Romeo Sierra: Bíonn an fhírinne searbh

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    Agli occhi degli uomini, la vita passa dal buio all'oscurità. Agli occhi degli dei, la vita è una morte...

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    La sera è iniziata da qualche ora. Ho avuto tutto il tempo di andare a caccia, e di rimpinzarmi di sangue. E' la prima volta che non faccio la schizzinosa per il cibo... ho preso le prime due persone che mi sono capitate a tiro. Dopotutto, adesso ho un bisogno assoluto di sangue, visto le mie condizioni. L'incontro con una certa dragonessa mi ha ridotto male. Per quanto - grazie agli dei! - il suo fuoco non mi abbia colpito direttamente, il suo calore ha bruciacchiato un po' la mia pelle... abbronzandola e arrossandola un poco. Naturalmente, la bruciatura non basta a far sembrare la mia pelle quella di un normale essere umano, rimane comunque piuttosto pallida, ma fa male. Mi dà fastidio, e parecchio. Per alleviare un po' la sofferenza ho spalmato del sangue umano sulla pelle, come se fosse una crema. E' stata una cosa lunga, e ho dovuto sporcare in giro... in parole povere, i cadaveri non li ho lasciati immacolati. Una brutta cosa, visto che sono orgogliosa della mia velocità e della mia pulizia durante la caccia. Le mie vittime normalmente possono sembrare semplicemente addormentate, ma le ultime...
    Ma in questo periodo ho dovuto inghiottire l'orgoglio più volte. La prima volta parlando con Alister, di fronte al quale mi son sentita solo una bambina, poi fuggendo da Lara e ora andando da un artigiano per farmi dare una mano per sopravvivere... un assoluto disastro. Ora sì che mi sento una bambina indifesa! E la cosa non mi piace per niente.

    Naturalmente, dopo aver cenato, sono tornata a casa per cambiarmi. Non avrei di certo potuto entrare in un negozio con gli abiti sporchi di sangue! Per il sangue sulla pelle non c'è stato nessun problema, perché è stato assorbito piuttosto velocemente. E il risultato è che la mia pelle, in questo momento, è più simile a quella di un essere umano di quando lo è stata negli ultimi secoli.
    I miei abiti sono completamente neri. Come il mio umore.
    Porto un maglietta, poco scollata e con le maniche lunghe, un paio di pantaloni e degli stivali. Tutto assolutamente nero, ovviamente. Per quanto starebbe bene, non ho messo la collana che mi ha regalato Alister. Mi ha già causato abbastanza guai per i miei gusti. Per un po' credo che rimarrà al sicuro nella mia bara, lontano da una certa dragonessa. Non vorrei che Lara cercasse di carbonizzarmi di nuovo. I miei capelli sono semplicemente legati in una coda. Nessuna pettinatura stravagante, nessuna colorazione. Non sto andando a giocherellare con una preda, ma a fare la... spesa.

    Arrivata davanti al negozio, esito un attimo. Un'esitazione brevissima, ma che dimostra il clima di incertezza che sto vivendo. Non mi fido più delle mie capacità, e questo è una cosa terribile per me. Dopo la rabbia e l'odio che ho provato per Lara, non mi fido neppure più di me stessa. Sono poi così diversa dal mio creatore? No, assolutamente no. Perché, se potessi, appenderei la testa di una certa dragonessa nel mio salotto.

    Con un leggero sospiro, entro nel negozio.
    "E' permesso?" Chiedo.

    Edited by Neris la vampira - 28/10/2010, 17:48
     
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  2. ~ Romeo.
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    Fire kissed



    Una giornata di lavoro come tante altre; succedono sempre le stesse cose dentro la Casa de Artesiana, a meno che non arrivi qualche cliente strano, o particolare, o entrambe le cose: a quel punto le ventiquattrore assumono un aspetto completamente diverso per l’Artigiano proprietario del negozio. Ma non era quello il giorno, o almeno non lo era ancora.
    L’orario di chiusura era ancora lontano un paio di ore e Romeo, seduto dietro la scrivania situata dietro l’alto bancone, ripensava velocemente alla giornata trascorsa, mantenendosi la testa tra le mani, queste qui tenute alte per via dei gomiti poggiati sulla superficie piana, liscia, fatta di legno e non troppo disordinata con quei tre, quattro fogli scarabocchiati sparsi qua e là.
    Era stata una giornata abbastanza calda, ma anche abbastanza ventosa da permettere allo spagnolo, vestito con abiti leggerissimi e affidandosi alla porta del locale quasi sempre aperta, di non soffrire più di tanto le temperature prettamente estive. A livello di clientela, non c’era stato nessun flusso e nessun via vai di persone, eccetto i soliti e quotidiani visitatori, troppo distratti e sempre pronti a chiedere informazioni, o addirittura a proporsi per qualche lavoretto lì dentro, scambiando il negozio vuoi per una cosa, vuoi per un’altra. E mentre ripensava alle facce che si erano sovrapposte nel corso dell’orario di lavoro, si ritrovò a pensare a tutt’altro, soprattutto a progetti per il futuro che da un po’ gli giravano per la testa, sia che si trattasse dell’ambito lavorativo, sia quello personale e riguardante la propria vita e la propria casa. Una corrente di ragionamenti senza freni, duraturo nell’arco di un’ora, o forse qualcosa in più, e talmente importante da catturargli tutta l’attenzione che quasi non si accorse che un piccolo faretto del soffitto, uno dei tanti, in quel momento, si fosse fulminato. Fu infatti osservando a lungo la zona diventata improvvisamente buia e posta esattamente al centro del negozio, che la sua mente valutò l’anomalia della faccenda, fino ad accorgersene e decidere di intervenire, non senza uno sbuffare anche abbastanza vistoso, teatrale e rumoroso.
    Presa la sedia sul quale era seduto, si avviò sotto al faretto, armato di cacciavite, qualche altro attrezzo preso a caso e ritenuto eventualmente necessario, più la lampadina di riserva. Salito su quello scaletto di fortuna, svitò le viti che c’erano da svitare, aprì il vetro, tolse la lampadina fulminata e infine la sostituì con quella buona. Concluse il tutto con un’occhiata generale a tutto il sistema d’illuminazione presente sul soffitto, giusto per perdere un altro po’ di tempo prima di chiudere finalmente la bottega e dirigersi verso il primo piano dell’edificio, ovvero l’appartamento dove viveva. Ma con ancora un piede sulla sedia, dopo esservi sceso, la porta si aprì, emettendo il suono tipico e ormai stampato a fuoco nella sua mente, che di riflesso ottenne lo sguardo, pronto a valutare la situazione, puntato nella propria direzione. Una voce fece così ingresso nella fucina dell’Artigiano, abbastanza rapidamente recepita come femminile, mentre nel frattempo la sedia veniva stretta tra le mani dell’uomo e sollevata, pronta per essere riportata al proprio posto dietro al bancone. Questo gesto però subì un ritardo per via dell’ospitalità automatica e di rito che lo spagnolo andò a rivolgere in chi si stava affacciando per la prima volta nel suo negozio, dato che il volto su cui poggiò i suoi due occhi cobaltici, nulla di familiare gli bisbigliavano.
    - Buonasera. Prego, entri pure e si accomodi. -
    Nel dire questo, già si era voltato e si era diretto alla sua postazione, contemplando solamente a mente, la figura fotografata velocemente e archiviata in memoria: confermò a sé stesso di star avendo a che fare con una donna, a cui aggiunse come uno degli aspetti ottenuti dalla rapida valutazione, l’essere molto giovane, ma soprattutto rossa di capelli come mai, prima di quel momento, l’ispanico aveva mai visto. *Baciata dal fuoco.* Questo fu il commento che si lasciò sfuggire nel flusso di pensieri che stava vivendo nel momento in cui ebbe una nuova immagine dell’ospite, una volta in piedi, dietro al bancone, intento a fissare chi forse sarebbe stata l’unica cliente della giornata.
     
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    Una delle prime cose che noto entrata nel negozio, è l'unica persona che c'è dentro, evidentemente il proprietario. Devo averlo disturbato mentre faceva qualcosa, visto che l'ho visto scendere da una sedia... anzi, l'ho visto con un piede su una sedia, cosa che potrebbe anche significare che ci stava salendo. Ma ho problemi più importanti per preoccuparmi di questi dettagli. Anche perché non mi interessa sapere quello che stava facendo, non mi interessa se stava lavorando su qualche diavoleria tecnologica sul soffitto, quello che importa è che - da quanto ho scoperto - Romeo Sierra è un artigiano di armi magiche. Il fatto è che non sono molto sicura che la mia fonte fosse molto attendibile. Era una delle mie prede e non aveva mai messo piede in questo negozio... solo sentito che esisteva.
    Forse avrei dovuto chiedere conferma a Kim. Rifletto, mentre l'uomo - dall'aspetto di origini ispaniche - si dirige verso il bancone. Ma se lo avessi fatto avrei dovuto spiegarle anche perché tutto d'un tratto mi interessavo di certe cose, e questo è improponibile!
    Va bene che il mio orgoglio ha subito brutti colpi, ma non ho intenzione di farlo notare alla mia pupilla! No, lei deve rimanere convinta che io sono invincibile, una delle 'creature' più potenti esistenti nel mondo. Che questo non sia vero è un piccolo dettaglio insignificante.

    "Buonasera." Affermo, avvicinandomi al bancone. Guardando il negozio non mi pare di trovare qualcosa di anormale. Un semplice passante non potrebbe nemmeno immaginare cosa in realtà vende. Sempre che le mie informazioni sono corrette, ovviamente. Potrei accertarmene senza troppi problemi, sondando la sua mente, ma lui potrebbe avere qualche diavoleria che lo avvisi del mio tentativo di intrusione e questo significherebbe partire col piede sbagliato. E non sono molto sicura che costringere un artigiano a collaborare sarebbe una buona idea. Chissà cosa mi rifilerebbe al posto della mia ordinazione! Magari qualcosa di nocivo.
    Di conseguenza mi tocca ingoiare una nuova volta l'orgoglio e spiegarli - il meno possibile - la mia situazione.

    "Ho sentito dire che lei è un artigiano di armi magiche." Affermo, senza giri di parole. Nel caso mi sbagliassi, al massimo passerei per una pazza, cosa che è già successa e che ormai non mi fa né caldo né freddo. "E' vero?"
     
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  4. ~ Romeo.
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    Dubbi sciolti



    Con il bancone tra sé e la giovane a far da sorta di scudo, con la sicurezza della posizione che ricopriva e non solo per quel che riguarda il ruolo che interpretava all’interno del negozio, Romeo poté alla fine dedicare totale attenzione a colei che si era chiusa la porta della bottega alle spalle e gli si avvicinava un passo dopo l’altro. L’ora era tarda ed anche se la giovane non dava motivi validi per stare in allerta, lo spagnolo si conosceva fin troppo bene per sapere che quel formicolio che sentiva allo stomaco prendeva il nome di titubanza. Fuori dalla Casa de Artesiana ormai auto non transitavano più con assiduità già da un bel po’ di tempo; lo stesso si poteva dire dei pedoni; soltanto la calma solita della piazzetta sulla quale si affacciava l’edificio dove lavorava e viveva gli faceva compagnia. Soltanto quella e la rossa.
    Qualcosa di familiare e allo stesso tempo insolito, nuovo, fuori dall’ordinario, l’Artigiano riceveva dalla figura femminile presente nel locale; non sapeva giustificarsi tutto questo, ma ormai, da un po’ di tempo, questo genere di cose erano rientrate nella normalità della sua vita e del suo lavoro, anche se faticava, ed ancora parecchio, ad approcciarsi a tali novità. Dunque quella possibile cliente tanto poteva essere una ragazza qualunque, molto sicura di sé e capace di affrontare la città a quell’ora, bazzicando in un quartiere non tanto famoso per la sua sicurezza, oppure questa stessa sicurezza derivava da fattori insoliti, o meglio ancora sovrannaturali, a cui si affidava. Passò così ad una valutazione generale dell’immagine che gli si presentava, non ottenendo però poi chissà quali altri fondamentali informazioni: un corpo esile, dalle curve femminili, nascosto sotto un abbigliamento completamente nero, che stagliato davanti l’ingresso, grazie ad una sorta di illusione ottica quasi dava l’impressione di una testa dai capelli fiammeggianti che si librava nell’aria; avvicinatasi alla barriera di legno, l’ispanico poté distinguere altri particolari, tra cui una pelle dal colore molto vicino al candido, occhi sequestratori, di un verde brillante, e poi quei capelli su cui ancora Romeo faceva posare gli occhi continuamente, dato che ormai gli avevano risucchiato tutta l’attenzione.
    Non tutta, in verità: era ancora tra i vivi quando la voce ascoltata già qualche attimo prima si fece riascoltare, prima rispondendo al saluto, poi esibendosi in una constatazione, quest’ultima susseguita ancora da una domanda strettamente collegata. Tutto ciò per dire che sicurezze su chi si stava affidando, la giovane non ne aveva e dunque desiderava capire se si trovasse, o meno, nel posto giusto. Un fare non poi tanto insolito secondo la memoria dell’uomo: già era successo che qualcuno si presentasse in quella maniera a lui, ma non ricordava chi di preciso. Ma come forse fece quella stessa volta, anche in questa occasione rispose con cordialità e prendendosi la briga di togliere qualsiasi dubbio in chi da un momento all’altro sarebbe stata ufficialmente sua cliente.
    - E’ nel posto giusto. Il mio mestiere è proprio quello di creare armi, o in generale oggetti, dalle peculiarità fuori dal comune. -
    Una veloce descrizione di quali erano i servigi che metteva a disposizione della clientela. Una definizione della propria professione non senza mancare di quell’educazione e di quei sorrisi che sempre ci stavano bene. E intanto, quella titubanza, era già andata a farsi benedire.
     
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    Ora che ho ricevuto la conferma che lui è veramente il mortale che può aiutarmi, mi trovo in una situazione non molto piacevole. Odio dimostrare di aver bisogno di qualcuno, soprattutto se si tratta di un semplice umano. Un semplice umano che non ho mai incontrato prima d'ora, per di più. Mi è già successo di considerare importante qualche mortale, ma non certo perché fosse l'unico che potesse salvarmi da altri attacchi. Lo era per altri motivi: perché mi piaceva la sua compagnia, perché non potevo accettare che morisse, perché avrei voluto donargli la mia vita immortale, anche se poi non l'ho mai fatto. Non personalmente, almeno: Arawn qualche volta l'ha fatto per me, anche se raramente e stando molto attento che il neo vampiro non diventasse un pericolo per lui, non mi portasse via. Di conseguenza... niente neo vampiri di sesso maschile.

    "Perfetto." Affermo, per quanto una parte di me sia delusa dal fatto di essere proprio nel posto giusto. Sapere di non potermela cavare utilizzando esclusivamente le mie capacità è duro, soprattutto dopo due millenni passati a considerarmi una delle più potenti creature esistenti. Cosa che, a quanto pare, non sono. "Il mio nome è Neris Iaia e sono una vampira." Affermo, prima di cambiare idea. Probabilmente sono l'unica 'creatura sovrannaturale' esistente che si fa problemi ad andare da un artigiano a fare compere, ma certe cose non cambiano molto facilmente, soprattutto quando si parla di vampiri antichi. Noi siamo abitudinari, tremendamente abitudinari. E non è mia abitudine chiedere aiuto a qualcuno. Io me la devo cavare da sola. E' per questo motivo che non sono già a Londra a chiedere al mio creatore un po' del suo sangue per far guarire più velocemente le mie ferite.

    "Quello che avrei bisogno sarebbe qualcosa in grado di proteggermi dal fuoco." Affermo, andando direttamente al punto. "Un artefatto in grado di diminuire l'intensità di un attacco di fuoco e di diminuire il mio naturale terrore per quell'elemento." Continuo, guardando attentamente il mio interlocutore per controllare le sue reazioni. Se riuscissi ad avere quello che desidero, uno o due artefatti con queste capacità, mi sentirei già più tranquilla, perché avrei una specie di linea di difesa contro l'attacco di un drago. Magari non basteranno, ma sarebbero sicuramente molto utili. Fondamentali, forse.

    Una cosa è certa, però: non ho la minima intenzione di dire all'artigiano la mia età. Preferirei che pensasse a me come una comune vampira di qualche secolo. Non vorrei che si facesse strane idee sul mio sangue. Io non sono disposta a donarlo ad alcunché... anzi, sarei disposta a darlo solo al mio creatore e... a Kim, se mai me lo chiedesse. Se qualcun altro me lo domandasse sarei in grado di uccidere l'impertinente.
     
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  6. ~ Romeo.
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    Pericolose rivelazioni



    La rossa gli replicò sollecitamente di aver afferrato quanto stato appena detto, ufficializzando così l’archiviazione di ogni incertezza esistente fino a qualche minuto dopo l’ingresso nella Casa de Artesiana. Di conseguenza, lo spagnolo, da quel momento in poi si aspettava un da farsi di normale routine quotidiana: decifrare e capire le esigenze e i desideri di chi aveva di fronte, mettersi a disposizione per ogni delucidazione o chiarimento, infine congedare l’ospite e assicurare la conclusione del lavoro in tempi ragionevoli. Una serie di azioni, a cui si aggiungevano una marea di dettagli che non era il caso di sottolineare ed evidenziare, che si ripetevano da moltissimo tempo; tutto ciò, ormai, era diventato automatico come il respirare o il sapere di avere del sangue che scorre nelle vene e un cuore che batte senza che sia lui a governarlo.
    Per questo motivo, al solo sentire le prime parole che stavano a significare che la giovane si stava presentando formalmente, egli già si stava armando di carta e penna per poter così segnarsi tutto ciò che avrebbe ritenuto necessario per svolgere il proprio lavoro. Addirittura già si era impresso a mente nome e cognome, che tuttavia finì nel dimenticatoio non appena una sola parola gli colpì la testa manco fosse entrato un fulmine dalla porta diretto verso di lui: 'vampira’. *Una vampira!?* Istintivamente abbassò gli occhi sul bancone, provando un’enorme paura al solo pensiero di rialzarli e focalizzarli ancora una volta su quei capelli di fiamma, su quegli occhi dal verde che sminuiva ogni tonalità esistente al mondo di quel colore, infine quella pelle troppo facilmente accostabile ad un lenzuolo. Senza accorgersene gli tremò la mano e gli scappò la penna che teneva tra indice e pollice, cadendo non senza emettere rumore sul bancone, tutto ciò proprio davanti a chi sosteneva di essere una sorta di parente di Asterios. Ecco, difatti, quel formicolio sentito al momento della prima occhiata, quella sensazione ora più di prima definibile déjà vu; ed ecco tutti quei meccanismi di difesa, vuoi personali e di sua inventiva, esistenti semplicemente perché un umano, ma ecco anche quelli conosciuti per mezzo di un’Osservatrice, che un po’ l’aveva messo in guardia da quella razza, fornendo fortunatamente anche qualche stratagemma. *Non pensare, o pensa ad altro. Non pensare, o pensa ad altro.* Iniziò a ripetersi a mente e di continuo quelle parole tant’è che divennero una fastidiosissima nenia da sottofondo mentale a quanto stava capitando nel suo negozio. Già, i secondi nel locale proseguivano, non si fermavano improvvisamente perché lui potesse ragionare e prendere decisioni. *Chissà cosa starà pensando adesso.* Si obbligava a non alzare lo sguardo, a non incrociarlo con quello di lei, a tenerlo basso, sulla penna scivolata via pur di non far fondere il cobalto dei propri occhi con il verde di lei che definirlo tale era riduttivo.
    Per buona sorte la succhiasangue continuò a parlare, forse facendo finta di niente, sia visivamente, sia per quanto poteva significare ciò a livello di lettura del pensiero. Che gli avesse aperto o meno la testa e ci avesse fatto un giro dentro, Romeo non poteva saperlo e mai l’avrebbe saputo, a meno che la rossa non glielo facesse notare in un qualche modo. Al contrario, a dar retta l’udito ancora funzionante, la vampira dava l’impressione di voler dare solo e soltanto importanza al ruolo di cliente che stava ricoprendo in quel momento, finendo così col fare la prima richiesta, chiara e precisa, solo ancora un po’ anomala per la semplicità in cui viveva lo spagnolo e che a tutte queste cose non era abituato e mai, completamente, si sarebbe adeguato. Il concetto di ‘protezione dal fuoco’ giunse comunque a destinazione, anzi fu avidamente afferrato per potersi aggrappare e da ciò partire per sciogliersi da quei nodi invisibili che continuavano a tenerlo immobile e di pietra, con gli occhi ancora puntati di sbieco sul bancone come se una mano gli tenesse a forza la testa giù, ma soprattutto col tremolio, leggermente meno visibile rispetto a prima, che faceva assomigliare la mano destra ad un sonaglio con il silenzioso. *E’ solo una cliente. E’ solo una cliente. Comportati come ti comporti sempre e trattala come tale.* Un bagliore di ragione gli garantì quel pizzico di sicurezza che lo portò a tirar fuori il proprio catalogo, ad aprirlo, a sfogliarlo di giusto qualche pagina, mentre nel frattempo la sanguisuga dai tratti umani proseguiva nel proprio discorso, utile più a sé che all’Artigiano, per farsi capire pienamente e dar modo all’uomo di ricreare materialmente ciò che esisteva solo come un’idea, sicuramente bella viva, sotto quella massa di lunghi capelli vermigli.
    A qualcosa che la proteggesse dal fuoco, la donna aggiunse anche il desiderio di avere qualcosa che le permettesse sicurezza di fronte all’elemento protagonista dei suoi pensieri di immortale. Così, mentre con i pensieri l’ispanico meditava ad una possibile soluzione per quella richiesta esplicitamente numerabile come la seconda, l’indice della destra puntava sul catalogo appositamente capovolto per garantire la lettura alla vampira, l’anello ‘Anar’ che totalmente faceva al caso della signorina Neris Iaia, ora che anche le generalità erano ritornate alla memoria.
    - Questo oggetto fa al caso suo per quanto riguarda la prima richiesta. Per la seconda, ci penso un attimo. -
    Come si poteva parlare ad una persona senza rivolgerle mai lo sguardo? Come si poteva aver a che fare con della clientela dovendo tenere sotto controllo persino la voce pur di non farla sembrare stridula e spaventata? Possibile o meno, Romeo ci stava riuscendo, alla fine dei conti. Così, convinto di lasciar la donna alle prese con una rapida lettura dell’oggetto proposto, l’Artigiano si era armato con più tenacia e controllo di sé della penna, per andar poi a scarabocchiare su un foglietto di carta tutte quelle cose che sarebbero diventate appunti essenziali una volta che si fosse chiuso dentro al suo Laboratorio a lavorare.
    Nel frattempo aveva tolto qualsiasi freno alle proprie elucubrazioni, in cerca di una soluzione per quel problema definito ‘naturale’ da chi si era, a ripensarci seriamente, presentata senza troppi preamboli, problemi, rischi di alcuna sorta, come la creatura che in realtà era. *Nemmeno Asterios arrivò a tanto la prima volta.* Forse la rassicurazione del ricordo del vampiro antico che conosceva, forse perché semplicemente stava facendo ciò che era scritto nel DNA, ovvero il proprio lavoro, alla fine si ritrovò davanti agli occhi la soluzione ideale per soddisfare e dunque rimediare al pericolo che la sanguisuga antropomorfa sua cliente correva quotidianamente, e ovvero avere terrore del fuoco.
    - D’accordo, posso fare anche in modo che lei tema di meno il fuoco, signorina Iaia. -
    Anche la voce era tornata un po’ quella solita, segno che si stava adattando a quella situazione imposta, ma forse senza neanche volerlo da parte di colei che a quanto pare non aveva mai avuto a che fare con tizi al di fuori dal mondo in cui invece la giovane viveva. Ma era anche vero che facendo il mestiere di Artigiano di Armi ed Oggetti Magici, si poteva benissimo non pensare a possibili traumi derivanti da rivelazioni fuori dall’ordinario. Fatto sta, Romeo trovò persino il coraggio di alzare un po’ lo sguardo, fino a ritrovare il contorno del viso della vampira, ma senza andare troppo sopra la bocca, preferendo difatti soffermarsi ancora una volta sui capelli che facevano un così bella cornice cremisi attorno a quel volto di ceramica.
     
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    Mentre parlo, non posso fare a meno di notare la reazione dell'artigiano. Abbastanza contenuta, in effetti, per essere un umano che ha appena sentito una persona dire con tutta la naturalezza del mondo 'sono una vampira'. Noto il tremare della sua mano, e la penna che gli scappa. Noto che ha smesso di guardarmi direttamente: deve essere abbastanza informato sulla mia razza per sapere che è pericoloso guardare negli occhi un vampiro. Ad essere sincera, è pericoloso anche solo ascoltare un vampiro, ma non mi sembra il caso di farglielo notare. Non mi sembra molto a suo agio e non voglio peggiorare la situazione. Sono qui per ordinare e comprare, non per terrorizzarlo. Di conseguenza, faccio finta di niente, spiegando invece quello di cui avrei bisogno.
    Da una parte, però, non posso fare a meno di pensare che - forse, forse - avrei dovuto usare un po' più di tatto nella mia presentazione. Il problema è che non sono sicura che dire qualcosa per rassicurarlo possa servire all'obbiettivo: potrei solamente riuscire a fargli capire che, sì, ho notato che non si sente molto sicuro di fronte a una vampira. E io che mi preoccupavo di cosa è in grado di fare lui con i suoi oggetti! Ma non per questo non devo considerarlo abile nel suo mestiere, per quanto io non abbia la minima idea di che qualità siano i suoi manufatti. Non importa, se mi tenta di fregare si troverà nei guai. Penso, utilizzando volontariamente termini piuttosto moderni. Ma se non iniziassi a pensare come si fa in quest'epoca, come potrei mai integrarmi veramente?

    Guardo con attenzione il catalogo, soffermandomi sull'artefatto che mi ha indicato. L'anello 'Anar'. Leggo attentamente la descrizione delle sue capacità, rendendomi conto che è proprio quello che mi servirebbe se mi trovassi nuovamente in compagnia di una certa dragonessa. Mi dispiace soltanto che non si tratti di una protezione totale dal sole, ma non mi sembra possibile una cosa simile. Sarebbe un sogno che diventa realtà.
    L'unica cosa negativa è che è un gioiello, ed io non amo molto mettere i gioielli, per quanto io lo faccia per attirare le mie prede. Mi ricordano il periodo passato col mio creatore, che mi riempiva di anelli, collane, bracciali, e di qualsiasi cosa che fosse - per un motivo o per un altro - prezioso. Una volta è arrivato a casa da una 'gita' in Egitto portandosi dietro due sarcofagi depredati da due tombe faraoniche. Chissà, magari si è beccato qualche maledizione mentre li portava via: se lo sarebbe meritato... anche se non per il furto, ma per tutte le 'bugie' che mi ha raccontato.
    Ma, d'altra parte, l'anello sarebbe funzionale al suo scopo. Comodo da portare in giro, attirerebbe poco l'attenzione e non occuperebbe spazio. Sì, sarebbe perfetto.

    Nel frattempo, il signor Sierra sembra essersi tranquillizzato, cosa che mi ha risparmiato la necessità di aiutarlo io a farlo a parole o utilizzando qualche mia capacità. Devo ammettere che mi attira molto l'idea di utilizzare il fascino su di lui, ma nel frattempo ho bisogno di un artigiano lucido, non uno con la mente annebbiata che fa esclusivamente quello che gli chiedo io. Sarebbe controproducente... ritengo.
    "Questo anello sarebbe proprio adatto allo scopo, signor Sierra." Affermo, stando attenta che la mia voce risulti calma e soprattutto non minacciosa. Come quella di una persona qualunque che è entrata nel suo negozio per fare spese. Porto lo sguardo dal catalogo a lui, evitando però di guardarlo direttamente negli occhi, in modo da non farlo agitare nuovamente. Cosa deprimente, ma necessaria di fronte a una persona che sa chi sono... anzi, cosa sono. Una persona di cui ho bisogno, anche se faccio fatica ad ammetterlo. "Per l'altro artefatto ha già qualche idea? Sulla forma che potrebbe avere, intendo. Mi piacerebbe che fosse qualcosa di comodo da portare in giro, esattamente come questo anello, e che non avesse dimensioni eccessive." Mi fermo un attimo, riflettendo per qualche secondo sul problema. "Magari una collana, ma se possibile non troppo visibile. Qualcosa che si possa nascondere sotto la maglietta." Concludo, considerando che così potrei mettere anche il regalo della mummia senza dovermi togliere l'artefatto. Sempre che io abbia il coraggio di rimettere quella collana dopo quello che è successo, ovviamente.
     
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  8. ~ Romeo.
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    Vedere rosso



    Il punto della situazione si spostò e tornò su quello precedente, ovvero l’anello protettivo nei confronti dell’elemento del fuoco. A dimostrazione del fatto di aver letto quanto messo dallo spagnolo sotto gli occhi floridi della donna, quest’ultima approvò la proposta dell’oggetto in questione, senza aggiungere altro a riguardo, come prova che andava bene così. In risposta, Romeo si accinse a scribacchiare qualcos’altro sul proprio taccuino, adoperandosi in ciò pur di evitare anche il solo non fissare una qualsiasi parte del corpo della cliente. Non poteva però svolgere tutta quella scenetta con la testa china, la penna in mano, a disegnare quadrati, cubi o lettere a caso, né tantomeno l’avrebbe acconsentito chi lì dentro stava dalla parte del manico di un coltello immaginario, quest’ultimo stante a significare le tante belle cose che un vampiro è in grado di fare perché semplicemente è un vampiro. Si trattava dunque di una situazione sempre e comunque a sfavore dell’Artigiano, costretto ad inventarsi sul momento modalità di comportamento che non estremizzassero nelle molteplici negatività fin troppo facilmente abbordabili per mezzo di piccole sviste. E parallelamente a ciò, auspicava tra sé e sé che la conclusione di quella discussione, la prima di due probabilmente, terminasse il prima possibile; già s’immaginava, solo nella propria Fucina, a tirare un rumorosissimo e profondo respiro di sollievo.
    Un punto a favore dell’ispanico si dimostrò essere la loquacità della vampira, che con immediatezza tappava i buchi fatti di silenzio e di imbarazzo, questo valido soprattutto per chi tra i due era mortale. Così chiese con abbastanza celerità quali fossero le idee del negoziante per quel che riguardava il secondo oggetto di cui si era parlato e che lo stesso Romeo aveva dato per buono e realizzabile; la stessa Neris fornì qualche punto di partenza da cui partire per poi arrivare ad una forma concreta e raccoglitrice del potere proposto da lei stessa, in altre parole quello che le avrebbe permesso maggiore sicurezza in caso di fiamme e scintille. Doveva essere qualcosa di comodo, qualcosa di facilmente trasportabile come l’anello già messo in consegna, qualcosa anche di abbastanza piccolo. Concluse infine ponendo all’iberico la soluzione di una collana, che ben dava mostra di sé come risultato delle tante caratteristiche espresse fino a quel momento, soprattutto per la peculiarità di essere occultabile al di sotto di una qualsiasi maglietta o capo d’abbigliamento riguardante il busto o più semplicemente il collo.
    L’Artigiano si ritrovò dunque con parecchio materiale a disposizione su cui riflettere e poi decidere. Le idee della vampira erano tutte ottime e per tal motivo partì da quelle per intraprendere tutta una serie di strade mentali, le quali lo portarono anche abbastanza velocemente a delle conclusioni buone da rivolgere all’immortale figura presente nel suo negozio.
    - Una collana. Sì, è fattibile. Se a lei piace e sempre secondo il desiderio di qualcosa di poco appariscente, si potrebbe optare per un cordoncino di spago, ma resistente, da passare attorno ad un pendente, direi una placchetta d’acciaio molto semplice e della forma che lei preferisce, signorina Iaia. Stessa cosa vale per l’anello: mi dica lei tutte quelle che devono essere le caratteristiche, il materiale ad esempio, o la forma. -
    Come le parole precedentemente dette, anche quest’ultime, seppur in quantità vistosamente maggiore, furono pronunciate con una certa calma e sicurezza. Non mancò un minimo di gesticolazione, non mancarono sguardi rivolti verso il volto, ma pur sempre evitando le due biglie verdi in cui avrebbe rischiato di perdersi inesorabilmente. Si accorse di preferire il rosso quel giorno, di amarlo in un modo sconosciuto persino a lui: e così guardava quella chioma lunga, d’apparenza morbida, il cui colore l’aveva ormai rapito, senza però causare chissà quali danni come invece sarebbe potuto accadere con le due luci smeraldine della signorina Iaia. E sfruttando tutta quella sicurezza che il momento gli stava garantendo, agì per abitudine, andando a cacciar fuori il metro con cui normalmente misurava le dita per scoprirne il diametro, su cui poi lavorare al momento della lavorazione dell’anello. Un attimo prima di intraprendere quel gesto normalissimo, almeno fino all’arrivo di Neris Iaia nella sua Casa de Artesiana, lo spagnolo si bloccò e si pietrificò di nuovo, riuscendo così a malapena a parlare.
    - Ehm, dovrei, sì, dovrei prendere una veloce misura del dito su cui intende infilare l’anello, signorina Iaia. -
    Superati i tentennamenti iniziali, lasciò che la frase assumesse quel tono che lascia intendere la mancanza di qualcosa, un qualcosa che solo la vampira avrebbe potuto aggiungere per colmare e dunque completare il concetto.
     
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    Devo ammettere che mi sta cominciando a dare fastidio il comportamento dell'artigiano. E' gentilissimo, questo è vero, ma la sua abbastanza evidente agitazione nel trovarsi una vampira come cliente non mi piace molto. Che non abbia mai lavorato per membri della mia razza? O sono io che ho sbagliato a presentarmi subito per quello che sono? Ma mi è sembrato giusto fare subito il punto della situazione, in modo da fargli capire l'importanza della mia ordinazione... e il motivo. E, a dire il vero, sul momento non mi è importata granché la possibile reazione dell'umano alla mia affermazione. Ora invece mi ritrovo tentata di affascinarlo, e faccio fatica a resistere all'idea.

    Un cordoncino di spago? Rifletto, domandandomi se potrebbe andare bene. E' da molto tempo che non uso gioielli simili. Da quando sono stata vampirizzata, il mio creatore mi ha viziato con gioielli preziosi, soprattutto d'oro. Tanto che ora gioielli simili mi ricordano lui. Motivo per cui cerco di usarli il meno possibile. Quindi l'idea di avere qualcosa di semplice, e possibilmente poco prezioso, mi tenta assai. Anche perché non vorrei che quei gioielli arrivassero ad attrarre una certa dragonessa di mia conoscenza. Non lo sopporterei.
    Un cordoncino di spago va bene. Affermo, tranquillamente. "I materiali preferirei che non fossero molto preziosi, quindi niente oro o argento. E niente pietre preziose. Scelga lei il metallo che preferisce, ma che sia uno di quelli che vengono utilizzati per gli oggetti di... bigiotteria." Esito un attimo prima di pronunciare l'ultima parola, essendo io poco abituata ad usare certi termini 'moderni'. Una volta materiali come ferro e rame erano molto preziosi, però - visto che adesso si possono trovare ovunque - spero che Lara e i suoi simili non ne siano attratti. "Quindi l'acciaio sarebbe perfetto."
    Sulla forma, però, la questione è più complessa. A dire il vero mi piacerebbe che avessero forme o decorazioni celtiche, ma forse sto chiedendo troppo.

    Gli porgo la mano destra, senza dar segno di aver notato i suoi tentennamenti. Però, ormai, sono arrivata alla convinzione che una specie di rassicurazione non potrebbe fargli male. Potrei considerarlo il mio modo di scusarmi per il colpo che gli ho fatto prendere. "L'anello vorrei metterlo nell'anulare." Affermo, anche perché se non gli dessi questa informazione fondamentale non potrebbe prendere le misure di alcunché. La cosa buona della mia condizione di vampira, però, è che non avrò di certo la necessità di farlo allargare. Per quanti secoli passino, io sono sempre la stessa, almeno fisicamente. Se non si calcola il pallore e le bruciature, ovviamente. "Prenda pure le misure. Lei non deve temere nulla da me. Sono qui solo come semplice - e civile - cliente." Sto in silenzio per circa un secondo, controllando le sue reazioni, poi continuo come se nulla fosse. "Per l'anello direi che sarebbe meglio una cosa semplice, potrebbe essere similare a una fede. Se vuole può aggiungerci delle decorazioni, magari di stile celtico, ma non è strettamente necessario. Per quanto riguarda il ciondolo della collana mi piacerebbe che fosse circolare e decorato con una croce celtica [X], se è possibile. Ma anche qui le lascio la più ampia libertà di scelta. Non è la forma ad essere importante ma la sua funzione."
     
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  10. ~ Romeo.
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    Alle parole dette dello spagnolo non seguirono immediatamente quelle della vampira in risposta, ma un silenzio che s’impadronì del negozio, in cui nemmeno il respiro dell’uomo si riusciva ad udire, talmente che era soffocato e controllato per paura di dare motivi validi alla donna di apparecchiarsi la tavola. E così, con i ricordi resi strumenti di ricerca, iniziò a scannerizzare l’intero edificio in ricerca del luogo in cui aveva riposto le proprie armi, in realtà gingilli per la difesa della propria persona, che dopo un recente avvenimento si era ripromesso di tenere sempre a portata di mano, o quanto meno ad una distanza minima in caso di necessità. Un silenzio capace di rendere quel posto una camera mortuaria e il paragone non era poi tanto sbagliato: un morto, nella stanza, c’era! Un silenzio, che a dirla tutta, doveva soltanto stare a significare il semplicissimo fatto che la sanguisuga dai lunghi capelli vermigli stesse valutando le ipotesi poste ipoteticamente sul bancone dall’Artigiano. Ne ebbe la certezza quando gli fece sapere che l’idea del cordoncino di spago per la collana andava bene, evidenziando ancora il desiderio di non voler indossare oggetti composti da materiali preziosi, prendendo ad esempio i classici oro e argento. Romeo ascoltava tutto come una canzone già sentita un mucchio di volte, ma senza far trasparire esplicitamente la cosa, annuendo convinto, di tanto in tanto invece, tenendo sempre e comunque il capo chino e rivolto in modo tale da non far incontrare i propri occhi con quelli della cliente. Quando anche l’acciaio fu visto per buono, l’uomo si staccò momentaneamente dal bancone e dalla posizione ‘frontale’ e diretta verso Neris, per appuntarsi sul foglietto quelle ultime caratteristiche da tener bene a mente al momento della messa in atto.
    Ritornato nello stessa posizione di prima, o quasi, il momento fu quello fatto presente a parole prima, ma anche con l’ingresso sullo scenario di una serie di oggetti a lui utili per prendere le misure dell’anello che avrebbe poi costruito alla vampira. Quest’ultima gli fece presente l’interesse a volerlo sull’anulare, aggiungendo rassicurazioni più che mai utili per l’Artigiano, che invogliato a considerarla persino dalla succhiasangue una cliente qualunque, e non una creatura pronta a saltargli al collo, allungò entrambe le mani chiuse attorno agli utensili precedentemente tirati fuori. Perciò, un po’ con un aiuto forse visto come tale solo dal mortale, un po’ facendo attenzione a non toccare troppo la mano della donna con la propria, preferendo invece il tramite del metro, ad esempio, in pochissimo tempo la misurazione venne fatta e appuntata sotto al resto di parole e di quant’altro già scritto. E mentre Neris ritornava sui suoi passi, aggiungendo ulteriori indicazioni per l’Artigiano per quanto riguardava i due oggetti appena commissionati, Romeo ricordava quanto appena successo e le sensazioni avute al contatto con la vampira: non che avesse messo la mano sul fuoco, o dentro una ghiacciaia, e difatti inizialmente niente era riuscito a scombussolarlo (la situazione lo era già di per sé un bel po’); a posteriori, però, più di aver toccato la mano di una che soffre di quel morbo comune a tutti e chiamato semplicemente ‘delle mani fredde’, l’idea di aver tastato un corpo in realtà morto non gli arrivò dritto in faccia, così come probabilmente, tutte quelle sensazioni, erano solo e soltanto sue, soggettive e niente più, quindi facilmente cedibili in errore.
    Nel frattempo, con una metà di cervello occupata a comprendere le percezioni avute poco prima, l’altra metà, paradossalmente, recepì più o meno tutta quella serie di ulteriori parole con cui si pronunciò la vampira, che ascoltò sapendo di doverle ben inquadrare, ma soprattutto ricopiare a parole d’inchiostro su carta. Comprese che l'anello doveva mantenere lo stesso carattere semplice che in altre parole stavano affrontando a getto continuo da quando Romeo aveva domandato a Neris cosa desiderasse da un Artigiano come lui; arrivò anche ad afferrare la possibilità, non necessaria, di alcune decorazioni in stile celtico, che alla prova dei fatti, non sarebbero dispiaciuti. Per quel che invece riguardava la collana, il ciondolo era stato sì accettato nella materialità dell’acciaio, ma per quanto riguardava la forma il desiderio era quello di avere un pendente a forma di croce celtica. Tutta una serie di caratteristiche, insomma, che finirono un attimo dopo scritte e scarabocchiate sul taccuino che di spazi bianchi iniziava ad averne sempre di meno.
    - Non ci sono problemi. Tutto quanto mi ha chiesto sarà su questo bancone quando ritornerà a prendere tutto, a meno che non ci sia altro che debba chiedermi. -
    Fu così Romeo, forse, a concludere il tutto rispondendo di riflesso alle parole della rossa mentre ancora pasticciava con la penna ferma saldamente tra le dita e con la che la faceva scorrere lungo il foglio, una volta stato immacolato.
     
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    Bene, mi sembra proprio che io abbia detto tutto. Non mi sembra di aver dimenticato nessun particolare, dopotutto gli aspetti veramente fondamentali erano quelli iniziali: ossia le capacità dei due artefatti. Artefatti che, molto probabilmente, mi salveranno la vita nel prossimo incontro con Lara. Perché dubito che il drago rinuncerà alla mia collana. Io certe cose proprio non le sopporto: quando volevo liberarmi dei gioielli che mi aveva regalato il mio creatore non c'era nessun drago a pretenderli (e glie l'avrei dati con grande felicità!) mentre quando voglio tenermi una splendida collana come ricordo dell'incontro con una mummia davvero interessante, ecco un drago pronto a fregarmela. Assurdo. Penso. Gli dei mi stanno giocando un brutto scherzo, ma... dopo quello che ho fatto nel passato, temo di meritarmelo.
    Ah, ovviamente non mi sto riferendo alle morti che ho provocato, per quanto in un certo periodo della mia non-vita siano state anche quelle un po'... eccessive, ma al mio credermi la dea, e il mio comportarmi come tale. Una cosa che io stessa non mi perdonerò facilmente... se mai lo farò, ovviamente.

    "Credo proprio di aver detto tutto." Affermo, usando il termine 'credo' per quanto io abbia toccato tutti i punti del mio schemino mentale. A dire il vero mancherebbe ancora il meno importante. Meno importante per me, ovviamente, che con i soldi non ci devo certo vivere. Per un essere umano sarebbe sicuramente tra i primi posti. Il costo.
    Personalmente, potrei benissimo uscire da qui senza avere la più pallida idea di quanto finirò a spendere. Di soldi ne ho, sia guadagnati onestamente con il mio lavoro al teatro, sia 'rubati' alle mie povere vittime a cui, ovviamente, non servivano più a niente. Dopotutto, da quando sono arrivata a Nouvieille, ho fatto solo una grossa compera: la mia casetta.
    Solo... beh, per i miei criteri, non certo per quelli umani.

    "Avrei solo bisogno di sapere un'ultima cosa." Affermo, decidendo di comportarmi il più possibile come una comune cliente, che sicuramente non si dimenticherebbe di fare una domanda simile. Per quanto questo significhi tormentare per qualche altro secondo il povero artigiano. Cosa che non ho ancora capito se mi diverta un poco o se dispiaccia soltanto. "Può dirmi- più o meno - quanto mi verrà a costare la commissione?"
    Sospetto che anche questa mia domanda possa avere diversi livelli di interpretazione e temo che il signor Sierra potrebbe pensare a quello 'spero per te che non costino troppo' ma non ci posso fare molto. Incantarlo o cenare col suo sangue non mi pare una buona idea, mi sembra più controproducente che altro, quindi è meglio che io stia buona e calma e che sopporti stoicamente (come se fosse chissà che prova di pazienza la mia!) la situazione.
     
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  12. ~ Romeo.
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    Agli sgoccioli



    Non c’era altro da chiedere, così disse Neris e così Romeo se lo stampò a mente, ma di certo non come una verità assoluta: se un po’ conosceva i suoi clienti, sia i soliti che i nuovi, e se poi prendeva in considerazione la sua bravura, la sua fama e la sua nomea, le sue qualità come Artigiano e le soddisfazioni che ogni volta vedeva negli occhi degli ospiti del suo negozio, ebbene da ciò doveva per forza far derivare l’alta probabilità di poter rivedere quella vampira ancora ed ancora; ma forse, più semplicemente, il rischio di altre visite da parte dell’immortale trovava vita nel semplice ‘credere’ di non dover chiedere altro, al contrario di una certezza non esplicitata. Però a questo non ci pensò, o almeno non troppo; ciò che invece in automatico si materializzò nella sua testa fu il concetto che quella commissione stava giungendo al suo termine, con tutti gli effetti che di conseguenza ne derivavano, come il non dover più avere a che fare con la vampira per un bel po’, un qualcosa che non vedeva l’ora di vivere visto tutte le difficoltà esistite fino a quel momento e ancora tali per alcuni minuti.
    C’era un ‘ma’, come sempre, un’ultima cosa che la rossa aveva bisogno di chiedere. Perciò Romeo si mise in ascolto, ma sempre tenendo lo sguardo lontano da quello della donna. Trascorsi pertanto pochi istanti, la richiesta fu manifestata nella curiosità di sapere l’ammontare dell’intera commissione. La premessa, non c’è che dire, aveva un pizzico messo in allarme l’Artigiano, in ogni caso sentir dire quelle parole e non altre, lo fece risollevare e gli permise di cancellare quella minuscola preoccupazione appena nata. Annuendo e sottolineando di attendere un po’ con un dito alzato, lo spagnolo si portò più vicino al foglietto scarabocchiato, studiandoselo per arrivare ad una rapida considerazione del costo che avrebbe avuto il suo intero operato. Non si mise di certo a pensare l’esatto prezzo finale, difatti i suoi furono conti alla buona, che andò a comunicare un attimo dopo alla vampira, aggiungendo anche la sua ultima richiesta.
    - Il prezzo sarà molto al di sotto delle 5.000 euro, probabilmente sui 4.000. Se mi dà la conferma, avrei solo bisogno di un suo recapito telefonico. -
    Detto ciò, allungò sul bancone una penna e un fogliettino di carta nell’eventualità in cui la donna avesse bisogno di scriverlo; in realtà Romeo si aspettava la comparsa dell’ennesimo bigliettino da visita. Infine, non vedeva l’ora di sentire i saluti conclusivi provenire dalla voce di lei e dalla sua.
     
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    Il prezzo è assolutamente accettabile. Anzi, mi sarebbe andato bene anche più alto. Se gli oggetti che voglio comprare hanno proprio le capacità che desidero potrebbero valere anche di più, a mio parere.
    "Perfetto." Affermo subito, in modo da non lasciare il tempo all'artigiano di considerare la possibilità che a me non piaccia il più che giusto prezzo che mi ha proposto.
    Per quanto riguarda il telefono, per la prima volta non mi trovo in difficoltà. Proprio per questo incontro mi son data la pena di riattaccarlo e di cercare di capire come funziona esattamente. Le specifiche del suo funzionamento le ho capite a grandi linee, anche se mi sono letta qualcosa sull'argomento, ma ora ritengo di saperlo usare, segreteria compresa.

    Allungo la mano, prendendo la penna e scrivendo sul fogliettino il mio numero di casa, che - naturalmente - conosco a memoria. Non che mi importi più di tanto, ma - visto che in quest'epoca sembra essere fondamentale - ho cercato di dargli il giusto peso. "Mi chiami pure anche di giorno. C'è la segreteria, può lasciare un messaggio lì." Lascio la penna sul bancone, vicino al foglietto, senza nemmeno considerare l'eventualità di creare dei biglietti da visita. Non ne vedo l'utilità, almeno per adesso.

    "Bene. Allora io la ringrazio e la saluto, signor Sierra. E' stato un piacere incontrarla." Dico, a mo' di congedo. Lascio il bancone, dirigendomi verso la porta, ma dandogli comunque il tempo di chiamarmi e fermarmi se si fosse dimenticato di chiedermi qualcosa. Per quanto io dubiti che succederà: dopotutto, l'artigiano non sembra molto a suo agio in mia presenza quindi ritengo che non veda l'ora che io esca da questo negozio. Non che abbia importanza, perché ci rientrerò: per la consegna e, nel caso i suoi artefatti mi soddisfino, magari in futuro per altre compere.
     
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