Nuovo arrivo

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  1. 'William'
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    Per William era passato così poco tempo da quando era arrivato a Nouvieille da non badare più a dove metteva i piedi per l'emozione, specialmente poi ora che doveva visitare la nuova sede del Talamasca dopo essersi procurato un lavoro - nuova era un eufenismo - e che d'ora in poi sarebbe stata più o meno la sua seconda casa. Certo, aveva sempre la possibilità di dormire da Johnny e certo, sua madre non l'aveva buttato fuori di casa con tanto di calcio nel portapiume per nulla, ma questi erano solo dettagli insensati al momento, anche più del piccolissimo problema di avere un pessimo senso dell'orientamento: si era di nuovo perso per strada, e poi addirittura nel giardino quand'era entrato nella grande tenuta.
    Solito problema, tutto troppo grande, tutto troppo verde e colorato e dalle proporzioni assolutamente più grandi delle case a Vienna, che lo confondevano; fortunatamente gli bastava rimirare la cima dell'edificio stile vittoriano per rimediare e dirigersi nuovamente a passo sicuro, con lo skate blu sottobraccio come sempre - unico suo mezzo di locomozione - e lo zaino stracarico a spalle, verso l'entrata della sede: con cipiglio esaltato e immensa curiosità, arrivato davanti alla porta bussò sonoramente prendendo con una mano ossuta un battente di ferro circolare e picchiandolo forte sul legno, risistemandosi nel frattempo il colletto della camicia bianca indossata sotto una giacca nera ed elegante, sullo stile dei completi professionali da uomo, imbottita di lana a far pandant con un paio di jeans di un profondo e accecante verde chiaro. Già che c'era, diede anche uno sguardo ai capelli: tutto a posto, acconciati come al solito e in modo tanto bizzarro da avergli fatto guadagnare delle occhiate strambe per strada, e non credeva solo per il colore. Ma poi, che male c'era ad averli con le punte verdi? Infatti l'aveva anche chiesto, ottenendo solo qualche spicciolo dal passante di turno e una pacca sulle spalle con la raccomandazione di bere un thè caldo e tornare a casa dalla mamma che il mondo era un posto brutto e cattivo.
    Ma la mamma l'aveva buttato fuori! E non poteva certo andarsene ora, non quando il suo insegnante aveva speso così tanto tempo con lui a impartigli i fondamenti per essere un buon osservatore, comprando carta e china e mandando un'elegante lettera a Nouvieille per informare i presenti del suo arrivo.

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    Aspetto Asia °-°
     
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  2. *†Asia†*
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    SPOILER (click to view)
    uahuahushua XD scusa il ritardo rave. Faccio conto che sia mattino inoltrato


    Quel giorno si era svegliata presto, se le undici del mattino potevano considerarsi tali per il resto della gente normale; per lei lo erano sicuramente, dato che, con il lavoro che faceva, il suo orario medio di leva era per le quattro del pomeriggio.
    Nessuno poteva quindi obiettare se i suoi orari biologici erano ormai totalmente sballati, e se, in quel momento, si trovava in sala da pranzo a gustarsi una spremuta e un paio di uova, scompostamente seduta, gli occhi intenti a leggere le righe del quotidiano poggiato sul tavolo.
    Era una fortuna che Kim e Haru non fossero in casa: la rossa l'avrebbe certamente rimproverata per quel suo modo scomposto, ma infondo era anche per quello che era tanto affezionata alla responsabile; Kim probabilmente le avrebbe detto che non le faceva bene mangiare quelle schifezze, preoccupandosi con quel suo carattere dolce.
    L'osservatore belga era rimasto con loro per un po', ma, come tutti quelli che erano passati, del resto, era sparito. Solamente loro tre rimanevano, e Asia quell'inverno avrebbe celebrato il terzo anno di soggiorno a Nouvieille; e non poteva esserne più felice.
    Si trovava a riflettere su quei pensieri, quando un forte bussare al portone non la riscosse da quella lieve trance, e voltò automaticamente la testa verso l'ingresso, quasi potesse realmente vedere attraverso gli spessi muri chi disturbava la quiete mattutina.
    Alzandosi, si sistemò appena i lisci capelli, controllando lo stato della camicia da notte azzurrina che indossava ancora, dalle ampie maniche e che le fasciava graziosamente tutto il corpo, e si diresse con passo veloce alla porta.

    Arrivooo!

    Urlò, sperando che non fosse il solito rivenditore porta a porta che arrivava sempre nei momenti meno piacevoli di tutti: un giorno di quelli la ragazza avrebbe preso uno dei grossi volumi in biblioteca e glielo avrebbe volentieri sbattuto in testa..
    Ma il tipo che le si presentò davanti era decisamente più strambo di tutti i venditori che le era capitato di incontrare nella vita: alto e magro, pallido come un cadavere, un'aria piuttosto vacua di chi non sapeva bene come e perchè si fosse ritrovato in quel luogo.
    Per non parlare del vestiario! Dove aveva imparato il gusto, quello li?
    Se il sopra si sarebbe potuto perfettamente adattare a un qualsiasi completo elegante, i pantaloni erano orrendi, prima di tutto perchè jeans, secondo per il colore totalmente assurdo e inappropriato. Poi, osservandolo meglio, capì che qualcosa richiamava, ovvero le punte dei capelli scuri, le quali erano tinte di un verde acido che alla luce solare risaltava molto.
    Insomma, un tizio che di sicuro non passava inosservato, soprattutto in un quartiere come quello.
    Asia lo squadrò per alcuni istanti, gli occhi ben spalancati, prima di appoggiarsi allo stipite della porta e proferire con un tono un po' scocciato:

    Ti sei perso, ragazzino?!

    Nonostante l'altezza aveva un viso glabro e appuntito di un adolescente, e su per giù non gli dava più di 17 anni.
     
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  3. 'William'
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    Finalmente le sue suppliche avevano avuto un riscontro, qualcuno aveva urlato un "arrivooo!" bello forte e chiaro da arrivargli ai timpani e convincerlo a frenare il cuore che batteva all'impazzata sperando la porta non si aprisse per poi richiuderglisi in faccia come succedeva a casa sua la maggior parte delle volte, nemmeno a farlo apposta poi quanto più per sbadataggine o per lui che si andava a impigliare nello stipite - nessuno sapeva come faceva, si sapeva solo che succedeva e basta - . Quasi avesse la telepatia, in quello stesso momento l'uscio si aprì rivelando una ragazza dai lineamenti decisi e dagli occhi bicolori che lo squadrava in modo strano, spuntando prima con la testa e poi col resto del corpo avvolto da una camicia da notte per nulla poco appropriata su di lei...e in quel momento la spina del cervello fece toc e si fulminò. Con lo sguardo sognante guardò la leggiadra fanciulla sulla porta sgranando gli occhi grigi e arrossendo velocemente, l'aveva chiamato ragazzino! E lei era così graziosa!

    I-io...n-no..è che...sono...la lettera... oddio, si stava perdendo ...insomma...s-sono un Osservatore, ecco!

    dalla tasca, con la mano dotata di tremarella tirò fuori porgendogliela una busta lisciandola con le mani - era appena più stropicciata del normale - che conteneva una seconda lettera di "ammissione" o meglio, di raccomandazione che il professore oltre ad aver spedito a quella sede gli aveva detto di portare direttamente, mostrando quindi le proprie referenze e l'apprendistato che aveva subito. Certo che, davanti a una bellissima giovane così, tutto si faceva più difficile per lui che era terribilmente impacciato e si vergognava da morire con qualunque donna o ragazza che fosse a meno che non si trattasse delle sue quattro sorelle. Era anche vero che le sue sorelle potevano non essere considerate donne, ma mostri dato quello che fin dalla più tenera età gli avevano appioppato come trattamento truccandolo e vestendolo come una bambolina a nozze per divertimento, assieme alle loro macabre sperimentazioni personali con i suoi capelli che anche da bambino erano piuttosto lunghetti. Insomma, il verde che la ragazza vedeva ora non era nulla in confronto all'orribile crudeltà a cui, con buona disponibilità e gioia, era sempre sottostato!

    Il mio nome è William Folchart. N-non ho sbagliato indirizzo, vero? Questo è il Talamasca?


    Aggiunse poi, prendendo lunghi e profondi respiri e sorridendo con parecchio imbarazzo, portando una mano a strofinare il capo per cercare di trattenere la tentazione - non si sapeva se si trattasse di istinto materno o paterno, era ancora una cosa tutta da scoprire - ad abbracciarla e stritolarla peggio di un orsacchiotto di pezza, o a saltarle in braccio come faceva solitamente con quelli di famiglia - perchè dopotutto il Talamasca andava considerato una grande famiglia, no? L'ultima volta che ci aveva provato con una bellissima signorina che gli aveva rivolto affetuosamente la parola qualcuno l'aveva chiamato maniaco, ma quel vocabolo non aveva riscontro nel proprio vocabolario, cosa significava esattamente? Boh, domande senza risposta mentre si guardava i piedi porgendo la lettera, tremando dall'emozione.


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    Nessun problema per i ritardi, anche io essendo sotto esami mi perdo un po' x°D spero l'osservatore ti piacerà!
     
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    Visto l'andazzo del topic e considerando che Neris e` disponibile per un topic, potete portare avanti il topic voi due, mi dispiacerebbe doverlo chiudere quando e` appena iniziato image
     
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    Mentre cammino verso la sede, mi perdo come al solito nei miei pensieri. Non so bene come programmare la giornata. Non ho impegni, quest’oggi, e non mi va di girare per Nouvieille (o per la sede) come un’anima in pena. Potrei chiudermi in biblioteca a studiare, ma oggi è una di quelle giornate in cui non ho molta voglia di leggere... una di quelle giornate adatte per ficcarmi nei guai.
    Scuoto la testa, rendendomi conto che - anche se volessi - non riuscirei a stare alla larga dai guai, e mi tocca spostare una ciocca di capelli dal viso. Non amo molto legare i capelli, tanto che li porto quasi sempre sciolti, ma alle volte mi viene voglia di legarli, di solito quando studio. Ma in questo momento darei metà del mio stipendio per avere un elastico. O forse un quarto.

    Quando arrivo all’ingresso della sede, mi rendo subito conto che abbiamo visite. Mi avvicino tranquilla, prendendomi il tempo per osservare il nuovo arrivato, anche se solo da dietro.
    La prima cosa che mi colpisce di lui sono i capelli. Come si fa ad arrangiarli in quel modo?
    Quel pensiero mi fa sorridere, anche perché è lo stesso che mi faccio ogni volta che vedo un ragazzo con la cresta. È la moda, il desiderio di evasione... e in un certo senso anch’io non sono poi così normale... come potrei esserlo? Sono un’osservatrice, ho visto cose a cui la maggior parte delle persone neanche crede. Sono stata cresciuta da una strega e da una vampira. Probabilmente lui è molto più normale di me.
    L’ho quasi raggiunto, quando si presenta. Dalle sue parole comprendo che deve essere un osservatore... e un attimo dopo mi rendo conto che Asia è in camicia da notte. Ma, dopo aver visto la pettinatura del nuovo osservatore... bé, non mi stupisco più di tanto. Oggi è una strana giornata.

    “Ciao.” Dico, rivolta ad entrambi. Non so se è proprio un termine giusto per salutare William, visto che non ci siamo mai visti, ma non mi piace usare toni formali. Non con colleghi più o meno della mia età. “Benvenuto. Io sono Kimberly.”

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    Emm... ma cosa si fa con Asia? La si manda a cambiare e se quando ritorna il topic non è ancora concluso ritorna a ruolare? ^^
     
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  6. 'William'
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    Penso di si, non ti saprei dire °-° intanto la mandiamo a cambiare, vah.


    La ragazza non gli aveva ancora risposto, anzi, seguitava a guardarlo con una certa aria di serietà da dargli i brividi ma c'era abituato, sopportava, evadeva lo sguardo guardandosi i piedi e stringendo quella lettera tra le mani come se fosse l'ancora di una nave. O almeno, cercava di farlo, quando una vocina carina carina da dietro di lui lo fece sobbalzare mandandogli un infarto al cuore superato solo grazie all'iperattività di cui godeva.

    C-ciao!

    Non si spostò dalla posizione in cui era - sempre a guardare le scarpe, un paio di semplici scarpe da ginnastica tra l'altro - ma semplicemente ruotò su sè stesso porgendo la lettera, invece che a chi era al portone, all'altra ragazza davvero molto, molto graziosa - e fortunatamente non in camicia da notte - che lo stava squadrando con curiosità. Sembrava veramente simpatica, e nemmeno lo metteva a disagio, solamente era preoccupato. Magari aveva sbagliato indirizzo, magari...oh, accidenti, quante possibilità!
    Ripetè la domanda, in apprensione.

    Q-questo è..il Talamasca vero? I-io mi chiamo Will...William, William Folchart. Sono nuovo, ecco, questa è la lettera di presentazione!

    Sollevò appena gli occhi, vergognandosi a guardarla. Com'era graziosa! Ma per lui tutte le ragazze erano graziose, solo quella lo era in modo particolare. Capelli fini e sul biondo scuro, mossi da piccole onde e occhi grandi e azzurri che lo squadravano con semplicità...tutto di lei la faceva sembrare una ragazzina suo pari. Che avesse la sua stessa età? Era troppo imbarazzato per chiederlo, e poi l'altra che stava sul portone era scomparsa, forse per cambiarsi. Le rimandò uno sguardo con le sopracciglia corrucciate, spaurito da tutta quella profusione femminile. Certo che era vissuto in una casa con quattro, anzi, cinque donne alle calcagna, ma erano sue parenti! E così, adesso, si trovava sinceramente in soggezione. Che fossero più grandi? Più esperte? Aveva quasi paura di saperlo, ma era così...interessante, perchè si impedisse di conoscerle, che appena preso la mano con l'ambiente avrebbe subito cercato di fare amicizia con loro per almeno sapere come si chiamavano. Sperando di non dargli fastidio!
     
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    Le mie parole devono aver preso di sprovvista il ragazzo. Mi dispiace di averlo spaventato, ma non sono sicura che sia una buona idea dirglielo. Insomma, anch’io soffro di timidezza - anche se, a quanto sembra, meno di lui - e non mi piacerebbe che in un momento in cui sono molto spaesata qualcuno me lo facesse notare. No, credo che la cosa migliore sia far finta di non avere notato. La cosa più difficile non è tanto questo, ma non commentare il suo abbigliamento e la sua pettinatura. Non sono amante delle battutine, ma in questo momento me ne girano per la testa due o tre.
    Temo che farò fatica ad abituarmi a lui. Insomma, il suo aspetto non coincide per niente a quello che dovrebbe avere un osservatore... tanto che faccio fatica a convincere la mia mente che lui è veramente un collega.

    “Certo, questo è il Talamasca.” Rispondo con un sorriso. Prendo la lettera che mi porge, curiosa di leggerla. In un certo senso, posso capire perché chiunque l’abbia mandato qui abbia ritenuto necessario una lettera di presentazione, al posto di una semplice telefonata. Nemmeno gli osservatori sono immuni dal più comune pregiudizio... ossia considerare qualcuno per come si veste. “Vuoi entrare?” Gli chiedo, senza aprire la busta. Dannazione, avrei una voglia tremenda di aprirla e leggerla, ma per adesso la mia curiosità dovrà aspettare. Insomma, non so quanto sarebbe carino farlo aspettare qua fuori solamente perché sono curiosa di leggere quello che c’è scritto!
    Anche perché ho timore che mi morirebbe qua fuori per l’agitazione. E si potrebbe convincere che non mi fido della sua parola, cosa che preferirei evitare. Non credo che sarei in grado di spiegargli che non è così... in questo momento sono abbastanza a mio agio, ma in quel caso temo che riaffiorerebbe la mia timidezza.
     
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  8. 'William'
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    La ragazzina prese la lettera, e guardacaso anche lei sembrava leggermente dubbiosa, ma non ci poteva davvero fare nulla. Sapeva di non essere forse troppo serio nell'aspetto, di soffrire di timidezza esagerata e di un altro paio di cosette per cui prima o poi l'avrebbero dichiarato figlio di Mastrolindo a livello mondiale, ma quando il gene di casa Fryme si metteva in moto, non c'era più verso di farlo restare indifferente. Un gene particolarmente potente quello della professionalità, insomma, che lo portava sempre a indagare su tutto e tutti, magari anche nel più impiccione dei modi, ma senza pregiudizi o malizia.

    S-se posso, volentieri!

    Il balbettamento stava diminuendo, segno del graduale abbassarsi della tensione, e la porta poi era già aperta. Che fare? Entrare prima di lei o..? Ora che aveva le mani libere dalla lettera del suo professore d'università, un osservatore anche lui che nonostante contasse su William aveva già spedito un avviso e in più gli aveva anche dato la "raccomandazione" per così dire, decise di inchinarsi rispettosamente davanti alla ragazza porgendo la mano, facendo segno di entrare con un velo di vermiglio sulle guance per quanto si trovava in imbarazzo davanti ad azioni così cavalleresche. Ma doveva abituarcisi, altrimenti non si sarebbe mai trovato a proprio agio! La seguì quindi all'interno della struttura, dubbioso sul richiudere il portone o meno, poi però decidendosi a riporre i battenti dove stavano prima e perdendosi via in delucidazioni sullo stile tremendamente gotico antico del palazzo, perchè palazzo effettivamente era.

    Ehm..io..ecco, il mio professore dovrebbe aver mandato un avviso per il mio arrivo, ma non ne sono tanto sicuro..s-spero di non disturbare..

    tossicchiò, agitato, sistemandosi lo zaino in spalle con lo skate sottobraccio e fermandosi di botto alla mistica certezza comparsa nel guardare il mobilio antico. Quella non era...mica....

    °POLVERE!!°

    l'occhietto truce mirò subito all'ipotesi di tirare fuori dallo zaino stracarico della propria roba lo straccio antipolvere e passare a tappeto tutto l'arredamento, solo non poteva farlo subito, così su due piedi, e dovette trattenersi. Ma appena si fosse trovato un alloggio...ma già, che sbadato, non ne aveva nemmeno uno!

    Allora, io...a proposito dell'alloggio, mi è stato detto che tenete delle camere per gli osservatori...insomma...


    non riusciva ad esprimersi coerentemente, seppur con tanto di profusione di inchini e cortesie alla ragazza, sperava solo capisse il suo imbarazzo cronico e gli evitasse di dover sembrare un approfittatore!
     
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    Quando lui si inchina facendomi il segno di entrare per prima, devo sforzarmi seriamente per non scoppiare a ridere. Non so se è per questo gesto così antichizzante, per il suo abbigliamento o per entrambi, mi ritrovo a chiedermi da dove diavolo arriva. Insomma, mia madre aveva la tendenza di maledire chiunque osasse prendermi in giro... ma ora mi ritrovo a chiedermi chi può avere educato lui. È così strano! È tremendamente timido eppure se ne va in giro arrangiato in quel modo... molto particolare. Non è una cosa da tutti. Ma il suo arrivo potrebbe rivelarsi un buon avvenimento. Se dovessimo fare delle ricerche in un ambiente un po’ particolare, magari tra un gruppo di ragazzi con i suoi stessi gusti nell’abbigliamento, io non sarei certamente in grado di farmi passare per una di loro. Quindi ritengo che sia una buona cosa avere osservatori con passioni e caratteri diversi.

    Per fortuna, giunto il momento di voltarmi verso di lui per rispondergli, ho di nuovo il controllo della mia situazione... emotiva. Non credo che sarebbe una buona idea scoppiare a ridere mentre gli parlo. Non è da me e non sarebbe carino.
    “Probabilmente l’avviso è arrivato, non sono io che mi interesso di queste cose. Anche se forse sarebbe meglio che cominciassi a farlo: è la terza volta che trovo un nuovo collega alla porta senza avere la minima idea che doveva arrivare.” Sorrido, quasi sicura che queste parole non basteranno per convincermi veramente a interessarmi a queste cose. In verità... a me piace trovare osservatori all’entrata senza sapere che dovevano arrivare. In un certo senso è divertente conoscerli così, senza avere un preavviso. Anche perché se lo avessi molto probabilmente mi rovinerei la giornata cercando di immaginare il carattere e l’aspetto del nuovo collega... sperando che non abbia un carattere impossibile o non sia troppo severo. “Le camere sono di sopra.” Continuo, facendogli strada verso le scale. “Ce ne sono parecchie libere, quindi hai una vasta scelta. Dopotutto, con te siamo in quattro in sede.”
    Per un attimo mi chiedo se sia il caso di dirgli che lui è l’unico ragazzo in sede... ma non ho idea di come potrebbe reagire rendendosi conto che dovrà vivere con tre ragazze. Non riesco a capire se è così timido perché sono una ragazza o perché non mi conosce.
     
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  10. 'William'
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    La risposta incorraggiante della ragazza lo rincuorò davvero, sapere che non si era sbagliato, sapere che non sembrava uno sprovveduto - ormai lo era con tanto di titolo onorifico da quando la mamma l'aveva sbattuto fuori di casa dicendogli "va e trovati un lavoro, figliolo!" - e sapere anche di non dover restare solo in un cantuccio con la sua marea di libri. Kimberly poi era così gentile che riusciva, in qualche modo, a fargli gradualmente passare la timidezza lasciandolo ad azzardare un sorriso piuttosto sghembo e largo, strano ma fin troppo fanciullesco e tenero per uno della sua età. Pascoli aveva ragione, il fanciullino che è in noi non muore mai, e probabilmente era una di quelle frasi che sarebbe andata a pennello scritta in pronte a Will, comunque in quel grande salone che poi rappresentava l'entrata tutto era - a parte polvereoso - talmente antico e magnifico che ovunque guardasse, si perdeva via a valutare le antichità, il loro potenziale valore - casa Fryme non mentiva - e lo stile, ovviamente barocco o vittoriano, in dipendenza dall'arredamento. E tutta quella profusione di rosso, oro, bianco e mogano era davvero uno splendore a vedersi nel salotto poco distante, il chè compendeva anche buona parte dell'entrata.
    Sollevando con una mano la spallina dello zaino che gli stava scivolando via, la diede a vedere a Kim.

    Sai dove posso...posare le cose?

    quel poco di guardaroba che si era portato dietro con tanto di flaconi per la pulizia e tutto il resto per igienizzare e pulire a fondo ogni dove era tutto contenuto in quello zaino scolastico nero che dava l'idea di dover scoppiare da un momento all'altro, con brutti effetti per chi gli stava intorno. Ma in fondo, erano solo un paio di ghiacche con le relative camicie, due maglioni, il resto dell'intimo e tre paia di pantaloni, non compreso quello che indossava al momento! Almeno per una volta, la sua idea di prendere qualche soldo e comprare il resto lì era stata veramente buona, ma avrebbe successivamente dovuto farsi consigliare un buon supermercato. Nel frattempo scrutava con gli occhi grigi tutto il resto della sala attendendo che la giovane gli indicasse dove posare "le valigie", e sentiva un buon profumo di fiori misto a caffè spargersi nell'aria...con il suo stomaco che gridava vendetta emettendo un boato da frana in arrivo. Che fosse ora di colazione? Ora si sentiva meglio e più a suo agio, in realtà aveva fatto tutto da solo esagitandosi troppo ma pensava che Kimberly in buona parte avesse aiutato con il suo sorriso.

    Non vorrei sembrare impiccione, posso sapere chi altri abita qui? Dico...ecco, insomma...almeno sapere i loro nomi!

    Un risolino gli partì in automatico mentre si strofinava una mano sulla nuca come un ragazzino impertinente, arrossendo a velocità allucinante.
     
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    Impiccione. Probabilmente il termine migliore per definire noi osservatori. Ma anche ficcanaso non è male. Entrambi indicano la nostra passione per le domande, il nostro desiderio di sapere... un desiderio che nel mio caso mi mette spesso nei guai. Chissà se è anche per lui così?
    Mi piacerebbe domandarglielo, ma mi sembra giusto prima rispondere alle sue domande... anche se, in effetti, non so bene come rispondere alla prima.

    “Lo zaino potresti metterlo in camera, appena l’hai scelta, ovviamente. Vedi te se preferisci guardarle subito o no. Altrimenti puoi posarlo nel salottino qui accanto e passare a recuperarlo più tardi... non credo che rischi di sparire. Alle volte mi capita di lasciare le mie cose in giro e non per questo spariscono. Devo solo ricordarmi dove le ho messe!”
    Non posso evitare di sorridere, ricordandomi tutte le volte in cui lascio l’orologio da qualche parte... e dei giri che faccio per ritrovarlo. Avrò una buona memoria per tutto quello che riguarda il sovrannaturale, ma non per questo non mi capita di essere sbadata.

    Per quanto riguarda la seconda domanda...
    “Allora... la ragazza che ti ha aperto la porta si chiama Asia. Non posso dire di conoscerla molto bene ma non è certamente colpa sua. Sono io quella che... bè... ha problemi a socializzare.” A queste parole sento la mia timidezza riaffiorare. So che quello che ho detto potrebbe sembrargli strano: in questo momento non ho grandi problemi, come non li ho quando ‘intervisto’ qualche creatura sovrannaturale. I problemi ce li ho... con i rapporti continuati. Non ho la forza di stare troppo vicino alla stessa persona, ho timore di allontanarla. “Poi c’è Haru.” Continuo, forse un po’ troppo velocemente. “Lei è la responsabile della Sede. Sono entrambe delle brave persone, son sicura che ti troverai bene con loro.”
    Non posso evitare di osservarlo, mentre nella mente mi ripassa la domanda di poco prima. Avrà qualche problema a convivere con tre ragazze? Personalmente spero di no.
     
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  12. 'William'
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    Ascoltò attentamente la domanda con lo sguardo impallato, gli occhi tipici di chi è in confusione più totale ma tenta di capirci qualcosa nonostante tutta la marmaglia di robe che ha nella testa. In effetti, di cose a cui pensare ne aveva sempre tante, purtroppo per lui ogni tanto se le scordava. Scordava anche quello che gli chiedevano spesso e volentieri, ormai in famiglia avevano l'abitudine a non dargli più peso, ma magari agli altri poteva dare fastidio. Beh, questo ovviamente non lo sapeva.
    Sapeva però che tutti i nomi elencati nella lista di Kim erano femminili.
    Sbattè le palpebre. Silenzio.

    Ah... rispose piano, fermandosi come un manichino rotto per qualche secondo e poi, entusiasta, producendosi in un sorriso entusiasma che gli arrivava da orecchio a orecchio. Come a casa mia!

    Che felicità, l'aria familiare, la convivenza...tutte cose che nemmeno sapeva cos'erano, Willy, troppo partito dall'essere vissuto con in casa cinque donne dalla più tenera infanzia per pensare a possibili altri risvolti che non fossero quelli di socializzare, pulire fantasticamente tutto quanto insieme e darsi alla pazza gioia in cucina preparando le frittelle. Non per niente era un bravo cuoco, quando le sorelle andavano a scuola era sempre stato lui a pensare ai pasti...ma pochi a parte loro, la madre e Johnny, suo cugino, lo sapevano!
    Nemmeno a farlo apposta comunque, i nomi già gli erano volati via dalla testa anche se tentava di raccapezzarsi in qualche modo, tirando fuori una penna dalla tasca dei jeans verdini e, sollevando una manica, scrivendo sul polso quello che si ricordava dei tre nomi.
    Solita routine, se non voleva dimenticarsi qualcosa doveva fare così, tanto le mani sarebbe tornato a guardarsele prima o poi, no? Finito l'appunto, preferì lasciare su uno dei divanetti - magnifici doveva dire, antichi, stile impeccabile, niente restauri ma solo vero antiquariato - lo zaino per poi alzare lo sguardo alla ragazza. Stava giusto per chiedere se c'era anche una libreria o un posto riservato allo studio, quando invece venne interrotto da un sordo rimbombare proveniente dallo stomaco che protestava.
    Con un sorrisetto e tanto di imbarazzo, nuovamente color pomodoro, incrociò le dita e con cortesia provò a chiedere, a fil di voce, un piccolo ragguaglio.

    Non..non è che per caso c'è anche qualcosa da mangiare? Sai...ecco...il viaggio!

    Ovviamente non avrebbe detto che erano due giorni che non toccava cibo, con la fame da lupo che aveva.
     
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    Come a casa mia...
    Quell’affermazione mi incuriosisce. Che sia vissuto con sole donne? Che lui fosse l’unico uomo di casa? In effetti, non so praticamente niente di lui, se non che è un osservatore ed è un ragazzo particolare, timido, ma... simpatico. Sicuramente non ha niente a che vedere con l’immagine che mi ero fatta pensando a un osservatore.

    Rimango un attimo sconvolta quando lui tira fuori una penna e comincia a scrivere qualcosa sul polso. Va bene, anch’io mi ritrovo spesso a segnarmi le cose, ma scrivermele sulla pelle... no, no. Mi ricorderebbe troppo la mia infanzia. E quei disgraziati dei miei compagni. Non è una buona cosa pasticciare la pelle della figlia di una strega, non è... conveniente. L’hanno imparato a loro spese. E, anche se la vendetta è stata una sensazione fantastica, non mi è piaciuto molto quello che ha fatto Jennifer. Tre bambini a casa con una brutta influenza, altri due all’ospedale.
    Inutile dire che da allora non mi sono fatta neppure un tatuaggio. Brutti ricordi.

    “Bè... ritengo che in cucina ci sia sicuramente qualcosa.” Dico, quando lui mi chiede se c’è qualcosa da mangiare. “Non ho idea di cosa ci sia, devo dire che ci entro poche volte. Non sono proprio capace a cucinare, al massimo sono in grado di preparare panini e tè.” Sorrido, un po’ imbarazzata dal fatto di non saper cucinare, ma che ci posso fare... da piccola mia madre cucinava per me, e con Neris... si andava al ristorante. Lei adorava osservarmi mangiare.
    “Vieni.”
     
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  14. 'William'
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    All'udire le soavi parole della ragazza, nella speranza che qualcosa da mangiare ci fosse anche per lui in quel luogo misterioso e divino, angeli potevano scendere e suonare le loro arpe nel vedere il grandissimo sorriso - avrebbe fatto scappare qualche bambino, era sicuro - a tremilaquattrocentosettantadue denti che mostrava con tanto di sgranchirsi di manine artritiche e stomaco brontolante: non aveva problemi col cibo! ..e lo si vedeva bene dall'eccessiva magrezza, magari, quando a lui bastava mettere qualcosa - qualcosa di mangiabile, qualunque cosa - per essere contento e a posto. Prima di fare figuracce insensate, gongolando con aria da cucciolo nella nuova casa William la seguì senza batter ciglio, troppo indaffarato a guardare ovunque potesse per non prodursi in scenette da esperto venditore d'antiquariato e a, letteralmente, analizzare i dintorni senza spostare nulla. Quella che sembrava la cucina, era veramente una stanzona regale! Pizzi, trine, copritavoli, coprisedie in colori da cardinale e legno pregiato si affaccendavano l'uno dietro l'altro lasciandolo sbigottito dall'emozione.

    E'...un posto bellissimo! E' tutto dell'epoca vittoriana, vero? ed ecco che le sue qualità da osservatore saltavano fuori con l'occhietto professionale grigio impallato agli angoli I tessuti, i mobili, vere antichità! E' fantastico, non avevo mai visto niente del genere!

    Era rimasto ad osservare una cassapanca dimenticandosi subito - e come quasi sempre - delle domande appena fatte con meraviglia quando poi vi aggiunge un Ma è da molto che vivi qui? E quanti anni hai? con tanto di palpebre sbattute, una cosetta ingenua da domandare mentre si dirigeva verso il lungo tavolo con sedie finemente lavorate toccandone appena una, costernato davanti a tale opera d'arte che aveva visto solo, doveva pensarci un attimo..ah, ecco! Nell'università frequentata a Vienna, dal suo professore! Sembrava..si, con una certa sicurezza poteva affermare di averla vista nel suo studio, quando lo istruiva su poche ed essenziali dinamiche dell'occulto e delle creature insegnandogli i fondamentali concetti dell'essere osservatore: "Guardare, ma non toccare, non intervenire". Aveva preso quelle parole in consegna per veramente tanto tempo e anche ora le ricordava nitidamente, con devozione a quell'anziano professore di storia che con tanta, tantissima pazienza l'aveva fatto a tutti gli effetti diventare la persona che era.


     
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    Quando la potenza discende, il dio è vicino.

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    Lo osservo mentre si guarda intorno, come preso dalla bellezza della sede. Mi metto anch’io ad osservare quello che mi circonda, una stanza che è più un’opera d’arte che una cucina, tanto che sembra quasi impensabile l’idea di cucinare in questo luogo, di rischiare di sporcare. Ma so che questa sensazione non durerà molto, non per me almeno. Io mi sono abituata a vivere qui, tanto che le meraviglie della sede sono diventate normali, per me. Non mi rendo conto di vivere praticamente in un castello, in una villa antica piena di oggetti che valgono un occhio della testa. Come è strano notare che le cose che hai davanti tutti i giorni perdono pian piano di importanza, tornando a splendere - anche se per poco - quando qualcuno attira nuovamente la tua attenzione su di essi.
    Come è strano vedere cosa si perde quando non si riesce a trovare un attimo di tempo per osservare quello che si ha vicino, quello che si conosce. Io son stata sempre stata attratta dal mistero, dalle creature che dividono questo mondo con noi, ma forse dovrei prendermi il tempo per osservare me stessa, per capirmi meglio. Per decidermi una buona volta a seguire tutte le regole del Talamasca, a non essere trascinata dalla mia curiosità.
    Non possono far a meno di tornarmi alla memoria le parole di Roberto Catiana, il mio maestro, ‘Noi osserviamo e registriamo ma non interferiamo mai’ e il suo sguardo dopo averle pronunciate, sguardo che sembrava quasi penetrarmi nell’anima. ‘Capito Kim?’
    No, non sono sicura di aver capito.
    O forse ho capito la regola ma non riesco a seguirla?

    “Sì, è tutto dell’epoca vittoriana.” Rispondo, avvicinandomi al frigorifero. “Tranne gli elettrodomestici, ovviamente.” Continuo, improvvisando una specie di battuta. “Devo dire che inizialmente, quando ero appena diventata osservatrice e vivevo nella sede di Roma, mi sembrava strano vivere in un posto come questo. Tutto è troppo bello e prezioso. Ma poi ci ho fatto l’abitudine. Ora non mi sembra più un museo, ma una casa dove vivere. Là a Roma, come qua.”
    Le mie parole mi fanno venire una vaga malinconia. L’incantesimo - il mio considerare la sede come una casa - a Roma si è spezzato e qui sta rischiando di fare la stessa fine. Prima Holden e poi Milady. Il primo che riesce a entrare nella sede, la seconda decisa a farlo. E sono praticamente certa che, quando lo farà, se mi troverà per la sua strada mi ucciderà, sempre che io non riesca a difendermi. Mi ha risparmiato una volta, non lo farà una seconda. Non è nel carattere di una lamia.

    “No, non abito da molto qui a Nouvieille, mi sono trasferita da qualche annetto. Ho diciannove anni, e tu?” Chiedo, aprendo il frigo e guardandoci dentro. Chissà, magari c’è qualcosa che possa piacere a William.
     
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30 replies since 26/6/2009, 15:11   439 views
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