Romeo Sierra: lavorando ancora per Neris Iaia

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  1. ~ Romeo.
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    Precisa Traslochi



    Desto e vigile, era rimasto nascosto sotto le pesanti coperte per altri trenta minuti da quando un clacson, delicato come un trapano nella testa, l’aveva svegliato mezz’ora prima, portandosi l’auto e l’idiota al volante, via dalla piazzetta dove abitava. Rimandando sempre di dieci minuti il risveglio ufficiale, alla fine si costrinse ad abbandonare il caldo e avvolgente giaciglio in cui si era intrufolato la sera prima, ad ora molto tarda. Aveva sonno, tantissimo sonno. In realtà poteva morirci, ma gli impegni della vita gli punzecchiavano il fianco evitandogli persino di optare alla possibilità di restarci, in quel letto, per il resto della giornata, neanche fosse improvvisamente diventato un vegetale morto cerebralmente. Per questo motivo, Romeo si diresse in bagno stropicciandosi gli occhi e grattandosi con decisione la testa, perché un massaggio, invece, sarebbe stato capace di farlo riaddormentare lì stante, in piedi, così come si pensa a riguardo dei cavalli in maniera errata.
    Fredda e polare, l’acqua della doccia cancellò in meno di un istante qualsiasi idea di socchiudere gli occhi una seconda volta, o di pensare ad una remota possibilità di cadere nuovamente vittima della piacevole morsa del letto. Umanamente obbligato a respirare con la bocca e a tremolare quanto un epilettico, si ritrovò completamente sveglio una volta fuori da quella cabina mai stata così ostile, accogliendo con molto piacere sia il phon caldo, sia i vestiti pesanti che indossò: una felpa più grande di una taglia e di colore verde, una tuta blu scuro, con strisce bianche ai lati e per finire le immancabili scarpe bianche di pelle, chi niente c’entravano con quel abbigliamento, eppure questa fu la decisione e nessuno poteva contestarla.
    Nero e bollente, il caffè che si preparò fu la goccia che fece traboccare ogni rimanenza di quanto fatto durante la notte in modalità automatica e passiva. Dopodiché, non avendo altro da fare nell’appartamento, scese al piano inferiore per cominciare l’ennesima giornata di lavoro: aprì il negozio al pubblico, che probabilmente sarebbe stato assente per tutto il giorno, accese tutte le luminare esistenti, visto che la giornata non avrebbe mantenuto la promessa di far scorgere un filo di Sole, infine, come sempre, entrò nel suo Laboratorio, chiudendosi dentro e lasciandosi illuminare dalle non molte e sparse lampade ad olio che illuminavano saltuariamente quel luogo angusto e tenebroso, ma che in fin dei conti, era il suo habitat naturale. Non senza fatica, aveva condotto lì dentro, qualche attimo prima, l’alta e ingombrante arpa consegnata dalla sua cliente immortale, Neris il suo nome, già stata sua cliente una volta e che una seconda volta si era rivolta a lui, approfittando del ritiro degli oggetti già preparati e ormai nelle mani fredde e morte della vampira. Lo strumento musicale, adesso, si trovava al centro della piccola stanza, ma solo grazie allo spostamento verso le pareti di un bel po’ di roba e del mobilio presente; inoltre, nonostante le braccia possenti e l’essere abituato a sollevare pesi che sicuramente non tutti potevano permettersi, il trasporto dell’antico oggetto gli comportò non poca fatica, soprattutto vista l’attenzione che doveva riporci, la quale doveva garantire al 100% nessun tipo di graffio o danno, quando in fin dei conti, cosa si stava approssimando a fare, rappresentava in tutti i sensi il netto contrario; da ultimo, l’ostacolo più scomodo fu impersonato dall’altezza della porta che celava il suo ‘sancta sanctorum’, non completamente compatibile con le dimensioni della vissuta arpa. Ma con giochi di prestigio, sfruttando tutto lo spazio a disposizione e non solo, giovando anche e per dovuta necessità della snellezza dell’oggetto, alla fine era riuscito nel suo intento, ovvero condurre il materiale su cui doveva lavorare, lì dove nessuno avrebbe potuto gettare neanche uno sguardo rapido e involontario.
    Assorto e curvo, con braccia conserte aspettava lo sparo immaginario che a breve sarebbe esploso nella sua testa per dargli il via e cominciare a lavorare. Intanto la sua altezza, per nulla paragonabile a quella dell’arpa, si stagliava di fronte ad essa, come a voler mettere in scena una sfida fasulla, visto che l’arpa se ne sarebbe stata ferma, mentre lui, senza nessun tipo di problema, l’avrebbe soggiogata con le sue abilità e la sua destrezza nell’arte rappresentata dalla sua professione, per far sì che niente, senza la dovuta e non poca difficoltà, potesse in futuro rovinare in qualsiasi modo quell’oggetto già sopravvissuto a già chissà quanti anni.
    Silenzioso e assordante, allo stesso tempo, il colpo di sparo alla fine fu fatto detonare, dando modo a Romeo di iniziare il lavoro.


    CODICE
    Questo lavoro si svolge ancora nella Casa de Artesiana. Penso di poter dire con buona sicurezza che questo qui è l'ultimo lavoro che verrà svolto nella vecchia Fucina di Romeo. *lacrimuccia che scende* xD
    Per tutta una serie di motivi (il situare la cosa ancora nel vecchio negozio, la rielaborazione del personaggio non ancora finita, ecc...) svolgerò il lavoro ancora come ho sempre fatto, per poi adattarmi ai cambiamenti dal prossimo.
     
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  2. ~ Romeo.
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    I rinforzi

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    Il polpastrello dell’indice corse lungo tutta la torreggiante figura immobile, antiquata e senza vita, che si animò quando le corde furono una dopo l’altra accarezzate, producendo un delicato e soave suono in scala, dalla nota più bassa a quella più alta. Lo strumento, che a breve l’Artigiano avrebbe affrontato e reso magico, da qualsiasi punto lo guardasse gli trasmetteva sempre e solo le stesse sensazioni: antichità, importanza, ma soprattutto una forma particolare, nonché una mole abbastanza insolita per lui, che automaticamente cambiava le carte in tavola in termini pratici. Infatti, lavorare su quell’arpa non era identico al lavorare con gioielli e piccole armi a cui era abituato. Così, più ci girava attorno e più si soffermava con le mani sui fianchi, più rimuginava sul come fare a rendere indistruttibile e più potente del tempo l’oggetto consegnatogli dalla vampira Neris.
    Dalla sera precedente, già aveva un’idea confusa sul come fare, ma in quel tempo speso a valutare ogni dettaglio dell’arpa, si ritrovò senza volerlo ad avvalorarla, concretizzandola poco dopo e sottolineando la sua decisione finale: l’unico modo per garantirsi un lavoro di successo consisteva nel adempiere al suo compito in un certo qual modo compiendolo due volte. In senso pratico, una sola Runa non sarebbe bastata, per tanti motivi: non solo quelle dimensioni a cui di certo non era abituato, non gli davano conferme, ma la stessa età dello strumento musicale avrebbe potuto compromettere il potere della Runa necessaria per quel compito. E così, cercando un bastoncino di metallo molto sottile e dalla punta aguzza, un’immagine doppia di Uruz iniziava ad apparirgli davanti agli occhi ogni qual volta abbassava le palpebre, quasi come se le Rune fossero state tatuate sulle sue pupille. E più quelle rappresentazioni mentali delle due icone trovavano concretezza, più il come agire diventava più nitido: difatti, collegate da una linea che le avrebbe attivate contemporaneamente, i due simboli magici sarebbero rimasti incompleti inizialmente, per poi accendersi quasi nello stesso istante, ciò solo compiendo tutto molto velocemente.
    Impugnando come una piccola matita quello stilo metallico, Romeo iniziò un’incisione molto delicata, nel punto più esterno orizzontalmente, del primo glifo assomigliante ad una ‘U’ capovolta e quadrata, lasciandolo però incompleto, evitandone così l’attivazione; alla stessa maniera, avendo bene a mente quale potere sarebbe stato sprigionato in forma di luce accecante quando quel lavoro si sarebbe concluso, incise per la seconda volta la stessa Runa, ma dalla parte opposta e lasciandola anche questa volta appositamente incompleta. Dopodiché, lasciandosi aiutare da un appoggio per arrivare laddove non poteva arrivare, né con la mano per incidere e né con l’occhio per guardare, condusse lo stilo metallico sulla cornice senza quasi mai staccarlo, improvvisando anche per questa volta dei motivi celtici, che compose un po’ a memoria, un po’ a fantasia. Infine, con gesti rapidi, ma anche con molta decisione e senza perdere tempo prezioso, lasciò che le incisioni delle Rune si unissero a quelle facenti parte della decorazione celtica, in modo tale da lasciarli accendere di luce sempre più forte, tant’è che tutto il resto parve cadere nell’oscurità, prima di essere spazzata via da un bagliore fortissimo, anticipato dallo spagnolo e dal suo solito nascondere la vista a quello spettacolo.
    Trascorso il tempo necessario, i suoi occhi cobaltici si ritrovarono ad osservare la stessa identica arpa ricevuta la sera prima, diversa solo in quelle aggiunte neanche troppo visibili, ancora un po’ luminescenti. Quando anche gli ultimi bagliori sparirono, per accertarsi che tutto era andato secondo dovere, semplicemente spinse con forza l’oggetto magico, lasciandolo letteralmente precipitare verso il pavimento e azzerando così la perpendicolarità che lo teneva in piedi. Il tonfo fu davvero forte, tant’è vero che un po’ di timore nell’aver combinato un guaio tale da costargli la vita ci fu, ma in realtà l’arpa era integra, priva di graffi, o crepe di qualsiasi sorta, ciò che invece sarebbe con molte certezze successo, se non peggio, se quel gesto fosse stato fatto precedentemente all’incisione runica appena conclusa.
    A quel punto, metà lavoro era stato portato a termine. Senza perdere ulteriore tempo, proseguì con la restante parte.
     
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  3. ~ Romeo.
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    Nuovo anello

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    Gettata alle spalle da un po’ l’arpa e la sua modifica, risultante nel potenziamento solido e materiale tale da renderla sia difficilmente scalfibile, sia in grado di sopravvivere per molti anni ancora, Romeo stava seduto con schiena curva sullo sgabello, gomiti poggiati sul piano da lavoro, illuminato solo per metà dalla più vicina lampada ad olio. Era sprofondato da qualche minuto nella scelta di un oggetto abbastanza piccolo da poter essere sciolto per ricavarne il materiale a lui necessario per comporre un anello simile a quello già creato alla sua cliente. Cercava abbastanza acciaio da poter riprodurre un cerchietto servendosi delle misure che già conosceva, dovendo però fare anche in modo da non renderlo del tutto identico a quello già prodotto, consegnato e perfettamente funzionante, il cui potere era di gran lungo diverso da quello che dopo avrebbe introdotto nel monile finito e lavorato. Sarebbe stato infatti imbarazzante servire una copia della fede dai tratti celtici, resistente con l’acciaio di cui era fatta, alla sua cliente vampira: aveva già immaginato un episodio con protagonista la sua ormai habitué, che dovendosi trasformare in quell’animale sconosciuto allo spagnolo, altro non avrebbe ottenuto se non un inutile vigore e coraggio nei confronti di fiamme e fuoco e scintille probabilmente del tutto inesistenti nell’occasione. Un senso di fastidio gli sussurrò all’orecchio che la cosa più importante da fare con quell’oggetto era renderlo prima di tutto differente dall’altro, e solo dopo avrebbe potuto dare la giusta attenzione e serietà alla parte magica del suo lavoro, in fin dei conti davvero molto poco complicata.
    Ad essere sciolta questa volta sarebbe stata la punta di buona qualità di una pinza i cui manici chissà dove stavano, salvata da un cumulo di oggetti ritenuti inservibili e che il suo fornitore gli teneva sempre da parte, conscio del fatto che potessero servire a quello strano spagnolo con cui collaborava da molti anni, senza fare troppe domande. L’Artigiano, dopo essersela rigirata per un po’ tra le mani, la poggiò dentro un contenitore fatto dello stesso materiale di quella punta, per poi andarla ad incidere come sempre faceva, con quel simbolo magico che sempre l’aveva accompagnato in ogni lavoro, il cui potere stava proprio nel garantire la liquefazione di qualsiasi cosa. Quando la Runa del Fuoco fu segnata, si accese di un colore del tutto simile a quello di una fiamma, per poi sprigionare un bagliore accecante e del colore del sangue, che invase l’intero Laboratorio, trasformandolo per meno di un minuto in un fac-simile di un locale a luci rosse. Romeo, coperti gli occhi da quell’effetto collaterale e in grado di essere dannoso anche in maniera irreversibile, si ritrovò ad osservare le spire di fumo emesse dal metallo disciolto e che rapidamente andò a colare in una formina gemella di quella utilizzata solo qualche giorno prima per svolgere lo stesso lavoro. Versato il liquido, lo lasciò a raffreddare, mentre nel frattempo preparava, di sopra nell’appartamento, un contenitore pieno d’acqua e ghiaccio, che portò giù nel suo Laboratorio. Atteso ancora del tempo, necessario per far sì che niente andasse storto, immerse lo stampo nell’acqua fredda, che reagì indispettita sbuffando come una ciminiera, prima di spegnersi insieme al metallo ancora un po’ incandescente. Questo, tolto dalla formina, rivelò che l’operazione era andata a buon fine, anche se si trattava di un cerchietto d’acciaio brutto a vedersi e ruvido a toccarsi. Ma con lo giusto sforzo di mani e braccia, l’ispanico avrebbe sbucciato quell’involucro scabroso, scoprendo nel suo interno un’anima lucente e liscia, da rifinire e rendere magica.


    Edited by ~ Romeo. - 1/3/2011, 11:27
     
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  4. ~ Romeo.
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    Acqua magica

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    Esaminava già da un po’, rigirandoselo tra le mani, il cerchio d’acciaio, bruno e polveroso, tant’è vero che i suoi utensili da lavoro, quelli più importanti e che la Natura gli aveva fornito, cominciavano a dar mostra di una serie di striature nere lungo le dita e i palmi. Ancora qualche minuto e sarebbe stato impossibile scorgere in quelle mani un che di pulito, ma infondo era quella una delle parti più divertenti del suo lavoro: sporcarsi, lasciar scorrere il sudore dalla fronte, farsi dolere ogni muscolo, anche il più piccolo, magari facendo proprio quanto si stava approssimando a compiere. Aveva messo come suo solito in fila, sul tavolo da lavoro, una serie di strumenti di varia forma, che in un modo, o in un altro, lo avrebbero aiutato a far sbocciare da quel pezzo d’acciaio rotondo e ruvido, un lucente e liscio anello. Inoltre, una volta finito, l’avrebbe dovuto anche ritoccare, come continuava a ripetersi tra sé e a mente da un po’, per far in modo che non somigliasse in alcun modo all’altro anello commissionato e già consegnato alla vampira Neris. Avrebbe avuto abbastanza tempo per pensarci a breve.
    Armato di tutto, Romeo iniziò in primo luogo a ripulire da ogni traccia di sporco il futuro magico monile, per poi iniziarlo a levigare e ad arrotondare, fino a dargli un aspetto definito in ogni smerigliatura. L’intero procedimento si prese parecchio tempo, tanto sudore e un intorpidimento delle dita che pizzicavano ogniqualvolta imprimeva tutta la forza necessaria a compiere quel lavoro di precisione e di qualità. Non era facile, mai lo era stato e difficilmente, nei tempi successivi, sarebbe stato capace di evitarselo in un qualche modo; e forse nemmeno preferiva un possibile avvantaggiarsi a quel fare tipicamente umano, tale da fargli sentire la vita scorrere dalle sue dita nell’acciaio, che quasi vedeva tinto del rosso del suo stesso sangue; quest’ultima cosa gli diede l’idea per risolvere l’interrogativo che si stava trascinando da quando aveva cominciato, ma doveva prima concludere quanto stava facendo, solo dopo avrebbe avuto il tempo per concretizzare quella lampadina che s'era accesa sulla sua testa.
    L’acciaio a mano a mano prendeva vita, definendosi nella perfezione della forma che secondo persino la logica divina, così doveva essere, e restituendo quel po’ di luce lì dentro presente e che le lampade ad olio emettevano. Aveva finito e già così l’anello si poteva distinguere da quell’altro, ciò grazie ai sottili fregi in stile celtico presenti lungo tutto la maglia in metallo di quello che già da un giorno, oramai, dava coraggio di fronte all’elemento fuoco a quella sua cliente immortale. Voleva però fare di più, rendere unico e originale quel prodotto a cui mancava solo la macchiolina magica e che avrebbe concesso alla sua cliente il potere di trasformarsi in un canide.
    Riempito un contenitore d’acqua, lasciò cadere dentro questa del colorante di un bel verde, quasi lo stesso verde di quegli occhi che aveva potuto scorgere soltanto da lontano, senza poterli esaminare da vicino e a lungo, pena un rischio troppo elevato e che non poteva permettersi per un milione di motivi. Mescolata l’acqua, diventata ormai uno specchio luccicante e smeraldino, lì dentro l’Artigiano lasciò cadere l’anello appena creato; certo che da solo quel procedimento non avrebbe fatto sì che l’anello si colorasse, almeno non restando tale a lungo, avrebbe utilizzato l’acqua come conduttore sia per l’innesto del potere magico, sia per dare al metallo del monile la nuance da lui decisa. Dopodiché, come fatto in altre occasioni – una tra tutte ricordava guarda caso un anello commissionato per Celler, scoperto tardi di essere un angelo caduto – con uno stelo lungo andò a disegnare velocemente sulla superficie d’acqua il simbolo magico di turno. Questa sarebbe stata la volta della Runa del Cambiamento, la Runa che avrebbe dato la possibilità a quell’acquirente dai capelli di fuoco di trasformarsi nella maggior parte dei canidi esistenti al mondo. La Runa Ehwaz, che per sua fortuna era del tutto simile alla lettera ‘M’, Romeo l’andò a far apparire velocemente sull’acqua, consapevole che poco ci sarebbe voluto a far cancellare una qualsiasi traccia di anche solo un’accennata lettera. L’innesto però funzionò, come di fatti un luccicore in fondo al contenitore stette a dimostrare negli attimi successivi, prima di sprigionarsi con una potenza parecchie volte maggiore al normale per via dell’acqua e di quel suo ruolo da conduttore.
    Quando la fulgore cessò, con una pinzetta lunga lo spagnolo tirò fuori l’anello, costatando in primo luogo che il colore aveva attecchito fin dentro al metallo, ma che soprattutto il potere magico era penetrato in ogni molecola d’acciaio, ufficializzando in tal modo la conclusione dell’intero lavoro. A quel punto non gli restava altro da fare se non impacchettare l’anello, spostare nuovamente a fatica l’arpa dentro al negozio, per poi attendere l’indomani, con una bella dormita, per rendere noto alla segreteria di Neris Iaia di comunicare a quest’ultima di poter passare a ritirare, quando lo desiderava, la commissione completata.
     
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    Ora che ho i primi due artefatti che ho ordinato al signor Sierra, mi sento molto più sollevata. Non credo che - di per sé - basteranno a proteggermi da eventuali draghi, ma sono già un punto di partenza. Tra le mie capacità e il loro potere, dovrei potermela cavare contro quei ladri di gioielli. Questo, ovviamente, significa che ora posso portare la mia adorata collana senza farmi troppi problemi.
    Questa sera il mio abbigliamento è abbastanza moderno, se mi è permesso dirlo. Potrebbe essere definito gotico. Come mi è usuale in questo periodo, sono vestita di nero. Indosso una maglietta con le maniche realizzate a rete, una gonna lunga fino alle caviglie con delle decorazioni floreali sul fondo, un'alta cintura elasticizzata e degli stivaletti con i tacchi medi. E, naturalmente, indosso sia l'anello Anar che la collana Nofearfire, nascosta sotto alla maglia. In bella vista, invece, ho la collana che mi ha regalato tempo fa l'unica mummia che io abbia mai incontrato... la stessa collana che mi ha messo nei guai con un certo drago. Una collana composta da una catena d'oro e di perle, il cui grosso ciondolo d'oro massiccio presenta incastonato uno smeraldo grande come un uovo di piccione. Certamente non è qualcosa che passi inosservata, ma si tratta di un bel ricordo... diversamente dai vari gioielli regalatemi da Arawn di cui, nell'arco della mia vita, ho cercato di sbarazzarmi. E ci sono riuscita, in effetti, cosa che un poco ora mi rattrista, per quanto questo sentimento venga quasi subito sostituito da una forte rabbia verso me stessa. Semplicemente, non posso permettermi di ricadere sotto il suo fascino, per quanto la magia nel nostro caso non centri nulla.

    Persa in questi pensieri, mi avvicino al negozio dell'artigiano, abbastanza impaziente di poter rivedere la mia cara arpa, di cui ho tremendamente sentito la mancanza. Non che sia passato molto tempo da quando gliel'ho lasciata, eh! Ma è un oggetto a cui sono troppo legata. Per quella sarei disposta a rinunciare alla collana che mi ha regalato Alister.

    Entrata nel negozio, esclamo un allegro "Buonasera", curiosa di vedere quale sarà la reazione dell'artigiano. Probabilmente sarà speranzoso di non vedermi più rientrare qui.
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    Scusami per il ritardo, ma in questo periodo sono sommersa dallo studio. Risponderò molto a rilento. ç_ç
     
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  6. ~ Romeo.
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    End's beginning



    Il tramonto gli diede l’impressione di voler fare tardi quel giorno, o forse era semplicemente una sua sensazione data dal fatto di star aspettando il calare delle tenebre come segnale dell’arrivo della cliente vampira. Vista con occhi diversi, con gli occhi che aveva sempre avuto fino agli ultimissimi sconvolgimenti penetrati nella sua semplice vita priva di fronzoli, la cosa l’avrebbe fatto tremare come una foglia, o più facilmente impazzire di domande e dubbi, se non indurlo a compiere atti di cui pentirsi poiché privi di ragione. Ma così non era, o per meglio dire, non arrivava a tanto: lo stare aspettando una vampira un pizzico di timore glielo faceva venire comunque, anche dopo averla vista in più di un’occasione, anche dopo averle parlato a lungo, anche dopo aver lavorato già una volta per accontentarla: e meno male c’era riuscito!
    Adesso, la situazione, se paragonata a quelle che già si erano succedute, era parecchio migliorata e una parvenza di sicurezza aleggiava nell’aria intorno a lui e alla sua fucina, come un velo trasparente che copriva la propria persona e i propri possedimenti: si sentiva protetto, dopotutto, sentiva d’avere in un certo qual modo persino il coltello dalla parte del manico, ciò scaturito dal continuo contemplare l’arpa di Neris resa indistruttibile e incorruttibile, forma immobile lì dentro, monumento innalzato nel centro della stanza. Mancava solo un pellegrinaggio di devoti e un silenzio sacrale ad avvolgerla per far sì che Romeo si armasse di un blocchetto di biglietti da vendere per quella mostra fantasiosa che stava immaginando nell’attesa della sua cliente. L’arrivo di questa fece sfumare tutto, come immagini fatte di vapore risucchiate dalla porta che si spalancava, per poi richiudersi alle spalle di colei che aveva i capelli del colore del sangue. Vestiva ancora di nero e anche stavolta l’effetto finale era di un emissario degli Inferi, di un dipendente del demonio che entrava dalla porta come una comunissima persona, impeccabile nella divisa da vampiro.
    La donna si fece avanti, pronunciando il saluto di rito, che venne contraccambiato prima di tutto dai protocolli di sicurezza dell’Artigiano, che prontamente abbassò la testa, puntò lo sguardo sul bancone, e solo alla fine rispose, non prima però di aver dato un po’ di ordine alle idee affidandosi alla propria calma, al proprio ‘io’ mentale, provando perfino a controllare che lì, dentro la sua testa, non ci fosse qualcosa d’anomalo, ad esempio un’estranea.
    - Buonasera a lei. Come può notare, è tutto pronto. -
    Non era il caso di fare battute, di nessun genere. Evitò dunque di domandare come stesse e se soprattutto aveva già cenato: al pensiero di offrirle qualcosa non seppe se ridere o svenire dalla paura. Si limitò invece a sottolineare il pacchettino contenente l’anello, spingendolo sul bancone verso la donna, e poi l’arpa, indicandola con un timido e inutile indice, poiché solo un cieco non l’avrebbe adocchiata.
     
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    Il mio interesse per il povero artigiano svanisce all'istante quando il mio sguardo cade sull'arpa. La mia arpa. Non riesco semplicemente a trattenermi e mi avvicino allo strumento, osservandolo attentamente, come alla ricerca di cambiamenti. Cambiamenti che, ovviamente, ci sono. Non posso fare a meno di notare un simbolo e alcune decorazioni celtiche molto eleganti. Devo ammettere che una parte di me non è molto felice di vedere quelle leggere modifiche sull'arpa di mio padre, per quanto io abbia cercato - dalla sera che ho fatto l'ordinazione - di prepararmi psicologicamente a questi piccoli - e in un certo senso irrilevanti - cambiamenti. Dovrei pensare un moderno 'e chi se ne frega!' ed essere felice che ora non rischia più di essere rovinata. Rifletto, d'altra parte molto felice che l'artigiano abbia accettato di esaudire questo mio desiderio. Chissà... forse si è sentito costretto. Che io mi debba scusare? E per cosa? Non ho fatto nulla di male. Forse.

    Stacco lo sguardo dalla arpa, riportandolo sull'artigiano e arrivando d'un tratto alla conclusione che - forse, forse - perdermi a contemplare la mia arpa non è stata proprio una mossa geniale. Il mio silenzio potrebbe averlo turbato. Ma, visto che anche la mia sola presenza sembra turbarlo, non credo che ciò abbia fatto una gran differenza. Rifletto, giungendo ad una conclusione tutta mia.

    "La ringrazio nuovamente per il lavoro e la sua velocità." Affermo, avvicinandomi al bancone, e cercando di mettere un po' di tono in una frase che sento quasi di rito. Faccio ancora difficoltà ad accettare di dipendere da qualcuno, anche solo per la creazione di strumenti magici. A dire il vero, dipendo un po' troppo dalle altre persone, per quanto io volontariamente me lo dimentichi troppo spesso. Non posso certamente dire, ad esempio, di non dipendere almeno un pochino da Kim. "Spero solo che la mia presenza non l'abbia troppo turbato." Continuo, in una specie di moto di bontà... per quanto io sappia perfettamente che non dev'essere stato molto felice di avere a che fare con una vampira.

    Prendo il pacchettino che ha spinto verso di me, e lo apro, rivelando un anello d'acciaio di colore verde, in un certo senso perfetto da abbinarsi ai miei occhi. L'avrà notato quando l'ha realizzato? Non sono nemmeno sicura se ha fatto caso di che colore sono i miei occhi. Rifletto, considerando come - giustamente - il signor Sierra abbia evitato il mio sguardo per tutto il tempo in cui sono stata in sua compagnia. "Un ottimo lavoro, davvero. Quanto le devo?"

    Sono andata direttamente al punto, anche perché dubito che abbia voglia di passare il resto della serata a chiacchierare con me. Questa volta ho portato dietro un bel fascio di banconote, in modo da non dovermi teletrasportare a casa per recuperare il denaro richiesto. Dopotutto, mi farebbe solo piacere se qualcuno tentasse di derubarmi... così almeno non dovrei faticare per cercarmi il pasto.
     
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  8. ~ Romeo.
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    Esito positivo



    L’ispanico non ottenne immediata risposta, ma solo un improvviso gelido silenzio, indecifrabile come presumibile responso. A cosa poi? Non poteva alzare lo sguardo, non poteva permettersi di fare molto, eccetto la bella statuina con occhi persi tra le schegge e i nodi del pavimento legnoso, o costretti ad un moto parecchio simile a quello altalenante delle onde sul bagnasciuga, andando avanti e indietro lungo il tappeto color albicocca, soffermandosi quando poteva su sottili sbuffi di lana laddove era sfilacciata. E poi i passi, ovattati ma comunque ben udibili, segno che la cliente si era spostata, ma non per avvicinarsi: ad un improvviso congelamento del sangue, susseguì un caldo sollievo quando con la coda dell’occhio fu tutto più chiaro. Semplicemente la giovane s’era fatta catturare dalla sua arpa e come se quasi non la riconoscesse, di certo la stava analizzando in cerca di imperfezioni nel lavoro, o forse prendendo solo nota di quali modifiche erano state apportate.
    Quando si concluse la contemplazione, la vampira, come nulla fosse accaduto, parlò all’Artigiano privando la sua voce di qualsiasi caratteristica tipica dell’imbarazzo, o che per lo meno facesse presupporre l’accorgersi di aver lasciato in balia di mille pensieri e parecchia titubanza chi lì dentro non era certo uno qualunque. *Infondo non sono il suo pasto, sono pur sempre l’Artigiano di questa bottega, colui al quale si è rivolta. Più passa il tempo, più vedo come una maledizione questi vampiri...* Così suono nella sua testa quella massima sulla razza che tanto simpatica non era, dimenticandosi addirittura, se non fregandosene, della possibilità che quelle sue parole potevano essere ascoltate anche dall'acquirente.
    Un inchino della testa reagì ai ringraziamenti dell’ospite, mentre un accennato sorriso su quella faccia di pietra restava celato a tutto il mondo, tranne che al bancone, con cui stava trascorrendo più tempo ultimamente a parlare, che non con clienti in carne ed ossa. D’accordo che le risposte provenivano pur sempre da chi entrava fisicamente nella sua fucina, ma ormai conosceva ogni piccola imperfezione, ogni piccolo centimetro di quel bancone diventato il centro del suo sguardo nel tempo di quelle ultime due commissioni. E proprio quando uno meno se lo aspetta, arrivò la frase che tagliò nettamente in due parti la calma dell’ispanico, prontamente recuperata negli immediati istanti successivi insieme agli occhi che parvero voler fuoriuscire dalle orbite: Neris si scusava per qualsiasi disagio avesse promosso da quando s’era affacciata lì dentro per chiedere i servigi di Romeo. Quest’ultimo, inconsapevole di cosa dire in quel momento, persino all’oscuro di come doveva sentirsi in quell'istante, riuscì solo a cacciare fuori tutta l’aria che aveva nei polmoni, tirandola poi nuovamente dentro, ma più lentamente. Gli occhi invece, quelle due biglie cobaltiche, non erano in grado di stare ferme e improvvisamente si videro pubblico di una partita di tennis immaginaria giocata sul bancone, ignari sul dove soffermarsi. La risposta venne poco dopo: la fugace forma di un mano entrò nella visuale, per poi sparire insieme al pacchettino contenente l’anello. E dopo un brevissimo tempo, di sicuro speso anch’esso per contemplare il lavoro, l’approvazione finale giunse dalla voce femminile e oramai ben riconoscibile, susseguita poi dalla richiesta dell’importo da pagare.
    - 2.500 euro. Grazie. -
    Il costo totale si mostrò davanti gli occhi dell'iberico come un’apparizione celestiale, nonostante fosse consapevole di aver fatto velocemente una semplice somma per poterla rendere nota alla sanguisuga. Eppure, il concetto nella testa, poi espresso a parole, avevano il retrogusto di una benedizione, visto che avrebbe fatto sparire dalla sua vista, meglio se per molto tempo, quella cliente scomoda, ma comunque interessante e carica di banconote.


    SPOILER (click to view)
    Abbiamo finito. Se lo desideri, puoi mettere tu una conclusione. In ogni caso vado a registrare tutto nel topic delle vendite. ^_^
     
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    Agli occhi degli uomini, la vita passa dal buio all'oscurità. Agli occhi degli dei, la vita è una morte...

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    "Bene." Affermo, quasi nel tentativo di rompere il silenzio che ormai è dilagato in questo negozio. In realtà, non so nemmeno io se il silenzio e il comportamento dell'artigiano mi diano fastidio... mi provochino almeno un poco di disagio. Ma non ho nemmeno intenzione di psicoanalizzarmi da sola, di conseguenza porto la mia attenzione alle banconote che ho tirato fuori dalla mia borsetta, contandole attentamente e posando sul bancone l'importo richiesto. Quest'ultima azione la faccio con una noncuranza quasi allarmante. Non sono di certo una di quelle persone straricche che può permettersi di spendere tutto quello che desidera, ma semplicemente faccio fatica a sentirmi attaccata a un mazzetto di inutili fogli di carta. Per quanto per la società abbiano valore, per me ne hanno ben poco. La società di questo secolo è davvero strana. Rifletto, riponendo il resto dei soldi 'al sicuro' nel portafoglio e, quindi, nella borsa.

    "Buonasera." Esclamo, evitando un poco opportuno 'arrivederci'. Per quanto io abbia intenzione di venire a trovarlo ogniqualvolta io abbia bisogno dei suoi servigi, non è strettamente necessario che lui ne venga a conoscenza in questo preciso istante. Col nuovo anello al dito, mi allontano dal bancone dirigendomi verso la mia arpa. Per quanto io sappia che ormai sia abbastanza inutile, non posso fare a meno di sollevarla delicatamente e con attenzione, quasi fosse un neonato. Dopo di che esco dal negozio, i pensieri rivolti quasi esclusivamente alla mia arpa.
     
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8 replies since 12/2/2011, 12:06   60 views
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