Nei sotterranei

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    Quando la potenza discende, il dio è vicino.

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    Kimberly riprese lentamente conoscenza. Attorno a lei era buio, tanto che a malapena riusciva a riconoscere i contorni di quello che l’attorniava. I polsi incatenati, si alzò in piedi appoggiandosi ad un antico muro in pietra. Seguì con lo sguardo la catena che la legava. Finiva poco più in là, fissata al muro. Provò a tirarla, sperando che il pezzo di muro a cui era fissata cedesse, ma riuscì soltanto a farsi male. Esasperata, si guardò attorno, con la brutta sensazione di trovarsi nelle prigioni di un antico castello.
    “Ma certo!” sussurrò “Il Castello di Nouvieille!”
    Sospirò, cercando di capire se fosse giorno o notte. Non che fosse molto importante, difficilmente qualcuno sarebbe sceso nei sotterranei di quel castello infestato da spiriti. Era un luogo piuttosto inquietante, in effetti.
     
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  2. headon
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    Luna quasi nuova. Ne restava solo una sottilissima falce, debole, quasi non si intravedeva nell'ombra del cielo notturno. Ne avvertiva gli strani messaggi fin dentro le ossa, messaggi freddi, secchi, gelidi. E non le facevano affatto bene.
    Con passo lento, silenzioso e felpato, ed un vago senso di malessere, trovò una finestra aperta presso le mura a sud del castello. Era quasi un anno che viveva a Nouvieille, e ancora non era riuscita ad entrare dentro quel maniero. La volta che ci aveva provato, Talaban aveva pensato bene di impedirglielo, per una strana serie di coincidenze. Ora intorno alla fortezza era tutto silente e deserto. Solo il fruscio delle foglie al vento, il verso lontano di qualche animale, i vaghi rumori della città così ovattati e quasi impercettibili ad orecchio umano. Ed il lento respiro di Tracy, che lentamente si faceva più intenso mentre con le forti mani scalava la parete, sfruttando le fessure tra i blocchi di pietra e le sue unghie resistenti e coriacee per far meglio presa.
    Quando riuscì ad entrare, si bloccò, ferma, sopresa. Un odore... O forse qualcuno di più, ma questo spiccava sugli altri per la sua nitidezza. Odore chiarissimo di essere vivente... Umano. Nel castello.
    Abbozzò un vago sorriso, incuriosita e lievemente tesa. Con passi veloci e abbastanza silenziosi, cominciò a seguire la traccia, a cercare di capire da dove provenisse. Quel che le era chiaro, era che si trattava di un essere vivo, e che si era diretto verso i piani inferiori. Senza curarsi troppo dell'aspetto interno del castello, decadente, sporco, marcescente, una volta trovate le scale non esitò un istante a scendere giù, giù, seguendo quella traccia come un richiamo.
     
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    Qualcuno si stava avvicinando. Non sentiva alcun rumore, ma percepiva la presenza di una creatura sovrannaturale, presenza che si avvicinava sempre di più. Trattenne il fiato senza rendersene conto, cercando di comprendere se era Neris che ritornava. La vampira, essendo posseduta, non poteva essere ritenuta responsabile delle sue azioni, ma questo non tranquillizzava affatto Kimberly.
    Dilatò la mente, cercando di capire chi si stava avvicinando.
    Entrò in contatto con una mente sconosciuta.
    Ruppe bruscamente il contatto, riprendendo a respirare.
    Chiunque fosse quella persona, certamente lei non la conosceva.
    Non sapendo se quella fosse una buona o una cattiva notizia, gridò:
    “C’è qualcuno?”
     
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  4. headon
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    Riecheggiò nei corridoi, vaga e ovattata, ma dal timbro limpido ed inequivocabile. Il fine udito di Tracy non poteva venire ingannato. Una voce di donna.
    Che fosse una minaccia o meno, alla lycan non importava. Non si era mai tirata indietro, non aveva alcun timore di imbattersi in un incontro pericoloso, o di ritrovarsi per l'ennesima volta ridotta ad un colapasta. Tutte le ferite guariscono, almeno quelle del corpo. Almeno quelle di un licantropo.
    Non avrebbe mai negato alla propria curiosità di venire appagata. Accelerò il passo, percorrendo i corridoi velocemente, nella parte interrata del castello, dove l'aria si faceva sempre più pesante e umida, dove la scarsa luce dell'esterno non riusciva a penetrare. I suoi occhi animaleschi riuscivano a guidarla in quelle tenebre malsane, a farle rendere conto di trovarsi nelle segrete del maniero. Cosa diavolo ci faceva una donna in un posto simile?
    L'odore si faceva sempre più intenso, sempre più nitido. Si fermò presso una cella, dove nell'ombra densa e scura sembrava delinearsi una figura.
    < Ma che diavolo... > fu il suo unico commento, in un roco sussurro, mentre poggiava le mani sulle fredde sbarre della cella.
     
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    Una donna si trovava vicino alla cella, quasi invisibile nell’oscurità che permeava i sotterranei.
    Kimberly non sapeva cosa dire, come spiegare la sua situazione. Sicuramente non poteva dirle che l’aveva legata un vampiro. . . o forse sì? Quella donna non era umana, almeno non completamente, o lei non avrebbe percepito la sua presenza. Rimase per un attimo in silenzio, chiedendosi se, chiamandola, si fosse cacciata in un guaio ancor peggiore. Ma, probabilmente, sarebbe stata trovata in ogni caso. Poi, che situazione poteva essere peggiore di rimanere imprigionata in quel luogo?
    Per di più, anche se non conosceva le intenzioni della donna, non le sembrava minacciosa. . . più che altro, era stupita.
    Sospirò, indecisa. Doveva fidarsi o no?
    Non che avesse molta scelta, in effetti.
    “Salve” disse. “Non è che ha una torcia?”
    Con un po’ di luce sarebbe riuscita a capire come era stata legata e, magari, a liberarsi.
     
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  6. headon
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    Rimase per un attimo sorpresa dalla naturalezza con cui la donna le aveva rivolto quella domanda. Non si aspettava una reazione così tranquilla da una ragazza incatenata ad un muro, nelle segrete di quella fortezza abbandonata e diroccata, brulicante di topi e altre bestiacce, buia e silenziosa.
    < No, mi spiace... > rispose lievemente stranita, inarcando un sopracciglio.
    < Io non ne ho bisogno > aggiunse a voce più bassa, distendendo il viso. Una frase pericolosa, ma che le era venuta spontanea.
    < Che ci fai qui dentro? Chi ti ci ha sbattuta? > chiese poi, incuriosita e preoccupata. Stringeva le sbarre nelle mani forti e sciupate, mentre con una certa fatica cercava di delineare meglio le sembianze della donna. Una ragazza dai capelli mossi, dall'aspetto semplice. L'ultimo essere che avrebbe immaginato nascosto in quei sotterranei. Dall'odore, sembrava una normalissima umana.
    Ma prima di liberarla, voleva del tutto accertarsene.
     
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    Kimberly non era affatto tranquilla, ma non voleva farlo vedere. In effetti, rischiava di scoppiare a ridere da un momento all’altro. . . quella situazione le sarebbe parsa piuttosto ridicola se non si fosse trovata incatenata a quel muro. Imprigionata dalla propria migliore amica, una cosa da tutti i giorni!
    Guardò per qualche istante nella direzione della donna, pensierosa, poi decise di essere sincera.
    “Ho avuto una piccola discussione con un vampiro” disse, semplicemente.

    “Mi chiamo Kimberly, sono un’osservatrice. . .”
     
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  8. headon
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    Una strana luce le brillò nelle iridi, al suono di quella tanto odiata parola. Oh, non avrebbe esitato un istante di più a liberare la ragazza. Qualunque cosa, pur di mettere i bastoni tra le ruote ai ciucciasangue, o pur di opporsi ai loro giochi.
    < Kimberly eh... Bene, Kim, ti lascio osservare, allora > disse incrociando le braccia, studiando per un attimo le inferriate della cella. Ora che ci faceva caso, percepiva un vago odore di vampiro. La ragazza non mentiva.
    Tracy non aveva la minima idea su cosa Kimberly intendesse per 'osservatrice'. Tutto quel che ne dedusse, era solo l'impressione che la ragazza fosse un po' strana, o rintontita dalla prigionia, dal buio e dalla solitudine.
    < Ma prima... cerca di stare più attaccata possibile al muro... Se non vuoi beccarti una grata del genere sulla zucca > disse squadrando con lo sguardo i giunti dell'inferriata, trovandoli alquanto malandati ed arrugginiti, facendo cenno all'osservatrice di scostarsi per quel che poteva.
    Fu un rumore secco ed improvviso, come il colpo che lo generò. Tracy sfondò la porta della cella con un calcio, mostrando chiaramente quanto sovrumano fosse il suo fisico allenato e bestiale. La grata cedette inesorabilmente sotto il suo impeto, crollando a terra con un tonfo metallico, sollevando una densa nuvola di polvere.
     
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    All’avvertimento, Kim si avvicinò al muro, il più lontano possibile dall’inferriata. Un attimo dopo vi fu un forte rumore e la grata crollò a terra, sfiorando nella caduta la sua spalla. Un gran polverone si alzò per aria, tanto che l’osservatrice cominciò a tossire.
    Appena la polvere si abbassò e la tosse andò esaurendosi, Kimberly, lievemente divertita, disse:
    “La grata dove essere stata parecchio arrugginita per cadere così. . .”
    Non era proprio la verità, ma era un ottimo modo per dare alla sua salvatrice la possibilità di farsi passare per un’umana. Kim sapeva che, spesso, le creature soprannaturali non amavano rivelare la loro diversità. Eppure. . . Kim era maledettamente curiosa di scoprire chi fosse e cosa fosse quella donna! Era talmente curiosa che dovette mordersi la lingua per non fare una domanda che, quasi certamente, avrebbe messo l’altra in imbarazzo.

    Dopo aver esclamato un “Ahi!” soffocato, l’osservatrice, ignorando il dolore alla lingua, chiese:
    “Umm. . . hai per caso qualche idea per liberarmi da queste catene?”
    Osservò un attimo le catene, con un’espressione corrucciata sul volto. Poi ritornò a guardare la donna.
    “A proposito, come ti chiami?” chiese, con un sospiro.
     
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  10. headon
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    Entrò nella cella, osservando meglio la ragazza e la ferraglia che le bloccava le mani. Si grattò una tempia, pensando ad un modo per poterla liberare.
    < Mmm... Dubito che il ciucciasangue sia così gentile da darmi le chiavi... > commentò, afferrando una catena con una mano, con una strana smorfia sul viso.
    < Comunque, io sono Tracy... > rispose alla domanda dell'osservatrice, anche se distrattamente, sempre pensando a come tirarla fuori da quella cella. Non era in grado di spaccare quei cerchi di ferro a mani nude... Almeno, non nella sua forma umana. Ma aveva ancora troppo poco controllo della sua parte animale, poca rabbia in corpo, e pochissima voglia di mostrarsi per quello che era ad una ragazza appena conosciuta, rischiando più di farle del male che di aiutarla.
    Si portò una mano al mento, poi si strinse nelle spalle.
    < Ricorrerò alle maniere forti, sembra l'unica soluzione... Se ce la faccio, avrai un nuovo paio di braccialetti, Kimberly > disse portando una mano sul giunto in metallo delle catene al muro, chiedendosi se davvero avesse la forza per strappare via quella ferraglia dalla parete. L'unico modo per scoprirlo era tentare. Afferrò la catena, e si mise a tirare con tutta la potenza che aveva in corpo.
     
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    L’osservatrice iniziò a tirare la catena. Non che credesse di poter fare molto, ma era meglio che fare nulla. Lievemente divertita dal fatto che Tracy avesse definito ‘ciucciasangue’ un vampiro, Kimberly si chiese se questo fatto la potesse aiutare a capire cosa fosse la sua salvatrice. Per di più, pensare ad altro la aiutava ad ignorare i muscoli doloranti.
    Forse per l’azione congiunta delle due donne, forse per la forza bestiale di Tracy (un altro fatto degno di interesse, pensò l’osservatrice), il giunto si staccò bruscamente dal muro e Kimberly finì a terra per il contraccolpo.
    La ragazza, seduta sulle fredde pietre ricoperte di polvere, scoppiò a ridere per la tensione, rischiando di soffocarsi. Appena si riprese abbastanza da tornare a respirare, pensò che, forse, non doveva scartare l’idea di andare da uno psicologo (pensiero che rischiò di far partire un altro eccesso di risate).
    “Credo che sia meglio andare in un luogo dove c’è più luce, così potremo vedere se questi ‘braccialetti’ si possono togliere” disse, rialzandosi faticosamente in piedi. “Dovrei avere tra i capelli una forcina, chissà se può servire. . .” sussurrò tra sé e sé, quasi dimentica di Tracy.
    Dopotutto, nei telefilm polizieschi funzionava sempre. . . perché allora non avrebbe dovuto funzionare anche nella realtà?
     
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  12. headon
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    Le catene cedettero sotto lo sforzo di Tracy, lasciando dei vistosi fori nella parete. Fecero un gran bel frastuono, il forte clangore del metallo sul pavimento avrebbe potuto essere udito per tutto il castello.
    Kimberly scoppiò a ridere. Tracy rimase sorpresa dalla reazione dell'osservatrice, non capiva se fosse dovuta ad un attacco isterico per il forte urto con il suolo o all'improvvisa felicità per non essere più prigioniera in quell'umida cella così buia e maleodorante.
    < Basta salire di qualche piano... Anche se non c'è una gran luce, la luna è sottile, stasera... > suggerì, dispiaciuta per Kim ma allo stesso tempo rincuorata per sè stessa. Non avvertiva alcun impulso bestiale, e non sarebbe stata costretta a cedere ai suoi istinti, quella notte.
    Sentì chiaramente le parole dette sovrappensiero dalla ragazza, grazie anche al suo buon udito.
    < Se hai una forcina forse mi potrebbe bastare un filo di luce in più per vederci meglio... O se riusciamo a trovare qualcosa a cui dar fuoco, io ho il mio accendino con me... > consigliò ancora, tirando fuori dalla tasca dei jeans un semplice accendino di plastica. Le era sempre dispiaciuto non possedere uno di quegli eleganti accendini in argento, ma purtroppo la sua natura le impediva di maneggiare tranquillamente quel materiale. Le avrebbe causato sicuramente un certo bruciore alle dita.
     
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    Un accendino? Kimberly si guardò intorno, fissando le pareti e cercando di capire se, appese ad esse, ci fosse una torcia o una candela. Con quel buio poteva rischiare di cadere dalle scale, esperienza che non aveva alcuna intenzione di fare. Sfiorando il muro con le mani legate, uscì dalla cella. Osservandosi attorno, notò qualcosa che pareva una candela. Era in alto, troppo in alto perché potesse recuperarla con i metodi tradizionali. La fissò intensamente, socchiudendo gli occhi per cercare di scorgere il più possibile poi, sperando che Tracy non lo notasse, cercò di sollevare la candela dal sostegno metallico. Avrebbe voluto poter guardare da un’altra parte mentre cercava di staccarla dall’appoggio, in quel modo non avrebbe rischiato di attirare l’attenzione della compagna su ciò che stava facendo, ma aveva bisogno del contatto visivo per poter utilizzare le sue capacità telecinetiche. Dopo qualche istante, la candela si sollevò di pochi centimetri poi, rimbalzando sulla testa dell’osservatrice, cadde a terra. Doveva essere più stanca di quanto avesse immaginato. Kimberly si abbassò per recuperarla, poi si alzò, rigirandosi la candela tra le dita. Era vecchia e doveva essere stata usata spesso, poiché ne rimaneva meno della metà.
    La tese a Tracy, chiedendole:
    “Potresti accenderla?”
     
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  14. headon
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    Uscì anche lei dalla cella, e si mise a guardare in direzione opposta a quella di Kim. Era meglio controllare in più direzioni se speravano di trovare qualcosa. Non avrebbe certo perso le sue tracce, era l'unico odore di essere umano vivo presente nel castello.
    Tracy non si accorse dello strano prodigio che stava attuando Kimberly. O meglio, avvertì che stava succedendo qualcosa di strano, qualche rumore ovattato proveniente da un punto imprecisato, ma non diede troppo peso alla cosa, durò troppo poco perchè se ne potesse davvero preoccupare. Senza farsi troppe domande, osservò compiaciuta la candela, o meglio il mozzicone di candela, in mano all'osservatrice.
    Con un gesto meccanico ed abituale, accese di scatto l'accendino.
    < Voilà > disse con un mezzo sorriso, cominciando ad ardere lo stoppino. Una flebile e calda luminescenza illuminò i visi delle due donne, quel che bastava a far intravedere meglio a Tracy i lineamenti della sua interlocutrice.
    < Poggiamoci lì, tira fuori la forcina, provo a toglierti 'ste diavolo di manette > disse con vivacità, facendo un breve gesto a Kim per farle capire le sue intenzioni. Aveva bisogno di entrambe le mani per scassinare la serratura. La candela andava poggiata da qualche parte, ad esempio su quella pietra sporgente dal muro che probabilmente fungeva da seduta per i carcerieri.
     
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    Kimberly seguì lo sguardo di Tracy, notando una pietra sporgente dal muro che, a causa dell’oscurità, non aveva notato. Con qualche difficoltà, riuscì ad incastrare la candela in una fessura presente nell’antica pietra e a recuperare la forcina, ingarbugliando ancor di più i suoi capelli già disordinati. La tese a Tracy, sperando che lei riuscisse a liberarla. In caso contrario, non avrebbe avuto la più pallida idea di quello che avrebbe potuto fare per liberarsi.
    “Terrei le dita incrociate, ma, temo, ti ostacolerei soltanto. Spero solo che queste manette non siano arrugginite. . .” disse. Si sentiva meglio con la candela accesa. Almeno così poteva vedere in viso Tracy.
     
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