Il medaglione maledetto

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    Agli occhi degli uomini, la vita passa dal buio all'oscurità. Agli occhi degli dei, la vita è una morte...

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    “Scusi, signora. . .”
    Era stato un bisbiglio così lieve che Neris era riuscito a sentirlo solo tramite i suoi sensi super sviluppati. La vampira si girò lentamente.
    Alla sua destra, accanto al marciapiede, c’era una bambina dai corti capelli biondi. Doveva avere cinque o sei anni. . . ed era sola. La piccola, seduta sul freddo asfalto vicino ad un tombino, ricambiò il suo sguardo, con una espressione indecifrabile sul volto. Neris le si avvicinò, fino ad arrivare ad inginocchiarsi accanto a lei. La sua lunga gonna nera come la notte strusciò contro l’asfalto, senza che la vampira se ne rendesse conto.
    “Come ti chiami?” le chiese, dolcemente.
    “Non ha importanza” fu la dura risposta.
    L’antica, perplessa, posò la mano sulla spalla della piccola, come per rassicurarla.
    “Non ha importanza, eh?” sospirò “Come vuoi. . . il mio nome è Neris.”
    Lo sguardo della bambina incrociò il suo. Neris rabbrividì. I suoi occhi erano freddi e calcolatori.
    “Sei un vampiro” disse. La sua non era una domanda, era una constatazione.
    Il volto della vampira si fece ancor più pallido del solito. Come aveva fatto a capirlo?
    “Ma cosa ti viene in mente! Perché dovrei essere una vampira?”
    La piccola sorrise, ma il suo sorriso era strano. . . sembrava forzato e. . . crudele. Continuò a fissare Neris, senza rispondere, mentre con la mano giocherellava con un grosso medaglione appeso al suo collo. L’antica, preoccupata, chiese:
    “Dov’è tua madre?”
    “Non ha importanza” fu l’imperterrita risposta.
    Spazientita, la vampira si alzò in piedi.
    “Vieni” esclamò “Troveremo qualcuno che potrà aiutarti. . .”
    Quella bambina non le piaceva. Non vedeva l’ora di liberarsene.
    Ma lei non accennò a muoversi.
    “Non posso” disse.
    Neris alzò gli occhi al cielo, la pazienza agli sgoccioli.
    “Perché non puoi?” chiese, improvvisamente attirata dal pensiero di azzannarla al collo.
    La piccola indicò il tombino e disse:
    “Mi è caduta la palla”
    La vampira si chinò a guardare. Effettivamente, una piccola palla colorata era finita nel tombino, tra le foglie secche e l’immondizia. Con un sospiro rassegnato, Neris infilò la mano tra le sbarre e la recuperò. La pulì sulla gonna, poi la restituì alla proprietaria.
    “Grazie!” esclamò lei, eppure. . . la sua non era un’espressione di felicità. La bambina si tolse il medaglione dal collo e lo porse alla vampira. “Tieni, è per te”
    “Perché?”
    “Hai recuperato la palla”
    Neris lo prese, soppesandolo tra le dita.
    “Grazie” sussurrò.
    Il medaglione era circolare e, a prima vista, pareva molto antico. La grigia pietra in cui era realizzato si era sgretolata in più punti, tanto da rendere quasi illeggibile l’incisione spiraliforme presente su di essa. L’antica fece passare la spessa catenella arrugginita attorno al collo. Poi, ritornò a guardare la piccola.
    I suoi occhi erano vacui.
    Prima che potesse fare qualcosa, Neris percepì un forte attacco alla sua mente. Una forza estranea, più antica di lei, stava cercando di prendere possesso del suo corpo. Neris urlò, lottando con tutte le sue forze, ma lui era troppo potente. Non sentì il disperato grido della bambina, non sentì il sangue che sgorgava dal suo collo. La mente di Neris non era più lì, relegata in un angolo del suo stesso cervello. . .
     
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    Immersa nei suoi pensieri, l’osservatrice stava camminando per una strada poco illuminata. Le piaceva passeggiare la sera, le piaceva essere portata dal caso in luoghi particolari o sconosciuti. Sapeva che uscire da sola a quell’ora poteva rivelarsi rischioso. In quel momento la strada era pressappoco deserta e, se qualcuno avesse deciso di farle del male, difficilmente avrebbe ricevuto aiuto. Eppure, anche se conosceva il pericolo, sembrava quasi che non se ne curasse. Lei camminava, la mente altrove ma i sensi all’erta. Non temeva i comuni malviventi, i suoi poteri sarebbero bastati per proteggerla da minacce umane, e sapeva che se una creatura sovrannaturale le si fosse avvicinata lei l’avrebbe percepita.
    Così, quando sentì l’urlo trasalì, sorpresa e un po’ intimorita. Quella voce la conosceva.
    “Neris” sussurrò, il cuore che le batteva forte.
    Poi, prima che potesse riprendersi dallo stupore, sentì un secondo grido, più acuto, più umano. Un urlo che poteva essere soltanto quello di un bambino.
    Sempre più preoccupata, corse nella direzione da cui gli urli erano arrivati, infilandosi in una via ancora più oscura della precedente.
    Appena girato l’angolo li vide.
    Neris, riconoscibile dalla sua lunga chioma ramata, era in piedi.
    Ai suoi piedi, una figurina insanguinata.
     
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    Il sangue lo inebriava. Gli piaceva sentire come il suo nuovo corpo reagiva a quella ninfa, come la bramasse, come l’adorasse. Aveva ancora il sapore del sangue in bocca e il suo gusto era per lui una scoperta nuova. Mai, nella sua vita mortale o nella sua esistenza spiritica, Onnophris aveva provato una simile sensazione: si sentiva forte, più forte che mai, e lo stupiva avvertire una simile potenza in quelle fini ossa femminili.
    Sentì dei passi veloci, come di qualcuno che correva.
    Si girò lentamente, un sorriso assassino sulle sue labbra.
    Una ragazza era appena apparsa nel vicolo. Aveva il fiatone e il suo volto era pallido. Lei lo fissava, sconvolta. . . o, meglio, fissava il corpo che lui possedeva.
    Si limitò a ricambiare il suo sguardo, lo strano sorrisetto ancora sulle labbra, mentre con una mano giocherellava con il medaglione al suo collo.
     
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    Quello che vedeva non le piaceva, non le piaceva affatto.
    C’era qualcosa di sbagliato in quella situazione. Neris non si sarebbe mai comportata a quel modo, non avrebbe mai ucciso un innocente per nutrirsi. Eppure, ora la vampira era davanti a lei, mentre per terra c’era il corpicino straziato di una bambina. Cosa poteva aver fatto di male quella piccola per meritarsi un simile trattamento?
    Si avvicinò lentamente, pur sapendo il rischio che stava correndo. Se Neris non era in sé, se era assetata, probabilmente la sua brama di sangue non si sarebbe arrestata neppure di fronte ad una sua amica. Non che lei e la vampira si fossero lasciate senza rancore, l’ultima volta che si erano incontrate: Kimberly non sapeva neppure se Neris la considerasse ancora una sua amica, ma doveva rischiare. Arrivò accanto alla vampira e si chinò per constatare le condizioni della bambina.
    “L’hai uccisa, Neris” sussurrò, sconvolta.
     
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    Appena lei parlò, Onnophris scattò.
    In un attimo, la ragazza si ritrovò inchiodata al muro accanto al marciapiede.
    “Neris non c’è più” sussurrò lui, ridacchiando. Poi, con un movimento fulmineo, la morse al collo.

    Si staccò immediatamente da lei, assaggiando soltanto il suo sangue.
    Si stava divertendo.
     
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    L’attacco l’aveva sorpresa: non poteva credere che Neris l’aveva fatto.
    Barcollando, si portò una mano alla gola e notò che la ferita si era rimarginata. La vampira doveva aver fatto cadere qualche goccia del suo sangue su di essa, ma Kimberly non riusciva a capire perché l’aveva fatto. Continuava a pensare che c’era qualcosa di strano nell’amica, qualcosa che la spaventava.
    Ricordò le parole che Neris aveva detto prima di morderla: Neris non c’è più.
    Cosa poteva significare? E perché aveva provato quella strana sensazione mentre lei beveva il suo sangue? In quel momento critico, lei aveva cercato di toccare la mente della vampira, ma aveva percepito come la presenza di un’entità estranea nel suo corpo.
    Sempre più preoccupata e spaventata, l’osservatrice aprì la sua mente.
    *Neris?* chiamò telepaticamente.
    Se davvero la vampira era posseduta, allora l’unica arma che lei aveva era il suo potere mentale.
     
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    Percepì il tentativo della giovane, ma non se ne preoccupò. Finché il medaglione fosse stato al collo della vampira, lui l’avrebbe posseduta. Però, la ragazzina si stava rivelando una seccatura.
    Inizialmente, lo stregone aveva preso in considerazione la possibilità di divertirsi a sue spese, ma ora si stava stufando. Per di più, si stava rendendo sempre più conto che, senza l’ausilio del potere del medaglione, non sarebbe mai riuscito a prendere il possesso del corpo che ora stava controllando. La vampira era potente e, anche se inconsciamente, la sua mente stava continuando a lottare per riprendere il controllo. Era impossibile, ovviamente, ma questo non significava che quel continuo duello mentale non fosse in grado di distrarlo, portandolo magari a fare un passo falso.
    Neris era forte, molto più forte di tutti gli altri ospiti che lui aveva avuto. Forse era stato un azzardo scegliere proprio lei, ma, se lui fosse riuscito a vincere la battaglia, sarebbe stato a posto per l’eternità. Non avrebbe più avuto timore della morte.
    Sorrise a quel pensiero. La morte non avrebbe più potuto toccarlo.
    Ma, prima, doveva liberarsi di quella ragazza.
    Attraverso il fragile contatto mentale che lei aveva creato, Onnophris riempì la mente dell’umana di immagini orribili, piene di violenza. Immagini del suo passato.

    Non voleva ucciderla, non ancora almeno. . .
     
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    Immagini di rabbia, furia, violenza si susseguirono nella sua mente. Sangue, urli, disperazione. . . Kim si accasciò a terra, le mani sulle orecchie, come se con quel semplice gesto potesse evitare di sentire quelle urla. Cercò di fermare le immagini, di chiudere la mente, ma non ci riuscì. Il mondo attorno a lei cominciò a sfuocarsi.
    L’osservatrice perse conoscenza.

    ***
    La storia di Kimberly continua qui


    La storia di Neris continua qui



    Edited by Kimberly Hastur - 15/1/2008, 18:52
     
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