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  1. MoonOfBlood
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    Narrato
    «Parlato ayame»
    Pensato ayame
    «Parlato altrui»

    Scusate ma mettere la "modalità di scrittura" in spoiler è un'abitudine che ho preso su un altro gdr xD


    «Spike, sei appiccicoso» aveva borbottato staccandosi di dosso un ragazzetto sulla 20ina con lisci capelli color mogano, che le si era avvinghiato addosso in aeroporto e senza aggiungere altro o lasciargli tempo di rispondere aveva varcato il metal-detector e si era avviata a lunghi passi verso il gate, per prendere l'aereo senza neanche sapere dove stesse andando esattamente.

    Era riuscita a far entrare tutto in due valigie, una borsa per la palestra, un bauletto, una custodia per l’amplificatore e quello per il basso. Le modalità di trasporto della moto e dei suoi beni personali più un carrello per i bagagli da aeroporto – che per altro era riuscita a far uscire da lì senza che nessuno le creasse rogne o se ne accorgesse – era più o meno noiosa da spiegare, e voleva dimenticarla. Il post viaggio più stressante della sua vita. Aveva speso parte dei soldi che aveva guadagnato in un mese in biglietto aereo e hotel, prima di riuscire a rintracciare l’esatta posizione della sede del Talamasca, trovata tramite un paio di chiamate alla sede centrale inglese durate sì e no mezz’ora l’una.
    Arrivata davanti al cancello di ferro battuto con la moto ferma di fianco a lei e quell’improponibile telaio su ruote argentato si guardò intorno, quasi per abitudine, e l’aprì con un telecomandino che le avevano fornito a Londra. Con strani movimenti attraversò a rilento tutta la stradina immersa tra alberi e prati che portava alla sede, cercando di trasportare in contemporanea mezzo di trasporto e bagaglio, facendo un po’ di fatica e inciampando di quando in quando. Tutto quello perché “non è possibile farsi accompagnare da un taxi fino all’entrata” le avevano detto, facendo saltare un nervo ad Ayame. Organizzazione segreta o quel che era, non erano schiavi, men che meno lei. Potevano trovarle qualcuno che le desse una mano, non chiedeva mica un maggiordomo o meglio ancora una brigata completa di camerieri, dotati di trasportino con tende di stoffe leggere e trasparenti a trasportarla fino a dentro l’edificio. Trovato il parcheggiò, abbandonò temporaneamente la sua Honda e si avviò verso l’entrata principale, aprendola ed entrando nella sfarzosa hall dai colori chiari e dall’aspetto vittoriano. Trattenendo una risata per il sensibile contrasto che la sua figura avrebbe creato là dentro (anche se quel giorno aveva optato per un outfit prettamente punk-lolita che non era proprio il massimo dell'eleganza, ma sempre meglio di un paio di jeans strappati e una maglietta logora) trascinò il carrello, facendo attenzione a non buttare giù niente. Zigzagò tra un vaso da fiori dall’aspetto costoso e un tavolino e, lasciando il carrello da un lato, si accomodò nel salottino sedendosi su un divano imbottito. Avrebbero pensato fosse troppo giovane? Che il suo aspetto non andasse bene per un’osservatrice? Quand’era a Londra non avevano mai detto niente, ma quella non era la capitale del menefreghismo totale per quanto riguarda il modo di apparire. Quel posto le sembrava per aristocratici, e si aspettò di veder scendere dalle scale anziane signore o giovani donne vestite con strani abiti e grosse parrucche sulla testa. Scosse violentemente il capo per togliersi quei pensieri malsani dal cervello, facendo rimbalzare i corti capelli arancioni fosforescenti. Si fissò le mani e si alzò poco dopo, ritornando all’entrata e guardandosi attorno.
    «C’è nessuno?» disse a voce alta, che riecheggiò in una maniera poco confortante nell’ampia stanza. Alzò un sopracciglio e attese in piedi, poggiandosi ai bagagli e controllando in modo maniacale la custodia del basso che teneva in spalla. Prima o poi qualcuno sarebbe sceso o sarebbe uscito da una delle numerose stanze e corridoi. O almeno lo sperava.
    Si guardò ancora le scarpe e non poté non pensare a sua madre, che oltre alla vita le aveva donato anche la passione per l'oriente e per gli stili ad esso connessi, ma non la corporatura, fortunatamente. Quella doveva essere opera del suo vero padre. Sbuffò e socchiuse gli occhi, aspettandosi che le cadesse un peso sulla testa per aver infranto la promessa che si era fatta di non pensare mai a quell'uomo orribile.

     
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    Scusa per il ritardo, ma ultimamente ho parecchie cose da fare! XD Quindi potrei metterci un po' a rispondere. Spero non sia un problema. ^^


    Un giorno come gli altri? No, non lo è per niente. Mentre giro per gli scaffali della biblioteca non posso fare a meno di chiedermi a che ora arriverà la nostra nuova collega: Ayame Vanemburg. Non che abbia molta importanza quando arriverà... l'importante è che arriverà. Perché sono leggermente stufa di considerare quanto questa sede sia vuota. Va bene che io amo stare da sola, e che leggere nel silenzio più assoluto aiuta a concentrarsi, ma è anche vero che in qui a Nouvieille ci sono solo tre osservatori, cosa inaccettabile vista la concentrazione di creature sovrannaturali. Spero che gli Anziani si sbrighino a far trasferire altri adepti qui, altrimenti non so come potrà andare avanti questa sede. Considero, prendendo in mano un libro da uno scaffale. Però non posso nemmeno arrabbiarmi più di tanto... anche loro fanno quello che possono: se non ci sono abbastanza osservatori per tutte le sedi non possono farli apparire dal nulla... dopo tutto.

    Mi allontano dagli scaffali per ritornare al tavolo, e poso il volume tra gli altri tre che vi sono appoggiati. Li fisso per qualche istante, come per chiedermi che fare, poi decido di fare quattro passi. Ayame potrebbe arrivare a momenti. Ogni tanto devo controllare se è arrivata... da qui rischio di non sentirla. Rifletto. Beh... almeno la porta non è chiusa a chiave.

    Esco dalla biblioteca entrando nel salottino di lettura, in tempo per sentire un "C’è nessuno?" echeggiare per i locali. Mi affretto a raggiungere il salotto vero e proprio, dove trovo una ragazza dai capelli rosso-arancioni. La riconosco subito, visto che nel fascicolo che mi ha inviato la casa madre c'è anche una sua foto. "Benvenuta!" Affermo, con un leggero sorriso. "Sei Ayame, giusto? Io sono Kimberly, la responsabile di questa sede."

    Mentre la saluto e mi presento, osservo come è abbigliata. Nonostante non sia il mio stile, non posso fare a meno di pensare che quei vestiti mi piacciono. Le stanno bene e sono certamente più personali della mia maglietta lilla e dei miei jeans.
     
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  3. MoonOfBlood
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    Non ti preoccupare, non ho fretta u.u


    Si girò velocemente, colta alla sprovvista. Non che pensasse che non ci fosse nessuno, ma l'impressione era quella.
    Sorrise a Kimberly e si avvicinò, porgendole una mano «Esatto, piacere. Ho l'impressione d'essere un po' in ritardo» disse, continuando a sorridere. Indossava un normalissimo paio di jeans e una maglietta, ma non stonava né si fondeva con l'ambiente, era giusto a metà tra le due parti e non era una cattiva cosa. Poco più bassa di lei, aveva lunghi capelli biondi che le ricordarono vagamente quelli di sua madre e occhi azzurro cielo. Se l'era immaginata più o meno così quando gliel'avevano descritta. «Questa sede sembra più vecchia di quella di Londra..» commentò, guardandosi attorno «E decisamente più ordinata» ammise. Quella londinese sembrava allestita da uno staff di bambini, forse per la maggiore affluenza di osservatori.
    Indicò con la testa i propri bagagli «Ci sono alloggi esterni o sono qui dentro?» chiese. Avrebbe abbandonato quel carrello il prima possibile - oltre ad essere brutto da vedere era anche scomodo da portare in giro. Non aveva visto altri edifici nel parco, quindi probabilmente la risposta era la seconda.
    Ho solo voglia di farmi una doccia pensò con tono rassegnato, tutto quello spostarsi non le aveva lasciato neanche il tempo di far colazione.
     
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    Stringo la sua mano. "Non ti preoccupare, non sei in ritardo." Affermo, come per rassicurarla. "È solo che, mentre attendevo, mi sono messa a studiare in biblioteca. Quindi ti chiedo scusa se non ti ho sentito entrare: ero troppo presa." Affermo, nonostante fossi più immersa nei miei pensieri che presa dalla lettura.

    "Ordinata? Sì, questo è vero, ma lo è soltanto perché siamo in pochi. Potrei dire che siamo quattro gatti, cosa che sarebbe anche corretta visto che, con te, il numero di osservatori presenti in questa sede ammonta a quattro." Non posso evitare che nella mia voce trapeli un po' della mia frustrazione in proposito. Ogni volta che arriva un nuovo collega non so mai se rimarrà o se dopo poco si trasferirà in un'altra sede, per sua scelta o perché l'hanno deciso i nostri superiori. Penso. Ma adesso è arrivata Ayame, quindi abbiamo un aiuto in più... per fortuna.

    "Gli alloggi sono interni: si trovano al primo piano. Se vuoi te li faccio vedere subito, così puoi scegliere una stanza e lasciare i bagagli lì... altrimenti, prima possiamo fare un salto in cucina, se vuoi mangiare o bere qualcosa. Il viaggio dev'essere stato stancante. Naturalmente, per adesso, i bagagli puoi lasciarli qui."
     
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  5. MoonOfBlood
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    Ascoltò Kimberly, che sembrava lievemente scocciata del numero esiguo di osservatori che lavoravano in quella sede.

    «Se vogliamo vederla sotto un punto di vita strettamente egoistico c'è più lavoro e più materiale per tutti. A Londra ci contendevamo i vampiri.. e questi non erano molto felici. Anche se c'è una discreta attività magica anche lì sono veramente in troppi, gli osservatori. Quindi possiamo ritenerci fortunati di questo nostro gruppetto» commentò lanciandosi in un'osservazione che poteva sembrare rassicurante, ma era solamente logica. Aveva dovuto combattere con le unghie e con i denti per avere la possibilità di osservare da sola un lycan senza avere altre 3 persone dietro di lei che l'avrebbero di certo fatta scoprire ed era sollevata di poter avere più spazio e tempo per cercare informazioni.

    «Vada per la cucina, non mangio da due giorni» disse, lasciando a terra il borsone da palestra ma senza abbandonare il suo basso «Posso portarlo? Non sono solita lasciarlo in giro» chiese indicando con una mano la custodia che aveva in spalla, dandogli una pacchetta affettuosa. Per un momento si sentì un po' stupida di quella dimostrazione d'affetto nei confronti di un oggetto.
     
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    Il ragionamento di Ayame è, in effetti, logico e corretto. Se penso al mio periodo a Roma, non posso fare a meno di riconoscere che era praticamente impossibile osservare qualche creatura o anche solo qualche umano dai poteri psichici senza avere qualche collega che mi teneva d'occhio. Non potevo nemmeno stare con Abel senza che Robert non ci controllasse... ma, alla fin fine, questo era abbastanza sensato: quel mago (o forse sarebbe più corretto dire... stregone?) amava ficcarsi nei guai, e toccava sempre al Talamasca evitare che andasse in prigione, ad esempio, per aver dissotterrato un morto.

    Scaccio quei ricordi con forza. Pensare ad Abel mi fa ricordare sua sorella Esthel, mia collega nel Talamasca oltre che mia migliore amica... e pensare a lei, e a Robert, mi fa ricordare... Piantala Kim! Pensa ad altro!

    "Hai ragione, il nostro numero ridotto ci dà più opportunità di osservare il sovrannaturale." Ammetto, per quanto io non possa fare a meno di ritenere che qui a Nouvieille ci siano così tante creature da studiare che rischiamo di perderci molto, a causa del nostro esiguo numero. "Se non mangi da due giorni, direi proprio che è meglio che metti qualcosa nello stomaco. Porta pure con te il basso, non c'è alcun problema." Dico, iniziando a dirigermi verso la porta del salotto, controllando che anche lei faccia lo stesso.
     
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  7. MoonOfBlood
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    Kimberly entrò nel salotto e si girò per un attimo, controllando che Ayame la stesse seguendo. Guardò per un'ultima volta i bagagli e sospirando raggiunse la ragazza, che intanto era entrata in un locale dal mobilio chiaro e le pareti bianche, molto luminoso benché la giornata non fosse delle migliori. Le nuvole grigie ricoprivano il cielo, e il sole autunnale mandava un fievole bagliore biancastro ad illuminare Nouvieille.
    La cucina sembrava nuova, benché richiamasse lo stile rustico. Quella stanza era quasi accecante tant'era chiara, e l'assenza totale di metallo accentuava l'effetto. Non aveva visto altri osservatori in quella sede al momento, ma immaginò fossero tutti come Kimberly. A Londra c'era stata una varietà di stili non indifferente, e si era sentita "parte del gruppo" perché si amalgamava bene con alcuni ragazzi e non spiccava come una pallina scarlatta su un fondo bianco. Ma lì era diverso, risaltava troppo.
    Camminò fino a raggiungere la finestra che dava sul giardino e rimase lì ferma per un po', chiedendosi cosa dovesse fare. Sedersi non sembrava educato, ma neanche stare in piedi a fissare fuori con un'aria rapita.
    Si girò lentamente verso la ragazza, poggiando la custodia ad una sedia impagliata, anch'essa molto chiara «Ci sono orari particolari da tenere? Per esempio per la colazione eccetera» chiese, rigirandosi la cravatta tra le dita e guardandosi attorno «Perché dovrei provare, e anche se tengo il volume basso rischio di svegliare qualcuno.. anche se è una soluzione temporanea, dovrei andare a cercare un posto dove suonare così da non disturbarvi» commentò, passandosi una mano dietro al collo e pensando a Spike, il chitarrista della sua band ormai sciolta e morta da tempo, nonché suo migliore amico e ultimo componente con cui avesse un qualche genere di rapporto. Si chiese se non fosse stato meglio chiamarlo per scusarsi o almeno inviargli un e-mail, ma scosse la testa e decise di pensarci dopo.
     
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    Raggiunta la cucina, Ayame mi fa una domanda, esponendo il suo problema. Un problema, in effetti, non da poco.

    "Non ci sono orari precisi." Rispondo, un poco dispiaciuta. "Ogni osservatore fa come preferisce, tanto che è raro mangiare tutti insieme. E questo nonostante siamo in pochi. Quindi temo che dovrai vedere sul momento... ci sono dei momenti in cui la sede è completamente vuota, ma nemmeno in questo ci sono orari precisi. Al massimo puoi chiedere a chi c'è se lo disturbi se suoni."

    In effetti, mi sono abituata a collegare la sede alla parola 'tranquillità'. Non sono sicura che riuscirei a sopportare il suono di un basso, ma non voglio escludere questa possibilità senza averci prima provato. Chissà... forse un po' di musica farebbe bene a questo luogo. Penso. Forse la sede è fin troppo tranquilla. La tranquillità serve allo studio... ma certe volte si sente il bisogno di sfogarsi.

    "Cosa preferisci mangiare?" Domando. "Abbiamo un po' di tutto... o almeno credo."
     
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  9. MoonOfBlood
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    Ci pensò su un attimo, rigirandosi la cravatta tra le dita e sedendosi su una delle sedie impagliate del tavolo «Non ne posso più della colazione all'inglese.. troppe uova» borbottò, poggiando il mento sulla mano e appoggiandosi al tavolo, tenendo gli occhi socchiusi.
    «Fai tu, mi va bene qualsiasi cosa. Non ho preferenze» disse, ricomponendosi e sedendosi composta sulla sedia.
    Kimberly le aveva detto che non mangiavano mai insieme, il che era abbastanza strano visto il numero di persone che vivevano lì dentro. Magari scorreva del cattivo sangue tra i componenti.
    «Dimmi un po', andate tutti d'amore e d'accordo qui dentro? Scusa se sono brusca, ma sto cercando di capire cosa non va» le parole le uscirono di bocca senza un tono, veloci e lievemente pungenti. Rendendosene conto fece segno con le mani di lasciar perdere «A volte sono fin troppo schietta, diavolo!» mormorò, chiedendosi se avrebbe incontrato qualcun'altro quel giorno.
    La frenesia della sede inglese era snervante, ma quella calma era troppa per Ayame. Probabilmente gli osservatori passavano poco tempo dentro la sede proprio per quel motivo, anche se non conosceva le loro età aveva il vago presentimento che fossero comunque tutti giovani.
    Decise di lasciar perdere, concentrandosi sul motivo della cravatta «Mi stavo chiedendo una cosa, devo per caso tingermi i capelli? Do troppo nell'occhio?» domandò, con un lieve sorriso sulle labbra.
     
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8 replies since 24/7/2011, 13:51   191 views
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