Dio se esisti...uccidimi.

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  1. Lovett
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    *Oh dio uccidimi...ti prego, dimostrami che esisti ammazzandomi ora, in questo momento! Non importa come, fulmini, infarti, quello che ti pare, basta che mi ammazzi!*

    Quelli erano i pensieri ricorrenti di quel pomeriggio nella testa di Matthew Diderot. Da quando era piccolo, aveva preferito di gran lunga studiare al combattere e prendersi semplicemente a botte con suo fratello. Anche perchè in casa sua era vietato arrivare alle mani: sua madre era dell'idea che i risveglianti come loro vedessero già troppe volte in faccia la vecchia signora Morte.
    E se Dio esisteva...Diavolo, doveva ucciderlo!
    Matt si trovava in palestra ormai da tre ore, il suo personal trainer in Francia gli aveva imposto di andare in palestra tutti i giorni per almeno 4 ore al giorno, per mantenere la sua prestanza fisica, ma lui non era stato della stessa idea...Con tutti i casini che aveva avuto per il trasloco (la casa nuova, il lavoro nuovo, le conoscenze nuove, la testa nuova...) non gli era stato facile alzare le chiappe dalla sedia per andare in palestra a farsi fare una dannata tessera.
    Quel giorno, finalmente e ovviamente sotto Natale, aveva deciso di farsi un regalo, l'abbonamento alla palestra, anche se più che altro era un regalo al suo personal trainer e alla struttura che pagava per farlo sudare e puzzare.
    Odiava sudare, ma ormai, dopo tutti quegli anni, era abituato agli allenamenti duri.
    Ad ogni modo, erano già ore che era in quel posto infernale, e aveva già fatto una marea di esercizi: step, cyclette, pesistica, addominali, dorsali...E ora si accingeva ad andare sul tapis-roulant.
    Era la cosa che più adorava. Si metteva ad ascoltare la musica che mandava la radio della palestra e correva, pensando magari agli affari suoi. Era uno dei tanti momenti che aveva per pensare.
    Raggiunse una postazione e mentre sistemava le percentuali e le inclinazioni si asciugò la fronte sudata con l'asciugamano. Si rendeva perfettamente conto che la maglietta era sudata, schifosamente sudata, ma per fortuna il colore scuro nascondeva in un qual modo l'orrore dell'acqua putrida sul petto e sulla schiena.
    Alcuni dicevano che il sudore degli uomini in palestra era in qualche modo eccitante per le donne, ma Matt aveva studiato che era solo colpa degli ormoni, non c'era niente di romantico o vagamente ragionevole in quell'istinto. A lui d'altra parte non interessava rimorchiare in palestra, non era propriamente consono farsi vedere in quello stato, la sua magrezza esagerata sempre più accentuata, anche se la muscolatura ben tesa e proporzionata aveva un certo fascino, il pantalone in probabile lycra che cadevano sulle scarpe da ginnastica di marca, mentre i capelli erano in un qualche modo legati dietro la nuca con un elastico, una sottile fascia blu che ne teneva i ciuffi recidivi a farsi comandare a bacchetta da un laccino troppo giovane per capire la loro complicatezza esistenziale.
    Comunque, mise in un angolo l'asciugamano e la bottiglia d'acqua, e salì sul tapis-roulant. Sorridendo iniziò a correre prima piano, poi sempre più veloce, la grinta che lo faceva sembrare più un animale che altro.
     
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    Posso? *-*

    Perché sono venuta qui?
    Bella domanda.
    Forse perché sono impazzita... o forse perché mi sono resa conto che un po’ di palestra mi farebbe solo bene. Solo che... odio questo posto. Non mi piace fare sport. Camminare sì, ma non stare in una dannata palestra a sudare per niente. Probabilmente mi sarebbe più utile un corso di difesa personale, anche se ho qualche dubbio di riuscire a trovare una persona che mi insegni le tecniche più adatte a sfuggire a un vampiro, a un licantropo o a una lamia.
    Potrei sempre provare a mettere un annuncio su internet, ma probabilmente mi ritroverei solamente ricoperta di insulti. Per fortuna, l’esistenza del sovrannaturale non è di dominio pubblico. Altrimenti sarebbe un disastro. Come minimo sorgerebbe il panico. Magari parlerebbero della fine del mondo... come se non ne parlassero anche adesso. Profezie maya, azteche e chissà altro. I libri su questi argomenti sarebbero anche interessanti, se non fossero scritti da persone che sono interessate solo ad arricchirsi.
    Libri... cosa farei per essere in una bella biblioteca... e invece sono qui, e non ho intenzione di andarmene. A costo di mettermi seduta in un angolino a cercare l’ispirazione per salire in una di quelle dannate macchine.

    Con un sospiro, mi dirigo verso i tapis-roulant. Magari potrei iniziare da quelli, anche se, a dire il vero, mi attirano anche le cyclette. Ne trovo uno libero, accanto a un ragazzo più grande di me, e me ne approprio. Appoggio la bottiglietta d’acqua sul pavimento, vicino alla macchina, assieme all’asciugamano. L’asciugamano... per fortuna non me ne sono dimenticata. Stavo per uscire dalla sede senza.
    Spero solo di aver preso tutto il necessario, anche se, conoscendomi, ho qualche dubbio. Mi sembra di essermi vestita in modo adatto: pantaloni di una tuta da ginnastica e maglietta a maniche corte. Ho avuto anche la pazienza di legarmi i lunghi capelli in una treccia... treccia che è venuta un po’ sbilenca, ma che è accettabile. Nello spogliatoio, ovviamente, ho il cambio, per quando uscirò di qui. Se ne esco viva, ovviamente. Forse, forse, sarebbe stato meglio incontrare qualche creatura sovrannaturale, al posto di andare in palestra. Probabilmente mi avrebbe ammazzata, ma almeno sarebbe più interessante. Anche se, a dire il vero, non mi dispiace stare al calduccio.

    Faccio partire la macchina infernale, impostandola su una velocità ridotta. Ho intenzione di aumentarla pian piano, visto la mia allergia per lo sport.
     
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  3. Lovett
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    SPOILER (click to view)
    ma certo, cara vecchia colleghina^^


    Matt correva, correva, e tutti i problemi andavano via. Lui correva, e si sentiva tanto Forrest Gump.
    Lui correva, e niente più esisteva.
    Niente psicologia, niente criminologia, niente morti, niente strane creature, niente Lia. Niente di Niente. Esisteva solo lui.
    Solo lui e il rumore dei suoi passi veloci. Aumentò di un paio di tacche la velocità.
    Sempre più veloce, ora era un ghepardo, che svelto correva dietro una preda. Eccola, è lì! Prendi la gazzella, nutriti delle sue polpose carni! E corri, corri, oppure il tempo correrà sopra te. Non lasciare che la gazzella si salvi... Ma quella va veloce, non riesci a prenderla. Si salverà, Matt? Vorresti fosse Lia, vero? Vorresti fosse stata lei, a correre più veloce della bestia che la rincorreva, ma che alla fine l'ha raggiunta?

    Intanto, mentre Matt correva, lo sguardo quasi perso nel vuoto, una ragazza giovane e molto bella, dalla chioma probabilmente molto lunga e dorata, vestita da palestra, si affiancò al suo tapis-roulant, iniziando a correre accanto a lui.
    Il risvegliante non se ne accorse. Era troppo impegnato a rincorrere la preda che bramava, ma che desiderava non raggiungerla mai.

    Li vedi i massi, Matt? Li vedi? Saltali, non sono un problema: tu sei un ghepardo, non aver paura. E li saltò.
    Sì, bravo ragazzo, bravo felino, la vedi la preda? E' ancora lì! E' stanca, rallenta, non vedi che inciampa? E' sempre più vicina, se farai un piccolo sforzo, la prenderai.
    Matthew aumentò ancora la velocità del tapis-roulant, il sudore che grondava dalla fronte nonostante la fascia frenante.
    Corri!
    E lui corse, più veloce, più veloce.
    E' a un passo da te, guardala, è stanca.
    Ed era lì, la gazzella, e lui, il ghepardo, stava per sbranarla. Il felino saltò, le zanne ringhianti rivolte al pelo fulvo dell'erbivoro.
    Matt riconobbe la gazzella: era Lia.

    *No!*

    Matthew Diderot, un gran sportivo, maestro nella corsa, abituato alla fatica, restìo da sempre a cadere, cadde, frenato dal suo stesso io, che non voleva far del male di nuovo alla sua Lia.
    Il ragazzo rotolò dolorosamente in fondo e fuori dal tapis-roulant, che, senza peso, smise di funzionare. Riprese coscienza dallo stato catartico in cui si era invischiato da solo e, per terra, sdraiato, si accorse che era veramente un idiota. E fu anche allora che c'era una ragazza, accanto a lui.
     
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    Corro per un po’, perdendomi nei miei pensieri. Forse non è così male stare qua in palestra, anche se probabilmente mi annoierò tra poco, senza libri o creature sovrannaturali su cui investigare. Ma temo che sarebbe difficile leggere mentre corro... o anche solo concentrarmi con questa musica. Niente male, a dire il vero, ma preferirei di gran lunga i Nightwish. O Enya. Anche se Enya mi ricorderebbe un po’ troppo Neris... ho ascoltato praticamente solo musica celtica, nel periodo in cui sono stata con lei.
    Mi rendo conto che l’anello mi dà fastidio, mentre aumento leggermente la velocità. È fine, ma non è comunque una buona cosa tenerlo mentre faccio ginnastica. Cosa che invece ho intenzione di fare: ho già tolto i bracciali, lasciandoli nello spogliatoio, e non ho la forza di stare senza nemmeno un oggetto magico. Va bene che ne è passato di tempo da quando sono stata veramente in pericolo, va bene che la palestra è piena di gente... ma non si sa mai. I guai mi vengono a cercare, dopotutto.
    O sono io che li seguo? Non lo so, ma la situazione non cambia più di tanto.

    Quando il ragazzo accanto a me cade, trasalgo, tornando alla realtà. Scendo dal tapis-roulant, preoccupata. E chi dice che la palestra è sicura? Io no, di certo. L’ultimo luogo che ho considerato sicuro è stato il Talamasca, ma dopo la faccenda del ladro mutante... non credo più che esista un posto del genere. Non siamo mai al sicuro, ovunque andiamo, qualsiasi cosa facciamo.
    “Tutto a posto?” Chiedo, chinandomi verso il ragazzo. Un ragazzo piuttosto carino, a dire il vero.
    Spero che non si sia fatto male, e spero che non si senti umiliato per quello che è successo. Non mi sono mai piaciute le situazioni imbarazzati... meglio un vampiro assetato, a questo punto.
    O forse no: non credo che sarebbe divertente essere dissanguata.
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    Rispondi pure quando puoi, non preoccuparti! ^^ E in bocca al lupo per l'esame! :D
     
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  5. Lovett
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    Che figura del cavolo.
    Davvero una grande, enorme, stratosferica figura del cavolo.
    Demonio di un Giuda, lui, sportivo e allenato fin da piccolo a sopportare qualsiasi fatica fisica, ovviamente era caduto dal tapis-roulant, e in più, per aggravare la situazione, davanti ad una bella ragazza.
    Cosa aveva pensato fino a cinque minuti fa? Io non sono il tipo che va in palestra per rimorchiare...Sì, certo tendenzialmente non lo era, ma se gli capitava a pochi centimetri dalla sua faccia una bella biondina, non era mica così scemo da farsela scappare.
    Ed ora eccolo lì, sudato fradicio, la pelle del viso pallidissima e la schiena schiantata in terra, come d'altra parte il suo sedere.
    Una ragazza bionda dai grandi occhi azzurro brillanti, i capelli lunghi legati in una trecciona, si era chinata su di lui, preoccupata, come ogni persona con un minimo di cuore avrebbe fatto, per la salute di quel demente appena schiantatosi in terra.
    Non era molto sudata, probabilmente aveva appena iniziato a correre, ad allenarsi.
    Era una ragazza molto giovane, la pelle candida ben tesa e pulita, decisamente carina. E lui, ancora, non riusciva a capire cos'era accaduto a sè stesso. Aveva avuto un'esperienza particolare, quasi catartica, in cui il suo corpo non rispondeva più alla sua mente. Strano. Aveva bisogno di tornare dallo psicanalista.
    Si tirò su con la schiena, trovandosi così seduto per terra, un dolore acuto al fondoschiena e alla schiena.
    Alzò lo sguardo sulla ragazza, ora, dato che si era chinata, molto, molto vicina al suo viso. Le sorrise dolcemente.

    -Sto bene, ti ringrazio. Ero sovrappensiero, e mi sono distratto...Ah!-

    Si portò subito una mano alla schiena. Aveva dato una bella botta, e probabilmente gli avrebbe fatto male per un paio di giorni. Fantastico...
    Era troppo vecchio per quelle cose..
     
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    Ecco. E adesso che faccio?
    Non so nemmeno come comportarmi. Gli fa male la schiena, questo mi pare abbastanza ovvio, soprattutto dopo una caduta del genere. Ma cosa devo fare? Non mi pare che sia niente di grave, altrimenti se ne sarebbe accorto subito. O almeno spero che sia così.
    E sono anche imbarazzata. Cavolo, è proprio carino... e mi ha sorriso.
    Ma che vado a pensare? Oggi non sto bene... deve essere la palestra che mi fa un brutto effetto.

    “Capisco. È successo anche a me.” Rispondo. Insomma, non sono mai caduta dal tapis-roulant per il semplice motivo che quasi mai vado in palestra... ma quante volte ho rischiato di fare un disastro solo a causa della distrazione. Ma, probabilmente, i danni più grandi li fa la mia curiosità.
    “Devi aver preso una brutta botta. Hai bisogno di qualcosa?” Gli chiedo, dispiaciuta per non aver mai fatto un corso di primo soccorso. Va bene, la sua è solo una botta alla schiena, ma certe cose è meglio saperle. Potrebbe capitarmi un giorno di averne bisogno... e di trovarmi da sola.
    Quel pensiero ne porta un altro. Dopotutto, non siamo gli unici in palestra. Mi guardo velocemente intorno, rendendomi conto che solo le persone più vicine hanno notato quello che è successo, e si limitano a lanciarci qualche occhiata non molto furtiva. Bè, almeno non sono qui a rompere. In un certo senso è meglio, non credo che a lui piacerebbe essere circondato di gente. A me, almeno, non piacerebbe. Soprattutto in una situazione come questa.

    Mi chiedo se dovrei porgergli la mano per aiutarlo ad alzarsi. Devo dire che non ne ho la più pallida idea. E che, chissà perché, proprio adesso dovevo avere un attacco di timidezza!
     
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  7. Lovett
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    Diavolo Infuriato col Cielo! Che male! Non aveva mai provato l'emozionante esperienza di sfracellarsi a terra per colpa di un tapis- roulant. Aveva imparato a cadere, certamente, nel duro allenamento subìto da giovane aveva imparato anche quello. Un ragazzo così magro, come lui era, doveva riuscire a cadere bene, gliel'aveva sempre detto suo fratello, perchè trovandosi davanti ad un omone gigante era difficile contrastarlo, ma molte volte la tattica migliore era prenderle di santa ragione. Ed era stato facile per lui. Quando si allenava nella lotta con suo fratello le prendeva sempre, ma per fortuna era riuscito a superare in breve tempo suo padre. Non amava essere ritenuto un debole solo per il suo aspetto. Era magro per costituzione, null'altro.
    Ad ogni modo, ritornò col pensiero a quella ragazza preoccupata accanto a lui. Era gentile a cercare di darsi da fare per un ragazzo appena conosciuto, quando tutte le altre persone in quella palestra si erano limitate a guardarlo da lontano, assicurandosi solo che non fosse morto e ridacchiando sotto i baffi (visibilissimi, però). A Matt non interessava nulla dell'opinione altrui, l'unica cosa che non riusciva a capire era l'evidente imbarazzo di quella ragazza. Forse voleva sbellicarsi dalle risate per la sua caduta, ma la sua educazione le impediva di farlo proprio davanti a lui, anzi, a pochi centimetri da lui, che era peggio. Come quelle ragazze che mentre le stai per baciare, ti ridono in faccia, borbottando tra una risata e l'altra che per loro sei solo un'amico, altre che si stupiscono credendo tu sia omosessuale. Quelle erano cose imbarazzanti, non cadere da un tapis-roulant. Forse. Più che altro se ne stava convincendo per non costringersi a cercare una finestra da cui buttarsi.
    Aveva mostrato accidentalmente il suo dolore alla schiena, e la biondina si era preoccupata, i grandi occhioni da cerbiatto che si allargavano teneri e impauriti. Che carina....Ma che pensava? Non era proprio il caso di fare lo splendido, dopo la figuraccia che aveva fatto. Non era stato proprio il miglior modo che avvicinare una bella ragazza, anche se ci era riuscito senza volerlo.
    Lei gli chiese se aveva bisogno di qualcosa, un aiuto forse, ma lui si rifiutava categoricamente di farsi aiutare per essere caduto da uno stupido aggeggio meccanico. Se fosse stato attaccato da uno zombie, ok, l'orgoglio poteva andare a farsi un giro, ma dal tapis-roulant..non era certamente tra le prime cause di morte nel mondo. Forse tra le prime di mal di schiena, ma non di morte.
    Si assicurò di non essersi fatto niente di grave alla schiena, e, calmatosi mentalmente, si alzò con poca fatica, cercando di raccogliere anche la poca dignità che era caduta con lui.

    -No figurati, domani mi verrà solo un bel livido, niente di chè...Ma scusa se ti ho fatto preoccupare, sei stata gentilissima...-

    Alzandosi, si portò una mano ai capelli, e con un gesto si tolse la fascia che gli raccoglieva il sudore, abbassandola in fondo al collo. Con un'altro gesto secco, cercò di mettersi a posto i capelli spettinati. probabilmente non era un bello spettacolo.
    Guardò nuovamente la ragazza e le sorrise, osservando tra sè e sè che era veramente molto carina e gentile.

    -Comunque, io sono Matt. Il tuo nome...?-

    Nessuno poteva immaginarsi quale parte del suo essere l'avesse spinto a presentarsi. Era l'approccio animalesco, era la parte istintuale di lui, che lo spingeva all'incontro con quella ragazza attraente.
    Tese la mano libera dai capelli verso la bionda, affinchè quella la stringesse, così, per conoscerla.
     
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    Mentre mi alzo, non posso fare a meno di pensare che, forse forse, il mio imbarazzo è causato dal fatto che lui è proprio un bel ragazzo. È possibile che sia così? Che mi sia presa una cotta? No, no, è solo perché è caduto. Ecco perché sono imbarazzata... perché è caduto...
    E allora perché non riesco a convincermene?

    “Mi chiamo Kim.” Dico, in poco più di un sussurro, stringendogli la mano.
    La situazione mi pare un poco ridicola, non tanto perché lui è caduto dal tapis-roulant, quella è una cosa che può succedere a tutti, ma più che altro per la mia incapacità di capire cosa sto provando in questo momento. Diamine, ho incontrato altri ragazzi carini nella mia vita, ma questa è la prima volta che sono così timida con uno di loro. E non so neppure se è umano. Insomma, a me pare umano in tutto e per tutto, ma anche Milady mi sembrava umana prima che si dimostrasse una lamia. Se l’avessi saputo prima, molto probabilmente non sarei arrivata così vicino ad insultarla. Mi devo ricordare di trattare bene la prossima persona che mi tratta come se fossi una scema... soprattutto se sono da sola. Meglio non rischiare.
    Ma tanto so già che non lo farò... io sono bravissima a cacciarmi nei guai. E a litigare con persone pericolose.

    “Sei nuovo di Nouvieille? Non ti ho mai visto in giro.” Gli chiedo, tremendamente curiosa. Questo è un lato del mio carattere che non riuscirò mai a comprendere: posso essere anche imbarazzata ma non riesco a tenere la bocca chiusa. Se fosse per me mi divertirei a fare tutte le domande possibili e immaginabili, ma ormai ho imparato che non è una buona cosa ‘intervistare’ qualcuno... troppe domande non piacciono sia agli umani che alle creature sovrannaturali. Soprattutto a quest’ultime.
    E, anche se vorrei, non mi sembra neppure il caso di chiedere a Matt cosa stava pensando un attimo fa. Non so perché, ma sono convinta che fosse qualcosa di importante. Insomma, lui non mi pare una persona che cade facilmente dai tapis-roulant. Quella potrei essere io, che non vado mai in palestra, ma lui mi dà la sensazione di essere uno sportivo.
     
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  9. Lovett
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    La ragazza pareva estremamente timida. Eppure continuava a stare lì con lui. Strano, di solito, una persona che aiuta uno scemo caduto da un tapis-roulant si accerta che non si sia rotto l'osso del collo e poi ritorna alle sue faccende, come fare un paio di passi o correre per qualche chilometro. Quella ragazza, Kim, era certamente timida, ma anche interessata, si vedeva dai suoi occhi. Erano sfuggebti, ma quando incrociavano quelli di Matt avevano una sorta di brillìo, come se comprendesse molto più di quanto una persona normale potesse capire.
    C'era qualcosa di strano in lei, aveva un viso giovane, era sulla ventina di anni, ma nei suoi occhi c'era molto più consapevolezza di un adulto di quarant'anni. Non che lei fosse una bambina, ma i dolci tratti del viso la facevano sembrare una ragazzina alle prime armi. Una che vuole imparare, insomma. Era un'adulta nel corpo di una bambina, arrivò a pensare Matt, mentre i suoi occhi indugiavano dal viso di lei al suo corpo, magro e asciutto sotto la tuta da ginnastica poco sudata. Non sembrava abituata a fare sport, le braccia e le spalle erano troppo secche, ma Matt pensò che comunque non ne avesse bisogno.
    Kim aveva pronunciato il suo nome in quasi un sussurro e anche la sua stretta di mano fu timida ma interessata. Curioso, davvero curioso. Era una tipa intrigante, non c'era che dire, e Matt aveva sempre avuto un debole per le ragazze con la faccia da bambolina.
    Poi, quella domanda. Kim chiese lui se era appena arrivato in città, poichè non l'aveva mai visto. Questo voleva dire che lei abitava da molto a Nuovielle, e forse ci era anche nata. Interessante, forse conosceva Lia.
    Gliel'avrebbe chiesto, se fosse riuscita a far passare quella conversazione da in piedi a seduti ad un tavolino, magari davanti a un succo di frutta, o ad un caffè, anche se un bel panino non gli sarebbe andato certo di traverso.

    -Effettivamente sì, Kim, sono in città da un paio di mesi. Sono originario di Parigi...Non si direbbe, vero?-

    Sorrise mostrando anche i candidi denti dritti, merito di tre lunghi anni di apparecchio. Quanto lo odiava, però gli aveva fatto bene. Ne era valsa la pensa, insomma, per dedicare ad una così blla ragazza un gentil e piacevole sorriso.
    Mentre parlava, si avvicinò alla bottiglia d'acqua a meno di un metro di distanza che aveva lasciato in terra, e la raccolse. Aveva il presentimento che non avrebbe continuato ad allenarsi per quel giorno, anche perchè non voleva sforzare troppo la schiena dolorante.
    Si raddrizzò e ripose gli occhi sulla bella biondina.

    -Te invece sei nata qui?-

    Chiese alzando le sopracciglia, la curiosità disegnata in volto. Senza pensare precisamente allo scopo primario per cui si trovava in quella città, gli venne voglia di farle molte domande. Voleva sapere di più di lei, non se la sentiva proprio di farsela scappare così in fretta.
     
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    Non posso fare a meno di notare i suoi denti perfetti. Ho imparato a osservare i denti della gente, soprattutto di notte. Se una persona è un vampiro lo rivelano certamente i denti, mentre qualsiasi altro segno può essere nascosto. Anche se adesso è giorno, l’abitudine è l’abitudine.

    “No, non sono nata qui.” Rispondo alla sua domanda, curiosa almeno quanto lui. Mi fa piacere che sia così curioso, non so se perché così non dovrebbe avere problemi se gli faccio qualche domanda, o perché... ne sono lusingata.
    No, no, sicuramente è la prima possibilità. Per una volta non mi devo preoccupare di non fare troppe domande. Devo solo stare attenta al tipo di domanda.

    “Ma abito a Nouvieille da qualche anno. Ritengo di conoscerla abbastanza bene. Vengo da...” Mi fermo un attimo, esitante. Milano o Roma? La città in cui sono nata o la città dove ho iniziato la mia carriera di osservatrice? La città dove ho perso mia madre o quella dove ho perso Robert? “Roma.” Continuo, con un groppo in gola. Maledizione, devo star male ogni volta che penso loro? Devo per forza pensare a come è morta Jennifer ogni volta che mi torna alla mente? O perché Arawn ha ucciso il mio maestro? A quanto pare sì. Forse è giusto che continuino a tornarmi alla mente, che continuino a tormentarmi. Quei ricordi potrebbero aiutarmi a non ricadere negli stessi errori... anche, se dopo l’incontro con Milady, non sono molto sicura che sia così.
    Ma devo pur andare avanti, in un modo o nell’altro.

    “Posso chiederti per quale motivo ti sei trasferito? Per motivi di studio o lavoro? Insomma, se sono troppo indiscreta... non sei costretto a rispondere.” Mi sento male mentre pronuncio queste parole, come se avessi paura di allontanarlo. Dannazione, sono curiosa! Ho tutto il diritto di esserlo... o no?

    Ad un tratto mi viene in mente una cosa... cavolo, lui è appena caduto e io sono qui che lo disturbo. Magari sarebbe meglio che si sedesse, anche se non so quanto servirebbe alla schiena. In ogni caso sarebbe stato sicuramente meglio che stare in piedi. “Vuoi andare a sederti da qualche parte?” Gli chiedo, mentre cerco di ricordarmi se c’è un bar qui in palestra.
     
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  11. Lovett
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    Probabilmente la curiosità di quella ragazza superava di gran lunga tutta quella di cui Matt era capace contenere in sè.
    Il francese era sempre stato curioso, sin da piccolo, anche se a quell'età non era molto per i rapporti sociali, ma più che altro aveva interessi in conoscenze varie, libri, argomenti esoterici... Praticamente un osservatore dell'occulto. Sì, li conosceva, e anche bene. Sapeva perfettamente dove erano le sedi principali: Londra, Amsterdam, Roma.
    E guarda caso, quella giovane ragazza di grandi occhi curiosi ed espressivi veniva proprio da Roma. Che casualità.
    Nel pronunciare il nome di quella città italiana, però, Matt notò negli occhi di kim un certo turbamento. Pareva che la ferisse ricordare cose del suo passato, quando ancora era a Roma. Ma cosa le era potuto succedere, per renderla così triste?
    Ad ogni modo, si riprese subito, o meglio, si costrinse a riprendersi.
    E rieccola, la furiosa e avida curiosità nell'azzurro di quei vetrosi specchi d'anima. Deliziosa. A dir poco graziosa. Domande domande e ancora domande. Più che giuste, dopotutto stavano amabilmente chiacchierando. Eppure perchè pareva così intimorita? Cos'era che la spaventava?
    Sorrise piano a quel visino impaurito.

    -Non preoccuparti, hai tutto il diritto di farmi queste domande. Sono qui sia per lavoro sia per cercare...una persona.-

    Non era propriamente una persona quella che cercava. Lui era in cerca di un assassino. Un vile mostro senza cuore che aveva osato uccidere la sua cara Lia picchiandola selvaggiamente, come una bestia. Aveva letto il referto dell'autopsia. Degli organi non ci era rimasto molto.
    Distolse per un attimo lo sguardo dalla timida ragazza per posarlo sull'asciugamano che avrebbe dovuto riprendere.
    Chissà se Kim aveva conosciuto Lia? Proveniva da Roma, una delle tre sedi centrali del Talamasca, aveva negli occhi una vorace curiosità che aveva visto soltanto in quelli degli osservatori, e in più osservava ogni suo gesto con precisione maniacale, quasi con professionalità. E se fosse...?
    No, non aveva abbastanza prove, non poteva azzardarsi a sputare una sentenza simile.
    Ritornò con lo sguardo alla bionda, uno sguardo intenso e penetrante, come mai lo aveva avuto. Poteva avere davanti uno dei primi collegamenti che potevano condurlo a Lia, o almeno a quello che era stata in vita.
    Avrebbe dovuto invitarla a bere qualcosa da qualche parte, non avrebbe dovuto lasciarsela scappare. E poi eccola, l'occasione, servita su un piatto d'argento. Eccellente.
    Sorrise contento e in meno di un secondo raccolse l'asciugamano che aveva precedentemente individuato. La bottiglia d'acqua l'aveva ormai in mano.

    -Mi farebbe molto piacere, Kim. Che ne dici di andare a berci qualcosa al bar della palestra? Fanno delle ottime spremute d'arancia, sai?-

    In verità non lo sapeva se le spremute erano davvero così buone, ma davanti alle ragazze carine si era sempre sentito un emerito idiota, e doveva trovare qualcosa da dire per sembrare un pò meno deficiente. Forse Kim avrebbe potuto pensare di parlare con lui un pò di più di dieci minuti seduti ad un tavolino.
    Forse sarebbe riuscito a far scappare fuori anche un appuntamento. Sempre se lei non avesse scoperto prima d'allora che lui era davvero un cretino.
     
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    Quando la potenza discende, il dio è vicino.

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    Bene, il bar c’è. Anche se, pensandoci adesso, è ovvio che ci sia! È una grande palestra, come minimo deve avere un bar. Non sarebbe conveniente per i proprietari non averlo. Dopo aver sudato, alla gente piace sedersi a un tavolino e sorseggiare qualcosa.
    E, probabilmente, nella mia prima giornata qua passerò più tempo seduta che a sudare. Non che me ne dispiaccia: mi sono bastati dieci minuti per capire che la palestra non fa per me. Preferisco di gran lunga chiacchierare... e investigare. Non che adesso io mi trovi di fronte a una creatura sovrannaturale - o almeno non necessariamente - ma non per questo non mi dispiacerebbe saperne qualcosa in più di lui.

    Quando sento che sta cercando qualcuno, la mia curiosità non può che andare alle stelle. Chissà, magari conosco la persona che sta cercando, oppure posso sempre fare delle ricerche. Aiutarlo potrebbe fare in modo che non si dimentichi subito di me. Non che mi aspetti chissà cosa, ma almeno spero che possa diventare un mio amico. Non posso certo dire di averne chissà quanti.

    “Certo, è una buona idea.” Rispondo, immaginandomi già davanti a una spremuta d’arancia. Non è certamente il mio frutto preferito, ma è tra i primi in classifica. Dopo la pesca e il melone. Ma non è tanto per la spremuta che mi affascina l’idea di andare al bar. Matt è affascinante, voglio saperne di più su di lui. Sempre che la mia dannata timidezza decida di lasciarmi in pace! È da un po’ che non mi sento così agitata, forse dal giorno in cui sono arrivata a Nouvieille.
     
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  13. Lovett
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    Perfetto, perfetto, perfetto!
    Aveva accettato, Kim aveva accettato di... bere una spremuta con lui. Wow, eccitante. Vero, Matt? Era questo che ti rendeva così contento? Una semplice spremuta? Certo che ti accontenti di poco.
    Stai calmo ragazzo, potrai iniziare a gioiare veramente solo quando avrai 1) il suo numero di telefono e 2) un'ora e un giorno in cui uscirai co lei. Portala al parco, poi al cinema e infine a cena. Davanti ad una bistecca e a un bel bicchiere di vino rosso tutte le donne si sciolgono, come davanti ad un neonato.
    ...
    Ma cosa stava pensando?
    Non si vergognava di fare quei pensieri? Eppure Kim gli piaceva, sia come persona che come ragazza..Cosa c'era che non andava? Aveva forse paura di quello che sarebbe potuto accadere? Aveva paura che sarebbe finita come finì tra suo fratello e Lia? Con la morte...
    Lui non voleva morire, ma soprattutto non voleva che succedese nulla di male a Kim.
    La conosceva da pochi minuti, ma già c'era qualcosa tra di loro...o almeno era quello che Matt sperava. Sperava potesse nascere qualcosa di bello e dolce, tra quella bionda e quel cretino patentato. Sperava che finalmente qualcuno lo potesse amare al di là dei tic e delle frenesie. Ma forse stava correndo. Sì, correva troppo, e lei stava lì con lui e accettava quello che lui le diceva solo perchè era incredibilmente difficile.
    Era meglio non illudersi. Non gli bastavano tutte le ragazze con cui era stato, e che lo avevano trattato male e infine lasciato?
    Non gli bastava?
    Forse no, forse aveva bisogno di soffrire ancora un pò.
    Ma se il suo spirito voleva quello, perchè non ubbidirgli?
    Matt scacciò dalla sua mente quei pensieri e sorrise contento alla ragazza. Qualche volta, notò con sè stesso, avrebbe voluto abbracciarla, con lei stringere la sua palese timidezza. Era adorabile.
    Tentò di scacciare anche quell'istinto, era da perverso, e fece segno a Kim di seguirlo.

    -Vieni, ti ci porto.-

    Si mise l'asciugamano sulle spalle e con la bottiglia d'acqua stretta in una mano, percorse uno stretto corridoio pieno di quadri sullo sport appesi ai muri alti.
    Alla fine di quel corridoio ecco il bar, pieno di tavolini con alcuni muscolosi tipi che si divertivano a mostrare a delle oche i propri gioielli...intendendo i muscoli, ovviamente.
    Si sedettero ad un tavolino dove c'era un menu solo.
    Matt avrebbe preso una spremuta fresca, lo sapeva già. E magari un'integratore.
    Diede il menu a Kim.

    -Prego. Scegli quello che vuoi Kim, offro io.-

    Era il minimo che potesse fare, dopo che gli era rimasto accanto così a lungo. E in cuor suo, sperò che rimasse con lui anche quella sera.
    Probabilmente più tardi gli avrebbe chiesto cosa avrebbe fatto la sera.
     
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    Mi siedo al tavolino, osservandomi curiosa intorno, ma ritornando quasi subito a osservare Matt. In questo momento è lui la persona più interessante in questo luogo: son tremendamente curiosa di sapere qualcosa in più su di lui. Spero solo che, quando inizierò a fargli delle domande (sempre che io riesca a spiaccicare parola di fronte a lui), non fugga via. È una paura assurda, lo so, ma non c’è niente da fare.
    E se si stufasse di stare con me? Non so perché - o almeno non voglio saperlo - ma non voglio che se ne vada. Desidero che rimanga qui a chiacchierare con me, in questo momento non ho voglia di rimanere sola.
    E Matt è carino, dannatamente carino.
    Carino e gentile.

    Alle sue parole non so proprio come rispondere. Insomma, non so mai come comportarmi quando qualcuno offre di pagare lui. Da una parte, non mi sembra giusto accettare: dopotutto, tra i soldi che ricevo dal Talamasca (e che, in effetti, uso solo per lavoro) e lo stipendio che prendo come responsabile dell’archivio al museo, non ho nessun problema. Per non parlare del fatto che praticamente ho vitto e alloggio gratuito. Ma dall’altra non so quanto sia giusto non accettare un’offerta del genere. Normalmente la gente quando la fa vuole essere gentile, e vorrebbe che venisse accettata. Poi... non stiamo mica parlando di un pranzo in ristorante!
    “Grazie.” Rispondo, leggermente imbarazzata. Ma ormai me ne sto facendo l’abitudine: a quanto pare, vicino a Matt sono più timida del solito. E non sono proprio sicura che sia una buona cosa.
    Osservo per qualche istante il menu, cercando di comprendere cosa preferirei prendere, ma senza riuscire a concentrarmi. “Credo che prenderò un succo d’arancia.” Gli dico, sorridendo lievemente.
    E lo prendo perché ho voglia di arancia. Mi dico, nel tentativo di riuscirmi a convincere. Non c’è assolutamente nessun altro motivo...

    “Prima mi hai detto che stai cercando una persona.” Dico, prendendo il coraggio a due mani. “Magari potrei aiutarti. Potrei anche conoscerla o chiedere in giro.”
    Una proposta assolutamente innocente, dettata dalla mia curiosità. Sono semplicemente curiosa di sapere chi sta cercando, non centra niente il fatto che se accetta ci dovremmo come minimo scambiare i numeri di telefono. Non centra per niente...
    Sì, come no.
     
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  15. Lovett
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    Com è carina quando sorride.
    Matthew guardava Kim, e i suoi occhi fuggivano da una parte all'altro del suo candido viso. Dai capelli biondi, i cui ciuffetti sbarazzini uscivano quà e là dalla coda morbida e alta, ai grandi occhi azzurri, che lo guardavano timidamente.
    E poi quel sorriso. Ah, era davvero adorabile. La tipica bambolina che lo faceva tanto impazzire, la ragazza giovane e dal viso puro, i lineamenti adulti ma non troppo, un'ingenuità agli sgocci nei gesti.
    Davvero, davvero adorabile.
    La sua pelle doveva essere liscissima.
    Le sue labbra carnose mostrarono lievemente i denti in un timido sorriso, e lo sguardo del ragazzo si posò prima su questi, candidi e piccoli, poi sul mento, ben proporzionato e leggermente aguzzo, infine sul collo, lungo e liscio.
    Chissà che odore emanava la sua pelle?
    Con lo sguardo, seguì dolcemente la linea della carotide e poi giù, fino alle sporgenti ma delicate ossa sotto il collo, a poca distanza dal seno.
    Non osò scendere di più con lo sguardo, poteva risultare dannatamente maleducato, e l'ultima cosa che voleva sembrare, era un maniaco adescatore affamato di sesso.

    Si risvegliò in tempo per sentire la sua ordinazione. Un succo d'arancia. Probabilmente era per farlo contento. Davvero carina.
    Quando incrociò lo sguardo di un cameriere, si apprestò ad ordinare due succhi d'arancia, poi tornò a rivolgersi a Kim.
    La sentì chiedergli della persona che stava cercando. Era il caso di dirle la verità?
    No, sicuramente no, erano meglio le mezze verità. Molto meglio, decisamente meno terrificanti.
    Sapendo che voleva notizie di una donna che aveva abitato in quella città, forse si sarebbe ingelosita, o forse preoccupata...O forse avrebbe realmene pensato che lui fosse un maniaco assassino con la faccia da bravo ragazzo.
    Beh, da una parte amava la sincerità, ma non era tipo da spaventare una ragazza ingenua e graziosa, per un suo ideale così infimo.
    Si sporse col corpo sul tavolo, appoggiando le braccia fino ai gomiti sul tavolo, l'asciugamano appoggiato allo schienale della sedia e la bottiglia d'acqua naturale (con un pò di sali minerali aggiunti, a dire il vero) sul tavolo accanto a lui.
    Riposò lo sguardo su quello limpido della ragazza di fronte a lui, solo poche spanne a dividerli. E stava ancora facendo pensieri strani, pensieri sempre più vicini a lei, pensieri che rientravano nell'intrattenerla con le sue labbra sulle sue, carnose e rosee.
    Le sorrise dolcemente.

    -Non credo tu possa conoscere questa persona, dato che il suo nome precisamente non lo so nemmeno io. So solo che ha a che fare con una mia vecchia amica, la ex fidanzata di mio...fratello.-

    Ebbe un'attimo di indugio nel pronunciare quella parola, fratello. Era molto tempo che non parlava apertamente di lui, in verità da alcuni mesi. Dopo tutti quegli anni, il viso di Jeremy ancora lo perseguitava, sia nei sogni che nei momenti di veglia. Rialzò il viso che aveva per un momento calato, respirando piano e raccogliendo la calma.

    -Forse lei la conosci, ha abitato qui per almeno tre o quattro anni. Il suo nome era Lia de Beaumont.-

    Pensando a lei, il groppo in gola si fece più pungente, ma nonostante questo si sforzò di sorridere confortante, come se fosse lei a soffrire.

    -Ha mai sentito parlare di lei? Era un medico.-
     
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25 replies since 8/7/2009, 20:39   1066 views
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