco tempo per scherzare: spostai la mano, lasciando che la Vera Vista mi indicasse auree, presenze magiche o concentrazioni anomale nella stanza, facendo passare gli interni senza aver bisogno di muovermi, e controllando anche la conca - senza mai avvicinarmici, ovviamente - nel tentativo di rivelare il meccanismo. Sapevo come all'altro dovesse sembrare ambiguo, ma continuai la mia esplorazione dalla distanza, girando su me stesso lentamente - mi sarei spiegato più tardi. Dopodiché puntai l'occhio contro le statue e la frase incisa nelle loro fronti, in un tentativo di rivelare cosa fossero quelle parole, o che prendessero una parvenza di comprensibilità davanti all'occhio. Forse la mia era una vana speranza, ma era pur sempre una possibilità. Sicuramente, migliore che mettere le dita in quel buco e vedersele mozzare.

    CITAZIONE
    Vera Vista: (patto)
    Angelo Nero: Raven
    Potere: La Vera Vista permette a Dast di percepire e vedere, sotto forma di luminescenza colorata, la magia in tutte le proprie forme. Il patto ha agito sia sugli occhi, che sul terzo occhio sul dorso della mano. Con gli occhi, ha semplicemente una vista acutizzata (pari a dieci decimi). Il vero potere del patto risiede nel terzo occhio sul dorso della sua mano: se usato per guardarsi attorno, tramite esso Dast è in grado di vedere le auree di qualsiasi creatura non umana e di riconoscere il suo allineamento tramite il colore. Inoltre può vedere quali oggetti sono magici e la loro natura generale (utilizzabile per attaccare, difendere, guarire), e individuare i luoghi con forti concentrazioni magiche, ottime per dei rituali.
    L'occhio funziona in qualsiasi condizione di luce o buio. Il potere cessa quando viene coperto, motivo per cui Dast lo avvolge sempre nel fazzoletto.

    La comprensione della magia e della sua funzione avviene tramite colore:
    chiaro = magia/oggetto/potere curativo (auree tendenti al bianco),
    medio = difensivo (azzurri, verdi, colori pastello),
    scuro = attacco (rossi, marroni, blu..).
    bianco = auree/oggetti e poteri sacri / di angeli bianchi
    nero = auree/oggetti e poteri maledetti / di angeli neri.
    [Passiva]
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    Mentre mi allontanavo nel mausoleo prescelto, speravo il fantasma ricordasse le istruzioni che gli avevo dato. Prima infondere la sua essenza e poi, per chiamarmi, pensare al sottoscritto. Solo in tal modo la comunicazione tra i due specchi si sarebbe aperta lasciandoci reciprocamente vedere cosa succedesse dall'altra parte.
    Dato comunque dubitavo non ci sarebbe stato un qualche errore - chiamatelo presentimento - ero partito già dal fatto sarei stato il primo a chiamare, per poi ripetere le istruzioni poco prima di far cadere la chiamata e far provare allo spirito - sempre che gli servisse, beninteso. Probabilmente sarei stato l'unico a chiamare a quel modo, ma non volevo che il mio nuovo amico fantasmagorico si trovasse nei guai senza una via di fuga, giusto nel caso succedesse qualcosa che non potevo prevedere.
    Raggiunsi quindi il mio posto all'interno della camera dalle pareti coperte di polveroso marmo color crema, con al centro l'alcova di pietra in cui probabilmente si trovava il defunto a cui apparteneva il piccolo monumento. Restai per un attimo a guardarmi attorno, riempiendomi gli occhi del tenue bagliore che filtrava dalle finestrelle verticali e strette aperte sulle pareti, dove l'aria sollevava particelle di polvere rivelate dalla luce. La sensazione che avevo di quel luogo confermava la mia teoria: gli spiriti erano quieti in quel cimitero, forse l'unico vero luogo di pace in cui dormissero - l'unico che avevo trovato, almeno. Forse per la presenza dell'uomo bianco o forse per altre motivazioni valide che avrei studiato prima o poi. Comunque fosse, quel posto suggeriva un'armonia rara, un lieve silenzio che non disturbava e lasciava scorrere i miei pensieri, di solito ansiosi, raggomitolati in una matassa nervosa. Mi chiesi, era per caso il cimitero in cui Raven aveva sepolto la sorella? Mi aveva fatto una vaga descrizione del luogo, molto tempo prima, e non ne ricordavo i particolari. Avrei potuto chiedere a Bola poi, probabilmente più esperto, ma comunque una cosa restava certa: sarei tornato.
    Inspirai lentamente, con lo specchio in mano, concentrandomi: cercai attorno a me un anfratto di marmo abbastanza affilato e mi graffiai il dito, senza bisogno d'usare poteri di cui non necessitavo al momento. A quel punto schiacciai la piccola ferita abbastanza perchè stillasse qualche goccia di sangue, e lo lasciai cadere sulla superficie dello specchietto, tracciando un pentacolo e pensando alla persona che desideravo vedere.
    Bola Whitechapel sussurrai per sicurezza, rafforzando il ricordo.
    Bastò qualche attimo perchè la superficie riflettente si scurisse in una pozza d'inchiostro, lasciandomi vedere attraverso di essa il viso dello spirito.
    Bola, mi senti? gli chiesi con un sorriso. Riesci a vedere cosa c'è alle mie spalle?
    L'alcova della bara, ovviamente.
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    Quei duecento metri dalla nostra piazzola di atterraggio fino all'ingresso erano sembrati spropositatamente lunghi, raspando nella sabbia e nel sole che sferzava ogni oggetto e forma di vita finisse sotto il suo sguardo. Il caldo faceva desiderare di ricorrere subito all'acqua o ad un riparo fresco, o meglio ancora invitava a svestirsi: sarebbe stato un errore, ovviamente, in previsione dell'antro in cui ci saremmo calati io e l'angelo a breve, ma la pelle di cui era fatta la mia palandrana non migliorava granchè le cose. E dire che ogni passo, ogni oggetto riposto nel mio zaino era stato scelto con oculatezza per essere utile a molteplici scopi: là sotto avrebbe fatto freddo, ad esempio, sotto metri quadri di roccia e terra, e una maglietta non sarebbe bastata - il principale motivo della presenza della palandrana e del foulard che sarebbero arrivati in soccorso, al bisogno. Oppure, l'acqua: perché solo mezzo litro? Perché all'esterno, constatato il meteo, la temperatura era di gran lunga superiore mentre sottoterra l'umidità avrebbe potuto facilmente essere raccolta da sporgenze e pareti, riducendo al minimo la necessità di portarci dietro cassoni. E inoltre, veniva in soccorso la mia ancora nascosta abilità di controllare gli elementi liquidi.
    Insomma, avevo fatto i compiti a casa e il piccolo boyscout che c'era in me era venuto a galla in tutta la sua prepotenza, pronto a calarsi nelle profondità della misteriosa terra armato di tutto punto. Del resto, non c'era previdenza che tenesse alla presenza di un angelo nero, no? Meglio andarci cauti prima di venire abbandonato dietro un costone di roccia, a morire male e... male.
    Per fortuna, riponevo le mie principali speranze in me stesso.

    Dalle immagini che avevo trovato in rete, la piazza circolare che faceva da lunga passerella all'ingresso di Caral sembrava più piccola, ma l'intero complesso mi era familiare grazie alle informazioni scaricate da internet e studiate con cura prima della partenza. Stando a quel poco che gli archeologi avevano scoperto della struttura, la scala centrale conduceva all'unico presunto ingresso dell'intero complesso, dopo il quale si sarebbe aperta una camera dalle modeste dimensioni. Il resto erano più che altro supposizioni, dato a quanto pare nessuno era mai riuscito a superare quella zona, complice una probabile influenza magica, ma sembravano fornite da rilevamenti geometrici della zona che parevano credibili: oltre la prima camera, le strumentazioni parevano aver rilevato un atrio, quello che pareva un altare (chiamato "altare del fuego sagrato", l'altare del fuoco sacro ad occhio e croce) e una serie di ulteriori antri attigui e soprattutto, interni, in quello che sembrava un labirintico sistema di disposizione denominato "recinto principale". Oltre a questo, null'altro, a parte diverse sparizioni che avrebbero figurato volentieri tra gli annali di un noto giornale fuffa d'occulto italiano denominato "Mistero".
    Avrei voluto seriamente che l'intera faccenda fosse frutto solo di storiacce, ma ovviamente non era così e lo sapevo con certezza: i primi passi che posai, dopo i gradini, sul pianerottolo all'esterno della mastodontica porta smossa solo in parte lo rivelarono subito. Esitai ad entrare, per mia buona abitudine, studiando la zona in modo critico: la sabbia e la polvere tutt'attorno non aiutavano e nemmeno gli occhiali, ma a parte la roccia delle pareti erosa dalle intemperie e dal tempo, era evidente come si intravedesse il pavimento proprio davanti all'entrata. A quel punto era legittimo domandarsi: uno, quale buontempone si fosse preso la briga di costruire quella cosa enorme; due, se fossimo soli, e tre, che fine avesse fatto la gente prima di noi.
    In bocca ad una statua, magari? mi chiesi rabbrividendo, data la brutta esperienza già avuta una volta con le statue e vecchi templi abbandonati sottoterra. Forse avrei fatto meglio a restarmene a casa.

    Superato l'ovvio scoglio della diffidenza, feci un passo all'interno e poi un altro con la dovuta cautela, togliendomi gli occhiali perché la vista si adattasse senza rimanere cecato e finire in un qualche buco pieno di spuntoni - che avrebbe fatto molto Tomb Raider a dire il vero. Il caldo opprimente provato in precedenza iniziò a dissiparsi lentamente, nonostante la temperatura rimanesse alquanto elevata e l'aria ancora piuttosto secca, e ringraziai d'essere stato previdente già da ora mentre buttavo una mano ad una delle cerniere più esterne dello zaino, nel quale avevo diviso tutto per scompartimenti. Con un poco di ingombro, ne tirai fuori la torcia, accendendola.

    La camera era poco più di un androne, questo gli archeologi l'avrebbero dovuto scrivere nel sito e sui libri della biblioteca - una volta tornato gli avrei fatto causa per inosservanza di dati corretti - ma su una cosa non si sbagliavano: era preziosa. Non tanto per le iscrizioni o pitture murarie come avevo immaginato, completamente assenti in quel tratto, quanto per il pavimento interamente fatto di tasselli di granato traslucenti che catturarono il baluginio della torcia regolata al minimo dispendio energetico persino da sotto la polvere. Non avevo sentito la loro ruvida consistenza dalle suole degli stivali, ma ormai sembravano essere stati calpestati così a lungo da aver perso ogni irregolarità che non ne riguardasse la forma.
    Rimasi un momento ad ammirarli, tentato di abbassarmi a toccarli per saggiarne l'antichità. Non lo feci, comunque, perché la luce della torcia si posò su altro: un muro con due porte. E due statue.
    Statue. Due. Neo in Matrix avrebbe avvertito meno senso di Déjà-vu durante la scena col gatto che me adesso, istantaneamente allertato dalla loro presenza.
    Ragionai velocemente, com'ero abituato a fare in momenti di panico, nonostante dopo pochi secondi fossero ancora lì dov'erano e non giù dai piedistalli, pronte a mangiarmi. Statue - due - bivio... se nessuno aveva mai superato la camera d'ingresso, ci doveva essere un motivo. Un motivo che per logica doveva essere più o meno: devi scegliere la porta giusta altrimenti muori.
    Logica perfetta, sicuro. Quasi commovente nella sua semplicità, quanto terrificante. Ok. Bellissimo. Come no. Non c'era nemmeno bisogno di usare la Vera Vista, non ancora almeno.
    Ma quel punto avevo bisogno di indizi. E lo comunicai come meglio potevo al mio compare, a denti stretti dietro il foulard.

    Meglio non entrare in nessuna delle due per ora. Queste... cose di solito funzionano in modo semplice. Sbagli e muori. Sospirai. Se ha una torcia, potreste aiutarmi a cercare qualche indizio, sulle pareti o nella stanza? Altrimenti, va bene anche senza.

    Solitamente, il fatto ti mettessero davanti due porte significava che c'era un modo per capire quale fosse quella giusta, nascosto da qualche parte. Constatando con grande delusione come la superficie degli ingressi fosse piatta, mi mossi di un passettino più vicino alle statue per studiarne meglio gli intarsi, sempre con grande cautela e con la torcia puntata a far luce. Purtroppo non avevo studiato abbastanza la cultura del luogo per cogliere dei significati nascosti in quelle geometrie, ma comunque non mi pareva nemmeno ce ne fossero.
    A quel punto cosa rimaneva? Le pareti, il pavimento - come avrei voluto una scopa di saggina in questo momento - ed eventuali cavità. Feci scorrere, ampliando di poco l'illuminazione, la luce lungo ogni parete dall'alto al basso, osservandola e scorrendo lungo la loro estensione, osando sfiorarne la superficie con la mano. Mi tenni però ben lontano da quella con porte e statue , dal momento avevo la pelle d'oca anche solo a guardarla.

    Ad un certo punto, scorrendo verso la fine di una di esse, finii per illuminare una specie di conca piuttosto innaturale, constatato il piattume delle altre superfici. Mi avvicinai lentamente e la illuminai meglio, nel tentativo di scoprire di più - riuscendo solo ad intravedere quanto fosse più profonda di quello che avevo immaginato. E a quel punto un'immagine scattò istantanea nella mia mente: quella della bocca della verità di Roma. E della f.. - ahem - grandissimo timore provato nel metterci dentro una mano durante uno dei miei viaggi. Quando, per inciso, lo facevano tutti.
    Non dovremo mica cacciarci dentro il braccio, vero?!

    Key - posso chiamarla Key? Ero ancora indeciso, ma dato il tipo, intuivo la formalità potesse solo fargli piacere. Qua c'è qualcosa. Se vuole venire a dare un'occhiata e fornirmi il suo parere.
  10. .
    Farmi rassicurare da un fantasma sul fatto potessi parlare liberamente della differenza tra vivi e morti rasentava il comico, specialmente se per uno stregone, ma non avevo mai seriamente pensato che la smania di conoscenza c'entrasse qualcosa con la maleducazione. Anzi, perlopiù, una buona base di cultura e buone maniere - e anche l'ironia, o il sarcasmo che piaceva tanto a me - potevano fare la differenza tra l'imparare e il venire presi a pesci in faccia dalla prima creatura di passaggio disturbata da una qualche intrusione nella Forza. E non volevo certo farmi fare a fette da un improvvisato Obi-Wan.
    Accusai comunque la delusione dello spirito nel vedere gli specchi piuttosto che il talismano: la preparazione per il viaggio e molto altro mi avevano portato via tutto il tempo a disposizione, anche quell'ora o due (o giorno o due in dipendenza dalla potenza) di riti, sacrifici e preghiere che il talismano mi avrebbe richiesto per la sua preparazione.
    Devi perdonarmi cercai di scusarmi in modo molto indiretto e imbarazzato. Purtroppo non ho potuto fare altrimenti, altrimenti non avrei potuto recuperare il necessario per il viaggio - e più che per quello, per il posto in cui dobbiamo intrufolarci. Ci aspettano brutte sorprese dissi, sospettando che la mia convinzione fosse totalmente fondata. Comunque, lo specchietto è facile da usare, e puoi portarlo con te se vuoi. Credo... da quello che so, dovrebbe bastare l'infondere una parte del tuo spirito in esso. Così non dovrai rimanere in vacanza, a meno tu non voglia. Gli sorrisi accondiscendente, cercando di mitigare il lato negativo dell'imprevisto. Li proviamo subito: io vado in quel mausoleo gli indicai con un cenno un piccolo mausoleo aperto col tetto a forma di cupola, sovrastato da un bell'angelo dalle braccia aperte, tutt'altro che piangente come molti altri nel cimitero, ma coperto in qualche sua parte da quello che sembrava un lieve strato di muschio. Intanto, tu scegline uno distante quanto vuoi: una fortuna dell'avere questi "cosi" è il fatto che non abbiano limiti nella distanza!

    Scusami l'immane ritardo ma come sai sono rimasto distrutto per un bel po', prima di rimettermi in piedi xD ti ringrazio per la pazienza, scusami di nuovo!
  11. .
    Vento. Caldo. Sole. Immonde quantità di vestiti di ricambio.
    Stare in Perù a malapena da quattro ore, perdipiù al mero inizio della buona stagione, si riassumeva così... questo, non inserendo vaccini e zanzare alle quali il nostro buon pretucolo non aveva certo pensato. Chi si sarebbe sicuramente beccato la malaria dopo la prima puntura di zanzara, se non il sottoscritto che in quanto a fortuna rasentava l'ignoto? E allora ecco che dopo i preparativi era partita la sommossa pro-vaccini, senza farsi mancare ovviamente la pesantezza dovuta ad una luuuuunghissima fila di anziani artritici davanti, all'Ospedale di Nouvieille, e dell'ennesimo dottorucolo distratto che mi aveva infilato tre volte l'ago nel braccio senza trovare la vena.
    Insomma, una bella partenza avere l'incavo del gomito sinistro ridotto ad una groviera.
    Fortunatamente c'erano anche i lati positivi, quelli piccoli, talmente piccoli da non essere considerati ma che davano un po' di sollievo dal lungo viaggio di dodici ore, in cui eravamo stati accolti alla città più vicina alla Piramide, Barraca: avere dietro buona parte dell'equipaggiamento e anche qualcosa in più; avere la sicurezza di poter essere rintracciato e recuperato in un modo o nell'altro in caso di gravi ferite o morte - quest'ultima parte speravo di evitarla, sinceramente - e il trattamento a mio parere onesto che avevamo ricevuto, quand'eravamo stati buttati sull'elicottero con due kit e due M9.
    Peccato, mi ero detto. Avrei preferito una Glock. Per una questione di maneggevolezza, ovviamente.

    Quindi, il maledetto elicottero stava atterrando, ciondolando a destra e a sinistra tentando di tenere il bilanciamento, mentre io mi godevo la vista dei vortici di polvere sollevati sotto al finestrino vicino allo sportello. Nonostante il caldo - lì dentro sembrava fossimo in un forno - non avevo rinunciato alla mia palandrana blu, che si sarebbe rivelata molto utile in caso l'interno della piramide fosse a malapena illuminato. Ovviamente, sotto a quella e alla maglia a mezze maniche di un tono più scuro, stavo sudando come un caimano, ma l'idea che lo sportello si aprisse presto mi regalava quel minimo di sollievo necessario, quello che sarebbe giunto nel momento in cui avrei toccato terra e non fossi più stato sopra un trabbicolo volante. Non che l'altezza mi desse fastidio... solo che non mi fidavo troppo degli elicotteri, che dai miei buoni studi da ingegnere elettronico dicevano essere tra le cose meno stabili in terra. Se solo avessi avuto un paio d'ali...
    Avevo avuto quella speranza sulla punta della lingua fino alla fine, seduto a poca distanza da dov'era l'unico mio altro compagno di viaggio. "Il mio regno per un paio d'ali", uguali a quelle che possedeva il mio capo, sarebbe stata la frase perfetta per rappresentare l'invidia che provavo nel vedere loro quelle appendici piumate sulla schiena, questo solo e solamente ovviamente quando gli andava mostrarle. Ogni volta mi sembrava di dimenticare le strane conseguenze che l'ultimo patto mi aveva rifilato, perlopiù incredibilmente innoque, ed ero tentato di chiedere all'individuo al mio fianco ... cosa vorresti, per delle ali?
    La domanda era rimasta inespressa, ma la stavo elaborando lentamente, inesorabilmente. Ormai ero talmente abituato alla presenza tossica degli angeli neri come lui e come il mio capo - cosa fosse l'aveva definito l'occhio, la prima volta che si era posato sulla sua aura al monastero - che nemmeno in un posto così claustrofobico come l'interno dell'elicottero riuscivo a sentire la differenza dal solito. Si, l'atmosfera pesava, ma scommettevo era per la maggior parte solo tensione. E aspettativa.

    E che aspettativa, mentre il trabbicolo si abbassava e il portellone davanti a me si apriva, trovarsi proprio il nostro gentilissimo padre Bowman, venuto a farsi una scampagnata con noi in terra sacra! Gli rivolsi un cenno ad occhi chiusi, più che un saluto, considerando tutta la polvere sollevata dalle pale dell'elicottero, e mi riparai il volto finché non fummo abbastanza vicino. Non volevo attendere un secondo di più in aria, per cui, ben saldo alla maniglia, seguii le indicazioni del prete e presi la pistola, nonché il mio bravo kit: la prima la infilai nella cinta legata ai pantaloni ben sopra un'imbragatura da arrampicata, conformata per portare anche alcuni borselli di cuoio rigido contenenti i miei impiastri, infusi e tonici - quei pochi che ero riuscito a trovare per casa o preparare al volo - e lo specchietto per la speciale "chiamata d'emergenza"; il secondo lo riposi invece nello zaino a spalle, già pieno per conto suo. Dopo questo, senza esitazioni, saltai con agilità il metro che mi separava dal terreno e da Bowman, raggiungendo il suo fianco.

    Concordo, Padre. Concordo appieno.

    Con la mano sinistra fasciata nel fazzoletto rosso, mi tirai il cappuccio sul capo in un'istante. Avevo avuto già modo di constatare che i sintomi andavano peggiorando nell'avvicinarsi all'area fin da quando ero salito sull'elicottero - grazie al cielo tenuti a bada dal beverone che mi ero trascinato dietro - e oltre a questo, dalla mia posizione seminascosta e privilegiata al finestrino avevo anche dato un'occhiata dall'alto alla piramide con l'occhio. Risultato? Nel silenzio tra me e l'angelo, a cui non avevo avuto ancora il coraggio di chiedere nulla, la piramide aveva brillato di un'energia potente e ignota davanti alla Vera Vista... un qualcosa di mai visto, che non aveva confronti. Mi era bastato. Attesi che anche l'altro scendesse, mentre Bowman ci spiegava quel poco che dovevamo sapere. Che se ne sarebbe andato, quello lo prevedevo, ma seguirci all'interno... in forma astrale? Andava aldilà di qualsiasi cosa io sapessi fare. Una riprova del fatto che con Bowman non si scherzava.

    Bene. Inizieremo subito ad avviarci. Grazie per... le provviste? feci in risposta, con tono insicuro. Avevo dietro qualcosa da mangiare nel caso fosse stato necessario e anche un intruglio per inibire la fame, ma contavo di tornare sano e salvo - con tutto quello che mi ero portato, poi, potevo affrontare il labirinto di Minosse e uscirne vivo. Mentre Bowman prendeva letteralmente il volo sul dannato elicottero, mi coprii la faccia dalla sabbia, segno che tutto quel dannato territorio sarebbe stato fastidioso da controllare più o meno come un veterinario alle prese con un cane con la rabbia. Quando finalmente furono lontani, nemmeno a dirlo, l'evidenza mi diede ragione.




    CITAZIONE
    Darshan

    Vestiario: Palandrana blu, maglietta, pantaloni, fazzoletto rosso (dorso mano sx), occhiali e foulard (contro la sabbia)

    Oggetti indossati:
    - imbragatura da arrampicata (con moschettone già applicato)
    - Pugnale di Ael e pugnale normale (stivale dx e sx)
    - Ciondolo "Calice di Rubino" (collo)
    - Anello dell'evocazione (medio destro)

    Oggetti nei borselli in cintura:
    - Pistola M9
    - specchietto
    - Bacchetta della sospensione
    - 1x Tonico (ridà qualche energia, effetto redbull)
    - 1x Intruglio (permette a Darshan di contrastare i sintomi delle energie del Bambino e nella piramide, captate con la Vera Vista - durata 4 ore)
    - 2x Pillola (impedisce di sentire fame e sete per 4 ore)
    - 1x Impiastro di erbe (disinfettante, blocca le emorragie)

    p.s. specchietto, gli impiastri, tonici, beveroni sono a scopo di role (non hanno reali effetti magici). Impiastri ecc sono contenuti in boccette di vetro spesso a chiusura ermetica, modello vasetto di vetro.
    Tot. ingombro: 0.5 kg

    Oggetti in zaino (zaino tecnico):
    - mini-bussola
    - torcia ranger led da difesa (quelle con impugnatura e manico in acciaio usabili anche per la difesa, per intenderci)
    - corda arrampicata 8.6 mm - 4m
    - 4 chiodi da roccia
    - 2 barrette proteiche e 0.5 l d'acqua
    - gessetto, agendina e matita
    - accendino zippo + contenitore olio infiammabile
    - bendaggio sterile
    - kit medico
    Tot. ingombro: 3 kg a spalle



    Fortuna avevo fatto le mie ricerche per bene, prima del viaggio: trovarsi la sabbia tra i denti poteva essere il peggior incubo per lo stregone incapace, come se già quella preventivata negli stivali ingrassati apposta non fosse abbastanza. Con un gesto, tirai fuori dalla tasca del pastrano un foulard che mi legai al volto; subito dopo misi gli occhiali da sole per evitare la luce accecante del giorno, specie per i miei occhi serpentini.

    Pronto per la scampagnata?

    Chiesi al compare, forse un po' troppo allegro. Con l'abitudine che ormai avevo a viaggiare, a cosa non ero pronto? All'angelo nero che mi accompagnava, ecco a cosa - e non intendevo farmi smorzare l'umore dal signor Key. Sistemandomi meglio lo zaino in spalla, attesi avesse a sua volta fatto tutti preparativi necessari, poi iniziai la passeggiata nel terreno arido, secco, sabbioso e pure pietroso che ci circondava, in direzione della Piramide. A quanto distavamo? Occhio e croce, non più di duecento metri in linea d'aria, anche meno forse. Ed io, il povero ansioso stregone della coppia, mi sentivo praticamente a casa.

    Ho esagerato con la preparazione? xD


    Edited by 'Raven' - 27/4/2015, 17:09
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    L'idea del fantasma risultava ottima alle mie orecchie, sia perché il sole di mezzogiorno non era particolarmente forte o caldo in quella stagione - o almeno non abbastanza da generare nuovi sintomi influenzali da aggiungere a quelli che già avevo per conto mio - sia perché, come aveva sottolineato Bola, era un buon posto da cui tenere sott'occhio tutto il cimitero fino a che non fosse entrato qualcuno. Inoltre in caso di necessità, l'area che potevo percepire con l'occhio sarebbe stata interamente a mia disposizione da controllare - se avessi sentito entrare anche solo un elemento sospetto, programmavo di farci spostare nel modo più veloce possibile. In fondo, era così che mi proteggevo - nel buio, col buio, e alla luce teletrasportandomi esattamente come facevano i fantasmi. Un'incredibile coincidenza che questa abilità rientrasse tra i miei poteri, a dire il vero... innata, come l'aveva definita Ael con occhio critico. Mi mancavano solo un paio d'ali adesso, e sarei stato capace di svignarmela in qualsiasi situazione - ma nel frattempo, dovevo badare a noi due.

    Spostiamoci gli feci con un cenno, in direzione di dove mi aveva indicato, camminando a passi lenti. Questo avrebbe dovuto dare la sensazione di essere solo due conoscenti a chiunque fosse passato di lì, e aiutava me a ragionare - mi piacevano le lunghe passeggiate per la città, quando potevo farne. Tranquillo, comprendo la tua situazione. Il tremore dev'essere una sensazione correlata a quello che sta avvenendo, come i miei sintomi e quelli del nostro prete ragionai, mostrandogli la mia comprensione con un mezzo sorriso. Cose come malessere, ansia, nervosismo e sanguinamenti sono tutte indicative della presenza di una qualche potente emanazione, e vengono citati in molti casi di testi antichi laddove venivano compiuti grossi riti - etruschi, celti, romani e più in là nella storia in molti luoghi di culto pagani. Nessuno può negare la potenza di determinate forze messe in atto, a questo punto gli spiegai. Avevo passato diverse ore a casa a rivoltare la mia libreria, ed i segnali di qualcosa di imminente erano praticamente ovunque, come scritti da un killer in rosso sangue sulle pareti - o almeno era quella la mia certezza. Nonostante di sicuro ci sia chi li trova una sciocchezza, i segnali lanciati da un corpo possono essere molto esaustivi. Nel mio caso, anche di più. Purtroppo, comprendo che nel nostro gruppo ci siano diverse... differenze.Chi aveva un corpo e chi no. ... scusa. Non intendevo... Mi grattai il collo, imbarazzato. Ovviamente non intendevo offenderlo, e l'occhiata che gli lanciai era perlopiù dispiaciuta di dover fare riferimento a certe faccende - non mi piaceva rivangare cose spiacevoli, a meno non dovessi farlo per ottenerne un risultato. Quanto ai segnali, l'occhio mi avvantaggiava decisamente, quello che mi aveva dato Raven col patto donandomi tra l'altro la Vera Vista. Più esaustivo dell'avere una parte del corpo che rilevava istantaneamente un qualsiasi tipo di magia e potere? Meglio di così si moriva. Tossii, riprendendo una parvenza di serietà.
    Comunque, parlando di te: se ti dovesse servire un posto sicuro, ne conosco alcuni che potrebbero fare al caso tuo. Parlando invece di noi, ho avuto solo ieri e oggi per organizzarmi alla partenza e preparare il necessario. Non sono riuscito a fare l'amuleto che mi avevi chiesto... sospirai, allungando una mano a cercare nella tasca posteriore dei pantaloni ...ma ho parlato con una persona che conosce - ed è amica - di parecchi... di chi è come te, e mi ha consigliato di usare questi.
    Tirai fuori dalla tasca due piccoli specchietti, facendoglieli vedere: erano semplici accessori da donna all'apparenza, ma chi sapeva usarli sapeva anche che potevano diventare molto di più. Era stato Adilisius, un gramo, ad insegnarlo per primo a Raven, che l'aveva poi insegnato a me quando gli avevo parlato di tutta questa storia. L'angelo nero, al contrario di quanto mi ero aspettato, aveva espresso tutta la sua volontà e delle ottime motivazioni per rimanere a Nouvieille per una volta - proprio lui, che girava per il mondo in lungo e in largo peggio del sottoscritto - sia per tenere d'occhio la situazione, sia per agire da terzo non coinvolto nel caso fossero avvenuti dei guai. Tuttavia aveva insistito perché mi servissi di quel piccolo trucco a base di specchi, e lo mostrassi alla mia "conoscenza fantasma". Dato tutto quello che faceva lui era solitamente basato sul concetto della convenienza, ad eccezione di rari casi, e in mancanza dell'amuleto, mi era sembrata alla fine una buona alternativa a ciò che mi serviva.
    Sono semplici specchietti in realtà, niente di straordinario o incantato. Se però dovessimo averne bisogno, possono fungere da porta in entrambi i sensi: io posso chiamare te, e tu, me. Una specie di videochiamata.
    Gli sorrisi, porgendogli il suo.
    Il funzionamento dovrebbe essere semplice: ti basta incanalare la tua energia nello specchio e pensare a me, e dovresti riuscire a contattarmi e a vedere dove mi trovo attraverso la superficie riflettente del mio. Stessa cosa per me, vedrò dove sei attraverso il tuo. L'unica differenza è che il mio va alimentato col mio sangue per effettuare la chiamata, non potendo infondere energia in altri modi, ma non è un problema. Lo guardai, speranzoso non rifiutasse la cosa solo per quel piccolo sacrificio di sangue. In fondo, mi bastava pungermi un dito, e supponevo che se mi fossi trovato nei guai ne avrei avuto in abbondanza da usare. Che ne dici? Meglio dell'amuleto?
  13. .
    Signor Orecchie fini, se permetti, il casino era già cominciato da un'ora e passa, e non sono certo stato io a cominciarlo!
    Il fatto che il ragazzo avesse spiccato un balzo da terra al comò e se ne stesse appollaiato lì sopra come un pipistrello non mi lasciava atterrito, data la quantità di stranezze che si andavano a sovrapporre in quegli ultimi trenta minuti - il pestaggio, i maghi, la loro tentata persecuzione e ora questo - e constatata ormai l'aura, che l'occhio aveva identificato come quella di un mannaro. Non ero tentato nemmeno di pensare a quale tipo, considerando quanti diverse "razze" di mannari esistessero - anche se l'avrei volentieri riempito a morte di domande sulla questione, mai contento di quello che conoscevo su di loro. No, nonostante l'evidente pericolo rappresentato dalla situazione, coi nervi a fior di pelle... preferivo rispondere ad una scaramuccia! Mi sarei preso volentieri a ceffoni da solo, direttamente da parte di Raven o Ael, eppure sapevo di avere le mie ragioni. Non volevo attaccare a meno non ce ne fosse motivo, e non certo qualcuno che per il momento esprimeva minacce solo a parole, di ritorno alle mie.
    Mi stavano pestando da un'ora... cos'altro avrei dovuto fare?
    Le labbra mi tremarono nel parlare, nonostante fossi solito a mantenere la calma. Ma quella situazione, e la possibilità che i maghi si svegliassero o peggio, che per ottenere quel messaggio avessero fatto qualcosa alla ragazza della biblioteca, Kassandre, o... che fosse coinvolta; tutto questo mi vorticava in mente come un gigantesco vortice in grado di fagocitarmi. A stento mantenni la calma ascoltando il ragazzo, la destra che tremava insanguinata sempre rivolta al mannaro. Non avevo intenzione di farmi prendere alla sprovvista, non di nuovo - non con un occhio nero, una guancia tumefatta, un labbro spaccato, un naso dolorante, tagli in bocca e praticamente ovunque in faccia a causa di alcuni stupidi anelli indossati dai due tizi. Continuai a tenere nascosto l'occhio sulla sinistra, non potendo semplicemente "levarmelo" fintanto mantenevo il potere in circolo nelle mie vene, ma mi allontanai di qualche passo come segno che non volevo avere ulteriori problemi con lui.
    Non volevo dare fuoco a nulla sentenziai, interdetto. Perché aveva inteso lo volessi fare? Era per caso riuscito ad ascoltare la conversazione, e quindi mi aveva impunemente lasciato ammazzare o quasi da quei due, per un'ora e passa? Desideravo solo dar loro una lezione. Non mi potevo fidare, questo era certo. Mi leccai le labbra, ed il tagliò bruciò, facendomi fare una smorfia. E mi piace il tuo discorso, sul serio, molto temerario. Semplice, efficace collaborazione. Peccato che per la legge la mia sia stata semplice autodifesa e che abbia tutti gli elementi per provarlo. Telecamere, ingiurie personali...
    Lo guardai, poi puntai un dito insicuro verso la porta.
    Vuoi andare? Và, e la faccenda si chiuderà qui senza problemi. Lo capisco, il tuo spavento. Va bene così.
    Oppure, preferisci rimanere? E cosa farai, se non vuoi imboccare la porta? Mi minaccerai dicendo che spiffererai alle forze dell'ordine come due grossi ragazzi di due metri per due, probabilmente rugbisti, siano stati abbattuti da un gracile ragazzino? Sicuramente ti crederanno
    feci, in maniera sarcastica. Sospirai l'attimo dopo, un respiro lungo e atrocemente esasperato, in cui mi portai la destra alla fronte. Il mio stesso sangue non era in grado di ferirmi, ma non era questo di cui mi preoccupavo. A volte, ero svelto a capire cosa volevano le persone, per chissà quale assurdo motivo.
    Senti... da come parli sembri avezzo a non fare cose di cui ci si possa vantare, specialmente lesioni ai danni di terzi. Per cui, se tutto il tuo discorso è per mettermi nei guai e costringerti poi a ripagarti della stessa moneta, per favore... dimmelo in faccia. Fammi un'offerta, piuttosto. E' quello che vuoi? Nessun problema. Sempre meglio del ricatto reciproco, non credi?


    CITAZIONE
    Controllo del Sangue: Il sangue di Dast è corrosivo per natura, e agisce da acido di media potenza su ogni elemento che ne venga toccato - tranne il possessore - creando danni da bruciatura di media entità. Oltre a questo, Dast ne ha un parziale controllo: può decidere se espellerlo direttamente dai pori della pelle e da quale parte (palmi, occhi, naso, tutto il corpo) potendo crearsi uno scudo acido addosso o potendo in questo modo attaccare a mani nude. Queste qualità corrosive non spariscono quando esso cade a terra, quindi, nel caso sia spillato in grandi quantità fino a creare delle pozze, potrebbe diventare una pericolosa trappola per gli avversari.
    I danni ricevuti dal sangue acido proseguono per 3 turni dal momento in cui lo si tocca, dopodiché perde il suo effetto.
    3 turni (Controllo)
    3 turni (Danni)

    Turno III

    Calice di Rubino:
    Sembra un semplice ciondolo a forma di globo rosso, mentre quando viene attivato assume la vera e propria forma di un grosso calice incastonato di rubini. Non è importante che il possessore lo abbia in mano, quanto che sia poggiato su una superficie o a terra: una volta posizionato questo oggetto si fissa, rendendo impossibile ogni tentativo di spostarlo o farlo cadere. Il suo potere è di permettere a Dast di produrre continuamente sangue nel proprio corpo, rendendolo in grado di potenziare il potere di Controllo del Sangue, purchè rimanga sempre entro i 5 metri di raggio dal calice.
    Non può essere disattivato prima della fine della turnazione.
    3 turni
    Turno III

    Vera Vista: (patto)
    Angelo Nero: Raven
    Potere: La Vera Vista permette a Dast di percepire e vedere, sotto forma di luminescenza colorata, la magia in tutte le proprie forme. Il patto ha agito sia sugli occhi, che sul terzo occhio sul dorso della mano. Con gli occhi, ha semplicemente una vista acutizzata (pari a dieci decimi). Il vero potere del patto risiede nel terzo occhio sul dorso della sua mano: se usato per guardarsi attorno, tramite esso Dast è in grado di vedere le auree di qualsiasi creatura non umana e di riconoscere il suo allineamento tramite il colore. Inoltre può vedere quali oggetti sono magici e la loro natura generale (utilizzabile per attaccare, difendere, guarire), e individuare i luoghi con forti concentrazioni magiche, ottime per dei rituali.
    L'occhio funziona in qualsiasi condizione di luce o buio. Il potere cessa quando viene coperto, motivo per cui Dast lo avvolge sempre nel fazzoletto.

    La comprensione della magia e della sua funzione avviene tramite colore:
    chiaro = magia/oggetto/potere curativo (auree tendenti al bianco),
    medio = difensivo (azzurri, verdi, colori pastello),
    scuro = attacco (rossi, marroni, blu..).
    bianco = auree/oggetti e poteri sacri / di angeli bianchi
    nero = auree/oggetti e poteri maledetti / di angeli neri.
    [Passiva]
  14. .
    Che dire... non mi sarei mai aspettato un'accoglienza tanto calorosa da un fantasma, cosa che certo non mi dispiaceva. Quando vidi all'inizio una figura venirmi incontro, non riconobbi subito i capelli castani e la semplicità nei vestiti di Bola e anzi, lo credetti il Custode. Fu l'occhio a captare e a rivelarmi (assieme alla sua corsa in mia direzione) quella stessa aura che lo permeava da sempre, e che mi affrettai a nascondere di nuovo dietro al fazzoletto rosso non appena lo intravidi riavvicinarsi. Un po' goffamente mentre il ragazzo diminuiva le distanze, riannodai il tessuto sul dorso della mano e me la infilai nella tasca della felpa, salutandolo con l'altra. Cercai anche di sorridere, nonostante fossi quasi intimidito da tutta quella dimostrazione di felicità: raramente le persone mi lanciavano più di un'occhiata e certamente all'Università non godevo di un trattamento migliore, nonostante notassi ogni tanto gli sguardi fugaci delle ragazze. L'unico da cui potevo dire di ricevere attenzioni era il mio datore di lavoro, e non solo per il fatto fosse il mio capo, ma anche perchè eravamo legati a doppiofilo a causa del patto. E Kassandre...
    Arrossii involontariamente al suo pensiero. Ero bravo a passare inosservato... di solito.

    Ciao Bola risposi cortesemente, non certo aspettandomi la lunga lista di domande di mamma chioccia che sarebbero pervenute nel secondo successivo. Sgranai gli occhi guardandolo in modo strano a quel punto, le sopracciglia sollevate. Lo spirito di Ael si era impossessato improvvisamente del fantasma, o era normale per un presunto Uomo Bianco essere così apprensivo? Forse, pensai ridacchiando, era semplicemente di buon carattere.

    Calma! risi piano, facendo chiaro gesto con la mano di frenare lo sproloquio. Sto bene, ho preso il passaporto, fatto i bagagli, le vaccinazioni e preparato unguenti e medicine per tutti i gusti. Partirò solo l'indomani, il nostro mister ha preferito così. Feci spallucce, chiaramente ironico e divertito da tutta quella sincera preoccupazione nei confronti di uno che conosceva a malapena. Dato stare impalati nel cimitero l'uno davanti all'altro non mi sembrava la migliore delle idee, specialmente se fosse entrato qualcuno, mi affiancai a lui facendogli un cenno col capo.
    Ti porto a fare pausa pranzo? O se preferisci, una passeggiata. Suppongo sia meglio parlare di queste cose lontano da possibili orecchie in surplus.
    Attesi decidesse, scalzando qualche pietra del ghiaino col piede e guardandomi un po' attorno nel frattempo. Quel cimitero non sembrava uno di quei tipici posti tetri, abbandonati al loro destino e pregni degli spiriti che di solito mi venivano a visitare o tormentare durante le mie visite - perchè si, una parte importante del conoscere era sperimentare di prima persona, cosa che presi i dovuti rischi e precauzioni ero ben felice di fare. Anzi, era decisamente più simile ad un piccolo parco tenuto con amore e cura, virtù che non si vedevano spesso dedicate ai morti. Le tombe, perlopiù pulite, avevano i loro vasi ricolmi di fiori, e le foto stampate sul marmo inciso risaltavano alla luce di mezzogiorno assieme ai sorrisi sorridenti dei loro deceduti possessori. Sembrava fossero in pace, e anche l'occhio lo confermava, non avendo trovato magia o segni strani nell'area.
    Non sapevo se il custode fosse lo spirito o qualcuno del luogo, ma il suo sforzo nel tenere quel piccolo angolo di paradiso era ammirevole. Non sciocco - non mi sarei mai permesso -, forse non utile, ma decisamente ammirevole.

    Figurati, sei gentile a preoccuparti aggiunsi dopo un po', con circospezione. Ero stato zittito dalla marea di parole e pensieri dello spirito che in quella forma era poco più di un ragazzo adulto, e mi ero perso a ragionare. La mia malattia durerà fino alla fine di questa storia, temo. Sono... particolarmente sensibile alle manifestazioni magiche, e anche a quelle divine. Sorrisi, ricordando che avevo avuto più mani in pasta con gli Dei che con tutto il resto. Chissà che fine aveva fatto Dagda. Quanto alla mia anima, credo ci sia ben poco da temere. Conosco gli angeli neri come il palmo della mia mano mi guardai il destro, con una smorfia, rimettendolo poi in tasca e so come gestirli. E' grazie ad uno di loro se sono qui, e se conosco tutto il necessario per mettermene al sicuro.
    In effetti, non fosse stato per Raven, non sarei mai giunto in città. Sarei rimasto da qualche parte in Danimarca a studiare, poco ma sicuro, in mezzo alla neve e lontano dalla civiltà. Il giorno in cui mi era capitato sotto il naso dopo un incidente auto-provocato in moto era stato il più fortunato e, contemporaneamente, sfortunato della mia vita.
    Piuttosto, parlando di te, ti consiglierei di rimanere al sicuro. So che come me nutri più di un dubbio, come molti degli altri, e so che forse è possibile ottenerne fiducia e aiuto. Purtroppo, so anche che uno spirito non può venire ucciso facilmente, tranne che con un esorcismo. Non voglio dire che non mi fidi... non stavo andando per il sottile con frasi criptiche, ma nemmeno celando il fatto ci fosse ben più di una falla in tutto il ragionamento e il piano di Bowman. Ma non vorrei peccare di ingenuità, e dato mi hai offerto il tuo aiuto senza chiedermi nulla, non vorrei lo facessi tu al posto mio.
    Non so quanto sia di copertura o no, ma il nostro stregone è anche un Prete, temo riconosciuto. Per uno come lui sarebbe facile esibirsi in un esorcismo ai tuoi danni, se volesse, e vi ho studiato abbastanza per sapere che...

    Sospirai, tacendo improvvisamente, il volto nascosto dal cappuccio. Non mi piaceva parlare della morte, almeno quanto non mi piaceva uccidere. Potevo farlo se volevo, anche se mi trovavo molto restio, preferendo passare per metodi più mirati e meno definitivi. Quello che gli avevo appena riferito, o meglio, che mi era scappato dalla bocca... era tutto quello che dovevo dire per fargli intendere i possibili risvolti della nostra collaborazione, nonché di tutto quel piano ingegnoso allestito da Bowman. Gli stavo suggerendo di guardarsi alle spalle, semplicemente.
    Tossii, schiarendomi la gola.
    Per quanto riguarda quello che mi avevi chiesto... andiamo a parlarne da qualche altra parte?
  15. .
    Dopo la preparazione, l'attesa. Non poteva esserci nulla di meglio del finire l'ultimo giro, proprio il giorno prima della partenza, con una visita allo spirito di fiducia con cui sembravo essermi reciprocamente preso in simpatia. Non sapevo esattamente il perché, ma la sua natura positiva non m'infastidiva più di quanto non avrebbe fatto per me quella di un vampiro, un licantropo o di qualsiasi altra curiosa creatura più o meno neutrale esistesse sulla terra. Forse perché in quei pochi minuti di conoscenza avevo aderito alla sua saggia idea di mentire al riguardo della seconda comunicazione di cui aveva fatto domanda Bowman, o forse perché il fatto fosse uno spirito mi suscitava in qualche modo tristezza - qualsiasi fosse il motivo, la sua bontà aveva leggermente fatto breccia nella parte di me che ancora si considerava più umana e meno assetata di conoscenza. Per convenienza soprattutto, considerando quello che mi aveva chiesto di fare era una possibile luce di salvezza nel caso mi fossi trovato in pericolo arrivato in Perù, ma anche per senso di cameratismo e... comunione.
    Sospirai superando il vialetto d'entrata del cimitero e passeggiando tra le tombe, una semplice felpa verde addosso col cappuccio calato sul capo, normali jeans e gli stivali in cui il pugnale di Ael stava nascosto. Bola, così si chiamava lo spirito, mi aveva riferito di dirigermi al Cimitero del Nostro Salvador così come stavo facendo, e di portargli un ciondolo incantato per inviargli un immagine del luogo in cui mi trovavo, nel caso fossi stato in pericolo. Nel poco tempo che avevo avuto non ero riuscito ovviamente ad officiare un complicato rito che mi permettesse di ottenere un simile oggetto, ma facendo leva sull'esperienza e sulle conoscenze - oltre che sull'enorme quantità di libri di cui disponevo - avevo trovato un modo molto più efficace, e veloce, per ottenere lo stesso risultato.
    Mi guardai attorno, fermandomi nei pressi di una tomba, indeciso sul da farsi. Bola mi avrebbe atteso nella sua forma invisibile, per cui l'avrei dovuto solamente aspettare? Oppure lavorava lì in qualche modo, e avrei dovuto trovare un guardiano a quel cimitero e chiedere di lui? Non conoscevo nulla di quello spirito a parte la sua lampante propensione all'aiuto, tant'era che se non avessi avuto l'occhio a guidarmi non mi sarei nemmeno fidato.
    Ah, giusto. Quasi dimenticavo di avere quel dannato occhio.
    Lanciai occhiate guardinghe tutt'intorno, ma constatai che non c'era nessuno a orario di pranzo, quando tutti quanti erano a mangiare e non a rendere saluto ai loro defunti. Con un sospiro tutt'altro che felice allora svolsi lentamente il fazzoletto rosso che portavo sempre sulla mano sinistra, nel caso dovessi nascondere la mia... vera vista. Questo succedeva tutt'alpiù quando usavo i poteri e dato raramente mi esponevo in pubblico, quella mossa era di sola precauzione. Ma era in casi come questo - casi in cui lo richiamavo da me - che serviva avere a portata quel lembo di tessuto sotto cui nascondere il grosso che spuntava sul dorso della mia mano sinistra: troppo strano persino per i miei simili, era il frutto di un patto con l'angelo nero più conosciuto di Nouvieille, nonché tra i più potenti e mio datore di lavoro. Una specie di patto a fin di "bene" che aveva giovato ad entrambi.
    A lui, la liberazione da una possessione di uno spirito antico quasi come la terra, potente come il sole, il Dagda celtico marito della Morrigan ch'era stato in grado di disequilibrare un intero ciclo. Neppure l'esperta maga - Sara, ricordavo - da cui era andato era stata in grado di far altro che limitare i danni, e nemmeno io avrei potuto molto senza l'accordo comune. A me, il potere della conoscenza, e la capacità di vedere. Vedere davvero.
    Toccandomi con discrezione l'orecchino che ciondolava al lobo sinistro, diedi un vero sguardo ai dintorni con l'occhio, la pupilla verticale assottigliata a captare ogni aura e scintillio di magia, o anche solo sentore, nell'aria. Cercai quell'aura bianca e leggera che avevo visto su Bola, così effimera e lucente, tanto da farmi sospettare fosse un angelo bianco in un primo momento. Ma solo all'inizio.
    Gli Uomini Bianchi erano più unici che rari, interessanti forse cento volte più delle loro controparti femminili già rare. Avrei voluto sapere molto più di lui, sentire la sua storia, capire le motivazioni che l'avevano condotto a quella trasformazione, capire la sua morte. La mia innata e ben coltivata curiosità, mentre mi azzardavo ad una domanda nel vuoto del cimitero, mi riempiva la testa di una matassa ben arrotolata che attendeva molte risposte. E magari anche una buona dose di ammorbidente scioglinodi sotto forma di una banale ubriacatura, in occasione dello sgangherato viaggio a cui mi stavo per unire.

    Bola? Sei qui? domandai incerto. Presi un profondo respiro prima di aggiungere qualcos'altro in un sussurro.
    Sono Darshan.

    CITAZIONE
    Vera Vista: (patto)
    Angelo Nero: Raven
    Potere: La Vera Vista permette a Dast di percepire e vedere, sotto forma di luminescenza colorata, la magia in tutte le proprie forme. Il patto ha agito sia sugli occhi, che sul terzo occhio sul dorso della mano. Con gli occhi, ha semplicemente una vista acutizzata (pari a dieci decimi). Il vero potere del patto risiede nel terzo occhio sul dorso della sua mano: se usato per guardarsi attorno, tramite esso Dast è in grado di vedere le auree di qualsiasi creatura non umana e di riconoscere il suo allineamento tramite il colore. Inoltre può vedere quali oggetti sono magici e la loro natura generale (utilizzabile per attaccare, difendere, guarire), e individuare i luoghi con forti concentrazioni magiche, ottime per dei rituali.
    L'occhio funziona in qualsiasi condizione di luce o buio. Il potere cessa quando viene coperto, motivo per cui Dast lo avvolge sempre nel fazzoletto.


    Edited by 'Raven' - 7/4/2015, 18:08
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