Le Valchirie non sono immortali

Giocata per Raven

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    Ursa Powaqa Walkers

    ஐPerdersi non è mai una buona idea... ovunque sia il tuo labirintoஐ


    Ricordava poco di cosa fosse successo, come capita spesso quando avviene un incidente. Tutto si mescola e frulla, rendendo i fatti più simili all'acqua che usava solitamente per ripulire i pennelli: una brodaglia inconsistente e dai colori indistinti, in cui a fatica si può ritrovare e distinguere i colori che vi sono stati immersi.
    Era forse colpa della luna piena? Suo padre le diceva sempre che quando la luna splendeva nella sua forma completa potevano succedere le cose più disparate, dalla nascita di molti bambini agli incidenti mostruosi come quello. Non c'aveva mai creduto e si limitava ad un sorriso di circostanza quando il padre le riproponeva quella baggianata. Ed infatti quella sera non vi era nessuna luna piena, niente stramba magia lunare che faceva impazzire le persone. Solo uno stramaledetto idiota che, probabilmente strafatto ed in compagnia di amici da impressionare, aveva deciso che sarebbe stata un'ottima idea provare a battere sul tempo il rosso e passare con l'arancione... su un incrocio trafficato... in pieno sabato sera quando tutti escono. Ed alla fine non ce l'aveva fatta a vincere il rosso, probabilmente credendosi un moderno Marty McFly sulla famosissima Delorean aveva sperato fino all'ultimo di sparire in un qualche futuro abbastanza remoto; ma come detto non c'era riuscito. La scena che si era svolta era stata quella di un film d'azione: macchine che si tamponavano, ribaltamenti ed il suono di lamiere che si contorcono e vetri che scoppiavano.
    Non ricordava di preciso come si fosse trovata a terra. Era frastornata e probabilmente una delle poche persone che aveva ferite lievi in quel marasma di vetture e sangue.
    Si era ritrovata semplicemente a terra, i suoni ovattati per colpa del casco e di una specie di ronzio di sottofondo nelle orecchie, oltre al suo respiro agitato che rendeva il cercare di concentrarsi ancora più difficoltoso.
      "'Fanculo" aveva esordito cercando di slacciare il casco e liberarsene, operazione che richiese diversi minuti ed un'indicibile sforzo.

    Una volta libera prese un profondo respiro e si mise a sedere, cercando di capire cosa stesse succedendo. La prima cosa che processò la sua mente fu il rumore e le grida, lo stridio fastidioso delle sirene delle ambulanze nelle sue orecchie, ed una sola parola le attraversò il cervello: apocalisse. Ma liquidò quello stupido pensiero con un sorriso infastidito e l'ennesima maledizione a mezza voce. Almeno riusciva ancora a parlare nonostante sentisse la paura invaderla, ricamata a punto croce nei suoi muscoli e nelle sue riflessioni, nello stomaco contratto e nelle gambe che tremavano. Già... le sue gambe. Gli diede un veloce sguardo, per assicurarsi che fossero ancora lì: erano due, con attaccati ancora i piedi. Una buona notizia, anche se i jeans erano praticamente da buttare e riusciva a scorgere una profonda escoriazione attraverso il tessuto lacerato: la pelle pareva esser stata asportata in più punti a partire dal polpaccio destro fino alla coscia, quasi all'anca, ed il sangue stava iniziando ad imbrattare i jeans. Probabilmente aveva anche la spalla e l'avambraccio nelle stesse condizioni, abrasi dai tessuti contro la pelle, ma almeno il pesante giubbotto aveva retto alla caduta e protetto il suo arto. Un'altra buona notizia. Controllò anche il resto del suo corpo e se i suoi monili erano ancora al loro posto: al polso il bracciale pareva intonso e l'anello di giada ancora lo sentiva contro il collo. A posto.

    Decise allora che era giunto il momento di alzarsi e, Ursa, fece forza sulle gambe, incoraggiandosi a suon di 'lo shamano ha allevato una femminuccia!' e 'devi continuare a fare l'invalida a terra ancora per molto?'. Ma quando fu in piedi si sentì svenire: portò una mano al fianco destro, avvertendo una fitta che la lasciò boccheggiante. Sapeva già cosa stava succedendo. Da bambina si era rotta alcune costole con una brutta caduta da cavallo e di nuovo si trovava ad avvertire quel dolore, anche se meno intenso e più circoscritto, e seppe che quelle dannate ossicine a boomerang si erano incrinate. Prese piccoli respiri, cercando di muovere il meno possibile la cassa toracica e, una volta ripresasi, cercò con lo sguardo la sua Kawasaki. La scorse dietro una delle macchine coinvolte nel tamponamento, distesa come un bianco animale ferito sull'asfalto freddo ed un'altra imprecazione le sfiorò le labbra: le riparazioni sarebbero state costose.

    Si trascinò lentamente fino alla moto e si chinò piano accanto ad essa cercando di fare meno movimenti bruschi, rialzandola con non poca fatica, constatando che i danni erano tutto sommato molto limitati, soprattutto visto il caos che vi era attorno a lei. Passò delicata una mano guantata sul serbatoio graffiato.
      "Un po' di vernice e tornerai nuova" mormorò distrattamente.

    L'indiana non si era preoccupata fino a quel momento di ciò che le avveniva intorno, concentrata sul constatare che fosse ancora viva, ma ad un'occhiata si accorse di esser scampata a qualcosa di estremamente più mortale. Se fosse stata anche solo una macchina più avanti probabilmente sarebbe rimasta schiacciata in un groviglio di vetture e rottami, un tutt'uno con la sua moto in un ultimo abbraccio mortale. Probabilmente si era anche salvata grazie al fatto che la macchina prima di lei aveva slittato e scodato, colpendola, e facendola finire a terra, lontana quel tanto da impedirle di essere schiacciata o tamponata. Ma altri non erano stati fortunati come lei e lo vedeva dalle ambulanze che si erano precipitate a condurre medici e paramedici sul posto, ai vigili del fuoco e poliziotti che si prodigavano ad estrarre chi vivo e chi morto dalle varie carcasse. Si sentiva spaesata e fredda, quasi stesse osservando da spettatrice uno dei suoi stessi quadri, ma da cui non traeva alcun tipo di emozione, se non un distacco traumatico, mentre i suoi occhi continuavano a riempirsi delle immagini strazianti di quell'incidente. Niente. Nulla in quella scena la scuoteva.
      "Sono davvero così insensibile?" si domandò a bassa voce, inclinando la testa e senza sbattere le palpebre per non perdersi nemmeno un particolare dell'incidente.

    Qualcuno le si era avvicinato ed aveva constatato che il suo aspetto non era dei migliori. Non ricordava se aveva fatto resistenza quando l'avevano messa sull'ambulanza o se semplicemente si era lasciata condurre come un animale al guinzaglio. Da quel momento tutto era diventato simile ad un frullato di percezioni e ricordi, del suono delle forbici mediche che tagliavano i suoi jeans, dell'odore del disinfettante e delle garze, la fastidiosa rigidità di un collare. Ma l'unica cosa a cui riusciva a pensare l'alchimista era che voleva tornare a casa, che Machk probabilmente stava facendo qualche disastro e che non voleva rimanere in ospedale.

    Ursa si svegliò intorpidita e vistosamente infastidita. La prima cosa che la colpì fu lo spiacevole odore di disinfettante industriale e malattia, e si costrinse a guardarsi attorno, scoprendosi abbandonata in uno stanzino buio insieme ad altri pazienti, che respiravano pesantemente nascosti dietro bianche tende simili a sudari. Odiava gli ospedali, anche se il suo sogno era stato quello di diventare medico in gioventù, non riusciva davvero a farsi piacere quei casermoni pieni di gente sofferente.

    Lentamente si mise a sedere sul bordo del letto ed iniziò a soppesare il suo stato: attorno al collo aveva un fastidioso collarino in spugna- che si premurò di levare velocemente-, mentre una bianca fasciatura le prendeva la gamba e la spalla destra, nascoste sotto il classico tunicone ospedaliero che offrivano a chi solitamente veniva ricoverato. Sarebbe stato difficile uscire di lì in quello stato. Ma non era questo il suo pensiero principale: era dove voleva essere, anche se non nelle condizioni in cui sperava di arrivare. Quella stessa mattina si era detta che doveva andare in ospedale per riuscire a rintracciare Brynhild o quanto meno scoprire se le voci sulla sua morte erano vere o meno.

    Si rimise in piedi con una certa cautela, andando poi a fermare la flebo e levandola con cura da dentro la pelle. Controllò dove fossero finiti il suo orologio ed il bracciale, rivoltando cuscino e lenzuola, scoprendo che le infermiere erano state abbastanza premurose da esserseli tenuti, insieme al kubotan ed al taser. Avrebbe dovuto farne a meno, anche se l'idea di muoversi in giro per l'ospedale senza Xing Qiao od un'arma qualsiasi le piaceva poco. Ora l'idea migliore era quella di raggiungere l'obitorio e scoprire se vi fosse qualcuno con cui parlare, sperando di poter estorcere qualche utile informazione.

    Il corridoio su cui si affacciava la stanza era stranamente deserto, grigio e deprimente, tinto dalla flebile luce dei neon incastonati nel soffitto. Un orologio da muro elettronico le rimandava l'orario, roventi numeri color sangue su campo nero: 3.45 am. Per quanto l'ora suggeriva un momento in cui il Pronto Soccorso sarebbe dovuto essere più calmo, Ursa, riusciva a distinguere il suono concitato e laborioso di infermieri e medici che si aggiravano nella sala non lontana. L'incidente aveva creato veramente tanto trambusto e questo era un grosso punto a suo favore, in quanto avrebbe potuto facilmente confondersi ed arrivare all'ascensore per scendere di un piano. Fece per muoversi quando una voce, inflessibile e vistosamente indispettita, le giunse alle spalle.
      "Cos'ha intenzione di fare?"

    Colpita e affondata. Non aveva ancora iniziato la sua avventura che già qualcuno le metteva i bastoni fra le ruote. Ursa si girò lentamente sfoggiando il suo sorriso più innocente e fissò gli occhi nocciola sull'inserviente ad un paio di metri da lei.
      "Chiedo scusa, stavo solo cercando il bagno"

      "Lo trova qui" indicò la porta alla sua destra su cui svettava l'inconfondibile scritta 'toilette'. "Non c'è bisogno che si allontani... soprattutto non le è permesso rimuovere il collare e la flebo"

    La voce dell'inserviente era sempre più dura e infastidita, come lo sguardo inquisitorio che aveva puntato sull'indiana, mettendo le braccia conserte sul petto ed in attesa che Ursa si muovesse per tornare nella sua camera. Ma non sapeva quanto l'artigiana fosse disposta a tutto pur di trovare informazioni su Brynhild.

    Assunse allora l'espressione più disperata che potesse creare, il sorriso tramutatosi in un labbro vibrante, gli occhi che andavano gonfiandosi di lacrime, mentre chinava leggermente la testa per fissarsi i piedi. Chinò di un po' le spalle in avanti, dando l'impressione all'inserviente di trovarsi di fronte la più avvilita delle creature, mentre con voce rotta da un leggero singhiozzare, Ursa, le sottopose il suo problema:
      "Mi scusi la prego... non volevo scappare... stavo solo cercando mia mamma... era con me nell'incidente... non so dove sia, non mi hanno detto se stava bene... E' una donna anziana e fatica a ricordarsi le cose... e se è morta? Voglio solo darle un'ultima occhiata, vedere se sta bene"


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    SCHEDA PG
    Energia: 100%
    Stato fisico: - Abrasione gamba destra e spalla destra
    - Due costole incrinate lato destro.
    Stato mentale: ///

    Abilità: - Carisma/elusione dei dettagli: Il carisma e l'elusione di alcuni dettagli, sono le caratteristiche principali (se non fondamentali) che garantiscono agli esseri umani appartenenti alle classi, un certo margine di sopravvivenza tra creature non pi� umane e soprannaturali. E' una tecnica in parte innata, in parte potenziata con l'aumentare dell'et� e dell'esperienza da ogni singolo soggetto. Questa abilit� permette a chi la possiede di scegliere se interpretare un determinato ruolo o meno, non solo per assicurarsi la fuga oppure nascondersi, passare inosservato, ma anche per potersi infiltrare in cerchie ristrette o condurre indisturbatamente brevi indagini sul campo. Facendo uso, appunto, del suo carisma e della sua potenzialit�, il soggetto riesce a convincere innanzitutto s� stesso della sua nuova e momentanea identit�, agendo e dialogando con estrema spigliatezza e sicurezza, in modo da indurre la persona (o creatura) che ha di fronte a credere, senza farsi molte domande, quanto egli dimostra o racconta, riuscendo a far passare inosservati i piccoli dettagli attraverso una gestualit� ed una parlantina piuttosto arguti ed accurati. In presenza di altri esseri umani senza poteri o con capacit� scarse, il trucchetto avr� sicuramente una riuscita migliore e pi� duratura, sar� invece pi� complicato mantenere a lungo tempo la farsa in presenza di creature molto esperte o anziane, soprattutto vampiri o mannari dotati di poteri psichici e di sensi molto sviluppati.
    - Durata dell'efficacia del carisma: 3 max 5 turni[/spoiler_tag]





    Edited by Sugar Pinkie - 27/4/2020, 12:08
     
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    Non era raro che la maggior parte degli incidenti capitasse durante il fine settimana, durante il venerdì sera ed il sabato sera, quando qualcuno si dimenticava di premere il freno per stanchezza o per un goccio di troppo. Nouvieille dopotutto era una città come tante altre, dove la popolazione umana - e non solo - si divertiva alla fine dei propri turni di lavoro, festeggiando l'incombente settimana a venire con più alcool che sangue nelle vene. Tutto molto bello, se non fosse stato per il grande incidente in centro di quella sera che aveva coinvolto un numero spropositato di convogli e messo in movimento tutta la macchina sanitaria e di assistenza, tra chi si occupava di tagliare e sfondare le lamiere per liberare corpi più o meno maldridotti e chi si occupava di portarli via per ricucirli o, nel peggiore dei casi, ricomporli e cercare le famiglie. Non che Raven avesse la serata libera in quanto quella settimana era di turno dalle otto di sera alle otto di mattina, e non che gli dispiacesse in maniera così acuta constatato l'orrendo e truculento spettacolo a cui aveva potuto assistere... e tuttavia, aveva sperato almeno di poter visitare il suo locale l'indomani per accertarsi dei lavori di ristrutturazione. In qualità di sanitario invece, con un'emergenza così grande e improvvisa, non aveva dubbi sul tornare a casa: non ci sarebbe tornato. Nella migliore delle ipotesi, le otto ore di turno si sarebbero trasformate in dodici, dopodichè sarebbe crollato mugugnando davanti alla macchinetta del caffè o sul divanetto nella stanza degli infermieri. Nel peggiore, avrebbe dovuto chiamare qualcuno per sistemare casa e locale, arieggiare e fare le dovute pulizie, dopodichè si sarebbe schiantato contro il materasso per le successive ore e tanti saluti a tutti.
    Il problema della stanchezza comunque non si poneva finchè restava in movimento: c'erano stati talmente tanti corpi da recuperare e movimentare sul campo, e talmente tante operazioni chirurgiche tutte d'improvviso una volta tornati in ospedale, che difficilmente avrebbe avuto anche solo il tempo per pensare alla fatica mentale e fisica accumulata. Con un leggero abuso di caffeina e con l'aiuto dei colleghi era riuscito a caricare nelle varie ambulanze almeno una quindicina tra morti e feriti, e il massimo legale di due interventi in rapida successione gli aveva concesso di prendersi una pausa con un lavoro più tranquillo e decisamente meno amato.
    Per quanto chirurgo di pronto soccorso, non molti medici in ospedale amavano avere a che fare con i cadaveri e la loro pulizia e chiusura, specie quando l'intestino stava da una parte ed il resto spiaccicato da un'altra, magari a qualche metro di distanza. A Raven non spiaceva invece stare in compagnia dei morti, silenziosi ed immutabili, e così verso le due - col calare delle emergenze - l'avevano mandato a ricostruire e pulire quelli più gravi, quelli di cui quasi nessuno sopportava lo sguardo assente e le profonde lacerazioni nei tessuti.

    L'obitorio dell'ospedale di Nouvieille non era vasto, ma aveva una buona quantità di celle frigorifere, lettini di metallo e forniture davanti a cui il suo personale nel seminterrato poteva solo impallidire. Due cadaveri di diversa nazionalità e sesso stavano sotto teli di lino che iniziavano a grondare dalla quantità di sangue assorbito, mentre gli altri quattro, leggermente messi meglio, erano stati portati da altri colleghi alle celle e messi lì dentro in attesa che l'angelo nero finisse il suo compito un po' alla volta. Aveva una scrivania in un angolo illuminato della stanza e dopo aver completato i controlli preliminari e visionato i rapporti stesi sull'ambulanza, doveva passare all'ispezione degli effetti personali, recuperare le informazioni sui familiari e contattarli, per poi occuparsi di rimettere assieme i pezzi del puzzle umano, armato di bisturi, pinze, ago e filo. La valutazione che avrebbe in seguito scritto sarebbe valsa come peripezia per le autorità competenti e come autopsia valida, motivo per il quale non solo ricuciva, ma apriva e chiudeva constatando la gravità dei danni e a quali organi.
    Faceva un freddo cane però. L'obitorio era ovviamente tenuto a temperature basse per permettere la conservazione delle salme, e probabilmente anche la sua, motivo per il quale lavorava rattrappito dentro la vistosa divisa rossa con catarinfrangenti sulle braccia e sulle gambe, su cui risultava impossibile distinguere il colore dal sangue effettivo. Con le mani avvolte dai guanti di lattice azzurri tipici del personale e circondato da una quantità assurda di contenitori, lavorava minuzioso all'esplorazione del secondo corpo umano dopo aver finito col primo, borbottando e lamentandosi di quando in quando del freddo che gli entrava nelle ossa, in piedi per metà ma con una gamba ed il piede incastrati nel piolo di uno sgabello imbottito, da modo potesse trascinarlo per sedersi ogni tanto. La tazza di caffè bollente era poggiata sul ripiano del lavandino, ma dubitava che la donna asiatica dai lunghi capelli neri fatta a pezzi davanti ai suoi occhi se ne sarebbe lamentata, così come non si sarebbe lamentata di avere qualcuno con cui parlare. A tutti gli effetti, l'angelo sembrava il classico anatomopatologo alla CSI, leggermente inquietante e forse anche sgradevole agli occhi degli altri per la mancanza di scrupoli verso corpi morti e (quasi) sepolti. Un motivo in più per cui nessuno sarebbe venuto a disturbarlo tranne che in casi di urgenza.

    Erano quasi le quattro - e lui era solo a metà del lavoro - quando sentì un rumore provenire da dietro la doppia porta che dava al corridoio. Guardò l'orologio strabuzzando gli occhi per l'orario, dopodichè si lavò velocemente le mani al lavabo e afferrò la tazza di caffè ormai fredda, sorseggiandola. Arricciò le labbra dal disgusto - ormai tagliate in più punti, perchè passava il tempo a tormentarsele coi denti mentre lavorava - prima di convincersi che poteva prendersi un momento di pausa per scaldarlo. Allora si staccò dal tavolino scansando lo sgabello, lasciando tutti gli strumenti riposti accanto alla testa del cadavere scoperto, e si diresse alla scrivania inondata di scatole e oggetti tra i più disparati sul quale troneggiava il bollitore mezzo vuoto, nel quale riversò il contenuto della tazza.
    Si? Alzò la voce in risposta al rumore appena sentito, mentre pigiava il tasto di accensione, mettendosi a braccia conserte ad aspettare il caffè al sapore di acquaragia. Non gli sembrò di avere risposta, per cui si girò verso la porta, prima dubbioso. Preferì insistere, supponendo di aver sentito un collega bussare.
    Che c'è?
     
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    La sua farsa aveva sortito l'effetto sperato, andando a colpire un nervo scoperto dell'inserviente, un punto debole che era riuscita a scovare al primo colpo: probabilmente anche a lui era successo qualcosa di analogo con un familiare o semplicemente la stanchezza unita a quella serata che odorava di disperazione avevano fatto leva sull'uomo. Ursa lo vide tentennare, abbassare per un momento lo sguardo e cercare una soluzione accettabile e coerente che non infrangesse le regole dell'ospedale. L'artigiana, dal canto suo, rincarò la dose, nascondendo il viso fra le mani e piazzando un paio di singhiozzi soffocati, andando ad infrangere l'ultima barriera dell'uomo.
      "D'accordo, d'accordo! La porto di sotto... la prego non si agiti così. Ma deve essere una cosa veloce." rispose di conseguenza l'inserviente, andando a tergersi la fronte in un moto di disagio dettato dalla situazione.

    Ursa lo ringraziò con un filo di voce, asciugandosi delle lacrime che non vi erano mai state, ma che chiunque avrebbe giurato che c'erano state fino ad un momento prima. Era diventata brava nel fingersi la classica donzella in difficoltà: una soffiata di naso, un labbro tremulo ed un singhiozzo nella giusta sequenza facevano sempre il loro effetto. E quell'uomo non ne era immune.

    Con gentilezza l'accompagnò fino all'ascensore più vicino, adeguando l'andatura a quella della donna, leggermente zoppicante e lenta per il lieve dolore al costato che di tanto in tanto le toglieva il respiro. Dal canto suo, l'indiana, nonostante gli acciacchi, si sentiva rinvigorita e vibrava d'eccitazione per quella sua improvvisata e la ricerca che stava portando a termine, a suo dire, molto velocemente.

    L'ascensore li condusse all'inizio di un altro lungo corridoio. Quando le porte di metallo si aprirono e la vocina registrata trillò 'piano interrato', Ursa, venne investita da una zaffata gelida. Le narici le si colmarono dell'essenza della morte, la mente invasa dal sapore ferrigno del sangue in fondo alla gola ed il silenzio innaturale che le premeva nelle orecchie; per un istante una parte nascosta in fondo alla sua testa urlò di girarsi e tornare nel letto al piano di sopra, dimenticarsi di Brynhild e Mina e cominciare a pensare solo al suo lavoro. Basta investigazioni, oggetti maledetti e sparizioni.

    Si riscosse dai suoi pensieri quando l'inserviente le appoggiò sulle spalle una vecchia felpa, dicendole che il freddo laggiù era normale e che serviva per mantenere meglio i corpi. Ursa annuì piano: non si era accorta di aver portato le mani attorno alle braccia ed aver iniziato a tremare.

    L'inserviente la precedette, andando a bussare alle ampie porte di metallo che sbarravano loro il cammino, mandando un eco lugubre lungo le pareti asettiche che fece accapponare la pelle all'artigiana che strinse più forte una mano attorno alla ferita sulla spalla: il dolore la teneva vigile e non la distraeva come la paura.

    Una voce maschile si fece sentire oltre le porte, invitando implicitamente l'inserviente che spalancò la porta quel tanto da poter parlare, mentre sospingeva dentro la stanza Ursa che appariva, ora più che mai, ad una ragazzetta spaesata dentro un'informe tunica che le andava troppo grande.
      "La signorina sta cercando sua madre. Lo so che va contro le regole dell'ospedale, ma non tornerà a letto finché non la vedrà." fece l'inserviente senza più degnare di uno sguardo l'artigiana "Io devo tornare in servizio. La lascio a te."

    Furono le ultime parole dell'uomo prima che sparisse nuovamente dietro le doppie porte. Ursa poté quasi sentire i passi dell'inserviente che veloci tornavano all'ascensore e le porte di questo richiudersi altrettanto celermente. Era sola con i morti. Amen. Sarebbe andata avanti.

    Fissò lo sguardo sull'unica cosa viva nella stanza: un uomo alto avvolto nella classica divisa rossa dell'ospedale e di chi opera prevalentemente nel Pronto Soccorso, stava vicino ad un'ingombra scrivania, le braccia conserte ad attendere che il bollitore acceso gli rimandasse il caffè ad una temperatura degna.
      "Salve..." mormorò con un filo di voce, riprendendo la parte che aveva iniziato a recitare al piano superiore. "Sono dispiaciuta per i problemi che vi sto creando... ma voglio vedere una persona. Si chiama Brynhild... Brynhild Dahl. E' qui?"

    Scrutò l'uomo un momento, ancora indecisa se aggiungere altro o meno: non aveva l'aspetto che si figurava potesse avere un operatore del Pronto Soccorso o almeno non aveva visto nessun altro come lui. I capelli tinti di un rosso quasi sanguigno, un volto curato e distinto dalle linee armoniche, anche se le labbra tagliate le comunicavano che era una persona probabilmente impaziente. Distolse in fretta l'attenzione da lui, dedicandosi a cercare nella stanza con lo sguardo, soffermandosi nella zona in cui riusciva a vedere i corpi sotto i bianchi teli tinti, sagome indistinte e che non erano riuscite a sopravvivere al fatidico 'momento sbagliato'. La tentazione di muoversi ed andare a scoprire i corpi, guardarli con la curiosità morbosa della sua parte amante della medicina. Forse era stato per quello che l'incidente non aveva avuto su di lei alcun effetto?

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    Abilità: - Carisma/elusione dei dettagli: Il carisma e l'elusione di alcuni dettagli, sono le caratteristiche principali (se non fondamentali) che garantiscono agli esseri umani appartenenti alle classi, un certo margine di sopravvivenza tra creature non pi� umane e soprannaturali. E' una tecnica in parte innata, in parte potenziata con l'aumentare dell'et� e dell'esperienza da ogni singolo soggetto. Questa abilit� permette a chi la possiede di scegliere se interpretare un determinato ruolo o meno, non solo per assicurarsi la fuga oppure nascondersi, passare inosservato, ma anche per potersi infiltrare in cerchie ristrette o condurre indisturbatamente brevi indagini sul campo. Facendo uso, appunto, del suo carisma e della sua potenzialit�, il soggetto riesce a convincere innanzitutto s� stesso della sua nuova e momentanea identit�, agendo e dialogando con estrema spigliatezza e sicurezza, in modo da indurre la persona (o creatura) che ha di fronte a credere, senza farsi molte domande, quanto egli dimostra o racconta, riuscendo a far passare inosservati i piccoli dettagli attraverso una gestualit� ed una parlantina piuttosto arguti ed accurati. In presenza di altri esseri umani senza poteri o con capacit� scarse, il trucchetto avr� sicuramente una riuscita migliore e pi� duratura, sar� invece pi� complicato mantenere a lungo tempo la farsa in presenza di creature molto esperte o anziane, soprattutto vampiri o mannari dotati di poteri psichici e di sensi molto sviluppati.
    - Durata dell'efficacia del carisma: 3 max 5 turni (secondo turno di utilizzo)[/spoiler_tag]





    Edited by Sugar Pinkie - 27/4/2020, 12:10
     
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    Effettivamente, pareva che avesse sentito bene. Un collega aveva bussato alle doppie porte e gli aveva brevemente chiesto di far fare un giro alla ragazza che era poi entrata, e che a quanto pare cercava sua madre. Mentre sentiva il caffè cominciare a bollire, quello lo salutò lasciando la giovane al suo destino, dicendo che doveva tornare in servizio. Raven gli rivolse uno sguardo astioso: sapeva che era contro le regole dell'ospedale e gliel'aveva fatto comunque fare? Tordo.
    Va bene, me ne occupo io. Te la rimando di sopra quando avrà finito.
    Finalmente il caffè bolliva. Ascoltò le richieste della ragazza mentre recuperava il caffè bollente, poi si avvicinò a lei e le rivolse uno sguardo di valutazione: aveva il braccio destro e la gamba destra fasciati, un rivolo di sangue probabilmente proveniente dalla vena in cui una volta c'era stata una flebo (e senza cerotto nè disinfettante, cosa che andava anch'essa contro le regole di igiene) e aveva un'aria estremamente pallida, nonostante la pelle ben più scura della sua potesse tradire l'eventuale, occasionale osservatore. Quasi sicuramente stava sentendo un male cane, o forse si sentiva intimorita dalla sua presenza.
    Chissà cos'altro ha, per il diavolo.
    Buonasera. Non sapeva il nome, e anche se infastidito cercò di simulare una certa cortesia professionale. Devo controllare le cartelle cliniche che mi sono arrivate questa sera. Anche lei è stata coinvolta nell'incidente di stanotte? Probabilmente l'abbiamo caricata sull'ambulanza.
    Si spostò una mano sul fianco, sorseggiando caffè dalla tazza e scrutandola con le iridi di un verde quasi al neon, velato di stanchezza. Era una bella ragazza con dei tratti smaccatamente indiani, tipici degli indiani d'america nelle riserve. Una Pocahontas sperduta con dread e capelli rossi, avvolta in una tunica da ospedale - il chè significava che le lesioni probabilmente erano più estese del previsto - ed in un'ulteriore strato di tuta per il freddo dell'obitorio.
    Ci sono molti corpi del quale non ho ancora potuto verificare i documenti, e altri potrebbero arrivare dalle sale d'operazione o dalle terapie intensive in tarda mattinata. Se preferisce rimanere qui per un riconoscimento non ho nulla in contrario, ma ci vorrà del tempo - e senza flebo, antidolorifici e qualsiasi cosa si sia tolta nel suo breve soggiorno al reparto, temo mi crollerà davanti sul pavimento tra due minuti o poco meno. Quindi, signorina, se vuole rimanere qui mi permetta di visionare il suo file e rimetterla sotto terapia. Anche perchè tempo una giornata e domani urlerà se solo le sfioreranno le contusioni con un dito, farmaci o no.
    Fù brutalmente chiaro su questo punto, forse persino piccato dato avevano interrotto il suo lavoro. Tuttavia l'idea di avere giovane compagnia non lo disgustava totalmente, poteva tollerare, forse persino godere delle facce smunte della ragazza davanti ai corpi trucidati che gli avevano messo da parte. Prese ancora una sorsata di caffè, prima di lasciarlo sulla scrivania.
    Intanto può mettersi seduta qua. Appena fatto, vedremo di capire che fine ha fatto sua madre.
    Anche la scrivania era dotata di una sedia, poco meno imbottita dello sgabello. Gliela spostò per praticità e si accinse ad aprire il portatile per controllare le informazioni caricate dal pronto soccorso, in modo da recuperare la terapia adatta e l'esatta prognosi iniziale.
    Signorina, il suo nome?


    Sugar, mi dicono dall'amministrazione che sarebbe meglio se mettessi le statistiche del tuo personaggio (energia, stato fisico e mentale, ecc) sotto spoiler, per evitare confusioni varie. Ti spiacerebbe?
    So che anche il nuovo risvegliante è un tuo conoscente, se potessi riferirlo anche a lui sarebbe perfetto. Perdonami, ma sono direttive dall'alto >_<
     
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    Non sentì il bollitore spegnersi, come non avvertì il rosso avvicinarlesi. Fu piuttosto una vibrazione sulla pelle, come se all'improvviso l'avessero pizzicata o punta con minuscoli spilli e trasalì, fissando nuovamente gli occhi nocciola sul paramedico che la sovrastava. Non era difficile dominarla in altezza, visto il suo metro e sessantacinque che faceva apparire gli altri estremamente alti, ma quel giorno si sentiva come ristretta e compressa.

    Non riuscì a dire niente quando la salutò cordialmente, la voce di chi deve mantenere una certa cortesia, ma i cui occhi la stavano soppesando con una certa insistenza, esaminandola con occhio critico. E quegli occhi, velati di un'ovvia stanchezza, avevano un colore così fittizio che per un momento si chiese se non fossero lenti a contatto. Ma l'istinto le urlava che quello sguardo e quella pelle estremamente chiara nascondevano ben altro, che la persona che aveva davanti non era ciò che le stava mostrando. Avrebbe potuto dire qualcosa, scusarsi di aver arrecato disturbo, defilarsela ed allontanarsi da quella presenza così soverchiante. Sarebbe riuscita comunque a trovare il modo per trovare ciò che cercava. Troppo tardi.

    Le si approcciò come un medico che sgrida una paziente distratta ed imprudente- il che non era molto distante dalla realtà-, ma lo fece con un certo velato fastidio. Poteva capirlo. Dopotutto era insensibile solo fino ad un certo punto, ma ciò non le interessava più di tanto. E poi stava iniziando a sentirsi meglio: il freddo la faceva sentire meno intontita, come il parlare con qualcuno che non la trattasse come un'invalida ed il silenzio della stanza era corroborante.

    Si sedette sulla sedia che le aveva gentilmente offerto, facendo una smorfia di dolore quando i punti sulla gamba le mandarono una fitta a ricordarle di fare più attenzione.
      "Ursa Walkers." fece semplicemente l'artigiana quando le chiese il nome, tornando a fissare il suo sguardo su di lui per cercare qualche altro particolare che le comunicasse cosa fosse."Due o tre costole incrinate, escoriazione spalla destra e scapola e, visto che avevo troppa pelle addosso, abrasione lacero-contusa su coscia destra e polpaccio... credo ci siano anche dei punti da qualche parte. Per ora credo di aver fatto un ciclo di antibiotici... e forse uno shottino di anti-tetano come aperitivo."

    Lo disse con leggerezza ed un sorriso agro-dolce, cercando di stemperare la tensione, almeno da parte sua. La permanenza a Quebec city era stata utile, dopotutto. Nonostante le brutte esperienze aveva imparato qualcosa dalla facoltà di medicina.

    Continuò a guardare l'uomo alle prese con il portatile: doveva avere la sua età, su per giù, ed iniziò a pensare che anche lei sarebbe potuta diventare un medico. Avrebbe indossato la stessa divisa sgargiante, con annesse macchie di sangue ed i guanti. Si sarebbe sfondata di caffè ed eccitanti fino a morirne a cinquant'anni, probabilmente, con lo sguardo stanco che aveva lui e con l'unica necessità di trovare sempre un posto in cui stendersi per dormire. Lui di certo ne aveva bisogno, anche se il freddo dell'obitorio era un buon deterrente contro il sonno probabilmente.
      "Può darmi del tu e niente 'signorina'... mi fa sembrare più civile di quello che non sono in realtà" continuò cercando di mettersi più comoda sulla sedia . "Non sto cercando mia madre, come le ha detto il suo collega, e tanto meno qualcuno che è morto stanotte. Ho bisogno di sapere se una certa Brynhild Dahl è passata di qui nei mesi scorsi."

    La buttò lì senza mezze misure, un'espressione risoluta. Avrebbe potuto cacciarla, spingerla fuori dalle porte d'acciaio con la sedia e tutto e chiamare la sicurezza. Ma non sarebbe servito: avrebbe trovato comunque un altro modo per tornare in quel seminterrato.

    pixpix


    Tranquillo, nessun problema 🙂

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    Energia: 100%
    Stato fisico: - Abrasione gamba destra e spalla destra
    - Due costole incrinate lato destro.
    Stato mentale: ///

    Abilità:- Percezione delle aure/del magico: Oltre ad essere un�abilit� innata, essa viene comunque affinata nel tempo tramite ulteriore concentrazione ed acquisizione di esperienza. La percezione delle auree o del magico, avviene grazie alle emanazioni di energia di ogni singola creatura oppure oggetto magico, si riesce quindi a stabilire se si ha di fronte qualcosa di meramente o umano oppure qualcosa di pi�, un oggetto di pura materia inorganica od altro. Le emanazioni di energia vengono immediatamente percepite quando si tratta di creature molto antiche o molto potenti, per gli oggetti se si tratta di incanti molto forti. Di fronte ad un oggetto od una creatura di scarsa potenza (e quindi emanazioni di energia meno intense), sar� pi� complicato avere una immediata percezione del magico o dell�aura. In mancanza di sufficiente energia per poter determinare l�origine di creature in particolare, ci si potr� affidare all'esperienza d'osservazione acquisita con il tempo, cio� la capacit� di osservare i dettagli nell'aspetto o nel comportamento della suddetta. Ad esempio il pallore accentuato, la forma particolare o insolita dei canini, comportamenti prettamente animali o alienati. Il raggio d'azione della percezione ha pur sempre il suo limite, aumentando la distanza tra soggetto e creatura, diminuisce la possibilit� di avere percezioni nitide e corrette.
    *N.B.: Le percezioni del magico o delle aure non svelano la natura/razza delle creature.
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    Prese a digitare sul portatile, gettandole un'occhiata ogni tanto, giusto per assicurarsi non gli sparisse da sotto il naso mentre gli parlava. Fece un sorriso breve ed estremamente tirato, che gli evidenziò le rughe d'espressione attorno alla bocca e la mascella, quando la sentì parlare di cosa aveva oppure no: avrebbe commentato in maniera tale da ribaltarla come un calzino - se davvero conosceva la situazione, come mai quell'incosciente si trovava in giro e non nel suo letto a riposare? - ma si morse preventivamente la lingua prima di pronunciare anche solo una parola. Ovviamente la presa tra i denti affilati non fù delle più piacevoli e gli fece arrossare l'angolo degli occhi, ma da come la guardava insistentemente si percepiva di come gli fosse passato velocemente il pensiero di recuperare in qualche modo del napalm per buttarglielo addosso. Si sforzò tuttavia di continuare a risultare professionale - uno sforzo a cui aderì di malavoglia, leggendole la terapia.
    Diagnosi: Incidente stradale. Effettuata profilassi anti-tetanica, inoculazione di immunoglobine. Ciclo di antibiotici preventivo, dizinfezione e pulizia delle abrasioni a Gamba destra e braccio destro, trattamento con connettivina, tintura iodata. Dubito che tu abbia punti, a meno che tu non abbia maltrattato qualcuno dei medici. Continuò con un sospiro a leggere. Costole incrinate, sospetta compressione delle vertebre cervicali. Utilizzo del collare in via preventiva. Radiografia collo-torace-bacino in fase di valutazione. In caso di lesioni poco estese, prescritto l'uso del busto per periodo di sei mesi.
    Ti consiglio di prepararti, perchè non ci andrò leggero.

    Prevedibile. Cos'era stata, dalle cinque alle sette ore con la flebo? Probabilmente erano riusciti a somministrarle a malapena la dose prevista di micro-litri di siero per l'antitetanica, una quantità di antibiotico limitata, dell'antidolorifico che sarebbe durato al massimo per un'altra ora. Doveva riattaccarle la flebo in vena, fornirla dell'antibiotico usato e di altro antidolorifico, effettuare la vaccinazione (sempre per l'antitetanica) in siringa e farle rimettere il collare, eventualmente aggiungendo il busto quando il radiologo si fosse preso la briga di mandare i risultati. Le rivolse un altro sorrisino, al pensiero di quanto fosse dolorosa la vaccinazione. Inoltre, se non fosse stata buona al suo posto, era autorizzato a darle dei sedativi - valutare l'idea di applicarle una fasciatura completa deluxe per non permettere ai suoi errori di prosperare ulteriormente sembrava allettante quanto l'immagine del materasso, adesso.
    Certo, questo prima che Ursa pronunciasse le fatidiche parole che per uno specialista erano la condanna a morte concretizzata.
    Trattenne il respiro. Lo trattenne per una quantità di tempo che sembrò infinita, rimanendo paralizzato a guardare il portatile prima di spostare, lentamente e drammaticamente, gli occhi verdi su di lei. L'idea di procurarsi dell'acido e versarglielo addosso diventò improvvisamente più concreta di quella del napalm - in fondo si trovavano in un ospedale ricolmo di sostanze chimiche irritanti e dannose. Rimase ammutolito, in apnea, mentre valutava quanto oltraggiosa fosse la richiesta della ragazza. Gli aveva appena detto, senza peli sulla lingua, di fargli da motore di ricerca perchè aveva un accesso al database medico del paese dopo svariate ore di turno, un viavai infinito e a seguito di una divertentissima autopsia, dove aveva dovuto suddividere gli organi in scodelle per capire quali budella fossero al posto giusto e come riposizionare quelle in avanzo?
    Se fosse stato giusto un poco più alterato, gli avrebbero preso fuoco i capelli d'un colpo. Invece, prima potesse anche solo iniziare ad urlarle addosso, le lampade led dell'obitorio vacillarono tutte quante, spegnendosi e accendendosi come lampadine di natale. La sua improvvisa rabbia aveva toccato l'alimentazione elettrica di quel piano: l'energia fluì armonica fino a sovraccaricarne alcune, che arrivate al loro limite esplosero letteralmente dal soffitto.
    Merda!
    Solo al rumore sussultò, inginocchiandosi in maniera istintiva per sfruttare la scrivania, al riparo da eventuali frammenti di vetro (in realtà nessuno), con un gran respiro. Non era decisamente la prima volta che succedeva. Tagliò la linea energetica creata dal suo potere, normalizzando le luci della stanza e controllando il respiro, che si era fatto d'un tratto affannoso. Comunque, rivolse uno sguardo di fuoco alla sprovveduta che gli sedeva poco distante.
    Ci mancava questa. Commentò in tono sarcastico. Arrivi in ospedale, ti offrono la prima assistenza dopo averti gentilmente caricata e trasportata per mezza città, e la prima cosa che fai dopo esserti svegliata curata e sistemata di tutto punto è venire a frignare in obitorio perchè hai scambiato il servizio ospedaliero per una app di localizzazione online? Sicura di non aver battuto anche la testa?
    Si risollevò dalla scrivania con lo sguardo torvo, si tolse i guanti e li sbattè accanto al portatile. Poi si avvicinò allo schienale della sedia e, dal momento che era dotata di rotelle, la afferrò e la tirò davanti alla scrivania di peso, con ragazza annessa seduta sopra.
    Mai sentito parlare dei social media? Ecco, rinfrescati la memoria, hai un pc ed una connessione: fa da sola. Nel frattempo, mentre ripenso a quanto del mio ossigeno stai consumando nella stanza, andrò a prendere i medicinali e una nuova flebo e giuro sulla Stella del Mattino, se ti sentirò lamentarti anche solo da lontano uscirai da questo reparto più strafatta di una lumaca in pensione - E ringrazia il cielo per stare vegliando sulla tua dannata testolina. dopo Otto ore di turno anche un morto si rammollirebbe.
    Gli armadietti delle forniture mediche erano nel magazzino accanto all'obitorio, poco fuori dalle doppie porte. Avrebbe potuto andare nella farmacia al pian terreno, ma per farlo avrebbe dovuto mollarla in reparto e percorrere mezzo ospedale, andata e ritorno, con la probabilità di staccare la corrente ad ogni metro percorso. Meglio rimanere vicino, si disse dirigendosi indignato alle porte, fosse anche solo per pianificare di gettarla in uno dei refrigeratori dopo quella sfuriata in piena regola.

    CITAZIONE
    Sovraccarica: Raven è in grado di sovraccaricare di energia qualsiasi apparecchiatura elettrica o elettronica presente nei paraggi (un lampione, una torcia, dei cavi dell'alta tensione, delle batterie, ecc), generando una dispersione di tensione che gli permette di danneggiare gli avversari con scariche elettriche direzionate. Sulla corta distanza, può manipolare l'elettricità presente nel proprio corpo per produrre calore e convogliarlo a livello di epidermide, potendo così provocare ustioni fino al secondo grado (o maggiori, se ripetuta più volte sulla stessa area) o surriscaldare i metalli col tocco. 3 turni
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    Avrebbe voluto apostrofarlo.'Walkers', con una S finale. E le tornò per un momento alla mente il padre, al suo viso dall'espressione ingenua e svampita, ma con quel sorriso che la faceva sentire sempre a casa. Si chiedeva quanto fosse invecchiato e se i vari acciacchi iniziassero a pesare sulla sua vivacità, limitandolo. Ed allora la nostalgia di tornare nella riserva si faceva nuovamente sentire.

    Rimase imbambolata a fissare il vuoto, ignorando lo sguardo carico di astio e fastidio del medico, la sequela interminabile di parole riguardo la sua diagnosi ed il particolare dell'angolo degli occhi di lui che andavano assumendo una leggera sfumatura rossastra.

    Ursa gli aveva poi spiegato il motivo per cui si trovava lì e la scena che ne seguì, durata pochi istanti ma che percepì a rallentatore, le gelò il sangue: la stanza divenne teatro di una sequenza di avvenimenti che, per un normale essere umano, sarebbero parsi 'sovrannaturali', figli di qualche anima tormentata che era rimasta intrappolata nell'obitorio e che dava sfogo al proprio malcontento. Fu dapprima poco più che un tremolio delle luci, una bassa vibrazione nei led, che andò man mano aumentando, passando da un diffuso sfarfallio ad un'agghiacciante intermittenza, che donava alla stanza un aspetto ancora più lugubre e giocando con le ombre in maniera terrificante. Ma Ursa a stento riusciva a vederle, concentrata su quegli occhi verdi che la fendevano come bisturi affilatissimi e le pareva che l'intera figura di quella persona, l'aura che lo circondava, la stesse divorando come una tempesta di sabbia che le mordeva la pelle. Ora ne era sicura: chiunque avesse davanti non era umano... era qualcosa di probabilmente molto più pericoloso di quanto stimato inizialmente. Lo schiocco delle lampadine, il rompersi di circuiti e vetri, l'esclamazione di lui, la distolsero improvvisamente dai suoi pensieri. Istintiva si portò le braccia davanti al viso con un basso grido sorpreso, facendosi piccola per un momento contro la sedia, il cuore che le rimbalzava contro le costole e dentro le orecchie.

    Quando si sentì abbastanza sicura abbassò piano le braccia, il respiro veloce che le faceva dolere le costole, trovando nuovamente gli occhi del medico su di sé. Stava diventando fastidioso. E pericoloso. Avrebbe potuto allontanarsi, sfruttando il momento, ma comprendeva che non sarebbe arrivata lontano nelle sue attuali condizioni. Dall'altro lato sapevano che lei era lì: l'inserviente, le telecamere e varie altre persone al piano superiore l'avevano vista scendere e le sue condizioni difficilmente potevano aggravarsi di punto in bianco e portarla alla morte. Ci sarebbero stati dei problemi per l'uomo. Prese allora un respiro sentendosi più tranquilla.
      "Non ho chiesto io di essere portata qui, dannazione!" sbraitò punta nel vivo dalle parole dell'operatore. "Inoltre non credo ci sia l'app 'Trova la tua cazzo di amica morta e vedi se può dirti dove hanno buttato la sua roba'"

    Ursa rimase a fissare il medico che usciva, sul volto la stessa espressione che le aveva rivolto lui fino a quel momento: un misto di rabbia, fastidio e stanchezza. L'ansia e la tensione si andavano accumulando nei muscoli pestati e dietro la testa, facendola sentire appesantita e sempre meno lucida, anche se il freddo di quel posto la teneva sul limite della veglia. Si strinse un po' di più nella felpa che le aveva lasciato l'inserviente con un leggero brivido. Voleva andare a casa.
      "Perché mi devo sempre cacciare in queste dannate situazioni?" mormorò allontanando il portatile che le aveva offerto il medico. Lì non avrebbe trovato un bel niente, a meno che non avesse avuto accesso al database dei decessi e la scheda della sua amica. Nessun Facebook le avrebbe potuto dare quello che cercava.

    Con lo sguardo frugò sulla scrivania, individuando una biro abbandonata su di una pila di fogli compilati e cartelle. Se doveva rimanere lì, pensò l'artigiana, tanto valeva fare qualcosa di utile per la sua incolumità. Si allungò, dunque, ad afferrare la penna ed andando alla ricerca di un foglio o di carta su cui poter buttare giù uno schizzo. Riuscì a trovare una vecchia stampa stropicciata di un regolamento, il retro bianco che riutilizzò volentieri. Con la penna iniziò a tracciare linee leggere, contorni indistinti che ben presto cominciarono a prendere le sembianze di un grosso felino. Improvvisamente lasciò la biro, avvertendo il polso e le dita intorpidite per il freddo, ed iniziò a guardarsi attorno buttando distrattamente un occhio ai fogli compilati lì accanto: non aveva la più pallida idea di come si chiamasse l'uomo con cui aveva parlato fino a quel momento, intenta a subire il suo astio e odio per tutto il tempo. Prese in mano una di quelle cartelle, andando a sfogliarne le pagine ed arrivando ad un unico nome che andava ripetendosi alla data di quel giorno: Raven Scott Celler. Gli occhi nocciola di Ursa si spalancarono in un moto di stupore mentre leggeva e rileggeva quel nome, subito affiancato dall'immagine di un'altra persona: Mina Starcross. Poteva davvero essere così fortuita come coincidenza? Se fosse riuscita nel suo intento avrebbe scoperto di più su entrambe le donne che stava tentando di ritrovare... il difficile veniva dal cercare di forzare quel gigante animoso dagli occhi verdi.

    L'artigiana si lasciò andare contro lo schienale della poltrona con un sospiro, portando la gamba sinistra al petto e passandosi le dita sugli occhi appesantiti e massaggiandoli leggermente. Avrebbe ringraziato l'uomo una volta che fosse tornato, in fondo non le doveva nulla ed avrebbe potuto semplicemente rispedirla di sopra a calci.
      "Mi starebbe solo bene"


    Rise ed indugiò in quella posizione per diversi minuti, gli occhi chiusi e le orecchie drizzate nel tentativo di sentire i passi dell'uomo lungo il corridoio e le porte aprirsi. Iniziò a sentirsi più leggera, rimanendo sospesa in un limbo fra l'incoscienza e la veglia, in cui tutto le pareva distante e torbido.

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    L'ennesima scatola.
    Sbuffò, gettando nel contenitore plastico che aveva recuperato nel magazzino tutto quello che gli serviva, dalle flebo ancora incartate e sterili a siringhe e aghi nuovi fiammanti; sacche di soluzione in cui introdurre gli antibiotici a boccette di varia natura che contenevano altro siero, vaccino, antidolorifici ed in generale il necessario per operare in sicurezza sulla ragazza. Prima di uscire mise il contenitore su un banco e si avvicinò al piccolo lavabo con sapone e specchio, osservandosi nel riflesso: inspirò a fondo, si lavò le mani e aprendo l'acqua fredda si sciaquò la faccia più volte per aiutarsi a sbollire, riprendendosi dal torpore che iniziava ad aggrapparglisi addosso come un morto sulle spalle. Aveva bisogno di un'altra bella tazza di caffè, e forse anche la ragazza.
    In realtà comprendeva, almeno in parte da come ne aveva parlato prima uscisse dalla stanza, i suoi timori sulla madre-amica-nonsapevacosa dispersa e morta. Sebbene con un po' più di discrezione, se non avesse lavorato per l'ospedale e avesse avuto bisogno delle stesse informazioni ci si sarebbe introdotto più o meno come lei, senza tante storie, costringendo anche con la violenza l'inserviente di turno ad accedere al database e a farglielo controllare. Peccato non provasse lo stesso cieco attaccamento per qualcuno oramai da tempo. Peccato dovesse badare solo ed unicamente a sè stesso. Peccato che molti dei corpi finiti in obitorio in giorni, settimane precedenti fossero proprio a causa sua. Non avevano ritrovato sua sorella, nè suo figlio - e come potevano, le forze dell'ordine, se stavano nel suo giardino, sepolti nelle fredde profondità della terra? Aveva fatto denuncia di scomparsa e ovviamente in quanto parente prossimo si era ripreso tutto ciò che gli apparteneva. Oramai di loro non rimanevano nient'altro che corpi dilaniati ridotti male in una sola bara a tenuta stagna, ricordi sbiaditi e le fedi di oro rosso che portava all'anulare, come se fosse ancora sposato. E Sara. Sara gli mancava, anche se ovviamente lei era la maga buona e lui l'angelo cattivo. Tra loro c'era sempre stata quella complicità, quella passione mai venuta a galla, per quanto ci avesse provato con lei. Cosa gli avrebbe detto in quel momento?
    Sei finito in basso, Raven. Guardati. Per te è normale uccidere, per me è ingiustificabile.
    Eppure l'aveva desiderata e voluta fin da quando aveva incontrato i suoi occhi castani di ragazza normale, all'apparenza timida, ma con sotto una grinta inimmaginabile.
    Sara...
    Abbassò gli occhi dal proprio riflesso per evitare di vedersi con quell'espressione nostalgica che, pure se sua, riusciva a dargli i nervi. Si lavò un'ultima volta la faccia con l'acqua gelida, chiuse il rubinetto e prese le cose che aveva messo da parte, afferrando al contempo un gambo porta-flebo con le ruote nell'uscire. Trascinò tutto con sè nel rientrare dalle doppie porte, dove la ragazza alla scrivania sembrava stanca e provata.
    In realtà l'hai chiesto proprio tu. Hai intortato per bene il mio collega, pover'uomo.
    Uomo debole.
    Ti avevo lasciato aperto il database, imbranata. Ma se la tua amica è davvero morta, meglio ti aiuti ad usarlo.
    Ed ecco che torna il Dottor Male. Bravo fuori, putrido dentro.
    Roba che Sara gliel'avrebbe rinfacciato per dodicimila anni di seguito. Poggiò il contenitore sulla scrivania e la gamba porta-flebo vicino alla sedie, preparandola in pochi minuti, calcolando al microgrammo ogni medicinale da somministrare. Accese di nuovo il bollitore del caffè, in modo avesse il tempo di scaldarsi per fare un altro paio di tazze di sciaquatura di lavandino al sapore di caffeina. Poi la fece girare verso di lui e le diede un paio di pacche leggere sulla spalla, inginocchiandosi davanti a lei a causa della statura.
    Hey, non addormentarti. Non ti farebbe bene con questo freddo e i valori sballati che hai. Porgimi il braccio, ti rimetto la flebo: ti darà un po' di energia. Se poi starai bene, vedrò di trovare qualche bustina di thè abbandonata da qualche collega.
    Ah, la flebo, già. Dato te la sei strappata, dovrò mettertela sulla mano. Chiudila a pugno e stringi forte, in modo da farmi vedere la vena.

    Anche se da quella posizione era piuttosto scomodo, raggiunse un nuovo paio di guanti (ce n'era un pacco intero sulla scrivania) e il disinfettante con cui pulire la zona, già distribuito su piccoli quadrati di garza bagnata. Non l'avvertì che le avrebbe fatto male, non ce n'era bisogno, anche se un poco ci avrebbe goduto. Comunque, non era intenzionato a farsi la nomea di medico dalla mano pesante. Il lavoro era lavoro e finchè non timbrava il cartellino, Raven era soltanto un altro medico come tanti altri. Fuori dal turno sarebbe stata una faccenda a parte: scartò l'ago della flebo sperando che la ragazza non si ritraesse o lagnasse della cosa.
    Nel frattempo raccontami un po' della tua amica. Perchè sei così convinta che questa Brynhild Dahl sia morta? O non lo sai di per certo e stai semplicemente cercando una conferma di qualche tipo?
    La guardò, dissimulando una certa circospezione: se era passata di lì da cadavere, poteva essere che questa Brynhild stesse già nel suo stomaco da un bel pezzo? Oppure che fosse quel corpo che aveva dato alla banshee in cambio di una reciproca concessione? Ogni tanto ne prendeva uno per i suoi scopi lasciando la dicitura ospedaliera "messo a disposizione dei tirocinanti per praticandato", quando in realtà ne aveva bisogno per - banalmente - mangiarlo e sopravvivere al giorno dopo. Non che il cannibalismo gli piacesse, ma ormai era costretto a praticarlo. E se la dicitura fosse comparsa proprio in corrispondenza a quel nome? Non aveva voglia di inseguire una ragazzina urlante che sarebbe andata in giro a gridare "aiuto, quell'uomo ha mangiato la mia amica" - sempre l'avesse scomperto, comunque. E nemmeno aveva voglia di tagliarsi la testa alla reputazione da medico, ammazzandola davanti alle telecamere nel posto più frequentato di Nouvieille.
    Argh.
    Sospirò. Problemi, sempre problemi. Meglio trattarli uno alla volta.

    Edited by 'Raven' - 1/6/2020, 14:09
     
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    Lo sentì entrare nella sala e quando le si rivolse era stranamente calmo, mentre se la prendeva con lei con un'inflessione quasi da fratello maggiore che prende in giro la sorellina più piccola. Se non fosse stata così fiacca al suo 'imbranata' gli avrebbe risposto con un'infantile e poco signorile pernacchia da bambina. Molto da lei. Ma rimase comunque ad occhi chiusi, ad ascoltare lui che le si muoveva attorno: il suono di un contenitore che veniva lasciato sulla scrivania, qualcosa di metallico che le veniva appoggiato vicino e poi il bollitore che veniva nuovamente messo in opera.

    Quando la girò e le picchiettò la spalla si mosse un pochino, aprendo piano un occhio per fissarlo mentre le si accucciava davanti, limitando il gap fra le loro altezze.
      "Ti prego fammi morire in pace." brontolò teatrale con una nota divertita nella voce. C'era bisogno di stemperare un momento quell'aria già di base pesante visto dove si trovavano. Si sedette poi meglio, abbandonando di nuovo la gamba giù dalla poltrona ed allungando il braccio destro, la mano chiusa a pugno, in direzione del medico. Non gli avrebbe mai dato la mano sinistra, con il rischio di rovinare il tatuaggio e con la probabilità di corrompere il potere in esso conservato. "Qui ci sono un po' meno tatuaggi... ed è davvero strano non esser io quella con in mano gli aghi a minacciare qualcuno"

    Osservò ogni suo movimento, rivedendovi un po' quelli che faceva lei nel suo studio: i guanti, il disinfettante e la concentrazione necessaria per non sbagliare l'appoggio dell'ago... anche se quello di lui era più grosso e con una funzione nettamente diversa. Chiuse gli occhi, stringendoli forte e facendo un basso mugugnio di dolore quando sentì l'ago penetrarle sottopelle, avvertendo strisciare dentro la vena il corpo estraneo.

    CITAZIONE
    Nel frattempo raccontami un po' della tua amica. Perchè sei così convinta che questa Brynhild Dahl sia morta? O non lo sai di per certo e stai semplicemente cercando una conferma di qualche tipo?

    Una bella serie di domande. Non sapeva molto, ma quel poco che conosceva della situazione ruotava tutto attorno a qualcosa che probabilmente aveva in sé una maledizione o qualcosa di simile. Come poteva dirgli che da qualche parte in quell'ospedale poteva esserci una potenziale bomba magica che attirava disgrazie? Da quello che aveva avvertito sino a quel momento, riguardo all'uomo accucciatole davanti, poteva aver la fortuna di aver trovato qualcuno che capisse cosa stesse dicendo o, viceversa, l'avrebbe fornita di una camiciola bianca abbottonata sulla schiena. Oppure, nel peggiore dei casi, avrebbe cercato di sottrarle ciò che stava cercando. Doveva muoversi con calma ed a tentoni: prima un po' di Brynhild e poi un po' di Mina. In un modo o nell'altro avrebbe scoperto qualcosa.
      "Brynhild è stata un'amica conosciuta durante l'adolescenza e successivamente qualcuno su cui appoggiarmi quando sono arrivata qui due anni fa. L'ho persa di vista circa tre mesi fa... era divenuta scostante, schiva e tormentata. Poi all'improvviso più nulla, scomparsa. L'ho cercata a lungo tra i vivi, ma senza risultati. Non so nemmeno se è seppellita qui o l'hanno rimandata in patria." s'interruppe un momento con un sospiro. Non era facile parlare di qualcuno che si era amato così profondamente e che all'improvviso aveva deciso di darci un taglio. "Arrivata ad un vicolo cieco sono stata contatta poi da una certa Mina che mi ha dato una traccia e che sto seguendo da qualche settimana. Ho iniziato a fare ricerche su questa signorina e scoperto che aveva lavorato in un locale abbastanza famoso: il Moonlight. Lì mi hanno detto che Mina Starcross è stata per qualche tempo la direttrice del lounge bar per conto di Raven Scott Celler. Dovresti forse ricordarla. Piccolina, una bambola di porcellana con i capelli biondi e mossi in boccoli, timida e schiva. Mi chiedevo se fosse qualcuno su cui fare o meno affidamento. Ma comunque è stata lei a mandarmi qui."


    Concluse con un sorrisetto enigmatico. Rimase con lo sguardo su di lui a soppesare qualsiasi movimento del viso, qualsiasi sfumatura potesse cogliere in un momento così delicato. Avrebbe potuto smentire, non risponderle o ucciderla. Aveva infatti messo mano al disegno del grosso felino fatto pochi momenti prima: era indifesa, ma solo fino ad un certo punto.

    pixpix


    Tranquillo, nessun problema 🙂

    SCHEDA PG
    Energia: 100%
    Stato fisico: - Abrasione gamba destra e spalla destra
    - Due costole incrinate lato destro.
    Stato mentale: ///

    Abilità:- Percezione delle aure/del magico: Oltre ad essere un�abilit� innata, essa viene comunque affinata nel tempo tramite ulteriore concentrazione ed acquisizione di esperienza. La percezione delle auree o del magico, avviene grazie alle emanazioni di energia di ogni singola creatura oppure oggetto magico, si riesce quindi a stabilire se si ha di fronte qualcosa di meramente o umano oppure qualcosa di pi�, un oggetto di pura materia inorganica od altro. Le emanazioni di energia vengono immediatamente percepite quando si tratta di creature molto antiche o molto potenti, per gli oggetti se si tratta di incanti molto forti. Di fronte ad un oggetto od una creatura di scarsa potenza (e quindi emanazioni di energia meno intense), sar� pi� complicato avere una immediata percezione del magico o dell�aura. In mancanza di sufficiente energia per poter determinare l�origine di creature in particolare, ci si potr� affidare all'esperienza d'osservazione acquisita con il tempo, cio� la capacit� di osservare i dettagli nell'aspetto o nel comportamento della suddetta. Ad esempio il pallore accentuato, la forma particolare o insolita dei canini, comportamenti prettamente animali o alienati. Il raggio d'azione della percezione ha pur sempre il suo limite, aumentando la distanza tra soggetto e creatura, diminuisce la possibilit� di avere percezioni nitide e corrette.
    *N.B.: Le percezioni del magico o delle aure non svelano la natura/razza delle creature.
    - Raggio d'azione: fino a 5 metri



     
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    Non si era lagnata troppo pur avendo a che fare con un ago bello grosso, davanti al quantitativo di liquido da mandargli in vena. Certo non la farfallina per prelevare il sangue, quella piccola, con cui si distraevano i bimbi più reticenti che alla fine rimanevano imbambolati, specie nelle sue mani. I poteri aiutavano anche sul lavoro, in un certo senso. Comunque, le aveva finalmente messo la flebo e l'aveva fermata col cerotto appropriato, in modo non si muovesse anche in caso di movimenti bruschi. L'unica precauzione era quella di non piegare troppo il tubicino di plastica inserito con l'ago e lasciato nella vena, mentre il punzone metallico veniva estratto e gettato nel cestino giallo con la scritta "biohazard" (dove volarono anche i suoi guanti subito dopo l'operazione), facente parte di quei contenitori a rischio che andavano smaltiti diversamente da altri scarti. Finito il lavoro regolò con la rotellina la "dose" programmata, si assicurò che la goccia nel vetrino della flebo scendesse a intervalli regolari e guardò brevemente l'orario, spostandosi verso il bollitore che stava già fumando. Erano quasi le quattro e mezza e aveva ancora due cadaveri su cui lavorare. Ma finchè la ragazza stava lì a raccontargliela, poteva anche prendersi un paio di pause in più. A dire la verità, nessuno nell'intero ospedale se la sarebbe sentita di contrariarlo anche nel caso in cui non fosse riuscito a terminare le autopsie prima dell'orario di uscita.
    Quindi non sei sicura che sia morta, in realtà. Si riempì la tazza e la prese bollente senza fare una piega, ingollando un sorso di caffè con un leggero sospiro di soddisfazione. Non era la miscela di Riva che teneva a casa al sicuro, ma quantomeno l'avrebbe sorretto - ed inoltre il freddo dell'obitorio si acuiva sempre nelle ore precedenti al mattino. Posò la tazza e iniziò a rovistare nei cassetti nella scrivania, cercando una busta di thè nelle migliori condizioni.
    Mina... già. si disse sottovoce, mentre ascoltava la ragazza e le lanciava un'occhiata di traverso. Furba la signorina, doveva aver guardato sui documenti firmati sparsi ovunque per il tavolo. O anche il cartellino che portava appeso alla giacca del pronto soccorso, a dire il vero. Che differenza avrebbe fatto, comunque? Erano lì apposta per essere letti, in un certo senso. Trovò finalmente un contenitore di cartone giallo con scritto "the al limone" nel quarto cassetto, da cui estrasse una bustina più spiegazzata che malconcia. Insomma, più o meno utilizzabile.
    Conoscevo Mina Starcross, almeno come datore di lavoro. Il Moonlight è di mia proprietà, ma come vedrai faccio molti altri lavori... Mi pareva una brava direttrice e dal momento avevo affari urgenti altrove, le ho lasciato il locale da gestire per un po'. Purtroppo, sono tornato qualche mese fa e di lei non c'era traccia. Non so come tu sia riuscita a contattarla.
    Svuotò tutto il caffè nella propria tazza e andò a lavarlo e riempirlo di acqua al lavandino dell'obitorio, da dove prese una seconda tazza - quella dell'inserviente che prestava turno di giorno. Lavò anche quella prima di riportare tutto alla base per far scaldare il contenuto; nel frattempo mise la bustina nella tazza ad attendere, tornando al proprio caffè.
    Non ti so dire altro su di lei, nè su questa Brynhild. Non ho capito bene a chi ti riferivi quando parlavi di fare affidamento... su di me, o su questa Mina?
    Sorrise, anzi, quasi ghignò, lasciando intravedere un riverbero della sua dentatura da squalo.
    Beh, del resto avrai capito un po' di cose di questa città, Ursa. C'è tanta gente di cui non fidarsi. Mina forse era una delle poche eccezioni. E quando parli della tua Brynhild, mi sembra di sentire un riverbero di qualcosa... quello di una maledizione, forse. Non sono esattamente un esperto, ma ci ho preso la mano.
    Poggiò la tazza per versare l'acqua in quella con la bustina, portandola per posargliela accanto sulla scrivania - quella sera era un girotondo in quelle stanze. Vide qualche foglio schizzato che lei teneva appresso come se fosse un'ancora di salvezza, col disegno che sembrava avere la vaga forma di una tigre, e alzò un sopracciglio andando a poggiarsi sull'angolo opposto del mobile.
    Ci sono un sacco di persone a Nouvieille - chiamiamole persone per il momento - che possono lanciare maledizioni un po' come gli gira. Persone un po' morte, un po' meno morte, persone arrampicate su per una tomba di secoli fa, persone vive con un sacco di potenziale che di solito finiscono morte per aver fatto un patto con le persone alate sbagliate... rise, bevendo il caffè. Se ne ricordava giusto una. Alle volte gli stregoni facevano la fine degli scemi, tutta colpa dell'ambizione e della brutta abitudine di fare affidamento sull'angelo sbagliato.
    Da come la descrivi prima che sparisse, direi che la tua Brynhild ha visto il tipo d'angelo che non vorresti mai incontrare. Gli avrà schizzato del sangue in faccia, l'avrà aiutato a soffiarsi il naso durante una perdita ematica, avrà leccato il lampione sbagliato. Non ti so dire. Sta di fatto che è diventata... scostante, scorbutica e tormentata, giusto? Magari bipolare. Magari rabbiosa e maniaca. Cosucce del tipo che prima non beveva e poi si è data all'alcolismo serio, o qualcosa di peggio? E poi l'isolamento, giustamente. Una fuga da manuale per non fare del male alle persone che gli stavano a cuore. Può darsi sia venuta qua a cercare il suo untore, in effetti, pensando di potergli chiedere qualcosa. Peccato sia inutile, in un certo senso.
    Poggiò il caffè squadrandola con gli occhi verdi e l'aria di chi ne aveva viste tante, anche troppe, le braccia incrociate sul petto.
    Qui a Nouvieille al momento scarseggia un vero e proprio bilanciamento. Di solito vengono attirate qui tutte le specie, buone, cattive, neutrali... ma da un po' di tempo a questa parte mancano sia i pennuti benevoli che tutte le altre categorie a supporto dell'umanità. Lasciamelo dire, è una vera noia senza di loro. Riprese il suo caffè senza tante storie.
    Ma se proprio vuoi una buona notizia, la tua amica potrebbe essere morta e allora basterebbe uno schiocco di dita per farla tornare da te - è più semplice di quanto pensi. Oppure potrebbe essere una non morta e, schietto schietto, se riesce a resistere all'impulso di mangiarti potresti anche riabbracciarla. Da quel che ho capito vuoi trovarla e faresti di tutto per farlo... no?
     
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    Ursa Powaqa Walkers

    ஐPerdersi non è mai una buona idea... ovunque sia il tuo labirintoஐ



    Ursa fissò il medico muoversi ancora una volta lungo la saletta dopo averle sistemato la flebo. Storse il naso scrutando per un momento il tubicino pieno di liquido che le si innestava nella pelle: se fosse stata a casa, a quell'ora, probabilmente non si sarebbe dovuta sorbire tutta quella routine medica inutile, potendo contare sul suo laboratorio.

    Nuovamente l'aroma del caffè prese a contendersi la saturazione dell'aria con quello della morte e delle sostanze mediche, presto seguito da quello del thè, di bassa qualità ma pur sempre un odore che conosceva e che apprezzava. Era riuscita a piantarne alcuni esemplari nella zona d'ingresso di casa e si produceva il proprio thé direttamente fra le mura domestiche, potendo soddisfare così i suoi gusti più o meno difficili. In quella situazione, però, anche la più classica delle bustine da supermercato andava benissimo.

    CITAZIONE
    Non ho capito bene a chi ti riferivi quando parlavi di fare affidamento... su di me, o su questa Mina?

    Se l'era chiesto anche Ursa. Non capiva se Mina si aspettasse che lei incontrasse o meno Raven, quando le aveva detto di controllare all'obitorio dell'ospedale. Ciò che le aveva mandato erano poche righe senza troppe pretese, in cui le dava qualche consiglio e nulla più. Le chiedeva di avere fiducia... era una parola grossa per lei, soprattutto visto che non aveva mai conosciuto faccia a faccia questa donna, ed ora si trovava davanti qualcun'altro di cui non riusciva ad avere un'opinione favorevole. Da un lato si presentava come un medico attento e premuroso, dall'altro il costante brivido fastidioso dietro la nuca urlava che poteva essere una discreta maschera ben congeniata.
      "Non saprei, ammetto." mormorò con un filo di voce.

    Sollevò lo sguardo su di lui giusto in tempo per scorgere quel ghigno, la luce fredda della camera che le mostrava un altro lato di Nouvieille che, da qualche tempo, era più simile ad un inferno che non ad un paradiso. Quei denti aguzzi, la percezione sfalsata di qualcosa di fin troppo potente e l'aspetto non completamente umano erano il travestimento di un Erebo terrestre, un qualcosa di così spaventoso che lei non poteva opporglisi qual'ora avesse deciso che era stufo di parlare. Strinse con maggiore foga la carta fra le dita, sapendo che bastava un semplice strappo e l'inchiostro l'avrebbe seguita al di fuori del foglio. Sarebbe stato un vantaggio solo se fosse riuscita poi a fuggire.
      "Perché un angelo avrebbe dovuto maledire un'artigiana? Siamo utili a tutti voi, buoni o cattivi che siate, e lei non era una testa calda come me, pronta ad inimicarsi le persone sbagliate" iniziò, cercando inutilmente una posizione comoda in cui non si sentisse adagiata su una sedia chiodata. "Ma a questo punto non posso più escludere nemmeno che qualcuno le abbia fatto questo apposta... che l'abbia costretta a vivere una maledizione attraverso quel dannato oggetto che sto cercando."

    Mandò un gemito quando si mosse male sulla poltrona, avvertendo una scarica dolorosa irradiarsi lungo il fianco e che le tolse il respiro: si era di nuovo agitata, il suo intero corpo reso un fascio di nervi per la situazione. Non serviva a nulla tutta quella rabbia... doveva calmarsi e ritrovare un momento la lucidità. Iniziò a trarre piccoli respiri lenti, cercando di ritornare a quello stato di neutra tranquillità di quando era scesa con l'ascensore.
      "Sì, voglio trovarla con tutta me stessa. Se è morta che rimanga tale... Se non lo è completamente desidero che lo sia. Ed allo stesso tempo sto cercando un dannatissimo oggetto e non voglio che succeda ad altri quello che è successo a lei... e credo che anche Mina desideri questo." fece l'artigiana, per poi ridere amaramente allungandosi ad afferrare la tazza di thé sulla scrivania vicino a sé. "Ultimamente mi sto affidando veramente a cani e porci"

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    Un braccio gli rimase incrociato sul petto mentre allungava l'altro per riprendersi il caffè, bevendone una lunga sorsata. Oddio, era ovvio volesse metterle un po' di paura, divertirsi un po' e tutto il resto... ma non era decisamente nel "mood", come lo chiamavano i giovani, per mettersi a squartare donzelle nell'obitorio di un ospedale pubblico. Sapeva di fare paura, per carità, era una grazia che Stella del Mattino gli aveva concesso volentieri a quanto pareva. Era fisicamente prestante e più alto della media; sapeva combattere e nel suo vero aspetto in Irlanda gli avrebbero dato della terrificante fata alla Nuada, mentre in Turchia (dove sembrava che anche il male venisse preso sul serio e non a calci su per il culo) lo avevano più semplicemente definito un Djinn, un "avvera-desideri", il classico genio della lampada al quale far attenzione a chiedere ciò che si volevo. Raven scosse la testa, davanti a quell'improvviso, evidente panico da parte della ragazza: d'altronde non la stava trattando da medico, pur con una frecciata qua e là? Si era perfino abbassato a spiegarle le regole della città e lei, molto poco cordialmente, sembrava mandargli tutti gli indizi di uno che sta cercando di scampare alla morte. Non sapeva se la cosa lo faceva più arrabbiare o più sentire avvillito - oramai non c'era più nessuno al quale si sentisse vicino quanto Sara, e perfino il suo aspetto carismatico non gli veniva incontro. Cos'era diventato, in fondo? Il venditore di un circo fortunato e malevolo, un consigliere che si accaparrava favori, un ex-cantante senza più molta voce, un medico per i criminali e quelli "deboli" delle altre specie (non gli venissero angeli neri sotto il naso, o gli avrebbe torto i capelli uno ad uno!).
    Ma difatti, io non lo faccio. Era la risposta più onesta che le potesse dare. Sorseggiò ancora, guardando un po' lei, un po' la propria tazza. So chi sono i buoni e chi sono i cattivi, e modestamente mi ritengo abbastanza furbo, per la media della seconda categoria, da tenermi buoni favori e alleati. Ho conosciuto tanti artigiani nella mia vita. Uno mi sta perfino aiutando col Moonlight, senza tralasciare che mi procura del vero caffè italiano. Non questa amuchina per diabetici. Scherzò velatamente sulla dubbia qualità di quella brodaglia, mentre controllava che anche il thè della ragazza fosse pronto. Se ne accertò, levando la bustina per poi andare al contenitore a buttarla nei rifiuti normali, non risentendo minimamente dell'acqua bollente che ne strizzò fuori sul lavandino prima di gettarla.
    Lo ammetto, forse sto invecchiando. Probabilmente è per questo che Mina ti ha mandata qui, anche se il nostro incontro fino ad ora mi è parso più casuale e meno guidato dalla mano del destino. Che... beh, credo tu abbia capito come la penso. Si riavviò alla scrivania, poggiando al solito il fianco alla superficie. Ormai doveva avere il segno perenne sull'anca, ma se lo sarebbe tenuto con grazia e sopportazione. Non mi piace maledire la gente nè mi piace che lo facciano gli altri, quelli della mia specie nello specifico. Ma tu hai citato un oggetto, e di solito gli oggetti maledetti vengono da quelle famose persone morte da svariate centinaia di anni che un giorno decidono di vedere che tempo fa fuori dalla tomba. Qualcuno gli fa lo sgambetto pensando "ah, com'è bello quel braccialetto azteco!" e zac, maledizione per te, i tuoi cari e tutta la tua futura genia. Non è da escludere che sia successo, ed in tal caso recuperare l'oggetto metterebbe te nello stesso tipo di guai della tua amica. Converrebbe restituirlo, e quasi di sicuro il tutto si annullerebbe.
    Riprese a bersi il caffè con gli occhi socchiusi finchè non ascoltò l'ultima frase dell'artigiana - si era definita "siamo tutti utili" quindi prendeva come buona quella constatazione -, spalancando gli occhi con la bocca in una smorfia tra il disgustato e inorridito.
    Certo cara mia che sei proprio una vera stronza con i tuoi amici! Ricordami di non entrare mai nella tua cerchia di conoscenti! Roba da farti gli applausi, veramente. Riposò la tazza sul tavolo. Sono qui a dirti che magari non è morta e "oh, meglio così". E se non è morta "chissenefrega, meglio che lo sia"?! Sarai un'ottima fonte per i piani bassi una volta finita la tua esistenza. La osservò con un sopracciglio alzato, pieno di sarcasmo.
    Sei di nuovo un'imbranata, comunque. Se puoi pagarti un risvegliante, la tua amica tornerà tra i vivi nuova di zecca. E nel secondo caso, che vuoi che sia? Non morta, non viva, non è certo una tragedia - se tutti i succhiasangue ed i carnivori di questa città la mettessero come te, dovrebbero spararsi. E puoi sempre farla tornare umana, diciamo... esprimendo il tuo desiderio davanti alla fatina della croce rossa. Previo un piccolo pagamento, s'intende. Scrollò le spalle, facendo finta di non essersi appena riferito a sè stesso.
    Oppure vuoi l'oggetto così tanto? Desiderio o debito, scegli tu. Sempre meglio che finire nella bocca dei famosi cadaveri ambulanti, che oltretutto fanno un po' schifo. Finì del tutto la tazza e la lasciò lì dov'era, per poi rifornirsi di guanti e tornare verso la postazione di lavoro, riprendendo in mano gli attrezzi.
    Già. Forse Mina non ti aveva avvertita del fatto che il suo datore di lavoro, come vero lavoro, avvera i desideri dietro compenso. Ma d'altronde ognuno fa quel che può per tirare a campare, giusto? Sorrise distrattamente. Grazie per il cani e porci, eh. Preferisco rimanere nella categoria piccioni, se non ti spiace. Ora scusa, devo finire le cuciture prima che faccia l'alba. Ma tu vai avanti pure a spiegarti se vuoi. O cerca la tua compagna... il database è sempre lì davanti a te, aperto sul portatile...
    ...Signorinella.
    Non c'era problema per lui nel continuare a parlare mentre squartava o ricuciva... multitasking, attitudine o semplice abitudine.
     
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11 replies since 26/4/2020, 17:11   285 views
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