Un ritorno inatteso

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  1. *†Asia†*
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    Gli alberi erano verdi e alti, più di quel che ricordava. Il cancello era sempre stato così imponente? L'edificio così svettante e maestoso?
    Asia deglutì, a disagio. Quella era stata la sua casa: non aveva passato poi così tanto tempo lì, all'incirca un paio d'anni, ma era il luogo in cui si era sentita maggiormente a casa, a suo agio, accettata. In cui i fantasmi del passato non la raggiungevano quasi mai, in cui dormiva sonni tranquilli, in cui aveva passato tanti momenti, belli e brutti.
    Li ricordava ancora, uno per uno: il suo primo incontro con Haru, l'esorcismo di Asterios, dove aveva, per la prima volta, separato anima e corpo, il furto del Manto di S.Giorgio, in cui aveva incontrato nuovamente Caulfield, il mutante che la innervosiva con la sua faccia da schiaffi.
    E poi ancora il luogo in cui aveva nascosto il pugnale e il manoscritto che aveva rubato ad Adone, il quale dopo alcuni mesi si era infiltrato e l'aveva spaventata a morte, pur di riprenderseli.

    Un lieve soffio di vento le scompigliò i capelli, portandole le ciocche corvine davanti al viso, mentre quel fiume di ricordi l'aveva sommersa. Quanta nostalgia provava nell'osservare le finestre, i muri, il parco.
    Non aveva lasciato nulla lì alla Sede: all'epoca non sapeva per quanto tempo sarebbe stata via, ma per precauzione aveva fatto le valigie. Era scappata nel cuore della notte, senza incontrare nessuno per la Sede, forse per la prima volta da quando vi abitava. Non aveva lasciato neanche un messaggio, o un biglietto, qualcosa che spiegasse il perchè. Un amico di famiglia era stato chiamato per occuparsi della roba che non poteva portare con se: l'aveva aiutata a portar via le sue cose, e a lui aveva affidato la moto. Sapeva che si trovava ancora in quel piccolo appartamento con garage che aveva affittato, ma non era ancora andata a riprendersela.
    In verità era a Nouvielle già da un paio di settimane, eppure era la prima volta che si trovava in un luogo che aveva conosciuto. Aveva avuto bisogno di tempo per mettere in chiaro tutto, e adesso era giunto il momento di rifare la sua entrata in scena.

    Era tardo pomeriggio, e il sole non ci avrebbe messo ancora molto a tramontare. Indossava un leggero vestito bianco dalle maniche a tre quarti, che verso la fine della gonna diveniva nero, che andavano quasi ad unirsi ai leggins di pelle che indossava, i quali finivano dentro un paio di sandali neri, con un tacchetto di un paio di centimetri. I capelli corvini, i cui riflessi violacei si notavano molto meno con il sole che spariva all'orizzonte, erano lisci e sciolti sulle spalle. Il trucco era leggero, ma le donava un'aria più adulta del solito. Gli occhi erano coperti dalle lenti nere, non sapeva neanche lei il motivo per il quale le avesse indossate, visto che aveva intenzione di tornare, ma le davano un minimo di sicurezza in più.
    Erano passati quattro anni, d'altronde, e i tratti del suo viso erano diventati meno fanciulleschi. Non era propriamente irriconoscibile, ovvio, però era molto più difficile identificarla. In fondo erano sempre stati gli occhi la sua particolarità, era su quelli che ci si concentrava quando la si guardava in volto.
    Teneva la giacca di pelle nera ripiegata su un braccio, l'altra era libera.
    E fu quella che portò a prendere le chiavi dalla borsa. Era forse l'unica cosa di quel luogo che si era portata con se, quella notte. Non aveva voglia di citofonare.
    Aprì il cancello, e iniziò ad incamminarsi nel vialetto, verso il portone d'ingresso dove, una volta arrivata, infilò la chiave nella toppa.
    Era sempre più a disagio, non sapeva se, e chi, avrebbe incontrato.

    SPOILER (click to view)
    topic per Kim, risponda quando può ^^


     
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    Seduta su un divanetto nel salottino di lettura, sfoglio lentamente un librone che ho preso, qualche minuto fa, nella sala adiacente, ossia la biblioteca della sede. In realtà, non è l'unico che ho preso: posati sul tavolino davanti a me ci sono altri tre volumi... oltre che qualche fascicolo che dovrei leggere e sistemare. In teoria, questo pomeriggio l'avrei dovuto passare a sistemare alcune carte, a leggere dei fascicoli ed a informarmi di tutto quello che mi manca per capire come gestire questa sede. Il problema è che fare tutto questo mi riporta alla mente la situazione di Haru, e - di conseguenza - le ricerche che sto facendo sui vampiri e l'assuefazione dal loro sangue. Dubito fortemente che troverò una soluzione tra i volumi della biblioteca, ma non posso fare a meno di provarci. Probabilmente dovrei andare di nuovo a trovare Neris. Rifletto, girando l'ennesima pagina totalmente inutile. Sperando che lei conosca qualche soluzione al problema.

    "Oh! Basta!" Esclamo, per quanto a bassa voce, chiudendo di scatto il libro e posandolo sul tavolino in cima agli altri. In questo momento avrei voglia di urlare, ma l'essere in sede e - per di più - così vicino alla biblioteca me la fa passare... per quanto, al momento, non ci sia nessun altro nell'edificio. "Ho bisogno di un caffè." Rifletto ad alta voce, alzandomi dalla poltroncina. Perdo un attimo di tempo per sistemare la gonna viola, spiegazzatasi mentre ero seduta, e la camicetta bianca, poi mi dirigo verso l'uscita del salotto. Attraverso il salotto successivo e percorro il corridoio. Arrivata nella zona dell'ingresso, non posso fare a meno di sentire il tac della serratura che scatta, chiarissimo nel silenzio della sede.

    E' tornata Celia? Mi domando, fermandomi un attimo e riflettendo che cosa fare. Andare in cucina o provare a svagarmi chiacchierando con una collega che praticamente non conosco?
     
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  3. *†Asia†*
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    scusa il post corto ma sono di fretta >_<


    Diede una lieve spinta alla porta, giusto per farla aprire: quella si aprì senza problemi, benchè ad Asia sembrò quasi che cigolasse, facendo riecheggiare il suono per l'ampio ingresso.
    Scosse la testa, dandosi della stupida: si stava comportando come una paranoica.
    Fece un sospiro, per poi avanzare di qualche passo. I suoi occhi si volsero per tutto l'ingresso, come a controllare se davvero si trovasse in quel luogo. Era tutto come lo ricordava, tutto accogliente, profumato, silenzioso. Pieno di sapere e di antichità.
    Era così strano trovarsi di nuovo lì e sentirsi come se non fosse mai andata via. La sede di Nouvieille era stata la sua casa per due anni e mezzo, quasi tre, e nessun posto l'aveva più fatta sentire accolta e al sicuro come quel luogo.
    Richiuse la porta dietro di se, tentando di fare il minimo rumore. Si stava comportando come una ladra, eppure prima o poi avrebbe dovuto palesare il suo ritorno. Stava perfino vedendo ovunque lunghi capelli rossi, come se Haru fosse lì, intorno a lei, pronta a strigliarla con quel suo carattere un po' severo, ma affettuoso.
    Eppure c'era il silenzio totale, come se nessun'altra anima ci fosse, oltre lei.
    Stava valutando l'idea di sgattaiolare su per le scale, per raggiungere la sua vecchia stanza - e sperò che fosse ancora libera - quando un rumore, seppur lieve, la fece fermare.
    Spalancò gli occhi, sentendo il fastidio provocato dalle lenti a quel movimento.
    Aguzzò l'udito, tentando di capire cosa fosse: era rumore di passi, non molto distanti. E che, capì dopo qualche attimo, si stavano dirigendo verso la sua direzione, portando con un se un'energia che le sembrò familiare, ma che non avrebbe saputo identificare.
    Non le sembrava Haru, comunque, il che in parte le diede sollievo, e in parte la rattristò: al suo arrivo, tanti anni prima, era stata lei ad accoglierla, con i suoi consigli, il suo affetto. In un certo senso, aveva sperato che anche stavolta fosse andata così.

    Si passò una mano tra i capelli, innervosita. Se era qualcuno che non conosceva.. beh, non sarebbe stato un problema. Se invece fosse stato un collega che aveva già incontrato.. magari non l'avrebbe riconosciuta, rifletté. Il suo viso era leggermente diverso, gli occhi erano coperti dal nero, anche la sua voce era più adulta. Riacquistò un po' di sicurezza, a quel pensiero, e si apprestò ad incontrare chiunque le si stesse avvicinando.
     
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    Non ti preoccupare. *-*


    Con un sospiro, continuo a camminare, dirigendomi in direzione della porta. In realtà non sono molto sicura di voler chiacchierare con la mia collega - più che altro... conoscendomi, non so nemmeno quanto sarebbe divertente farlo: la mia timidezza potrebbe mettermi un poco in imbarazzo - ma, d'altronde, devo pur riuscire a cancellare del tutto questo mio disagio a comunicare con gli altri. Non voglio che la fiducia di Haru risulti mal riposta.

    Non mi ci vuole molto per arrivare abbastanza vicino per vedere chi è entrato. E' una giovane donna, ma sicuramente non è Celia. Rimango un attimo spaesata dalla cosa: non mi aspettavo che fosse qualcun altro. Nonostante questo mi sembra molto familiare.

    "Salve." Dico, fermandomi poco distante. Chi è? Che diavolo ci fa qui? D'un tratto, però, tutta la mia confusione scompare. Per quanto il suo volto sia un poco cambiato, non potrei non riconoscerla. In effetti, non posso credere di essere stata colpita da quel leggero spaesamento. Ne è passato di tempo da quando l'ho vista per l'ultima volta, ma i suoi lineamenti non sono certo così cambiati da renderla irriconoscibile. "Asia?" Domando, quasi incredula di vederla qui, in sede. Non ci posso credere... è proprio lei? E' tornata? Non posso fare a meno di chiedermi, per quanto sia abbastanza ovvio che si tratta proprio di Asia. Asia... scomparsa tutto d'un tratto senza dire nulla a nessuno. Devo ammettere che non mi aveva fatto piacere la sua improvvisa scomparsa, ma ora sono solo felice di rivederla. Ultimamente, il mio mondo sta venendo stravolto, un volto famigliare mi farebbe molto comodo.
     
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  5. *†Asia†*
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    Sentiva i passi, e di conseguenza anche l'energia, avvicinarsi sempre più a dove era lei. Era agitata, benchè tentasse di nasconderlo con una maschera dura sul viso.
    Ma spalancò gli occhi quando vide presentarsi una figura femminile, snella, minuta, dai lunghi capelli biondi e occhi chiari. Una figura che riconosceva perfettamente, benchè non avessero passato molto tempo insieme. Kim.
    Trattenne un'imprecazione colorita, a quella vista. Kim le piaceva, le era sempre piaciuta: così dolce, così premurosa, così innocente e timida. Non era mai indiscreta, non si intrometteva mai in ciò che non le riguardava, ma aveva sempre un sorriso gentile e un atteggiamento affettuoso verso tutti. Era così diversa da lei, più giovane, e l'aveva sempre guardata con occhio protettivo. Ma non era lei che si era aspettata. Haru accoglieva sempre i nuovi arrivati, e stavolta non c'era per lei.
    Si trattenne dal far diventare la maschera dura sul suo viso un'espressione di tristezza: d'altronde, in parte era contenta che fosse Kim. Prima di tutto, era un viso familiare, il che fece lievemente sussultare il suo cuore, che non vedeva visi amici da tanto, troppo tempo; e poi, almeno credeva, sarebbe stata sicuramente meno severa di Haru. Almeno non le avrebbe tirato i capelli.
    Doveva salutare, giusto? Eppure sembrava non averla riconosciuta. Ma era cambiata tanto? Forse erano le lenti a confonderla, o anche i tratti un po' più maturi. Era comunque sicura che ci avrebbe messo poco a riconoscerla, il viso era sempre lo stesso.
    Difatti lo spaesamento della collega durò poco, giusto un paio di minuti, in cui entrambe erano rimaste a fissarsi, immobili. Pronunciò il suo nome con un tono così stupito, così incredulo.. che Asia quasi si pentì di essere tornata. La cosa saggia sarebbe stato pentirsi di essere scappata, ma solo lei sapeva i motivi per i quali l'aveva fatto, ed era stata la scelta giusta. Forse non molto il modo in cui l'aveva fatto, quello doveva ammetterlo.

    Ehm..si, ecco, sono io... mormorò, incerta, portando la mano libera dalla giacca a grattarsi la testa, un po' imbarazzata. D'altronde cosa poteva dire? Non sapeva come giustificarsi, come spiegarle il perchè aveva fatto quel che aveva fatto.

    C'è.. c'è Haru?

    Le chiese, in parte speranzosa, in parte intimorita. Doveva loro delle spiegazioni, e la cosa sarebbe risultata più facile se fosse accaduto solo una volta. Non sapeva se sarebbe stata in grado di parlarne più volte, non sapeva nemmeno se ne sarebbe stata in grado quell'unica, misera volta. Aveva evitato di pensarci per tutto quel tempo, e non si era sfogata con nessuno. D'altronde, chi le avrebbe creduto? Chi non l'avrebbe presa per pazza?

    Credo..credo di dovervi delle spiegazioni si tormentò le mani, mentre diceva quello. Da dove cominciare? Forse una bella tazza di thè l'avrebbe aiutata, si disse. Istintivamente portò la testa a voltarsi verso destra, nella direzione della cucina.
     
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    Mi ci vuole un attimo per riprendermi dallo stupore assoluto di trovarmela davanti, e per rendermi conto che - in effetti - la mia reazione non è stata proprio delle migliori.
    "Bentornata." Dico semplicemente, con un leggero sorriso, dopo le sue prime parole quasi imbarazzate. Le direi qualcosa di più, ma la sua domanda successiva congela letteralmente il mio sorriso. Haru, eh? E io cosa le dico? Mi domando, chiedendomi cosa Haru preferirebbe che dicessi ad Asia. In realtà non ne ho idea... ma se vado a riferire la verità alle mie colleghe c'è sempre la possibilità che la notizia arrivi ai piani alti. E non è mio diritto andare a raccontare in giro i segreti di Haru. Rifletto, un po' a disagio all'idea di mentire proprio ad Asia. Beh... non sarebbe proprio mentire... sarebbe dire una mezza verità, no? 'Mezza verità'... sì... un modo più elegante per dire 'bugia'.

    Noto che Asia ha girato la testa verso la zona della cucina. Quel gesto - con ogni probabilità involontario - mi basta per capire che sarebbe un'ottima idea parlare lì, magari davanti a qualcosa da bere o da mangiare.
    "No, Haru non c'è." Mi costringo a rispondere, con un leggero sospiro. "Ha lasciato la sede per un periodo indeterminato per motivi personali." Sento un fastidioso nodo allo stomaco mentre parlo e non ho la più pallida idea se sia causato dalla mia 'mezza verità' o dal pensiero della natura dei problemi personali di Haru. "Durante la sua assenza sono io la responsabile della sede." Concludo.

    "Vuoi bere qualcosa?" Domando, quasi nel tentativo di sviare l'attenzione dal discorso inerente l'assenza di Haru. Potrei sempre dirle di non sapere nulla sulla natura dei suoi motivi personali, ma questa sarebbe proprio una bugia, e personalmente preferirei evitare.
     
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  7. *†Asia†*
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    Kim era in silenzio già da un paio di minuti, il che mise ancora più ansia addosso ad Asia. Lo sapeva, sembrava totalmente dalla parte del torto. Chi avrebbe potuto dire che aveva fatto una bella azione? Era fuggita, aveva lasciato sole le due colleghe, dopo che per tanto tempo vi era stato un'equilibrio lì in sede. Loro tre erano sempre rimaste, nonostante alcuni vagabondaggi vari, erano comunque quelle stabili.
    Pensare che adesso, invece, non era più così.. le mise molta tristezza addosso. Continuava a sperare di veder spuntare Haru da un momento all'altro: possibile fosse ancora a lavoro? Non aveva mai avuto ben chiari i suoi orari, ma normalmente a quell'ora era a casa. Anzi, ora che ci pensava, ricordava che nel periodo in cui se ne era andata, la rossa preferiva non stare troppo alla luce.. per un po' Asia aveva pensato che fosse dovuto a Leon, il vampiro di cui le aveva parlato nelle prime settimane di soggiorno, il figlio di Asterios con cui intratteneva un rapporto. Magari, visto che stava per tramontare, non era con lui, o forse ci si stava dirigendo. Troppe supposizioni complicate le passarono per la testa in quegli istanti in cui ancora attendeva che Kim dicesse qualcosa, qualsiasi cosa.
    La sua attesa non durò ancora molto, fortunatamente. La voce dolce della bionda osservatrice le diede il bentornato, con una parola soltanto, e un sorriso, sincero, come ricordava. Si trattenne dal sospirare con sollievo. Almeno, non sembrava arrabbiata. Sconcertata dal suo ritorno, quello si; ma non c'era traccia di rabbia sul suo bel viso.

    Grazie.. rispose semplicemente, non sapendo che altro dire. Attendeva ancora che rispondesse alle sue domande, risposte che non tardarono ad arrivare. E che ebbero il potere di congelarla per alcuni secondi. Haru non l'avrebbe accolta, perchè non era in Sede. Era partita e non sapeva quando sarebbe tornata.. e, si rese conto con un istante, se sarebbe tornata.
    Oddio, è diventata una vampira per stare con Leon?! fu il primo pensiero che le venne in mente, ma qualcosa, nell'espressione di Kim, le diceva che non era così. Forse lei e Leon non stavano più insieme. Forse Haru si era semplicemente trasferita.

    Oh.. solo quel piccolo gemito, quasi sussurrato, le uscì dalle labbra. Gli occhi, che fino ad allora aveva tenuti fissi sul viso di Kim, si abbassarono leggermente, e avvertì un lieve fastidio quando gli occhi divennero lucidi, offuscandole la vista a causa delle lenti nere che ancora indossava.
    Non sapeva se fosse normale piangere, ma, anche se forse nemmeno Haru lo sospettava, lei si era molto affezionata alla collega. Era stata una delle poche, pochissime, persone totalmente umane con cui avesse stretto un minimo legame.. e adesso, non c'era, e non sapeva quando l'avrebbe rivista. Sentiva come se il suo ritorno non avesse molto senso, a quel punto.

    Si riscosse quando si ricordò che Kim le aveva chiesto se voleva bere qualcosa, e ripensando alla tazza di thè, portò un dito ad asciugare l'unica, sottile lacrima che era scesa. Annuì con un sospiro, e stringendo con entrambe le braccia la giacca, iniziò a muoversi verso la cucina, insieme alla collega.

    Magari un bel thè, perchè no. Caspita, responsabile.. sono contenta per te le sorrise leggermente, facendole percepire tutta la sincerità che stava in quelle parole E qui.. come vanno le cose? le chiese, giusto per fare conversazione e per aggiornarsi sulle novità.
    Non sapeva da dove cominciare, sinceramente. E non sapeva nemmeno se sperare che fosse la giovane collega a chiederle qualcosa, così da renderle più facile il compito. Ma forse, pensò, non si meritava che il compito le fosse reso più facile.
     
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    Sto attenta alla reazione di Asia, per cercare di capire quanto lei e Haru fossero legate. Il punto è che non ho la più pallida idea delle relazioni che si sono instaurate tra colleghi. Son sempre stata troppo timida per avvicinarmi molto a qualcuno di loro e me ne sono pentita più volte. Ma col passare degli anni sono cambiata anch'io. Sono un po' più sicura, spero solo che io lo sia abbastanza per... quello che mi aspetta come responsabile di questa sede. Altrimenti dovrò maturare in fretta.

    Il lieve gemito della mia collega quasi mi sfugge tanto è bassa la sua voce. Dal suo comportamento è abbastanza evidente che è delusa di non trovare qui Haru, ma chi non lo sarebbe? Quanto vorrei anch'io che fosse qui... e sana come un pesce! Penso, nei pochi istanti che servono ad Asia per riprendersi.

    "Allora vada per il tè." Affermo, sentendo il morale - precipitato al pensiero di Haru - rialzarsi di un poco. L'unica cosa che so cucinare veramente bene, è il tè. Per il resto... meglio che cucinino gli altri. Cerco di sorridere, quando dice di essere contenta per me, per quanto mi sia difficile. La richiesta di Haru è stata del tutto inaspettata... non posso dire che qualche volta non fantasticassi di far carriera nel Talamasca, ma non mi sarei semplicemente aspettata che avvenisse in questo modo. Se perché io faccia carriera deve morire qualcuno... beh, allora preferirei rimanere per il resto della mia vita un'osservatrice di basso livello, una persona senza la minima possibilità di diventare importante. Rifletto, quasi tentata di cercare in qualche modo di spiegare alla mia collega come mi sento. Ma il proposito svanisce subito: se lo facessi, dovrei di conseguenza spiegarle i motivi che stanno dietro alle mie affermazioni.

    "Qui le cose vanno abbastanza bene." Rispondo. "Come al solito siamo quattro gatti, c'è chi va e chi viene, ma tutto sommato non ci sono state intrusioni o avvenimenti simili." Continuo, ricordandomi di quella volta che ci siamo trovate a fronteggiare un gruppo di... ladri. Ficcanaso, eh!? Penso, ricordandomi le parole di Holden. "Però... personalmente sento la mancanza di Haru." Ammetto, per quanto sia possibile che Asia interpreti le mie parole nel modo in cui non vorrei... il modo corretto, in effetti. "Forse è solo questione di abitudine... in questi anni ho collegato la sede con la presenza di certe persone, e senza di loro è tutto diverso." Continuo. "Beh... almeno sei tornata te... sempre che tu abbia intenzione di rimanere, ovviamente." Visto che è entrata in questo edificio ritengo che la sua intenzione sia proprio quella, ma preferisco non dare nulla per scontato.

    "Vieni, andiamo in cucina." Dico, tutto ad un tratto, ricordandomi che ha detto di volere un tè, e cominciando a dirigermi verso la cucina. Che è anche il luogo migliore per chiacchierare... perché, volente o nolente, le devo chiedere delle spiegazioni. Non mi piace mettere il naso negli affari delle mie colleghe ma non ci posso far molto. Dovrò pur spiegare in qualche modo ai piani alti la sua scomparsa e il suo ritorno.
     
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  9. *†Asia†*
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    Nella sua mente continuavano ad avanzare velocemente tante di quelle ipotesi sul perchè Haru non fosse lì che da lì a poco le sarebbe venuto il mal di testa, se non avesse smesso. Sarebbe stato meglio concentrarsi su cosa Kim le stava dicendo, o il pensare a cosa dirle quando, sicuramente, sarebbe arrivato il momento di dare spiegazioni. Aveva già rimandato per alcune settimane, adesso non poteva continuare. Aveva voglia di normalità, di casa, di tornare alle sue vecchie abitudini.
    Sentì la collega accettare di buon grado l'idea di un thè, il che sollevò molto Asia. Parlare davanti a qualcosa di caldo, magari con biscotti, avrebbe addolcito la discussione e reso tutto più semplice. Più che altro, lo sperava. Ascoltò con attenzione le novità, seppur poche, che Kim le spiegava, iniziando a dirigersi verso la cucina, un ambiente caldo e accogliente che le era sempre piaciuto. Ricordava quando tornava tardissimo da lavoro, e si ritrovava a far colazione dopo mezzogiorno, quando tutti pranzavano, o avevano addirittura già finito.
    Forse era per questo che a parte con Haru non aveva stretto molti rapporti in sede.. c'era anche da dire, però, che la maggior parte della gente che arrivava lì a Nouvieille spariva dopo poco tempo. Se ne era sempre chiesta il motivo, in passato, dando la colpa alle tante stranezze che popolavano la città. Ma poi era successo anche a lei, e aveva iniziato a pensare che, probabilmente, molti avevano determinati motivi per non rimanere.

    Oltre te ci sono altri osservatori qui in Sede?Magari puoi dirmi i nomi.. chiese, giusto per informarsi se avrebbe incontrato altra gente da lì in poi. Almeno se fossero venuti dei visitatori - improbabile, comunque, l'ubicazione della Sede era segreta e conosciuta a pochi - avrebbe saputo se erano o meno colleghi.
    Annuì appena quando le disse di sentire la mancanza di Haru, poteva capirla, infondo. Immaginava che anche lei l'avrebbe sentita da quel giorno in poi, sarebbe stato come se la Sede fosse un luogo totalmente diverso. Asia aveva sempre pensato che Haru fosse la colonna portante degli osservatori di Nouvieille, il punto di riferimento che potesse far andare tutto bene; sarebbe stato molto difficile abituarsi alla sua assenza.
    Quando Kim le disse che negli anni aveva associato determinate persone alla sede, e che non sapeva se avesse intenzione di tornare, si sentì in colpa: anche lei era una persona che, sparendo, aveva modificato almeno un poco la sua percezione di quel luogo?

    Si, sono tornata per restare...stavolta. si affrettò a rispondere, come a toglierle quel minimo dubbio che poteva essere passato nella mente della bionda collega. La sua intenzione era quella di tornare e non andarsene, a meno che non fossero capitati strani imprevisti. Ma per il resto.. il motivo per cui era sparita, anni prima, era stato risolto, o perlomeno non c'era più bisogno che lei intervenisse.

    Arrivarono in cucina, esattamente come se la ricordava, ordinata, pulita, accogliente. La luce del tramonto illuminava dalla grande finestra tutta la stanza, si rifletteva sui mobili chiari, sul lucido pavimento, e dava a tutto una calda colorazione arancione che riscaldava un poco il cuore.
    Si sentiva a casa, finalmente. Dopo tanti anni di vagabondare, dopo tante ferite, sapeva di aver fatto la scelta giusta. Aveva esitato tanto, e aveva posto tutti i pro e i contro della situazione, ma alla fine ne era valsa la pena.

    E' molto che Haru se n'è andata? le domandò, giusto per iniziare una conversazione dopo quei minuti in silenzio.
    Si avvicinò al tavolo che stava proprio davanti l'entrata della veranda, poggiò la giacca di pelle e la borsa sullo schienale e si sedette, accarezzando con gli occhi tutto il perimetro del luogo. Aveva capito - non c'era neanche bisogno di leggere nel pensiero - che nella mente di Kim balenavano tutte le domande che voleva porle. La guardò negli occhi, sapendo che le sue iridi bicolori, che spesso mettevano a disagio, erano coperte con quel nero anonimo: sperava che questo la mettesse un po' a suo agio. Sapeva quanto fosse timida, e si stava offrendo alla sua curiosità.
     
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    Sono contenta che Asia abbia intenzione di restare. Insomma, non è detto che poi rimarrà veramente visto che può sempre capitare qualche imprevisto, ma il fatto di desiderarlo è un ottimo punto di partenza, e un po' mi rassicura. Per quanto Haru se ne sia andata, qualcuno di familiare è tornato.

    "Mi piacerebbe poterti fare una lista di nomi." Affermo, seguendola verso il tavolo e sedendomi di fronte a lei. "Ma la verità è che attualmente questa sede scarseggia di osservatori, addirittura di più del solito. Oltre a noi c'è solo Celia Clement, una ragazza di diciott'anni." In effetti... non so se ridere o piangere per questa situazione. Completo nella mia mente, considerando il fatto - tra tutte le cose che devo fare - dovrei anche impegnarmi per spingere la casa madre a far trasferire qualcuno qui. Va bene che Nouvieille non è Londra... ma tre osservatrici sono proprio poche! "Beh... guardiamo il lato positivo: abbiamo la sede tutta per noi!" Dico con un sorriso, tentando una battuta.

    Ma poi torno 'con i piedi per terra' e proseguo: "No, Haru non se n'è andata da molto. Solo da qualche giorno." Un poco mi dispiace per lei: se fosse tornata qualche giorno fa avrebbe potuto incontrarla. Ma forse è meglio così... o forse no!? Non ne ho la più pallida idea: dentro di me si scontrano emozioni contrapposte e non mi posso nemmeno permettere di sfogarmi con qualcuno. O forse sì? Magari... Lascio il pensiero in sospeso, per il semplice motivo che potrebbe portarmi a delle speranze che potrebbero rivelarsi impossibili da realizzare.

    "Mi dispiace dovertelo chiedere..." Inizio, sincera. Sarò una curiosona, ma ho sempre cercato di non ficcare il naso nelle faccende dei miei colleghi. "ma puoi dirmi qualcosa sul motivo che ti ha spinta a lasciare la sede senza avvisare? Non è necessario che mi racconti tutto, ovviamente."
     
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    oddio,scusami per il ritardo ma non ho veramente avuto un minuto!



    Tamburellava con le mani sulla liscia superficie del tavolo, seguendo con lo sguardo Kim che la seguì, sedendosi di fronte a lei.
    Appoggiò il gomito al tavolo, andando poi a poggiare la testa sulla mano, come sostegno, osservando da quell'angolazione tutto il perimetro della cucina. I mobili, le pareti chiare, il soffitto bianco.. era tutto uguale. Tutto in ordine, pulito, accogliente.
    In effetti, sembrava che nessuno vi abitasse lì. Non si stupì quando la collega disse che oltre loro vi era soltanto un'altra ragazza, per di più molto giovane. Asia fece una smorfia, insoddisfatta. Vista l'alta concentrazione di sovrannaturale lì a Nouvieille si stupiva sempre del perchè la loro sede non fosse mai una meta ambita. Oddio, non è che si aspettava il numero di osservatori che vi erano nella Sede principale di Londra, o in quella di Roma.. però caspita.. tre osservatori, per una città come quella, erano veramente pochi. Anche quando, anni prima, erano solo loro tre, sentiva Haru lamentarsi spesso del perchè non arrivassero nuovi colleghi.. o meglio, di arrivare arrivavano.. solo che non si fermavano mai più di un mese in pianta stabile.

    Peccato..speravo fosse cambiato qualcosa, durante la mia assenza.. mormorò, abbastanza forte da fare in modo che Kim, comunque, la sentisse. In realtà si pentì dopo alcuni secondi di ciò che aveva detto: d'altronde, dopo la sua partenza, si erano ritrovate anche in condizioni peggiori. Si morse un labbro, lievemente frustrata. Non riuscì nemmeno a ridacchiare alla battuta di Kim, nel suo viso si aprì solo un debole sorriso..che sparì anch'esso subito dopo, quando la collega le disse che Haru era partita da soli pochi giorni.
    Asia ebbe voglia di urlare, o sbattere un pugno sul tavolo. Invece, strinse le labbra, e anche il pugno che teneva appoggiato sulla gamba. Lei aveva aspettato due settimane, prima di trovare il coraggio di presentarsi lì alla Sede. Se solo non avesse aspettato, se si fosse recata subito lì, senza stupide paure, senza rimuginamenti vari...

    Sospirò, rassegnata. La fortuna, lo sapeva, non era mai stata dalla sua parte. Pazienza. Magari, si disse, avrebbe chiesto informazioni ad Asterios, quando si fosse decisa a tornare da lui, implorandolo di ridarle il lavoro: sapeva che l'osservatrice e il vampiro si conoscevano bene e da tanti anni, probabilmente lui avrebbe saputo dove era diretta, e perchè.
    Si buttò in ragionamenti sconclusionati su come poter ricevere quelle informazioni e quali parole usare, quando Kim interruppe i suoi pensieri con LA domanda. D'altronde, la aspettava già da un po'.

    Non preoccuparti.. so che te lo devo. Sono sparita di punto in bianco, è vero. E so che è stato terribile da parte mia non lasciare nemmeno un messaggio, un recapito, qualsiasi cosa, dopo che abbiamo trascorso tanto tempo tutte insieme..Ti dirò la verità. fece una pausa, incerta da dove iniziare. Kim non sapeva nulla della sua famiglia, nessuno, a parte un paio di persone, ne era a conoscenza. Era sempre stato un tasto molto dolente per lei. Si alzò dal tavolo, dirigendosi verso la cucina. Prese un pentolino e lo riempì d'acqua, che mise a bollire. Con un po' di thè dinanzi, sarebbe stato più semplice, forse.

    Sai.. i miei genitori sono morti qualche mese prima che mi trasferissi qui. Attaccati da..licantropi. quasi sputò quella parola. La bionda osservatrice non la conosceva così bene da sapere della sua piccola, rabbiosa allergia verso i lycan, ma per chi lo sapeva, sarebbe apparso strano il modo stranamente "tranquillo" con cui ne parlava.
    Ma non mi trasferìì per quel motivo.. sarei potuta rimanere in Francia, e svolgere lì il mio lavoro. La verità è che avevo..ho, un fratello. Sparì tanti anni fa, ormai ne sono passati quasi dieci.. io ero solo una sedicenne, allora. Nessuno seppe più nulla di lui, come se si fosse volatilizzato; eppure continuavamo a sperare che fosse vivo, sano e salvo, ovunque si trovasse. Una volta che i miei genitori morirono.. non mi restava nulla lì. Ma decisi che essendo un'osservatrice e potendo conoscere sia una parte del mondo che l'altra..avrei potuto fare qualcosa per cercarlo. E così, sono arrivata qui.Ma non ho mai smesso di cercare, di informarmi.. quando sparivo per quei brevi viaggi, ero in realtà sulle sue tracce.

    Si interruppe, senza fiato. Era stancante, raccontare quella storia. Ed era solo l'inizio. Si appoggiò al mobile della cucina, dando le spalle ai fornelli, così da fissare la bionda in volto. Aveva capito dove voleva arrivare? Perchè era andata via?
    Rimase in silenzio, in parte per riprendere in fiato, in parte per capire come proseguire. Portò una mano sugli occhi, massaggiandosi le tempie per qualche secondo.
     
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    Non ti preoccupare, fai pure con calma. ^^
    Scusa per il post breve, ma in questo momento faccio fatica a scrivere. Ho troppe cose per la testa. -.-


    Quasi mi pento di averle chiesto il motivo della sua scomparsa, quando lei inizia a raccontare. Perdere i genitori è qualcosa che non si riesce a superare, nonostante col tempo si riesca a mettere il cuore in pace. Io lo so. Dopotutto ho perso mia madre e anche la persona che consideravo come un padre. La prima in un incidente, il secondo ucciso da un vampiro. Eppure non son mai arrivata ad odiare tutti i vampiri, probabilmente grazie al periodo passato con Neris. Non posso dire di non odiare Arawn, però. Chissà cosa prova Asia per i licantropi. Mi domando, ma non mi oso a chiederlo. Non ficcare troppo il naso nelle faccende dei miei colleghi è una regola che ho deciso di seguire, per quanto alle volte sia proprio duro farlo, visto la mia tremenda curiosità.

    "Mi dispiace." Dico, per quanto sappia anch'io che questa è ormai diventata una semplice frase di rito. Una frase che non sempre serve, anzi... che alle volte non è nemmeno la benvenuta.Vorrei dire anche qualcos'altro, ma non trovo nulla di adatto. Potrei dire di aver sofferto anch'io allo stesso modo, ma di certe cose preferisco non parlare. E' difficile. E deve essere difficile anche per lei parlare dei suoi genitori e di suo fratello. "Te ne sei andata per cercare tuo fratello?" Domando, in parte per riempire il silenzio che si è formato quando lei ha smesso di parlare, in parte perché non posso evitare di fare supposizioni. Se se n'è andata per quello, allora è comprensibilissimo. Chissà... magari ha scoperto qualcosa su di lui. Sarebbe bello se fosse riuscita ad incontrarlo. Mi dico, per quanto anch'io sappia che non è sempre una buona cosa, che le persone che si cercano per molto tempo alla fine posso rivelarsi ben diverse da come immaginavamo. Basta pensare ai miei parenti di Londra.
     
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    ma va non preoccuparti!


    Scosse appena la testa quando Kim si mostrò dispiaciuta del suo dolore. Non voleva intristirla, assolutamente! Erano passati anni, ormai.. non aveva superato del tutto la cosa, ma aveva iniziato a convivere con il pensiero che la sua famiglia non esisteva più e che, se avesse voluto, avrebbe dovuto crearsela da se. Anche quel pensiero, infondo, la rattristava. Lei, che non aveva mai avuto una sola relazione che durasse più di qualche bacio, che speranze aveva di poter sognare un lieto focolare domestico? Il suo lavoro la prendeva così tanto.. e nessun uomo sano di mente sarebbe mai riuscita a sopportarla, probabilmente.
    Sospirò lievemente, girandosi a guardare il pentolino in cui l'acqua iniziava a bollire. Vi spense, per poi prendere dalla credenza la teiera e due tazzine con tanto di piattino. Verso l'acqua bollente nella teiera, prese le foglie del tè e li mise in infusione. Dopodichè si voltò nuovamente verso Kim, alla quale aveva dato le spalle per tutto il tempo della breve operazione. Era contenta che avesse afferrato subito, ma non se ne stupiva. Benchè gli osservatori avessero un'intelligenza superiore alla media, probabilmente chiunque sarebbe arrivato alla stessa conclusione.

    E' così.. ho ricevuto d'improvviso una chiamata da un mutante che avevo intervistato qualche tempo fa in Ohio, che diceva di aver visto qualcuno estremamente somigliante al mio fratellino.. non potevo aspettare, capisci? Avrei potuto perdere l'occasione che aspettavo da così tanto.. feci i bagagli, chiamai un mio amico per aiutarmi con le mie cose.. e sono sparita. Non sapevo cosa dirvi, come spiegarvi.. non ho avuto il coraggio di salutarvi, e me ne pento. Chissà cosa avrete pensato, non vedendomi più per giorni..

    Scosse la testa, gli occhi leggermente lucidi al pensiero di ciò che aveva trovato una volta arrivata in Ohio. Aveva dovuto girare per mesi, seguendo le indicazioni delle creature più strane, e trovandosi nei pericoli più impensabili. Oh, quanto tempo passato nella macchina presa in affitto, a girare per strade sterrate tra caldo afoso e vento gelido, notte e giorno. Quante volte aveva avuto la tentazione di girare i tacchi e prendere il primo volo per l'Europa! Ma poi la vergogna, la paura, la speranza, le avevano sempre fatto cambiare idea. Non si dica mai che non era testarda!
    Versò il tè, ormai completamente infuso, nelle due tazze, che posò sui piattini e poi su un vassoio da portata, insieme alla teiera ancora piena per un quarto e la zuccheriera. I biscotti, ricordava, erano in uno sportello sul basso. Ne prese una manciata che depositò su un piattino, e mise anch'esso sul vassoio.
    Infine, in silenzio, portò il liquido caldo fino al tavolo, per poi sedersi di fronte la bionda collega.

    Ci ho messo 3 anni per trovarlo, e devo dire che non è stato un momento felice. Anzi, mi aspettavo tutt'altro. Aveva 11 anni, quando sparì.. avrebbe dovuto averne almeno 16.. e invece era quasi del tutto identico. Un po' più alto, forse. Ma era ancora un ragazzino.. non aveva tratti da adolescente, la voce non era cambiata.. nulla faceva pensare che fosse entrato nella pubertà. L'avessi scoperto in modo pacifico, sarebbe stato diverso..e invece... fece una pausa,cercando il modo migliore per raccontare. Kim probabilmente non ne aveva bisogno, le bastava sapere il motivo.. ma Asia doveva parlarne, doveva sfogarsi, doveva raccontare a qualcuno ciò che le era accaduto. Doveva metterla in guardia, anche.
    Prese un sorso di tè, dopo averlo zuccherato.


     
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    Non è cambiato? Penso, con una brutta sensazione. O almeno non più di tanto. Dopo cinque anni è impossibile che un essere umano non cambi, a meno che non intervenga qualcosa di sovrannaturale. Che non sia più umano? Sicuramente, se fosse così, non sarebbe poi così facile accettarlo, nemmeno per un'osservatrice. Dopotutto, qui non si tratta di osservare delle creature non umane: è suo fratello e quando c'è di mezzo la famiglia non è la stessa cosa. Un cambiamento che si accetterebbe senza battere ciglio su uno sconosciuto... non credo che sarebbe il benvenuto su un parente così stretto. Non che io abbia la possibilità di trovarmi in una situazione simile, eh! O forse sì? Nonostante io non abbia parenti in vita a cui mi senta legata, questo non significa che non ci siano persone per me importanti. Anzi... fondamentali.

    Ma le parole di Asia rivelano qualcosa di più, qualcosa di diverso. Non ha scoperto i cambiamenti del fratello - qualunque essi siano - in modo pacifico. Dannazione, questo probabilmente significa che le sue speranze sono state solo un'illusione, che quello che si aspettava non è mai avvenuto. Esattamente come me e i miei zii. Speravo che mi accogliessero a braccia aperte, ma è successo ben altro. Ma almeno so che stanno bene. Saranno mezzi pazzi, ma se la cavano. Chissà cosa le è successo? Che suo fratello si sia rivelato un violento? Una bestia sanguinaria? Spero proprio di no.

    Ma queste considerazioni le tengo per me, preferendo evitare di parlare così alla leggera di supposizioni che spero soltanto siano sbagliate.

    "Grazie." Dico invece, riferendomi ovviamente al té. In realtà, avrei dovuto prepararlo io, ma forse è stato meglio così: avere qualcosa da fare aiuta a calmarsi... e per parlare di certe cose bisogna riuscire a farlo. Mi chiedo che dire, cosa fare. Potrei stare in silenzio e lasciare che continui, ma così potrei darle una sensazione sbagliata: potrebbe credere che io ce l'abbia in qualche modo con lei per averci lasciato senza avvisare. Ma non so nemmeno cosa dire esattamente. Forse la sola cosa di cui Asia a bisogno è qualcuno che la ascolti. "Credo che avrei fatto la stessa cosa se mi fossi trovata nella tua situazione." Mi limito a dire. "Non credo che sarebbe stato facile dare spiegazioni. Si trattava di qualcosa di molto personale. Mi sarebbe solo piaciuto che l'incontro con tuo fratello fosse... beh... a lieto fine, ma dalle tue parole direi proprio che non è stato esattamente così."
     
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    Prese un biscotto di frolla dal piattino, osservandone la forma per alcuni istanti, prima di pucciarlo nel thè e metterlo in bocca, assaporando allo stesso momento il sapore del burro e il caldo del liquido. Aveva parlato a ruota libera, i pensieri le vorticavano in testa senza ordine. D'altronde, si disse, non aveva raccontato a nessuno ciò che aveva vissuto in quegli ultimi mesi, e adesso era come se le parole volessero uscire da sole, prendendo il controllo.
    Sentì la voce di Kim, come se si trovasse molto lontana da lei, ringraziarla, probabilmente per la tazza di tè che le aveva posato dinanzi.
    Fece un sorriso appena accennato e abbassò la testa, in un Prego silenzioso. Sapeva che avrebbe capito anche senza parole.
    Il silenzio era scesto nella cucina in pochi attimi, mentre anche la luce del tramonto iniziava ad affievolirsi. Stava cercando di decidere se fermarsi lì o continuare la sua storia, chiedendosi se ce ne fosse realmente bisogno; le idee si scontravano tra di loro, in un tornado di emozioni, e ricordi, e sensazioni, e desideri, tanto velocemente da farle dimenticare il pensiero prima, e farle venire una lieve confusione.
    Poi la voce della collega interruppe quella violenta tempesta interiore, come se un dio buono avesse richiamato a se le intemperie dell'indecisione, portando la luce nel buio dell'uragano.
    La rassicurò sul fatto che anche lei, probabilmente, avrebbe fatto lo stesso. Asia si sentì meno sola, rincuorata dalla voce dolce e dal tono comprensivo.
    Parlare.
    Era una cosa talmente comune per la gente, che spesso ci si dimenticava di cosa rappresentava realmente. Scambiarsi frasi, pensieri, opinioni, sfogarsi, raccontarsi: una comunione di esperienze e di sentimenti, un arcobaleno di pensieri diversi tra loro.
    Gli Osservatori erano dei gran chiacchieroni, era un dato che la maggior parte delle persone, a conoscenza della loro organizzazione, dava per scontato. Loro intervistavano, curiosavano, tentavano sempre di attaccare bottone con le creature più strane, più solitarie, più stravaganti. Ma non era veramente parlare.
    E Asia non parlava realmente con qualcuno da tanto, troppo tempo. Forse da quando era partita, o forse ancor prima. Chissà, forse l'ultima volta che aveva realmente parlato, era stata con suo padre. Quante conversazioni sussurrate tra una note di violino e l'altra, tra uno sfogliare di manuali e un thè caldo in veranda.

    Sensazioni dimenticate da tempo, che sembravano adesso riaffiorare. Strano ma vero, perchè prima non era mai accaduto, Asia sentiva questa comunione con Kim, benchè fosse praticamente la sola a pronunciare frasi su frasi, e la bionda ascoltava e basta. E si convinse, per ciò, a continuare.

    Non lo sarebbe stato. Cosa avrei potuto dire? Iniziavo a pensare che fosse morto..e adesso.. si interruppe per un istante, trattenendo..cosa? Lacrime, rabbia?
    Ero già in America da 3 anni, come ti dissi, e girovagavo di città in città, con un piccolo fuoristrada. Incontrai le creature più disparate, persone normali, finchè non arrivai ad un bosco, in piena notte. La nostra esperienza dovrebbe farci capire che non sono luoghi sicuri, per fanciulle indifese come noi, giusto? E invece.. mi ci addentrai. Sentivo energie confuse, potenti, e un qualcosa come un richiamo. Non so se fu l'istinto, se fu il sangue familiare.. se fosse stato lui stesso a condurmi lì. Fatto sta che più mi addentravo, più capivo che qualcosa non andava. Mi trovai di fronte a due creature che combattevano. Un puma, dal manto così nero che era difficile distinguerlo nella vegetazione.. e una figura piccola, minuta, che si muoveva talmente veloce da non riuscire quasi a vederlo. Una figura dannatamente piccola.

    Prese un sorso di tè, ritornando con la mente alle sensazioni di quella notte. La ricordava così bene.. Era quasi autunno, ma quegli alberi erano talmente grandi e vecchi, e folti, che non riusciva a capire se avessero o meno le foglie. Probabilmente non avrebbe fatto differenza. I suoi sensi umani erano piatti e calmi, soltanto una lieve inquietudine, che attribuiva al trovarsi di notte in un luogo del genere, ma non sentiva e non vedeva nulla. Perciò fu quella sua piccola parte sovrannaturale a guidarla, e quella allergia talmente strana e inconsueta che la caratterizzava, come se il suo animo fiutasse a distanza la presenza di quelle losche e per lei rivoltanti creature.
    La scena che si era trovata davanti avrebbe fatto rabbrividire chiunque: prima di tutto, intorno a loro c'era la devastazione. Rami, foglie, sangue, massi sbriciolati, come se fosse passato un uragano. Secondo, un puma non era una visione così solita in quei luoghi. Ne, tanto meno, vederlo combattere con un bambino. Non aveva capito subito, all'inizio, i sensi troppo offuscati da quella stupida, stupidissima avversione. Si era avvicinata più a loro.. e il puma l'aveva fiutata. In un'istante, come dimentico dell'avversario, le si era gettato contro, buttandola contro un albero che, non se lo aspettava, era duro come il marmo. Aveva iniziato a strapparle i vestiti, nel tentativo di morderla, mentre lei tentava di prendere il pugnale di argento, benedicendo il giorno in cui l'aveva rubato dal negozio di Adone. Ma si era distratta dalla figura del bambino.. da un viso così simile a quello che lei ricordava...

    Fui stupida, e il puma, il licantropo, mi morse. Pensai quasi di morire, quella sera. Conoscendo un minimo di anatomia umana, sapevo che se avesse preso la carotide, ci avrei messo veramente poco a finire dissanguata. Per fortuna, se così si può dire, morse la parte più a destra del collo, non prendendo, chissà come, nessuna vena importante. Probabilmente per lo shock, o forse per l'improvviso dolore, non vidi più nulla. Pensai che ero spacciata.

    Il dolore era arrivato in un lampo: dolore fisico, dolore mentale, impotenza. Era la seconda volta che veniva morsa da un lycan, la seconda volta che, sconvolta, si ritrovava a pensare che preferiva morire, piuttosto che divenire la peggior nemica di se stessa. Quella volta, non c'era Sara a salvarla. Non c'era nessuna maga che conosceva. Se non fosse morta dissanguata, avrebbe trovato un altro modo. Non sarebbe sopravvissuta. Era scivolata nell'oblio con quei pensieri, le lacrime agli occhi, il collo sanguinante, e i vestiti che iniziavano a tingersi di rosso.

    Mi risvegliai in un letto, ammanettata, credo dopo qualche giorno, il morso, non so come, guarito. E lui era con me. Bianco, pallido, gli occhi di ghiaccio.. così freddi e cattivi, per un viso così bello e innocente. Era un bambino molto vivace...ma capii subito che non era più come me lo ricordavo. Non ho mai capito perchè non mordesse me, invece di uscire ogni notte a cercare una vittima da uccidere. Non mi parlava molto. Riuscii a farmi raccontare qualcosa solo dopo molte settimane. E scoprii che non era solo.

    All'inizio aveva pensato che lui non si ricordasse di lei, che non la riconoscesse più, dopo tanti anni. Quel pensiero l'aveva intristita per molti giorni, prima che lui pronunciasse il suo nome, con consapevolezza. Aveva scoperto, poco a poco, cosa gli era successo, perchè, d'improvviso, era sparito.

    Un vampiro adulto, forse desideroso di un figlio da crescere, lo aveva portato via. Ne aveva fatto il suo pomme de sang per tanto tempo, finchè le quantità che gli toglieva dal corpo erano diventate via via sempre maggiore. Prima che compiesse 12 anni, lo trasformò. E per vietargli di tornare, gli aveva mentito su di me, sui miei genitori. Che non lo volevamo, che eravamo stati noi a donarlo a lui. E, quando loro sono morti, lui gli disse che ero stata io ad ucciderli. Mio fratello mi odiava, e se non mi aveva ancora toccata, era solo grazie a LUI che glielo impediva. si interruppe, mentre una sottile lacrima le rigava la guancia.
    Lui mi liberò, una notte che Marc era a caccia.. mi accompagnò alla città più vicina, mi vietò di ricontattare Marc. E così, mi recai all'aeroporto internazionale più vicino che vi fosse, e tornai in Francia. Mio fratello vuole uccidermi, ed è solo grazie a quel maledetto, che non lo fa. terminò, spossata.
     
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