Wind Of Changes.

Morgaine's house.

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    Continua da qui

    Un rumore continuo, ripetitivo echeggiava all'interno della casa, spezzandone così il silenzio e la quiete che vi regnava.
    Dormivo, un sonno tranquillo e privo di incubi, ma al tempo stesso strano : mi sentivo inquieto, come se qualcuno continuasse a seguirmi, senza farsi vedere. Sentivo la sua presenza, il suono dei passi, ma non il suo volto.
    Aprì lentamente gli occhi, destandomi così dal mio sonno. Lanciai una rapida occhiata all'ora, si poteva tranquillamente dire che s'era fatta sera, ormai.
    Rimasi ugualmente steso, ancora per qualche minuto sul materasso ,fissando il soffitto, quando quel fastidioso suono tornò a farsi sentire.
    Ero convito, anzi, sicuro, che fosse presente solo nel sogno che avevo fatto e invece, constatai che era reale, non lo avevo immaginato.
    Qualcuno si era intrufolata in casa?
    Fu quello il mio primo pensiero, la prima cosa che pensai, spostando lo sguardo verso la porta della stanza, che, la sera prima, avevo ben pensato di chiudere. Non avevo paura, semplicemente, mi disgustava e al tempo stesso inorridiva, l'idea che qualche umano si fosse intrufolato senza permesso nella mia dimora e che, con le sue mani toccasse o portasse via qualcosa di MIA proprietà.
    Sia chiaro, non ero così tanto attaccato a gli oggetti materiali, o almeno, non più come una volta,ma suvvia! a chi non darebbe fastidio vedersi privare di qualcosa sotto al proprio naso? Anche se si trattavano di oggetti – come nel mio caso – lasciati sparsi in giro a prendere polvere o, dimenticati da qualche parte, avrebbe infastidito chiunque: immortale, non morto, umano o qualsiasi altro essere presente sulla faccia della terra.
    Sarebbe stato divertente a dare la caccia a quel sudicio topolino, oh si, una bella caccia tra gatto e topo. Già mi pregustavo il suo sangue, si, sarebbe stato quello il prezzo per la sua sconsiderata azione.
    Ero forse troppo cattivo ?
    Mi tirai su dal letto e aprì lentamente al porta, cercando di fare meno rumore possibile. I passi si erano spostati al piano di sotto. Quando uscì nel corridoio, scivolai lungo le scale, cercando di mantenere quella silenziosità senza farmi notare. Avvertì la presenza effettiva di un essere umano, il che, confermò il mio sospetto, qualcuno era entrato!
    Alcuni luci erano accese, quando, ero sicuro che prima di andare a dormire fossero tutte spente. Non avevo armi con me, nulla con cui difendermi, nel caso l'ospite indesiderato fosse armato.
    Difendermi.
    Come se fosse stato davvero necessario avere una qualche protezione. Ero io il vero pericolo tra me e quella presenza, e non il contrario. Mossi alcuni passi quando, un urlo mi colse all'improvviso, facendomi chiudere gli occhi e indietreggiare di qualche passo. Una voce femminile a me molto cara , si sprigionò da lì a qualche instante.
    «Caleb ... » urlò la signora, portandosi quasi istintivamente la mano al petto. Claire, la mia cara e vecchia amica. Era lei, la presenza che si aggirava per casa indisturbata e non un ladro o qualche malintenzionato. Il che, mi fece stare più tranquillo .« Non lo fare mai più, non piombarmi mai più alle spalle in quel mondo … benedetto ragazzo. » Sentivo il suo cuore battere all'impazzata, e lentamente, tornare alla normalità. « Mi dispiace, non volevo», mi scusai. Non era mia intenzione spaventarla in quel modo. « Non l'aspettavo oggi, a dire il vero ero convinto fosse fuori città ». La guardai per qualche istante in attesa di una qualche spiegazione. Credevo fosse fuori città per qualche mese. E che non sarebbe tornata prima dell'inizio dell'estate. Ma evidentemente, qualcosa, l'aveva spinta a rientrare prima del dovuto.
    Ne volevo sapere di più.
    « Si … doveva essere così in effetti, ma alla fine sono arrivati i miei cari qui, non ci siamo mai mossi di casa io e mio marito. » fece una pausa guardandosi attorno, con aria quasi persa e pensierosa allo stesso tempo. « Ero convinta di aver lasciato qualcosa qui l'ultima volta , ma chissà dove l'avrò cacciata. » una seconda lunga pausa da parte sua, sorridendomi con un leggero filo di imbarazzo. « Non credevo ci fosse qualcuno in casa. »
    Per lo meno, ora, conoscevo il motivo della sua “visita” inattesa. Non era mai partita, era sempre rimasta a Nouvielle con la sua famiglia. Evitai di fare altre domande, di chiederle qualche altra informazione, non mi sembrava il momento di farlo. La vidi avvicinarsi all'appendi abiti afferrando il cappotto. « Oggi sono io a non essermi mosso di casa, stavo riposando … ma, se mi dice di cosa si tratta l'aiuto a cercarlo » mi fece di no con la mano, come a voler dire “lascia stare” scuotendo leggermente il capo poco dopo. « Non ti preoccupare caro, ti chiedo scusa per la mia visita senza preavviso. Continuerò le ricerche a casa, sbucherà fuori quando meno me lo aspetto, ne sono sicura, non è una cosa importante . » Non mi diede il tempo di aggiungere altro o di invitarla a restare, che già, era uscita di casa. Avevo imparato a conoscerla bene nel corso degli anni, era una donna orgogliosa - un po' come lo ero io - e, quando si trattava di farsi aiutare, faceva di tutto pur di evitarlo.
     
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    veva dormito beata tra le sue braccia, così come dormiva da qualche settima ormai. Il suo odore le inebriava le narici, il suo sapore le rimaneva incollato al palato e il suo corpo si era abituato alla sua vicinanza, rispondendo ad ogni sua carezza e soffrendo per la sua mancanza. Si era svegliata da poco, destata da una mancanza in quel letto. Le sue mani cercarono colui che mancava, esplorando le lenzuola e le coperte che solo per capriccio avevano indossato, così come lei aveva indossato la camicia da notte candida, colma di pizzi e merletti e bottoni. Bottoni che lasciava distrattamente aperti sul seno, lasciando intravedere la loro forma e il solco che creavano.
    Di lui non c’era traccia, alzando lo sguardo e osservando la vuota oscurità che accarezzava la sua pallida figura. Non le era ancora successo di svegliarsi senza di lui al suo fianco, di destarsi dal suo sonno senza un suo bacio, senza le tenere attenzioni che entrambi dedicavano all’altro, attenzioni che rendevano migliore e più sopportabile l’eternità. Poggiò i piedi per terra e scalza si diresse verso la porta della camera, prendendo solo uno scialle per coprirsi le spalle e la pelle lasciata in bella vista dai bottoni aperti. Non ne aveva realmente bisogno, non avrebbe di certo preso freddo, ma le dure abitudini erano dure a morire.
    Uscì dalla camera e si guardò attorno, cercando lui, il suono della sua voce, il suo odore e rendendosi conto che non era solo. Un urlò le raggelò il sangue, ebbe paura che il suo incubo fosse tornato a perseguitarla, ma dai suoi informatori egli aveva lasciato la città. “Caleb…” Gemette, correndo giù per le scale per raggiungerlo. Era antico, non avrebbe dovuto temere per lui, ma non riusciva a non pensare a come si sarebbe sentita persa senza di lui, a come sarebbe stato doloroso e quanto quella vita le avesse tolto.
    “Caleb!” Lo chiamò entrando nella stanza, con aria preoccupata, notando a malapena la donna che era lì insieme a lui. Sul suo volto era dipinta sincera preoccupazione e la sua camminata denotava una certa urgenza di essergli al fianco. “Tesoro, è successo qualcosa?” Chiese, per poi voltarsi e notare il volto dell’anziana donna. Collegò subito e capì, o meglio, immaginò la dinamica dei fatti. Non conosceva di persona la donna, ma sapeva che per lui era una persona cara. “Oh, immagino che Caleb l’abbia spaventata.” Un sorriso dolce si dipinse sulle sue labbra, mentre scostava lo sguardo sul volto di lui con un’espressione divertita. Si era spaventa inutilmente e probabilmente avrebbe dovuto riflettere prima di trarre conclusioni, ma con lui era diventata così: protettiva, intenzionata a tenere saldo il loro legame. “Oh, ma che maleducata!” Immaginava quante domande potessero affollare la mente della donna, che probabilmente si chiedeva che tipo di relazione avessero i due. Neanche lei avrebbe saputo come chiamarla, ma sicuro era ormai qualcosa di più di una semplice amicizia. “Io sono Morgaine De Rose, molto lieta signora.” Le sarebbe piaciuto appellarsi come sua compagna, ma non sapeva ancora che cosa fossero, che tipo di rapporto e quali erano i reali sentimenti che animavano entrambi. Spinta dalla forza dell’abitudine fece una piccola riverenza, piegando un po’ il busto, tenendo lo scialle ben saldo contro il petto in modo che i movimenti non mostrassero di più di quanto volesse far vedere.

    La donna non si trattenne allungo, anzi, si congedò ben presto. L’accompagnò alla porta e la salutò, prima di voltarsi verso Caleb. “Sembra una brava signora.” Sussurrò, avvicinandosi a lui per cingergli il collo con le braccia. “Allora, ti sei svegliato prima per lei? Temevi ci fosse qualcuno che potesse nuocerti o che ti rubasse qualcosa?” Chiuse gli occhi parlando, giocherellando con le dita con i suoi capelli e inebriandosi del suo profumo.
     
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    L'ultima cosa che volevo era quello di spaventare Morgaine. Ne aveva passate tante nei mesi precedenti, allarmarla per una sciocchezza del genere mi sembrava completamente inutile. Sopratutto ora, che finalmente aveva trovato un po' di pace e serenità.
    Ma l'urlo di Claire aveva prodotto l'effetto contrario, a quello che speravo. La vampira era appena scesa dalle scale, chiedendomi se era tutto apposto. Mi apparve spaventata in un primo momento, e lo sarei stato pure io al suo posto : non trovandomi nel letto a sentendo qualcuno urlare all'improvviso.
    Le sorrisi, cercando di rassicurarla. Nessuna minaccia o nessun pericolo incombeva sulle nostre vite. Potevamo stare tranquilli. Ovviamente, questo, non potevo dirlo ad alta voce, ma tentai ugualmente di farglielo capire.
    Poco dopo si presentò alla donna, concludendo con un inchino. Ora che ci pensavo, le due, non si erano mai incontrate di persona prima di quella sera. Le avevo parlato della mia vecchia amica , le avevo raccontato qualcosa a riguardo, ma niente di più. « Si è una brava persona alla fine …. », parlai non appena fui certo che Claire si fosse allontanata abbastanza.
    Alla fine era una brava persona, mi fidavo, non aveva fatto mai nulla per tradire la mia fiducia o, farmi pensare il contrario. « E' successo la stessa cosa anche l'anno scorso. Credo non trovasse più il telefono o una cosa del genere », una piccola pausa, voltandomi verso Morgaine. Ricordando la stessa identica scena avvenuta l'anno prima.
    Credeva di aver dimenticato il telefono, una ricerca durata diverse ore mettendo sotto sopra l'intera abitazione, una ricerca che avevo abbandonato e smesso di aiutare solo mezz'ora dopo, lasciando la donna l'onore di frugare dove meglio credeva. Ma evitai di raccontarle tutto, era una storia troppo lunga e a tratti surreale.
    « E' anche abbastanza gentile e cordiale … evidentemente stasera andava di fretta o aveva da fare. » Era un vero peccato che se ne fosse andata così velocemente. Ero convito, anzi, quasi del tutto certo, che quelle due sarebbero andate d'accordo.
    La vampira mi gettò le braccia attorno al collo, chiedendomi se era stata la presenza di quella donna a svegliarmi, e a quelle parole annuì, con un leggero cenno della testa. « In parte si … a dire il vero è stato colpa di un sogno che ho fatto e che mi ha parecchio inquietato» ,le cinsi delicatamente i fianchi tendola stretta a me per qualche secondo. Ma ormai, qualsiasi fosse stata la causa o meno, era tutto fino. La solita calma era tornata all'interno di quelle quattro mura. « Non volevo farti spaventare », mi dispiaceva essere scappato via così e averla lasciata da sola. Da quando era entrata nella mia vita, ogni cosa era cambiata – in positivo ovviamente -. Non c'era notte che non mi svegliavo senza prima averle rivolto uno sguardo, un sorriso o un bacio. La sua presenza, il vederla accanto a me, era così bello.
    Avvicinai la mia fronte alla sua per qualche istante, sorridendogli dolcemente. « Comunque no, non sono gli oggetti che mi preoccupavano, possono portare via ciò che desiderano, posso sempre ricomprare tutto. » una piccola pausa. Non mi importava nulla degli oggetti, potevano tranquillamente prendere quello che volevano.
    « Possono entrare come meglio credono e fare tutto ciò che vogliono » mi avvicinai alle sue labbra « L'importante è che non provino a toccarti ... per me sei importante, più di ogni altra cosa o persona al mondo. », quelle parole le sussurrai baciandola qualche istante dopo.
    Ero sincero.
    Potevano toccare tutto ciò che volevano.. Minacciarmi, fare qualsiasi cosa, ma nessuno doveva osare a toccarla. Era importante per me, e lo davvero tanto. E ora, ero riuscito a dirglielo senza troppi giri di parole, senza cambiare argomento o balbettare.
    « Beh, è un modo un po' insolito per cominciare la giornata … » mi allontanai leggermente da lei. Quello, era sicuramente un modo abbastanza insolito, di cominciare la giornata. « Ti avevo avvisata che non ci si annoia mai in questa casa », sorrisi, mentre pronunciavo quelle parole. Qualche mese prima l'avevo avvisata sul fatto che non si sarebbe certamente annoiata, restando in quella casa. « Vuoi tornare a riposare ancora un po' ? » Ormai eravamo entrambi svegli, ma preferì ugualmente chiederle cosa voleva fare. Se tornare riposarsi ancora un po' o meno.

    Edited by « Ragnarök » - 1/9/2020, 08:53
     
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    spirava il suo profumo, lo stesso che la rassicurava da diverse notti. Il suo bacio fu dolce come il sangue di un corpo giovane e in salute, come il miele dei dolcetti che preparava la sua balia quando era una piccola, giovane umana. Stare con lui la riempiva di felicità, una felicità che non provava da secoli. Egli, sebbene i loro corpi fossero freddi a causa della loro condizione, riusciva a trasmetterle un dolce tepore, una parvenza di vita, qualcosa che non provava da fin troppo tempo.
    Ricambiò il suo bacio con dolcezza, allentando la presa sullo scialle che le copriva la scollatura della camicia da notte. Esso scivolò un po’ dalle sue spalle, finendo per solleticarla con le frange. Fu per lei, nonostante lo spavento iniziale, un dolce risveglio. Le sue labbra solleticavano le sue e le braccia di lui la tenevano salda contro il suo corpo.
    Sorrise quando lui si staccò da lei e si sistemò nuovamente lo scialle sulle spalle. Lo osservò parlare, prima di prendere lei la parola, dopo essersi seduta. Accavallò le gambe e fisso la figura dell’antico draco, che troneggiava su di lei grazie alla sua altezza. Era così giovane al suo sguardo, dolce per le sue orecchie e le sue labbra, eppure nei suoi occhi leggeva la sua forza, il suo essere terribilmente antico. Quel sangue antico che scorreva nelle sue vene, scorreva anche nelle sue ora e ne poteva sentire la forza. “Amore mio…” Lo chiamò a sé, tendendo una mano verso di lui, pronta a vederlo avvicinarsi alla sua esile figura, così pallida in quella camicia da notte e con i capelli corvini sparsi sulla schiena. “Vorrei tanto tornare a letto, tuttavia oggi è il giorno…” Il suo sguardo era sicuro, determinato. Si sarebbe ripresa la sua casa, avrebbe ripreso tutto ciò che le apparteneva e avrebbe aggiunto un capitolo alla sua storia. Aveva un progetto in mente, un desiderio, ma un passo alla volta. “Riprenderò possesso della mia casa, sebbene abbia amato questi mesi, ma è tempo di agire.” Si alzò di scatto, camminando lentamente verso di lui, mettendosi di fronte alla sua figura e prendendo le sue mani tra le sue. “Verrai con me? Mi appoggerai?” I suoi occhi cercarono quelli di lui, le sue mani si stringevano intorno alle sue e le labbra, lievemente aperte, attendevano quelle parole. Lui conosceva i suoi desideri, sapeva cosa avrebbe voluto costruire con lui e con tutti i vampiri della città, se fosse stato possibile. Non avrebbe più permesso che qualcuno decantasse i diritti anche su di loro, che potesse decidere di ucciderli senza conseguenza alcuna. Com’era stato per la povera Veronique, per Elias e per ciò che avevano tentato di fare a lei. Non erano pezzi, materiale per i desideri di grandezza di qualche altro immortale, erano vampiri, esseri che meritavano di vivere su quella terra quanto tutti gli altri.
     
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    « Che insolito inizio di serata » , commentai l'accaduto con un leggero filo di sarcasmo. Era stato davvero un insolito inizio di serata, certamente, non uno dei più tranquilli. Quello che davvero contava era che tutto, si fosse risolto nei migliori di modi e senza troppi problemi.
    Spostai lo sguardo sulla vampira che, nel mentre, si era seduta.
    La lasciai parlare, ascoltando attentamente quanto ebbe da dirmi, avvicinandomi a lei, qualche istante dopo.
    Quel giorno era arrivato.
    Proprio ora, proprio quella sera. Sapevo bene, anzi, sapevo benissimo che prima o poi sarebbe arrivato, soltanto, non immaginavo così presto.
    Era giunto il momento per lei di rialzarsi e di riprendersi tutto ciò che le apparteneva : la sua casa e tutti i suoi averi.
    Se da una parte ero contento che avesse ritrovato la grinta e la forza di reagire, dall'altra, beh, dall'altra ero triste. Volevo dirle di restare, di rimanere ancora un po' e di aspettare. Di rimandare il tutto a domani. Ma sapevo, che sarebbe stato egoistico da parte mia e poi, non era giusto nei suoi confronti.
    Quei mesi erano volati così in fretta, che a stento riuscivo a crederci, eppure, era così. « Capisco », dissi semplicemente abbozzando un sorriso. Un finto sorriso, cercando di nascondere quella sorta di malinconia che si era impossessata di me, non volevo rattristirla in alcun modo.
    Scrollai le spalle, dopo tutto, non era mica la fine.
    Mi afferrò le mani mentre i nostri sguardi si incrociarono, chiedendomi se andavo con lei. « Ma certo » la rassicurai, stringendo a mia volta le sue di mani, delicatamente.
    Poteva star certa che l'avrei seguita ovunque, aveva il mio supporto per ogni singola cosa, anche per la più piccola o per la più insignificante. Non l'avrei mai lasciata andare da sola. Sapevo bene, quanto ci tenesse, quanto fosse importante per lei. Non mi sarei mai tirato indietro, mai. « Verrò con te, per qualsiasi cosa sarò lì ad aiutarti » , l'avrei aiutata se ce ne fosse stato bisogno. O nell'eventualità di qualche pericolo o contrattempo ad attenderci, quella notte.
    « Direi che possiamo andarci a preparare allora », una piccola pausa, sorridendole ancora una volta. Proposi di andarci a preparare entrambi. Dopo tutto quel trambusto, eravamo ancora in pigiama e, uscire così, non era esattamente il massimo. « Ti chiedo gentilmente di farmi strada poi, non ricordo se mi hai detto dove si trova la tua casa » Venni colto da un dubbio.
    Non ricordavo esattamente se, nei vari discorsi fatti, mi avesse mai detto o anche solo accennato, dove si trovava la sua casa. A volte, involontariamente, mi capitava di dimenticare certi dettagli, anche se si trattava di cose importanti.
     
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    mesi passati in quella dimora erano stati lieti.
    I mesi passati con lui erano impressi nella memoria, cristallizzati come le rose nella resina: bellissime ed eterne. Doveva, avendo imparato la lezione che la vita le aveva impartito, riprendersi ciò che era suo, rimettere in piedi la sua esistenza e la sua casa, mutare nuovamente, ma in una versione migliore di sé stessa.
    Era cambiata così tanto in una manciata di anni che nel corso dei secoli, aveva perso Elias ed era divenuta spietata, aveva perso la sua casa, ma aveva trovato casa nel cuore di quell’immortale come lei. Il solo contatto visivo con il vampiro le riempiva il cuore di gioia, lo sfiorare le sue membra l’inebriava e la sua voce era divenuto il canto più dolce che potesse desiderare di udire. Dopo secoli era rinata finalmente, era cambiata per sopravvivere, era diventata un mostro, ma grazie a quell’antico uomo aveva imparato ad essere sé stessa. Ora, dopo secoli, era veramente “la morte misericordiosa”, appellativo donatole dal suo creatore. Ella come la morte uccideva, ma senza trarre piace dal recidere una vita umana, consapevole tuttavia che era necessario per la sua sopravvivenza. “Caleb.” Sorrise dolcemente, baciando quelle mani che erano sempre state gentili con lei, prima di alzarsi in punta di piedi e posargli un casto bacio a fior di labbra. “Ti amo”. Lo baciò un’ultima volta, prima di prenderlo per mano, pronta a condurlo nella casa che egli conosceva meglio di lei, ma che aveva imparato a conoscere ed amare anche lei. “Non preoccuparti, mon amour, ti condurrò io fino la mia dimora.”

    La brezza notturna le accarezzava la pelle lattea, i neri capelli lasciati liberi. Avanzava lungo quella via che ben conosceva, di cui aveva calpestato il suolo così tante alte volte e di cui conosceva ogni singola pietra. L’erba ancora acerba era rigogliosa, poteva annusare l’odore di quel prato e godere di quelle rose che aveva curato notte dopo notte. Erano divenute selvagge, eppure le sembrarono più belle del solito, così come la sua casa; così silenziosa nell’oscurità. “Caleb, prima di entrare devo dirti una cosa.” Rimase qualche passo davanti a lui, osservando l’entrata della sua casa apparentemente vuota. “Non sarò clemente questa sera, chiunque nella casa abbia un minimo collegamento con quel risorto perirà. Non sei costretto ad uccidere in caso ci fosse qualcuno, poiché è compito mio. Riprendendomi la mia casa, voglio dar vita ad una nuova era.” Il suo tono di voce era diverso dal solito. Non sembrava esserci amore, ma solo risolutezza e determinazione. Non lo guardò negli occhi, se l’avesse fatto avrebbe perso la sua risolutezza e dubbi l’avrebbero assalita. Se l’avesse vista uccidere forse avrebbe cambiato idea su di lei, anche se, dopotutto era come lei. Entrambi erano più morti che vivi ed entrambi si nutrivano di quel fluido rosso che scorreva sotto la pelle degli esseri viventi.
    Entrò in quella che era stata la sua casa per anni non poco stupita di trovare il tutto nello squallore e nel disordine più totale. L’odore del sangue era intriso in quelle mura, tanti erano gli uomini morti lì dentro, tanti erano i cadaveri che erano riversi in quella che era stata l’entrata. Dall’olezzo di decomposizione, di morte che poteva sentire era certa che non fossero gli unici presenti nella casa. “Di certo non servirà solo una ditta di pulizie qui…” Sussurrò, per poi sospirare ed avanzare tra le stanze. Doveva essere sicuro che non ci fosse nessuno e uccidere chiunque fosse ancora vivo in quel luogo. Nel camminare nei corridoi che quasi più non riconosceva a causa dello squallore in cui era sprofondata la dimora si rese conto che avrebbe potuto benissimo dar fuoco all’intera casa, così da cancellare ogni traccia del risorto, ogni traccia di quello che era accaduto e ricostruire tutto da capo, tuttavia non voleva che i preziosi libri presenti nella sua biblioteca personale venissero distrutti.
    Un fastidioso suono, simile al cibarsi di un animale, le giunse alle orecchie nel mentre si avvicinava nel salottino, una delle stanze in cui aveva passato più tempo quando era sola, con solo Marì a farle visita ogni tanto. Si avvicinò silenziosamente all’uscio della stanza, la cui porta era completamente spalancata e sbirciò. Il camino era spento, la stanza nello stesso pietoso stato del resto della casa, ma una testa rossa spiccava sul mucchio di cadaveri. Era quella testolina a produrre quel rumore, quel rantolio animalesco. “Marì…” Sussurrò la vampira, vedendo gli occhi da cerbiatta della sua ex domestica e amica alzarsi su di lei. Quegli occhi non erano mai cambiati, erano sempre quelli della sua cara Marì, ma era colpa sua se ora la sua vita era a pezzi ed era costretta a nutrirsi di cadaveri. “Signora è tornata!” Disse felice la Ghoul, alzandosi in piedi con la bocca sporca di sangue. Senza attendere un’istante la giovanissima ghoul corse tra le sue braccia, abbracciando la vampira. Ella le accarezzò gentilmente la testa. “Mi dispiace di averti lasciata qui Marì, a causa mia avrei sofferto. Ti chiedo scusa per quello che sei diventata, per quello che ti ho fatto, spero che tu possa perdonarmi.” Una lacrima rigò il volto della vampira, mentre sfruttando la sua velocità e la sua forza conficcò un tagliacarte di metallo nella testa della ghoul, senza darle possibilità di replica. Prima che ella stessa potesse realizzare il compimento del suo gesto si ritrovò con la sua testa tra le mani. “Mi dispiace, Marì.” Uno dei compiti che si era prefissata, prima di entrare in quella casa era fatto, ma era stato più difficile di quanto si aspettasse. Era per il suo bene, si ripeteva, oppure era solo un atto egoistico? Dettato dalla paura, dal terrore di perdere qualsiasi cosa.
    Si voltò verso Caleb con gli occhi pieni di lacrime, cercando di trattenerle, di non piangere. Se avesse visto disgusto nei suoi, se avessi visto il disprezzo per la sua persona, sarebbe stato probabilmente peggio per la vampira, la cui mente in quell’esatto momento non riusciva a pensare a nient’altro se non alla testa tra le sue mani e alle fiamme che avrebbero dovuto divorare tutto.
     
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    « Ti amo anche io » quelle parole mi uscirono spontanee, quando mi voltai verso di lei . Era da tanto, forse da troppo che non le dicevo a qualcuno. Che non provavo certi sentimenti verso un altra persona. Era riuscita a compiere quel piccolo miracolo.
    Scongelare quel cuore gelido che avevo da troppi secoli; e quella ne era la prova.
    Quei mesi erano stati importanti per entrambi.
    Ci concedemmo un ultimo bacio prima di uscire dalla mia dimora per raggiungere la sua.
    Sarebbe stata lei a condurmi, mi limitai ad annuire con un semplice cenno del capo, dopo che ella mi prese per mano. « Andiamo ».

    Fuori, l'aria era fresca.
    Mentre camminavamo, osservavo in giro i segni dell'arrivo della bella stagione. Eravamo definitivamente fuori dall'inverno. « Dimmi » arrestai il passo quando la vampira mi si parò davanti. Ascoltai attentamente quanto ebbe da dirmi; quella notte non sarebbe stata clemente, sopratutto con le persone all'interno di quella casa.
    « Sei sicura di volerlo fare ? » , si sarebbe assunta lei la responsabilità di ripulire e recidere gli ultimi legami con il risorto. Se quello era il suo volere l'avrei rispettato; mi chiedevo soltanto se non vi fosse un altra soluzione.
    Quando varcammo la soglia della sua villa, uno strano tanfo mi risalì su per le narici. Un odore nauseabondo che mi costrinse a portare una mano al naso; anche se non volevo passare per schizzinoso, ma quel gesto mi venne naturale.
    Lo stato d'abbandono di quella dimora era evidente. Ci sarebbe voluto parecchio lavoro per riportarla al suo antico splendore.
    La seguivo passando di stanza in stanza, quando, finalmente capì cosa provocava quello strano odore.
    Ci fermammo in una delle tante camere; il camino spento e a fianco a noi una ragazza. O così credevo.
    Era china su qualcosa, intenta a divorare quella sembrava della carne marcia e in stato di decomposizione. In più, emetteva uno strano verso simile ad un animale; era quella l'impressione che mi diede.
    Quella scena mi provocò un certo disgusto e spostai lo sguardo su Morgaine. « Posso chiederti chi è ? » chiesi a bassa voce, per poi spostarmi, cercando di non intromettermi più del dovuto.
    Quella testa di capelli rossi doveva essere la donna di cui mi aveva parlato qualche settimana prima.
    E infatti, a confermare la mia teoria furono le parole di Mari, quando chiamò la vampira "Padrona".
    Ora, cos'era Marie ? Un vampiro ? Un risorto o qualche altra strana creatura ?
    Provai una sorta di pena vederla corrergli contro a salutarla, come se nulla fosse. E solitamente la compassione e la pena non erano sentimenti che mi appartenevano. Ma per qualche strano motivo, quell'occasione fu diversa.
    Mi distrassi per un attimo, e il resto, accadde tutto troppo velocemente.
    La vampira conficcò un oggetto appuntito, un tagliacarte o qualcosa del genere nella testa dell'altra.
    Un gesto un po' troppo estremo, ma forse, era l'unica cosa possibile che poteva fare in quel momento.
    « Le hai dato la pace » guardai in silenzio la ragazza per qualche istante, spostando poi lo sguardo verso l'altra che giaceva esanime sul pavimento. Era brutto doverlo dire ma ora, le aveva donato se non altro la pace, fatto cessare quella sofferenza.
    Mi avvicinai a Morgaine stringendola a me, non potevo giudicarla o criticarla. « C'era solo lei in questa casa ? » una domanda stupida, ma entrando, non avevo avvertito nessun'altra presenza oltre a noi.
     
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    l suo dolce profumo, la sua voce erano un piacevole conforto.
    Lui l’amava per quello che era, lo vedeva dai suoi occhi, e lei amava lui. Il suo amore era sincero. Le riempiva l’antico cuore, dissipando l’odio, la tristezza e il dolore che si erano annidati al suo interno per così tanto tempo.
    La sua mano, unita alla propria, le dava sicurezza. Da sola, senza nessuno accanto non sarebbe mai riuscita a fare quello che doveva, probabilmente senza di lui il suo sentimentalismo l'avrebbe bloccata prima.
    Doveva recidere ogni legame con il risorto e con quello che era stata.
    Avrebbe dovuto tagliare i ponti con il passato, rimediare - per quello che era possibile - alle sue colpe.
    "Si, andiamo." Sussurrò, stringendo la sua mano, prima d'incamminarsi con lui verso quella che era stata la sua casa.

    Ormai non la riconosceva quasi più, lo splendore di quella casa era sparito insieme a lei.
    Sangue, polvere e quant'altro imbrattavano ogni cosa.
    Era difficile immaginare quello che c'era una volta in quella casa, immaginare lo splendore del lampadario, del mobilio, dei quadri, ma era tutto marcato a fuoco nella sua mente. "Avrei voluto mostrartela in condizioni migliori, tutta la sua bellezza sembra essere svanita..." Alzò lo sguardo, per guardare verso la scala che conduceva alla sua stanza per un istante. Prima di voltarsi e tornare su i suoi passi. Quella stanza non era più la sua stanza e quella casa non era più la sua.

    Il sangue della ghoul le imbrattava le mani e la veste.
    L'aveva uccisa, aveva ucciso la sua unica amica.
    Le lacrime minacciavano di solcare le sue guance, di librarsi dalle sue iridi, ma resisteva, cercava di resistere a quell'impulso.
    Si pulì le mani sul vestito, prima di voltarsi verso di lui con gli occhi pieni di lacrime. "Si..." Sussurrò con voce flebile, prima che lui la stringesse a sé.
    Si beò di quella stretta, rannicchiandosi contro il suo corpo e nascondendo la testa contro il suo petto. "La colpa è mia. Se mi fossi ribellata al tempo, forse sarebbe potuta rimanere umana e non sarebbe morta in questo modo." I singhiozzi le spezzavano la voce. Avrebbe per sempre portato Marì nel suo cuore. Le aveva voluto bene, era stata una persona fidata, dolcissima nei suoi confronti e buona come poche altre persone, ma il risorto l'aveva corrotta. Aveva distrutto la sua umanità, ma anche la sua mente. Era diventato un mostro al servizio dei suoi istinti.
    "Si, credo di si, ma dobbiamo nascondere tutto questo agli occhi degli altri. Dobbiamo bruciare la casa. Una volta bruciata potremmo usare il terreno per altro." Disse, rimanendo stretta a lui. Aveva già dei progetti ben precisi in mente, ma doveva prima radere al suolo ogni cosa.
    Voleva costruire un luogo sicuro per tutti i vampiri, un luogo che potessero chiamare casa in cui trovare sempre qualcuno pronto ad accoglierli, ad aiutarli, a proteggerli dai cacciatori o da altre creature sovrannaturali. Nessuno avrebbe più dovuto subire come lei.
     
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