Never really knew about

Per Ashardalon

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    Se rapporto la città di oggi a quella di quando ho lasciato il giro anni fa, realizzo che le cose non sono cambiate granché. Nouvieille è rimasta la stessa frenetica, pericolosa e magica signora di sempre, con giusto qualche faccia nuova ad adornarne le strade ma che di base non fanno alcuna differenza. Noi individui contiamo poco, siamo soltanto una variabile momentanea che vanno a comporre una società mutevole, contraddittoria ed insidiosa. Può sembrare che io abbia una visione alquanto pessimistica della realtà, e forse ciò non è totalmente sbagliato, ma quest'accortezza mi ha permesso di tenere salva la pelle in più di un'occasione, dunque non vedo perché privarmene. Non mi sto vantando, lungi da me farlo, ho tanti difetti - ne sono cosciente - l'arroganza però non mi appartiene. Non da quanto mi risulta almeno. Semplicemente sostengo quella che è la mia esperienza di vita, argomentandola a fatti, dato che se sono ancora qui lo devo alla cautela: ho imparato che per sopravvivere bisogna stare al proprio posto, adattarsi - seppur con riluttanza - alle situazioni ed intervenire solo se strettamente necessario. Pecco di menefreghismo? Forse. Paranoia? Probabile. Conoscendo però l'inferno in terra che è Nouvieille non intendo giocare a fare l'eroe. D'altronde sono un uomo di scienza, che preferisce adoperare la testa ai muscoli, e dunque ragiono prima di agire. E va bene anche il seguire la coscienza, ci sta in alcuni casi, ma un conto è intervenire in soccorso di una persona che conosci, un altro è mettere a repentaglio la propria vita per salvare quella di qualcuno che, probabilmente, a parti inverse scapperebbe e basta.

    Per questo dunque sorseggio la mia birra - che sottolineo sia di qualità scadente e pure calda - e fingo di non vedere ciò che accade a poca distanza da me. Una sconosciuta dalla scollatura generosa è intenta a parlare con un uomo di mezza età e lui, concentrato com'è sul panorama, non si accorge del tipo alle spalle che gli sfila il portafoglio dalla tasca del jeans. Un poco mi spiace, non sono insensibile a certe cose, ma la questione non mi riguarda e preferisco non venire coinvolto. Scosto quindi lo sguardo dalla parte opposta, interessandomi - per modo di dire - al notiziario che pare un necrologio. Omicidi, incidenti, rapine finite male, persone scomparse... I giornalisti non ne mancano una fiondandosi sulla scena al pari di avvoltoi. Incredibile. Cerco di fare un altro sorso ma - ahimé - il sapore è davvero cattivo e finisco per piegare le labbra in una smorfia disgustata. Non resisto ed allora, sospirando, schiocco le dita per richiamare l'attenzione del barista. Si avvicina dopo qualche attimo, continuando a lucidare il bicchiere con il panno, e mi domanda: «ne vuoi un altro?». Fa cenno con il mento verso il mio boccale. Stringo allora le labbra e lo guardo con un'occhiata eloquente, trattenendo a stento la replica che ho in mente. Neanche morto intendo bere una schifezza simile, penso piuttosto ad un drink alternativo da ordinare. «... Puoi farmi un Sazerac?» chiedo marcando il nome dell'alcolico con il mio accento. Non è un cocktail molto complesso ma, basandomi sulla sua età, temo che possa fare ugualmente disastri esagerando con l'assenzio. «Un tedesco che ordina un drink tipico di New Orleans» commenta però lui, in tono divertito, mettendosi all'opera. Lo scruto con una certa attenzione nel mentre che mixa la bevanda, rassicurandomi perché noto sembra sapere cosa stia facendo. «Credevo di averle viste tutte, ed invece...» parla servendomi il bicchiere. «Ecco a te».

    Lo blocco nella sua scivolata sulla superficie evitando che rovini in terra. Titubo poi per qualche istante, guardando in viso il ragazzo, prima di decidermi ad afferrare l'alcolico ed azzardare un sorso. Tolto il bruciore dovuto alla gradazione, non riscontro sensazioni strane al palato e ciò conferma che il drink sia bevibile. Più della birra almeno. «Davvero le hai viste tutte?» ribatto in tono incerto, con la curiosità che traspare nello sguardo. Ad esser franco credo che sia troppo giovane per poter sostenere una cosa del genere, sebbene lavori qui, in un locale malfamato, circondato quotidianamente da casi umani; è anche vero però che l'apparenza inganna, specie in una città come questa, dove tutti si mostrano per ciò che non sono, dunque non mi lascio condizionare da quel che vedo, concedendo al ragazzo il beneficio del dubbio. «Mah... Forse non tutte ma di sicuro abbastanza da farmi odiare questo lavoro...» ascolto la sua lamentela attentamente, stabilendo un contatto visivo sfuggente onde evitare che provi disagio. Le persone si infastidiscono se fissate per troppo tempo, altra cose che ho imparato standoci a contatto spesso e (mal)volentieri, quindi mi adeguo affinché ciò non accada. «Ad ognuno la sua croce» commento facendo un altro sorso e poi butto un'occhiata al tipo che mi sta seduto di fianco. Chissà qual è la sua. Con molte probabilità la birra che sta bevendo, ma non ci metto comunque la mano sul fuoco...
     
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    Il Moonlight era davvero diverso dopo il suo restauro, gli operai che il proprietario gli aveva dato in gestione erano stati una buona squadra con cui lavorare e il risultato era notevole, con i nuovi controlli il locale si sarebbe presto levato la reputazione di malfamato che gli era stata gettata addosso, ed era certo che il proprietario si sarebbe assicurato di persona che nessuno rovinasse il suo locale. Il tocco finale era il pianoforte, non appena Raffaello l'avesse terminato, la sua alcova era pronta accanto al bancone, coperta da un pesante tendaggio che fungeva da sipario. Quella sera si era ripromesso di provare a concentrarsi sulle persone, così aveva occupato uno dei pochi sgabelli al bancone in modo che anche volendo non ci fosse lo spazio per mettersi a lavorare, e si era messo a sorseggiare la sua solita Guinness alla spina, cercando di rilassarsi mentre coglieva brandelli di conversazioni attorno a sé.
    Non gli erano sfuggite le smorfie del suo vicino e stava cercando di capire cosa non andasse, quando l'uomo parlò gli fu tutto più chiaro: impossibile accontentare un tedesco sulla birra, avrà sempre qualcosa di sbagliato. Non poté trattenere un sorriso divertito al pensiero, né dopo aver ascoltato la breve conversazione tra il giovane barista e lo straniero, se davvero pensava di averle viste tutte Raffaello aveva un paio di chincaglierie che gli avrebbero fatto cambiare idea molto in fretta.
    Si accorse che il tedesco lo stava fissando, quindi alzò un poco il bicchiere e rispose col suo accento italiano "La mia croce sono le irlandesi, da me non le sanno spillare nemmeno sotto tortura,oppure le annacquano. O il caffè, che il mondo ancora non ha capito come preparare in modo decente."
     
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    Osservo lo sconosciuto e mi sembra un tipo a posto, con pure la faccia simpatica, e ciò che afferma non fa altro che confermare quest'impressione. Con un accento che mi è familiare - l'italiano è infatti una delle lingue che ho appreso operando come artigiano - sentenzia che gli irlandesi siano la sua croce perché non sanno spillare una birra neanche sotto tortura e poi aggiunge che lo sia anche il caffé poiché nessuno sa farlo come si deve. Eh già. Gli italiani sono pignoli su questo quasi quanto gli inglesi con il té, o noi tedeschi con la birra. Purtroppo ci sono cibi o bevande che se provati fuori dal paese di appartenenza non sono neanche lontanamente paragonabili agli originali, risultando imitazioni banali e fatte male. Sollevo le sopracciglia e, scrutandolo in viso, mi lascio andare un lieve sospiro. Sento lo sguardo di entrambi addosso e comprendo di essere in difetto perché, pur avendo iniziato io il discorso, non ho detto qual è la mia croce. Vi pongo rimedio. Ci rifletto però un istante, mandando giù un altro sorso di alcolico, valutando bene se, quanto e che dire. Opto per rivelare il più banale dei miei problemi: Amalia, l'unica donna che riesce a farsi odiare ed amare al tempo stesso. «La mia croce è l'avere un ex moglie...» sentenzio in tono secco, guardando di fronte a me. «Mai scatenare l'ira del gentilsesso: un erinni non regge il paragone, anzi, pare quasi un angelo al confronto» concludo sbuffando dal naso e posando il bicchiere sul bancone. L'attenzione del barista viene richiamata da un altro cliente e quindi, pur apprezzando la piega che ha preso il discorso, è costretto ad abbandonarci.

    Rimaniamo quindi solo io e l'italiano, con davanti il nostro bicchiere, ad osservarci. Pur non essendo avezzo a fare il primo passo decido di presentarmi. In fondo mi sembra un tipo innocuo e scambiarci qualche chiacchiera non può certo uccidermi, no? «Mi chiamo Markus» dico e gli porgo la mano destra. Se accetta stringo la sua energicamente senza però esagerare in forza (non voglio certo stritolargli le dita) nel mentre che lo guardo negli occhi, se si rifiuta invece schiocco semplicemente la lingua contro il palato, ma in entrambi i casi, passato qualche istante, decido di annullare l'azione e la ritraggo riportandola sul bicchiere. Lo scruto poi in viso con fare pensieroso poiché più lo osservo e più mi pare qualcuno di familiare. Credo di averlo già visto da qualche parte sebbene non ricordi dove. «Non so tu ma...» esclamo con schiettezza onde evitare incomprensioni. «Perché la tua faccia non mi è nuova?» aggiungo dopo qualche secondo scostando lateralmente lo sguardo. Cerco di sforzarmi e ricordare, ma - ahimé - la memoria proprio non collabora. «Di recente hai portato veicoli ad aggiustare?» azzardo a chiedergli senza farmi i fatti suoi. Suppongo che sia un cliente, dopotutto mi risulta più semplice memorizzare i veicoli che le facce. Ed in fin dei conti agisco come mio solito: vaglio le varie opzioni partendo dalla più scontata.

    Edited by Ahmanet - 30/6/2020, 11:21
     
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    Raffaello sorride alla battuta sull'Erinni, decisamente fuori contesto rispetto al resto del locale, e ricambia la stretta di mano dell'uomo presentandosi a sua volta "Io sono Raffaello" . Fortunatamente la sua auto funzionava bene, quindi rispose scuotendo la testa "Per fortuna no, per ora funziona tutto bene. Non so, potresti avermi visto bazzicare qui al Moonlight o al quartiere commerciale, ma non è da molto che sono in città." nuda e cruda verità, Raffaello era un uomo abitudinario, una volta trovati i suoi due o tre posti di rado desiderava conoscerne di nuovi.
    "Ti occupi di meccanica?" sembrava stesse andando bene, decisamente non era il suo forte fare conversazione, soprattutto con uno sconosciuto, si finiva sempre a parlare di banalità, oppure di lavoro, quello vero.
    A tal proposito, provò a concentrarsi su quell'uomo, da quando aveva nominato l'Erinni gli frullava in mente l'idea che potesse essere più di un semplice cliente, così prese una lunga sorsata dal bicchiere e si concentrò quanto bastava. Odiava quell'alone di mistero che si era costretti a tenere, anche se ne capiva la necessità, e aveva imparato che era meglio capire subito che genere di persona si ha davanti.

    - Percezione delle aure/del magico: Oltre ad essere un'abilità innata, essa viene comunque affinata nel tempo tramite ulteriore concentrazione ed acquisizione di esperienza. La percezione delle auree o del magico, avviene grazie alle emanazioni di energia di ogni singola creatura oppure oggetto magico, si riesce quindi a stabilire se si ha di fronte qualcosa di meramente o umano oppure qualcosa di più, un oggetto di pura materia inorganica od altro. Le emanazioni di energia vengono immediatamente percepite quando si tratta di creature molto antiche o molto potenti, per gli oggetti se si tratta di incanti molto forti. Di fronte ad un oggetto od una creatura di scarsa potenza (e quindi emanazioni di energia meno intense), sarà più complicato avere una immediata percezione del magico o dell'aura. In mancanza di sufficiente energia per poter determinare l'origine di creature in particolare, ci si potrà affidare all'esperienza d'osservazione acquisita con il tempo, cioè la capacità di osservare i dettagli nell'aspetto o nel comportamento della suddetta. Ad esempio il pallore accentuato, la forma particolare o insolita dei canini, comportamenti prettamente animali o alienati. Il raggio d'azione della percezione ha pur sempre il suo limite, aumentando la distanza tra soggetto e creatura, diminuisce la possibilità di avere percezioni nitide e corrette.
    *N.B.: Le percezioni del magico o delle aure non svelano la natura/razza delle creature.
    - Raggio d'azione: fino a 5 metri
     
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    Raffaello - così dice di chiamarsi - sorride nel mentre che ricambia la mia stretta di mano. Piego un lato della bocca a mò amichevole assecondando il suo atteggiamento per non apparire come un vecchio burbero ed asociale. Non che io non lo sia - magari non vecchio - ma ciò comunque non va a giustificare un eventuale comportamento scostante.

    In risposta alla domanda che pongo lui va a scuotere la testa prima di affermare che la sua vettura sia a posto. Aggiunge anche che non si trova da molto in città, e che, solitamente, bazzica nel quartiere commerciale oltre che qui al Moonlight. «Il quartiere commerciale...» ripeto in un sussurro, con voce riflessiva, andando a grattarmi il mento con il pollice della mano libera. Frequento anch'io quella zona, complice il mio secondo "lavoro", per acquistare ciò che mi manca quando qualcuno mi commissiona un oggetto da incantare. «Strano» esclamo d'un tratto, bloccando la mano e sbuffando. Lo riguardo ma pur essendo in possesso di informazioni nuove proprio non vuole tornarmi in mente dove l'ho visto. «Di solito con le facce non mi sbaglio» dico e poso nuovamente il braccio sul bancone. «Comincio a perdere colpi...» affermo nel mentre che avvicino il bicchiere alle labbra. «Brutta bestia la vecchiaia». Faccio un sorso e torno in silenzio.

    Ascolto quanto chiede Raffaello dopodiché sollevo la spalla del braccio che ho posato sul bancone. «Da quasi vent'anni...» gli rispondo schietto, senza inutili giri di parole. «Mi ha trasmesso la passione per quegli ammassi di ferraglia mio padre. Ci bazzico sin da piccolo, tant'è che ormai credo di avere più olio di motore che sangue nelle vene» continuo a dire ironizzando un pò. Mi lascio andare una risata lieve, sommessa, prima di rivolgere un'occhiata a Raffaello. «Tu invece di cosa ti occupi?» gli chiedo prendendo a giocare con la collana, da me incantata, che porto al collo.

    Sistemata la frase finale, resa conto di aver scritto male rivedendo la scheda.


    Edited by Ahmanet - 31/7/2020, 19:36
     
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    Una canzone fin troppo nota la storia di quest'uomo, la passione del padre che passa al figlio, difficile capire se quest'uomo abbia davvero la meccanica nel sangue o se abbia passato la vita nell'inconsapevole imitazione del padre, chi può dirlo? Per Raffaello non era troppo diverso, ma almeno l'italiano poteva vantarsi di essere felice del suo lavoro. Raffaello provava una sensazione strana nei confronti di Markus, si notava chiaramente che entrambi non erano portati a fare conversazione, soprattutto con dei completi sconosciuti, eppure qualcosa li stava tenendo a quel bancone a sforzarsi di mandare avanti un discorso sensato.
    Raffaello si lasciò sfuggire una breve risata alla battuta del tedesco, lo capiva perfettamente anche se nel suo caso invece dell'olio per motori si parlava di cera e limatura di metalli vari.
    "Ho un negozio nel quartiere commerciale, dove cerco di vendere qualche souvenir ai turisti come gioielli o repliche di armi antiche. La mia specialità sono le lavorazioni di precisione su metallo o legno." Decise di non dilungarsi oltre anche perché il suo sguardo venne inevitabilmente attirato dalla collana a forma di lupo dagli occhi rossi che il tedesco portava al collo.
    Eccola lì la solita sensazione, quel familiare formicolio sui polpastrelli, l'inebriante sensazione dei suoi neuroni che si riattivavano andando a ripescare dalla memoria schemi di costruzione e sequenze di incanti. Per un fugace attimo lo sguardo dell'italiano si accese di vita e curiosità ma Raffaello distolse rapidamente lo sguardo dalla collana, forse Markus non sbagliava mai una faccia ma di certo lui non sbagliava mai nel suo campo, qualcosa in quest'uomo appassionato di meccanica emanava magia. Purtroppo l'artigiano non era ancora così bravo da capire se era proprio il tedesco o qualche oggetto che aveva con sé, ma le sue percezioni non sbagliavano mai.
    Decise di buttare giù quel che rimaneva della sua birra e decise di attendere che fosse il tedesco a mostrare o meno le sue carte.
     
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