Quando la potenza discende, il dio è vicino.
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Non so bene perché, ma questo lavoro inizia a piacermi. È semplice, noioso, comune... e, ovviamente... sicuro. Qui non ho ancora incontrato nessuno che volesse ammazzarmi. E questo è un passo avanti. Entro nel museo, camminando lentamente. Sorpasso i banconi dell’ingresso, facendo un cenno di saluto a chi è lì che aspetta che entri qualche visitatore, poi passo al salone dell’arte egizia. Sono un po’ in anticipo, quindi posso fermarmi a guardarmi intorno. È mattina presto e c’è poca gente, ma non mi dispiace guardare un po’ le opere prima di iniziare a lavorare. In un certo senso, mi sento un po’ sola rinchiusa in quello ‘stanzino’, ma è affascinante scoprire quante sono le cose che il museo ha e non sono inventariate o mostrate al pubblico. Quando ho iniziato a lavorare qui non lo avrei mai immaginato, ma credo che questo lavoro mi piaccia. È come... l’altro lato della medaglia. È come se vivessi due vite: in una sono un’osservatrice, dedita a cercare tutti i guai possibili; nell’altra sono la responsabile dell’archivio del museo di Nouvieille. Due vite diverse, forse, ma legate tra loro dal fascino dello studio. Sorrido a questi pensieri, spostando da un occhio una ciocca ribelle dei miei capelli biondi. Anche se è mattina, fa abbastanza caldo, tanto che sono vestita in modo abbastanza leggero. Porto una giacchetta di jeans con sotto una maglietta a maniche lunghe, collant neri e una minigonna verde. E, ovviamente, all’indice della mano destra ho un fine anello d’argento, su cui è incastonata una piccola ametista. Un anello che non tolgo neppure quando vado a dormire.
Aperto a chiunque voglia!
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