Romeo Sierra: lavorando per Neris Iaia

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  1. ~ Romeo.
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    Easy work



    Tirò quel tanto desiderato, e fino a quel momento soltanto immaginato, respiro di sollievo, non appena l’ultima ciocca sanguigna sparì dalla sua vista, al di là della vetrina posta sulla facciata della Casa de Artesiana. Restò qualche istante a fissare quello stesso vuoto, prima di prendere la decisione di chiudere definitivamente il negozio al pubblico; si sarebbero potuti presentare anche una decina di clienti, imploranti davanti alla sua porta, o persino inginocchiati, ma lui non avrebbe aperto a nessuno, non avrebbe visto nessuno e da nessuno di loro avrebbe ascoltato anche la più copiosa commissione. Quell’incontro l’aveva turbato ed ora era arrivato il momento di riprendersi, così, chiusa a chiave la porta, spente le luci, attivato il sistema di allarme, ma solo dopo aver messo ordine all’interno del locale, Romeo prese la via del letto, gettandovisi sopra a peso morto e crollando in un sonno bramato.

    Il mattino lo trovò già dentro il suo Laboratorio, illuminato da più lampade ad olio, dandosi così a vedere come mai prima di quel momento. Lo spagnolo si trovava lì, seduto al tavolo, già da un po’, intento a fare il punto della situazione, studiandosi la commissione, valutando tutte le variabili che sarebbero entrate in gioco nel momento in cui si sarebbe dato da fare. Due oggetti attendevano di essere ricreati ex novo dalle sue mani, guidate dalla sua creatività e dalla sua conoscenza quale Artigiano un po’ speciale. Nulla però di eccessivamente complicato gli era stato richiesto, anzi, metà lavoro era abbastanza semplice e ciò per due motivi: l’oggetto era stato scelto all’interno della sua lista, quindi si trattava di qualcosa che lui conosceva fin troppo bene; in più, quel tipo di lavoro già l’aveva compiuto in passato, con le giuste differenze ovviamente, e per questo di difficile aveva veramente poco o nulla.
    Per quel che riguardava il materiale da utilizzare, era stata fatta esplicita richiesta di evitare tutti quegli elementi riconosciuti come preziosi, anzi, in realtà soltanto l’acciaio doveva figurare a opere compiute. L’Artigiano ne aveva abbastanza da parte da liquefare, per poi dargli una forma nuovamente solida, bella e liscia, priva di qualsiasi rozzezza. In più, non sarebbero dispiaciuti alcuni fregi in stile celtico, ma al momento erano l’ultimo dei suoi problemi e comunque aveva montagne di libri da cui prendere spunto.
    Una volta preparato tutto, si diede da fare.
     
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  2. ~ Romeo.
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    Runa Fehu

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    Precedentemente alla fusione dell’acciaio necessario alla forgia dell’anello richiesto dalla vampira, lo spagnolo dovette impiegare un po’ di tempo nella ricerca della giusta formina, ciò tenendo in considerazione le misure prese, non senza difficoltà, del diametro dell’anulare di Neris Iaia. Romeo ne aveva ancora molte a disposizione di quelle formine, abbastanza da poter commissionare ancora parecchi lavoretti prima di andare a fare il primo rifornimento; difatti non era molto il tempo trascorso da quando aveva avuto la brillante idea di prenderne una vastità di quelle cose usa e getta, le quali gli facevano guadagnare tantissimo tempo, che invece avrebbe sprecato a farle da solo e manualmente, non senza sofferenze e uno spazientirsi ogniqualvolta gli sarebbe toccato.
    Trovata quella giusta, la mise da parte per così dare totale attenzione a quanto stava per mettersi a fare. Da parte aveva anche un po’ di cianfrusaglie in acciaio da liquefare e così prese l’oggetto più piccolo che trovò, dovendo difatti forgiare soltanto una fede, che di materiale necessario abbisognava veramente poco. Dopodiché, rigirandosi l’oggetto informe tra le dita, senza sapere cosa prima era stato, andò con un gessetto bianco a scrivere la Runa del Fuoco sulla parte più piatta che aveva, poggiandolo poi su un contenitore fatto di una lega dura e molto resistente alle alte temperature, che da lì a pochi istanti, avrebbe dovuto sopportare. Difatti, lì dove un attimo prima c’era un simbolo somigliante ad una ‘F’, ovvero Fehu, i suoi occhi cobaltici avrebbero trovato una luce rossastra pronta ad espandersi, ma soprattutto pronta ad avvolgerlo e ad accecarlo, ciò che invece non accadde grazie ad un semplice abbassamento di palpebre, un gesto di routine per l’Artigiano oramai. Pertanto, poco più tardi del flash rosso che invase tutto il Laboratorio, l’iberico riaprì gli occhi, per poi subitaneamente cimentarsi nella colatura dell’acciaio liquido nella formina, fino a riempirla; un gesto che produsse molto fumo e molto sudore, ma che riuscì senza alcun problema, come sempre stato.
    A colatura fatta, per l’ispanico non ci sarebbe stato molto da fare, se non preparare quanto necessario al raffreddamento del materiale vivo e bollente, una volta trascorso quel po’ di tempo necessario all’aria di fare altrettanto da sé. Perciò, una volta atteso il minutaggio giusto, Romeo immerse la formina ancora calda in un altro contenitore, questa volta ricolmo d’acqua dentro la quale galleggiavano numerosi cubi di ghiaccio; l’unione tra il caldo e il freddo comportò nuovi sbuffi di fumo, che una volta spariti, sancirono per l’uomo il momento di mettersi a lisciare l’acciaio sì appena compostosi in una circonferenza, ma d’aspetto sicuramente ruvido e grezzo. E fu così che lo trovarono le sue mani quando staccò dalla formina quell’anello che tale in realtà non era e per questo si adoperò a definirlo cancellando ogni imperfezione, ogni difetto generato dalla fusione e dal raffreddamento dell’acciaio.


    Edited by ~ Romeo. - 28/11/2010, 20:16
     
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  3. ~ Romeo.
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    Ancora Fehu

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    Servì pressappoco un’ora per rendere il monile d’acciaio levigato e lucidato, interessato a lungo da uno scartavetrare continuo ed incessante, un lisciare senza sosta e senza mai ridurre troppo la forza nelle braccia e nelle mani, necessaria a svolgere e completare quella parte di lavoro. Trascorso quel tempo, tra le dita di Romeo ci fu un anello in tutto e per tutto, riflettente quel po’ di luce presente nel Laboratorio, abbastanza comunque da rendere esplicito l’aspetto morbido del gioiello. Prima però di rendere l’oggetto magico, l’ispanico si adoperò nell’incidere una serie di minuscoli fregi tutto intorno alla sottile maglia, sì resistente, ma non abbastanza da impedirgli di abbellirla con caratteri celtici così come richiesto dalla vampira commissionante. Pertanto, prendendo spunto da un paio di vecchi libri pieni di simboli che capiva poco o nulla, trovò una combinazione che ritenne bella e adatta ad avvolgere l’anello, lasciando giusto uno spazio per inserire la Runa utile a dare alla fedina il potere necessario. Fu un lavoro di trapano con punta resistente e sottile, adatta proprio a scrivere letteralmente nell’acciaio; la cosa si prese anch’essa un bel po’ di tempo, compreso quello basilare per imprimere il dono esoterico nell’oggetto. Difatti, tra due fregi celtici, apparve nuovamente Fehu, che come prima diede totale mostra di sé con un secondo fascio di luce rosso ed accecante, che però non comportò alcun danno, come sempre. La richiesta, il desiderio sprigionato da Romeo nel gesto di richiamare quel sigillo e il suo potere nell’anello, non aveva però carattere offensivo e d’attacco, ma al contrario difensivo e nei confronti dello stesso elemento in questione: il fuoco. Quando infatti il lampeggiare arancio di Fehu terminò, Romeo seppe di aver reso quell’anello capace di bloccare buona parte degli attacchi compiuti per mezzo dell’affascinante fuoco, oltre a porre la parola ‘fine’ a metà suo lavoro.

    La stanchezza a quel punto iniziava a farsi sentire, ma l’iberico preferì martellare sul ferro finché era caldo e difatti preparò una lastra sottile d’acciaio, in cui iniziare ad incidere il contorno della croce celtica richiesta da Neris. Il lavoro si prese tutto il resto della giornata, poiché dopo la sagoma, iniziò la scalfittura, fino a far fuoriuscire da dentro il metallo una forma almeno lontanamente somigliante ad una croce. Rispetto alla croce cristiana, quella celtica aveva un aspetto più agevole poiché circoscritta e non troppo lunga; in realtà il reale fastidio stava nella circonferenza che avvolgeva le due linee perpendicolari, poiché non era facile farla e Romeo non faceva di secondo nome Giotto. Comunque sia, verso il fine giornata, la forma ancora un po’ rozza della croce era tra le mani dell’Artigiano, tanto grande da stare dentro al palmo della sua mano comodamente. Prima di andarsene a riposare, per poter poi continuare il mattino successivo, rubò non molto tempo per inserire un foro nella parte alta, lì dove sarebbe passato un semplicissimo spago da collana tale da rendere quella croce un pendente qualsiasi, o quasi. Il giorno successivo, infatti, gli sarebbe toccato il completamento della limatura della croce, l’aggiunta di altri fregi celtici, con la successiva introduzione del potere all’interno del materiale di cui era formata.
     
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  4. ~ Romeo.
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    Mai usata

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    Come il giorno precedente, avendo da lavorare, Romeo si era anticipato e difatti il Sole pallido lo trovò, per modo di dire, già dentro al suo buio Laboratorio trapanato solo dalla luce fioca proveniente dalla piccola finestrella presente nella stanza, oltre alle varie lampade ad olio che davano un colorito giallognolo a tutto, compreso il volto stanco, ma comunque concentrato, dello spagnolo. Aveva appena finito di fare un controllo generale a quanto era stato portato a termine fino a quel momento, ricercando di proposito possibili errori o sbafi che in realtà non trovò, eccetto quelli sulla croce, ma che in realtà doveva ancora completare. Stava difatti già da un po’ studiando la forma metallica preparata la sera prima, studiandola e guardandola da ogni lato per farsi un’idea del quanto a breve avrebbe dovuto compiere. La croce andava appunto resa morbida nelle curve e definita in tutti i particolari, dopodiché avrebbe subito una scalfittura leggera, ma necessaria, per darle quel tocco celtico desiderato dalla sua cliente, Neris. Tali piccolezze portarono per un veloce momento l’ispanico a pensare alle origini di quella donna, dichiaratasi vampira e chissà quanto anziana; facendo una normale somma di ipotesi, arrivava tranquillamente a convincersi di aver parlato con una donna, che nell’antichità, doveva aver vissuto tra quelle popolazioni antiche; infine, se dava retta alle proprie sensazioni, quella donna dai capelli fiammanti gliene dava sì una di antichità espressa per mezzo della sua reale natura rivelata senza troppi fronzoli, eppure non la reputava antica quanto l’altro vampiro di sua conoscenza.
    Quando si mise all’opera, ogni elucubrazione inutile fu messa alla porta e la sua testa rimase accesa solo in funzione dell’attività che andò a svolgere. Pulì ogni traccia impura sulla croce, addolcendo ogni rotondità e qualificando ogni sottigliezza, ogni dettaglio, fino ad ottenere un oggetto perfettamente smerigliato, il quale rigettava fuori ogni fascio di luce che su di esso incombeva. Era un bell’effetto quello che vedeva il grigio acciaio fondersi col dorato delle luci sparse un po’ ovunque nella stanza; pertanto Romeo decise che a quel punto molto da fare non rimaneva e perciò prima di tutto lasciò passare un cordoncino di spago semplice, ma non per questo raffazzonato, lì dove un buco era stato fatto il giorno precedente. Infine, andò a incidere vari fregi celtici come già fatto con l’anello completato il giorno prima, lasciandosi giusto lo spazio per imporre un simbolo diverso, in realtà la Runa che avrebbe dato a quella esplicitata collana il potere commissionato dalla sanguisuga dai capelli cremisi. Avrebbe inciso un simbolo in realtà mai utilizzato, il cui potere estrapolato per mezzo della propria persona, mai gli era stato richiesto; Romeo stava per aver a che fare con la Runa conosciuta col nome di Jera, la Runa che oltre ai significati più o meno profondi e collegati al raccolto e alla giustizia, rappresentava anche la sicurezza, la maestria, nonché una sorta di rappresentazione scritta del fuoco sacro e religioso. Tutti questi motivi portavano di conseguenza l’Artigiano ad affidarsi a tale segno magico e ai suoi poteri nascosti, estrapolandone esattamente quello che faceva al caso suo, o meglio al caso di Neris Iaia. Le due ‘L’ storte, speculari e formanti una sorta di occhio si andarono a posizionare poco al di sotto del foro dentro al quale passava lo spago utile a trasformare il tutto in un pendente da portare al collo; e trascorsi pochi istanti, un colore altrettanto nuovo investì Romeo e il suo Laboratorio, dipingendo tutto di un viola molto vicino ai tipici colori caldi del fuoco, ma non essendosi mai affidato prima di quel momento a quella Runa, l’uomo non aveva alcuna certezza sul tono cromatico intravisto prima di calare le palpebre. Poté invece osservare quella forma strana lampeggiare quasi di un bianco sporco di rosa, prima di spegnersi e sancire la conclusione del lavoro.
    Aveva concluso e di conseguenza non gli restò altro da fare che impacchettare i due oggetti e telefonare alla vampira. Se era abbastanza preparato sull’argomento, prima ancora di alzare la cornetta sapeva che dall’altra parte non avrebbe risposto nessuno, se non una segreteria telefonica; infatti così accadde e non poté fare altro che lasciare un messaggio, speranzoso di rivedere la donna ematofaga già in serata.


    Edited by ~ Romeo. - 2/12/2010, 20:06
     
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    La segreteria è stata una delle prime cose che ho controllato dopo essermi svegliata. E' stato strano farlo visto il mio odio per gli aggeggi moderni di cui non capisco più di tanto l'utilità (Una bella lettera no?), ma mi son sentita sollevata quando ho trovato il messaggio del signor Sierra. Per quanto io abbia cercato di convincermi che non sono impaziente di mettere le mani su quegli oggetti magici, la verità è che ho cominciato a sentirmi insicura dopo l'incontro con il drago. Per fortuna la chiacchierata con Alice mi ha fatto tornare un po' di fiducia in me stessa... oltre a farmi pensare di aver trovato un'altra 'bambina' a cui voler bene oltre a Kim. Come nel caso di Kimberly, se qualcuno tentasse di far del male ad Alice e io lo venissi a sapere... beh, il 'malcapitato' si troverebbe di fronte un'Antica infuriata. Non so nemmeno io se è una cosa preoccupante o divertente. Probabilmente dipende da quale visuale si guarda la cosa: se dalla parte mia o da quella di una mia eventuale aspirante vittima.

    Mi son vestita in modo abbastanza semplice: una gonna lunga e una maglia a mezze maniche. Tutto nero, ovviamente, come mi vesto spesso. Sento un legame particolare con quel colore... o meglio, è il fatto che non esiste più un legame tra me e il nero che me lo fa indossare così spesso. Il nero è il colore della vita, dopotutto. E io non posso essere definita propriamente viva. Più che altro una portatrice di morte.
    Mi son subito diretta verso il centro città, più in particolare verso il negozio dell'artigiano, facendo solo una breve pausa per nutrirmi. Non ho intenzione di farlo aspettare fino a chissà che ora, non tanto per lui ma per me: ho voglia di provare gli strumenti che mi ha creato... e devo chiedergli anche di farmi qualcos'altro. Sarà passato poco tempo da quando sono entrata per la prima volta in quel negozio, ma già mi son venute altre idee... tre, per l'esattezza.

    Mentre entro nel negozio, mi chiedo come reagirà l'umano alla mia comparsa. Soprattutto come reagirà sapendo che voglio chiedergli altre commissioni. Non credo che sarei felice se rifiutasse di lavorare ancora per me, soprattutto per quanto riguarda la mia arpa. Non posso accettare che non sia più protetta dallo scorrere del tempo e spero che lui possa far qualcosa per fare in modo che continui ad esistere in alterata per qualche altro millennio. Naturalmente non ce l'ho con me: per quanto non sia pesante - almeno per quanto riguarda i miei canoni - sarebbe anormale vedere una ragazzina portare un'arpa come se fosse un mazzo di fiori. Ho intenzione di andare a recuperarla appena il signor Sierra accetterà (notare: appena, non se) di lavorarci sopra. E guai se me la rovina... più dello stretto necessario, ovviamente. Temo che dovrà fargli qualcosa per attivare l'incantesimo che desidero: spero solo - per il suo bene fisico e il mio psicologico - che l'intervento sia molto ridotto.

    "Buonasera." Affermo, gentilmente, avvicinandomi al balcone.
     
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  6. ~ Romeo.
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    Fire returns



    La restante parte della giornata trascorse lenta e annoiata per Romeo. Nessun cliente fece capolino nel suo negozio, nemmeno uno scocciatore, o il postino, o anche un paio di testimoni di Geova. Rimase in compagnia della sua bottega, del tanto legno di cui era fatta, degli oggetti lì dentro presenti e per lo più d’arredo e quindi finti. Si mosse dal suo posto dietro alla scrivania, a sua volta posta dietro all’alto bancone, solo per le esigenze venutesi a verificare nel corso delle ore, fino a quando non calò il buio e l’attesa si trasformò in un lieve e quasi piacevole tamburello nel petto. Difatti iniziò a lanciare sguardi abbastanza duraturi e alternati ai contorni delle vetrate della Casa de Artesiana, ciò con l’intenzione di anticipare la comparsa della chioma infuocata della sua cliente vampira. E difatti così accadde e solo grazie al quel colore che te li brucia quasi gli occhi, visto che come l’altra sera, la donna aveva deciso di indossare ancora una volta il nero, nemmeno fosse in lutto per qualcuno. Che piangesse per ogni spuntino consumato? Non c’era modo di saperlo se non chiedendo, ma quest’intenzione non rientrava nel dizionario dello spagnolo in quel dato momento. Al contrario, seguì la figura giusto il tempo necessario per vederla entrare nel locale e avvicinarsi al bancone, adocchiando solo di sfuggita che quella lì portava con sé qualcosa, ma non se ne curò; a quel punto adottò le inutili e banali misure di sicurezza, le stesse del giorno della commissione, come il puntare lo sguardo altrove e il cercar di pensare il meno possibile, o meglio al minimo indispensabile, soprattutto evitando di tradirsi con commenti stupidi e facilmente gli ultimi della sua breve vita e breve carriera.
    Neris ruppe il silenzio con un saluto formale, che si rispecchiò per buona parte nella risposta dell’Artigiano.
    - Buonasera a lei. Quanto richiesto lo trova qui sul bancone. Mi auguro che sia tutto di suo gradimento e che rispecchi le aspettative. -
    Parole uscite da una smielatura di routine per il bottegaio, che le riversò con molta educazione e il giusto stile alla sua interlocutrice, sottolineando il tutto con il gesto di spingere nella direzione della donna le confezioni contenenti i due oggetti richiesti: la collana e l’anello. Dopodiché, terminate quelle sue parole, iniziò già ad assaporare il profumo della soddisfazione in colei che quei monili li aveva richiesti, il profumo della propria soddisfazione nell’esser riuscito a svolgere tutto in breve tempo e nel migliore dei modi, nonché il profumo dei soldi. Ma il profumo che non vedeva l’ora di poter sentire era quello che sanciva la conclusione dei rapporti tra sé e quella vampira, il tutto sancito dall’uscita dalla Casa de Artesiana di quel corpo in realtà morto, la cui più immediata conseguenza, ovvero il non veder Neris Iaia per del tempo, ebbene lo spagnolo si augurava di potersi godere a lungo, ma un pizzicore dietro al collo gli dava da pensare stranamente il contrario.
     
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    Mi piacerebbe molto sapere cosa passa per la testa dell'artigiano in questo momento, ma è meglio non rischiare di offenderlo... non fino a quando mi serve, almeno. Son convinta che uno lavori meglio se lo si tratta bene. Sotto pressione si commettono errori ridicoli e si possono prendere decisioni affrettate. Quindi cercherò di comportarmi come se fossi la vampira più buona del mondo, e l'affinità tra questo comportamento e quello che ho con le mie vittime è abbastanza evidente. Ma questo è solo un minuscolo e irrilevante dettaglio.

    "La ringrazio per la velocità con cui ha realizzato quello che le ho richiesto." Dico, il più gentilmente possibile, riuscendo quasi a dare a me stessa la sensazione di essere un angioletto compreso di aureola. Beh... non è detto che non mi faranno mai travestire così per uno spettacolo. Rifletto, leggermente divertita. Visto che ha spinto verso di me le due piccole confezioni, mi sento legittimata ad aprirle senza farmi il minimo problema e senza essere 'costretta' a porre domande ridicole come 'posso aprirle?' che sembrano molto di moda in questi ultimi tempi. Apro la prima confezione, scoprendo una collana di quello che in questo secolo si potrebbe dire banale acciaio ma che, proprio per questo, è adattissima ai miei scopi. 'Banale acciaio' è uguale a 'niente draghi rompiscatole'. O almeno così spero. Mi fermo per qualche istante ad osservare la lavorazione, molto buona, tanto che non mi sento per niente pentita di essermi rivolta a lui. Sì, questo non significa che anche l'incantesimo sia come lo desidero, ma temo che l'unico modo per capire la sua funzionalità sarebbe andare da Lara e chiederle gentilmente di tentare di bruciacchiarmi. Di nuovo. Mi fiderò di Romeo Sierra, anche perché ritengo che non voglia trovarsi una vampira infuriata che gli bussa alla porta. Apro l'altro pacchetto, e osservo per un breve istante l'anello, anch'esso realizzato con molta precisione... precisione più che adatta, anzi eccellente, essendo lui un essere umano.

    "Ha fatto un ottimo lavoro, davvero." Affermo, riportando l'attenzione sul povero artigiano. Non posso fare a meno di chiedermi cosa ha passato in questi istanti in cui ho esaminato la... merce. Ma una parte di me si diverte a farlo preoccupare... e questo, un po', preoccupa anche me. Sono così disgraziata? Mah... non importa. "Son sicura che anche la loro componente magica sarà soddisfacente." Continuo, con un sorriso a bocca semi-chiusa, in modo da non mostrare i canini e non farla sembrare troppo una minaccia. "Come posso pagarla?" Tiro fuori dalla borsa il portafoglio, prendendo in mano il bancomat e una carta di credito e mostrandogliele. "Va bene se uso una di queste? O preferisce che la paghi in contanti? In tal caso, vado a prenderli... non ci impiegherei molto."
    Eh, sì... mi sembra tanto di essere un angioletto... ma c'è una fregatura, ovviamente. Non nel pagamento, visto che non me ne faccio nulla di tutti quei soldi e devo pur trovare un modo per spenderli, ma temo che il signor Sierra non si libererà presto di me.
     
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  8. ~ Romeo.
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    Artigli vetrati



    Il tempo necessario al silenzio di fare l’attore non protagonista, dopodiché alla battuta dello spagnolo susseguì quella di rimando dell’ospite della bottega, che con molta educazione, nonché tanta semplicità, sottolineò la primaria soddisfazione di poter trovarsi lì per ritirare quanto richiesto e prodotto in tempi minimi, se non nulli. La velocità era difatti per l’uomo un fattore importantissimo e quasi sempre valorizzato; ovvio che nel corso della carriera nouvieilliana si erano verificati rallentamenti più o meno lunghi, ma in linea generale si era comportato sempre secondo copione da questo punto di vista e questo i clienti avevano sempre gradito. Le parole per tale circostanza, poi, erano la cornice che racchiudeva definitivamente il quadro e che addolciva una volta sì e l’altra pure l’espressione del volto dello spagnolo, che annuendo e allargando appena i lati la bocca, sorrideva con parecchio piacere interiore al sentir quei complimenti. L’unica differenza era data dal non poter guardare dritto negli occhi la donna, assaporando avidamente da dentro quelle due sue perle l’appagamento appena provato; ma poteva farne a meno una volta tanto. La gentilezza, per di più, traspariva già abbastanza da quella voce carezzevole e un po’ somigliante a quella ascoltata dal povero Ulisse legato all’albero maestro del suo vascello; nessun naufragio però incombeva per Romeo, che al contrario gettò per qualche istante la propria attenzione su dettagli prima di quel momento sfuggiti e sempre riguardanti il tono fuoriuscente da quel corpo deceduto eppur vivente: d’accento europeo, ma non facilmente riconoscibile, se non per una lontanissima somiglianza con quello a cui l’ispanico s’era abituato vivendo tanti anni nella piovosa e grigia Londra.
    Nel frattempo la vampira non se n’era rimasta ferma e con le mani in mano: difatti si accinse a valutare con i propri occhi e con le proprie dita il lavoro svolto, aprendo prima una scatola, poi l’altra, contemplandone il contenuto. L’atto ripetuto permise parallelamente allo spagnolo di potersi focalizzare su qualcosa che non fossero le armi che la natura aveva dotato Neris e tutti quelli come lei; e così gli occhi di cobalto dell’Artigiano si fissarono sull’estremità affusolate, pallide, morte della sua cliente, faticando non poco dal distoglierli dalla lucentezza tanto somigliante al vetro peculiare delle unghie. ‘Sbalordito’: una parola per descrivere e riassumere il moto interiore, nonché esteriore, provato dall’iberico per quella scoperta, che dovette però accantonare ascoltando quant’altro aveva da dire la giovane dai capelli di fuoco.
    Ancora un complimento, stavolta posteriore ad un’analisi diretta del lavorato, e ancora un piacere e un sorriso di riflesso da parte del negoziante, che si ripeté quando nuovi apprezzamenti vennero clonati, ma stavolta diretti al potere magico esistente in quei due monili magici. E senza esserne artefice, fu l’uomo a trovarsi di fronte al pagamento della merce, non dovendo di per sé mettere in ballo l’argomento. Fu così che si ritrovò a fissare delle carte di credito, non sapendo cosa dire o cosa fare, dovendo difatti rifiutare, ma inconsapevole del plausibile ‘prezzo’ da pagare; si trattava di una moneta che avrebbe dovuto rendere lui alla donna, e non viceversa, di fronte ad un plausibile rifiuto di quelle schede plastificate. In parole povere non poteva accettare quel tipo di pagamento e fu sollevato nel sentir parlare di contanti disponibili come alternativa. Si aggrappò così a quella speranza e dichiarò quanto parecchio aveva formulato in quel brevissimo arco di tempo.
    - Devo purtroppo rifiutare il pagamento per mezzo di carte o simili, signorina Iaia. Preferisco i contanti, ma se è di disturbo, un assegno va più che bene. Inoltre, come le accennai la scorsa volta, il prezzo non è variato molto: sono 4.000 €. -
    Un sospiro, forse tanto rumoroso da esser ascoltato anche da chi sta dall’altra parte del bancone; ma la strada oramai era stata intrapresa, così stette ad aspettare la reazione successiva della sanguisuga.
     
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    "Oh, non c'è nessun problema." Affermo, ritirando carte e portafoglio nella borsa. "La pago in contanti. Deve solo lasciarmi il tempo per andare a prenderli." Non che ci impiegherò molto, visto che li ho già preparati e messi nella mia bara nel caso ne avessi avuto bisogno. Mi basterà teletrasportarmi a casa, prenderli e tornare qui. Ma, visto che ci sono, posso fare due cose insieme: recuperare sia i soldi che l'arpa in una volta sola, al posto di andare avanti e indietro. "Visto che ci sono, mi piacerebbe ordinare altri oggetti magici, se non è un disturbo." Naturalmente, do per scontato che non ci sia nessun problema, perché altrimenti non credo che mi piacerebbe trovarmi al posto del Signor Sierra. Non credo che lo ucciderei, ma potrei fargli passare un brutto quarto d'ora, se lo volessi. Esattamente come una certa persona ha fatto con me.

    Non aspetto nemmeno di vedere la sua reazione, per quanto io lo stia guardando interessata proprio per non perdermela, e continuo: "Possiedo un'arpa da molto tempo, così tanto che l'incantesimo che la proteggeva dallo scorrere degli anni si è consumato ed è svanito." Non mi piace dare così tante informazioni di me... non che io abbia detto chissà che cosa, ma potrebbe sempre capire che non sono una semplice vampira bicentenaria. E ci sono già troppe persone che mi conoscono più di quanto vorrei. "E' possibile riattivarlo o farne un altro? Non vorrei che tra qualche secolo il mio strumento diventasse polvere, è un ricordo prezioso." Spero solo che dalle mie parole capisca che si tratta di un lavoro delicato. Se me la rovinasse più del dovuto non credo che mi sentirei responsabile delle mie azioni. Non ho idea di come sia il lavoro di un artigiano di armi magiche, ma la mia esperienza con mio padre mi ha fatto capire che nella magia i simboli sono molto importanti. Abucatos era un druido, non un artigiano, ma credo che sia così un po' in tutte le arti magiche.
    Quindi è possibile che dovrà incidere qualche simbolo sul suo legno, cosa che mi fa sentire abbastanza male. E' più importante che non si riduca in polvere o che non venga graffiata? Mi domando, sarcasticamente. Naturalmente preferisco qualche incisione indesiderata che perdere per sempre il ricordo più prezioso che ho... sopravvissuto anche ad Arawn e alla sua gelosia. E' mai possibile che si possa essere gelosi di un'arpa? A quanto pare sì.

    "Poi mi farebbe comodo qualcosa che sia in grado di nascondere la mia aura e, se fosse possibile, un oggetto che mi permetta di trasformarmi in qualche animale di dimensioni ridotte." Continuo, sintetizzando quello che mi serve in poche parole.
     
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  10. ~ Romeo.
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    Senza fine



    Far presente alla vampira la preferenza nel ricevere contanti al posto di pagamenti per mezzo di carte di credito, non creò nessun attrito tra i due, nemmeno il più terribile; non che Romeo se lo fosse immaginato, dopotutto. Così i colorati rettangoli di plastica sparirono dalla vista di entrambi, sottolineati da parole tranquillizzanti e che evidenziarono chiaro e tondo all’ispanico che nessun problema sorgeva, a parte la necessità da parte dell’immortale di andarli a prendere, quelle tante banconote, dato che a quanto sembrava non le aveva con sé. Di conseguenza, se il prezzo da pagare per il rifiuto di pagamenti interattivi consisteva in un’attesa più o meno lunga, ebbene Romeo aveva di che da festeggiare, poiché non poteva non immaginarsi continuamente un’arma appuntita e onnipresente tra sé e Neris, con quest’ultima ad impugnarne il manico. Purtroppo palloncini e festoni cessarono di esistere prima ancora di poterli addobbare per tutto il locale, rimandando difatti ad un’altra volta la festa che sanciva la sparizione di Neris Iaia dalla Casa de Artesiana. Tutto ciò poiché approfittando di quel frangente venutosi a creare, la vampira pensò bene di rivolgersi all’Artigiano per altri servigi, sapendo già probabilmente di ottenere solo e soltanto conferme da chi rifiutarsi non poteva. Permettersi di negare la possibilità di chiedere nuove commissioni non rientrava per tante ragioni nel vocabolario di Romeo, sia per non rischiare qualsiasi cosa negativa potesse riservargli la vampira, sia perché infondo si trattava pur sempre di lavoro, un qualcosa che significava per l’iberico, in parole povere, la ragione della sua intera esistenza fino a quel momento e oltre.
    Eppure non poté nascondere un’ombra che gli passò sul viso e lì vi rimase per un bel po’: occhi abbassati, lieve broncio, fronte corrugata e una sensazione fastidiosa nello stomaco che reclamava la chiusura del locale, la salita nell’appartamento, lo sdraiarsi sul letto e la definitiva conclusione di quella giornata. Ma dare retta a quella vocina era da escludere, farla ragionare lo stesso, pertanto dovette esserne indifferente e tentando di assomigliare al versione di sé stessa più gentile che potesse, nonostante ci fosse sempre una certa crisi dovuta dall’avere a che fare con un essere immortale e bevitore di sangue, Romeo si mise sull’attenti, pronto ad ascoltare quanto la donna aveva da dire, armandosi con malavoglia di carta e penna. Un attimo dopo e la sua mente fu trascinata in quella che finì con l’assomigliare ad una triste storia, che iniziava con un’arpa magica di proprietà di Neris, sopravvissuta come la sua proprietaria ad innumerevoli anni grazie ad un incantesimo, a quell’oggi consumatosi, ma stato capace di preservarne a quanto pare le sembianze antiche ed originarie. Da questa prima richiesta, lo spagnolo trasse soprattutto un legame affettivo tra l’oggetto e la donna, sorvolando sull’esistenza o meno di poteri magici capaci di trasformare l’arpa in una vera e propria arma magica. Il punto della questione consisteva per l’appunto nel far sì che lo strumento musicale potesse nuovamente sopravvivere a tanti e tanti anni, così come aveva fatto fino a quel momento. Pertanto, l’Artigiano attivò le rotelle sottostanti pelle, sangue e cranio, meditando intensamente sulla fattibilità della cosa; non ci mise molto, anche perché fin troppo facile: quella fattibilità c’era. Mosse istintivamente la testa verso giù e verso su in maniera ritmica e alternata, in modo da comunicare la cosa alla vampira, mentre nel frattempo metteva tutto nero su bianco; un ‘tutto’ che dopo nuove parole spese dalla rossa, si vestì di nuovi elementi, e ovvero un qualcosa che potesse nascondere la sua ‘aura’ e un’altra capace di dare la possibilità alla cliente di trasformarsi in un animale. Due oggetti che attivarono la buona memoria dell’ispanico, spedendolo in due occasioni del passato: il primo incontro col vampiro Asterios e la sua commissione che riguardò proprio l’aura, cancellata poi tramite una pietra dal nome orientale e che di certo conosceva la stessa Neris; la seconda occasione remota invece si trattò dell’incontro con una ninfa, la Austen, per la quale fu capace di creare un monile con la capacità di trasformarla in canidi.
    Tanto lavoro insomma, tanti soldi, anche, ma sempre e comunque quella costante data da quella vampira per cui la soglia di timore oscillava in continuazione, senza però trovare un punto fermo né da un lato, né dall'altro. Non che preferisse suscitare rabbia o rancore nella rossa, visto che ovviamente preferiva tenerla calma, buona, ma soprattutto poterla guardare davvero come una cliente qualsiasi; ma era anche vero che quel continuo stare in all’erta non era piacevole, o addirittura salutare, soprattutto considerando lo stress provocato e quanto ancora ce ne sarebbe stato visto e considerando il doverla veder nuovamente da lì a qualche giorno.
    Mise un punto alle sue elucubrazioni, mentre nel frattempo scarabocchiava altri glifi sul foglietto poggiato sul bancone. Dopodiché, annuendo ancora una volta, ma a sé stesso, si rivolse finalmente a Neris, dovendole difatti più di una risposta, o meglio ancora conferme, preferibilmente non dinieghi, il tutto sempre in quella maniera contorta e che gli impediva il contatto diretto dei suoi occhi con quelle perle smeraldine.
    - E’ possibile fare tutto, ma andiamo con ordine. Per prima cosa, quest’arpa l’ha con sé? Seconda cosa: ho la possibilità di nasconderle l’aura, per mezzo di una pietra, di cui sono certo lei conosce l’esistenza; procurarmela mi costerà soldi e tempo, ma non è questo che intendo chiederle; ciò che vorrei sapere e dove devo incastonarla, su quale oggetto? Ultima cosa: di che animali stiamo parlando? -
    Tre domande, una dietro l’altra, senza dare nessuna possibilità alla cliente di spezzare il discorso e il filo di pensieri tanto ben strutturato a mente e in quell’attimo trasformato in voce. Come contorno ci fu un’evidente gesticolazione, utile a Romeo nella conta delle questioni per le quali aveva appena richiesto risoluzioni a chi gli stava commissionando un lavoro impegnativo come non mai; se poi l’iberico teneva presente quello svolto e concluso per la stessa Neris, i cui risultati erano le due scatoline aperte sul bancone, ebbene riuscire in quella che doveva per forza prendere il nome di ‘impresa’, avrebbe costituito un successo portentoso e un interessantissimo passo in avanti in molteplici aspetti e qualità. Volendo fare un sommario: non poteva assolutamente permettersi di rifiutare!
     
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    Agli occhi degli uomini, la vita passa dal buio all'oscurità. Agli occhi degli dei, la vita è una morte...

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    Sicuramente l'artigiano non sembra essere molto entusiasta dall'idea di lavorare ancora per me, ma non importa: l'importante è che lo faccia, e bene. Poi potrà festeggiare la mia uscita definitiva (o almeno questo io spero) dal suo negozio, se lo desidera. Non mi piace appoggiarmi ad un umano per la mia sopravvivenza, ma preferisco di certo appoggiarmi a lui che al mio creatore. Il mio orgoglio ultimamente sarà andato in frantumi... ma non così tanto da andare a strisciare da Arawn!
    A essere sincera con me stessa... probabilmente mi comporterei meglio con Romeo Sierra se non fosse per il mio orgoglio che è sceso a livelli troppo bassi per i miei gusti. E' una specie di sistema di autodifesa. Ridicolo, no!?

    Ascolto le parole dell'artigiano, tre domande fatte una dopo l'altra, senza darmi la possibilità di rispondere una a una senza interromperlo in modo maleducato. Ma questo non mi preoccupa: che importanza ha rispondere a una domanda dopo l'altra o a tutte e tre insieme? Nessuna.
    "No, non ho con me l'arpa." Ammetto. "Ho intenzione di recuperarla assieme ai soldi. Non ci impiegherò molto, ovviamente." Continuo, appositamente vaga, ma - probabilmente - dando comunque la sensazione che non mi servirà di certo un taxi per andare a recuperare il tutto. "Sì, ho già sentito parlare di una pietra con capacità simili. Sarebbe perfetto se venisse incastonata su un bracciale, d'acciaio, possibilmente. Può essere semplice, anche se - ovviamente - decorazioni celtiche sarebbero le benvenute. Per quanto riguarda gli animali... mi piacerebbe che fossero canidi o, se devo dirle un animale preciso, un fennec." Completo, ripensando a quell'animale che, come me, gira e caccia di notte, mentre preferisce stare in tana a riposare nelle calde ore del giorno.

    "Naturalmente può prendersi tutto il tempo che desidera. La commissione non è urgente." Ora che sto per entrare in possesso dei primi due oggetti mi sento molto più tranquilla. Avere difese contro il mio punto debole numero uno è proprio quello che in quest'ultimi giorni ho più desiderato. "Se non le serve sapere altro, io andrei un attimo a prendere soldi e arpa."
    A dire il vero, mi fa sentire un po' a disagio l'idea di uscire - anche se per breve tempo - di qui senza portare via i gioielli che ha realizzato per me. Ora che ci ho messo gli occhi sopra, li sento di mia proprietà, per quanto questo non sia vero. Fino a quando non li avrò pagati, saranno del signor Sierra, ed è passato da secoli il tempo in cui me ne sarei appropriati senza dare qualcosa in cambio.
     
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  12. ~ Romeo.
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    Dettagli risolti



    Le tre domande furono pedinate dalle tre rispettive risposte, costrette a seguire la direzione obbligatoria imposta dalle faccende poste in essere da Romeo, che ascoltò molto attentamente, dopo il tempo necessario utile alla Iaia per metabolizzare tutto, ciò che desiderava conoscere. In primo luogo l’arpa citata dalla vampira non si trovava in quel momento dentro il negozio; invero lo strumento musicale risiedeva quasi sicuramente nella dimora della cliente, che esplicitò all’Artigiano l’intenzione di sparire il tempo necessario per andarla a prendere insieme al quantitativo esatto di monete di carta necessario per poter prelevare i due oggetti preparati e pronti. Probabilmente, considerando tante cose, Romeo avrebbe permesso a Neris persino di portarsi con sé gli oggetti, per poi tornare e pagarli; infondo si trovava lì per commissionare nuovamente, la possibilità di un furto non era minimamente considerabile. Assodato ciò, per quel che riguardava la seconda questione, come da copione la giovane immortale confermò quanto già precedentemente intuito da Romeo e ovvero che fosse a conoscenza dell’esistenza della pietra magica richiesta, specificando il dove farla risiedere per dare modo all’uomo di poterci lavorare su: un bracciale, ovviamente d’acciaio, ovviamente con qualche glifo celtico, tanto per non cambiare. Il concetto fu così scarabocchiato velocemente su carta, mentre nel frattempo la mente che muoveva quella mano già immaginava la telefonata necessaria per farsi spedire un frammento di Fuyoheki da Londra. Da ultimo, la tipologia faunesca prescelta si presentò sottoforma di canidi, così come fece la Austen all’epoca; in più ci fu una precisazione, plausibilmente una tipologia precisa di quella razza di animali, che però l’Artigiano non conosceva; ma se Neris desiderava i canidi, voleva significare che quel fennec era certamente incluso nel discorso.
    Quando anche quell’ultimo dettaglio fu appuntato, non senza essere sottolineato da una frase di circostanza, che seguita alla lettera, garantiva tutto il tempo necessario all’Artigiano per lavorare su quella commissione, la vampira pronunciò la propria intenzione di andare momentaneamente via, garantendo il ritorno con tanto di arpa e soldi. Potendole di nuovo dare retta, Romeo si preoccupò in maniera abbastanza subitanea di darle una risposta e un via libera.
    - Faccia pure, l’aspetto. Colgo solo la circostanza per fare un’ultima precisazione: il potere che le garantirà di trasformarsi in questo fennec, o in qualsiasi tipo di canide, che non sia eccessivamente grosso, sono solito inserirlo dentro un anello. Il fatto è che ho questa preferenza; se è d’accordo, non la trattengo oltre, in caso contrario mi dica in che modo posso accontentarla. -
    Ascoltandosi, si accorse di un eccesso nella solita educazione e gentilezza in quelle sue parole, segno probabilmente che l’abitudine a quella donna stava iniziando a metter radice; buone notizie, dunque, sia per quel che significava in termini di rapporto con la singola Neris Iaia, sia in termini di razza d’appartenenza e possibili, ma meglio di no, futuri incontri con altri esponenti di quella razza ematofaga.
     
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    Devo ammettere che l'idea di riempirmi di gioielli, per quanto non di grande valore, non mi ispira più di tanto... porta con sé molti ricordi. Ricordi non propriamente i benvenuti. Ma non posso nemmeno trascurare il dettaglio che avere come oggetti magici dei gioielli è piuttosto comodo. Non sono ingombranti e, se non troppo grandi, non sono nemmeno appariscenti.
    "Sono d'accordo, l'importante è che non sia realizzato con materiali preziosi. Per il resto, le lascio totale libertà." Non ho voglia di ripetere le stesse cose che ho detto per gli altri gioielli, e - a dire il vero - non sono nemmeno molto interessata a come sarà l'anello una volta completo. L'importante è che sia funzionale.

    "A tra poco, quindi." Affermo, dirigendomi verso la porta, un po' dispiaciuta per star lasciando i due oggetti magici che ha creato per me sul bancone. Ma aspettare ancora qualche minuto non credo che mi sarà fatale: dubito che nel tempo che mi occorre per trovare un angolino nascosto in queste vie per teletrasportarmi a casa, una certa persona di mia conoscenza arrivi per abbrustolirmi.

    Non ci impiego molto a infilarmi in una delle viuzze laterali alla strada principale, trovare un posto tranquillo, teletrasportarmi a casa, recuperare i contanti necessari e l'arpa, e ricomparire nel preciso punto del Centro da cui son partita. Mentre mi dirigo verso il negozio, mi devo impegnare a far finta di avere qualche difficoltà a trasportare il mio caro strumento, in modo da non scioccare qualche povero mortale che mi crede una semplice ragazzina. Per fortuna, nessuno si offre di darmi una mano a trasportarla... fatto che in altri momenti sarebbe stato anche interessante ma che adesso sarebbe solo controproducente, visto che mi farebbe perdere tempo.

    Rientrata nel negozio, smetto di far finta che l'arpa sia pesante, visto che lo spettacolino sarebbe sprecato di fronte all'artigiano, per quanto potrebbe darmi - ai suoi occhi - un'apparenza di normalità.
    Appoggio con delicatezza l'arpa a terra accanto al bancone. Avrei potuto metterla direttamente sul bancone, ma non mi sembra il caso di prendermi una tale libertà, per quanto dubito che il signor Sierra si lamenterebbe più di tanto se lo facessi. Tiro fuori dalla borsa un blocchetto di banconote e glielo porgo. Sono 4.000 € esatti in banconote da 500, come ho controllato poco fa, nella tranquillità del mio rifugio sotto casa. "Ecco a lei."

    SPOILER (click to view)
    Poteri usati:
    CITAZIONE
    Forza, Agilità :
    Una forza soprannaturale e spaventosa che permette loro di sollevare oggetti più o meno pesanti, a seconda dell'età del vampiro, di arrampicarsi alle pareti, si fare salti ricoprendo maggiori distanze sia in verticale che in orizzontale.
    La forza del vampiro è famosa per coloro che la conoscono e molti umani la definiscono forza mascolina, anche per i soggetti femmine. Infatti la forza di un vampiro è paragonabile, appunto, a quella di esseri di sesso maschile.
    Antico: forza di 12 - 14/15 uomini, così come possono percorrere 12/15 metri per un salto in verticale od orizzontale. Per arrampicarsi sulle pareti di ogni tipo fanno affidamento sugli artigli e la forza degli arti.

    -Teletrasporto
    Permette al vampiro di trasportare persone o cose da un posto all'altro. All'inizio, cioè appena acquisito questo potere, il vampiro riuscirà a caricare poco peso e in luoghi non lontani da dove si trova, col passare del tempo riusciranno a farlo anche con luoghi molto lontani. Per teletrasportarsi occorre assolutamente che il vampiro abbia già visto il posto che intende raggiungere e che ricordi almeno tre quarti del totale dei particolari. In caso contrario il vampiro potrebbe raggiungere una zona vicina al posto da lui pensato e doverlo poi cercare.
    Vampiri plurimillenari (o antichi): quattro turni.
     
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  14. ~ Romeo.
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    Altra 'sgocciolatura'



    L’idea di un ulteriore gioiello, ovvero l’anello che avrebbe ospitato il potere utile a mutarla e renderla in tutto e per tutto un animale a quattro zampe, come tale è il fennec, per un po’ restò sospesa nei pensieri di Neris, come difatti dimostrò l’attimo d’attesa e di silenzio. E mentre l’Artigiano attendeva, immaginandosi l’anello ruotare attorno al capo rosso-chiomato della donna, questa alla fine rispose affermativamente alla proposta dello spagnolo. Romeo, pertanto, non perse altro tempo e proseguì la scarabocchiatura sul suo foglietto per gli appunti, annuendo più a sé stesso quando sottolineò anch'egli l'osteggiata sfarzosità e rispondendo solo distrattamente e solo nella sua testa all’arrivederci della propria cliente, accorgendosi della sua uscita solo quando questa aprì e chiuse subito dopo la porta, lasciandosi alle spalle la Casa de Artesiana.
    A quel punto, con l’orario ormai andato ben oltre quello solito di chiusura, l’ispanico si ritrovò a non saper cosa fare, se non aspettare, inconsapevole del tempo necessario alla vampira per giungere a casa, prelevare denaro e arpa, dopodiché tornare lì a consegnare quel tutto e prelevarne altrettanto. Perciò, pur di far trascorrere il tempo, iniziò a rigirarsi la penna tra le dita, per poi ricopiare gli appunti presi velocemente e scritti con una calligrafia orrenda e che in più di un’occasione riuscì a metterlo in difficoltà. Quando poi si ritrovò seduto a guardare il soffitto come a volerlo oltrepassare con una vista a raggi X di cui non disponeva, trasognando in ogni caso sé stesso disteso sul proprio letto e già da un po’ tra le braccia di Morfeo, la porta della bottega si aprì nuovamente, lasciando entrare la sagoma dai capelli di fuoco e la pelle opalescente. Neris, Romeo notò di sottecchi, sorreggeva con una tranquillità da fare spavento, l’ingombrante strumento musicale, dall’aria chiaramente vissuta, che poggiò accanto al bancone. Di colpo, nella stanza, tutto perse consistenza e importanza, come se tali caratteristiche fossero state risucchiate improvvisamente ed in quel preciso istante, dalla grossa arpa presente nel centro della bottega. E come se da qualche parte gli fosse stato premuto un bottone, l’iberico iniziò a distanza la scannerizzazione della novità presente nel locale, estrapolando da essa ogni piccolo dettaglio che potesse cogliere in quel momento, in realtà un po’ inopportuno, sapendo molto bene di avere tanto tempo a disposizione per visionare con tutta calma e più accuratezza l’antico strumento. Purtroppo la sua natura glielo impediva e fu solo quando vide qualcos’altro capace di monopolizzare la sua attenzione che si decise a spostare questa da un punto ad un altro della stanza: otto banconote viola apparvero sul bancone, a dimostrazione che la vampira gli stava contraccambiando l’opera compiuta con gli oggetti presenti ancora lì, sul bancone.
    - Molto bene. La ringrazio, signorina Iaia. A questo punto non mi occorre nient’altro. Rimaniamo quindi che attende una mia telefonata quando avrò finito. -
    Un mucchio di parole, utili però a riepilogare il tutto con efficacia e repentinità, oltre a far da cornice al suo gesto solito di celare dal centro della compravendita il denaro, difatti poggiato sulla scrivania. Dopodiché, facendo presente alla vampira l’ora tarda, sottolineando ancora una volta che aveva tutto ciò che gli serviva per compiere il suo dovere, e lasciatole il tempo di prendere quanto aveva appena pagato, la salutò, congedandola con un arrivederci. Successivamente, una volta sparita dal rettangolo formato dalle due vetrate della facciata del negozio, l’ispanico chiuse quest’ultimo, dirigendosi stanco direttamente a letto, attardandosi giusto qualche attimo a guardare, stavolta stranamente restio, la voluminosa sagoma dell’arpa di Neris Iaia.
     
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