La città senza senno

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    Quando Aaron era arrivato a Nouvieille aveva trovato una situazione decisamente bizzarra. La città era avvolta dal caos più totale, i cittadini si comportavano come se fossero completamente impazziti. Aveva capito quasi subito che c’era qualcosa fuori posto e questo lo aveva presto messo in allerta.
    Come prima cosa aveva tentato di contattare la Casa Madre di Londra e lì aveva ricevuto una nuova sorpresa non troppo gradita, ovvero che la linea telefonica risultava non raggiungibile. E la stessa cosa poteva dirsi per le email, sms, WhatsApp e qualunque altro tentativo possibile.
    Era isolato.
    L’ultima sua risorsa era la sede del Talamasca di Nouvieille, o almeno quello che ne restava. Aveva letto fascicoli sugli strani incidenti accaduti anni prima e quello che aveva riscontrato era il vederla popolata da creature provenienti da chissà dove e delle specie più differenti. Non gli era stato facile, nonostante la sua esperienza, di raggiungere la biblioteca. Almeno quella, almeno gli archivi, risultavano al sicuro. Gli sarebbero tornati sicuramente utili, ma nemmeno quelli potevano definirsi sufficienti.
    Aaron Lightner era solo e la cosa di cui aveva maggiormente bisogno erano alleati. Tuttavia a chi avrebbe mai potuto rivolgersi? La polizia non non conosceva nulla di quel ondo sovrannaturale e anche se gli avessero creduto probabilmente versavano nelle stesse condizioni del resto della popolazione considerando che non aveva visto nessuno cercare di riportare l’ordine.
    Era stato solo al terzo giorno che la metaforica lampadina gli si era accesa e si era ricordato che anche in quella città esisteva una sede dell’Animators Inc. Forse, fra tanti, i membri di quell’associazione potevano essere gli unici ad aver messo un tampone a quel disastro. Certo, era anche quella un tentativo che poteva risolversi con un clamoroso buco nell’acqua, ma in mancanza di soluzioni alternative, l’Osservatore avrebbe tentato anche quella. Si era perciò diretto verso quel luogo cercando di passare quanto più anonimo fra la folla di cittadini, mentre nel primo pomeriggio raggiungeva finalmente la sede e finalmente faceva il suo ingresso all’interno dell’edificio sempre vigile nel caso la situazione non si fosse rivelata delle migliori.



    per †Jean Claude†
     
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    Era tornato da poco a Nouvieille, eppure ogni volta che lo faceva era un colpo al cuore. Troppi ricordi, troppo di tutto quanto, ma quella volta era stato diverso. Aveva messo piede in quel luogo con un certo nodo alla gola che si era dissipato, o meglio dire messo da parte, in poco tempo da qualcosa che sembrava distorcere la visione della Nouvieille che ricordava. Era come se, lui occhio esterno che la osserva dopo anni di assenza, la città fosse avvolta da un velo di qualcosa di negativo, di malsano e insano. Sì, insano, era quello l'aggettivo che era saltato subito alla mente del Risvegliante mentre si trovava in taxi assieme alla madre, diretti all'appartamento dove sarebbero andati a stare.
    La cosa strana era il fatto che Jean Claude non sentiva più nessuno dei suoi colleghi da un bel po' di tempo dall'ultima chiamata fatta per confermare il periodo del suo ritorno. Ma non aveva dato peso alla cosa, non in maniera così importante come in quel frangente mentre sedeva nel taxi e teneva gli occhi incollati al finestrino per guardare fuori la gente che andava avanti e indietro. Era quello il problema: la gente. Erano loro ad avere qualcosa di strano che Jean Claude non capiva, si sentiva a disagio in qualche modo, ma arrivato a destinazione era stato costretto a mettere da parte tutto quel flusso di pensieri per concentrarsi sul taxista che aspettava di essere pagato, sulla madre che doveva essere aiutata con le valigie e poi dall'arrivo in casa e tutto il resto.

    Da quel giorno si era dedicato al lavoro in centrale di polizia e allo stesso tempo non aveva perso tempo per andare alla sede dell'Animators Inc. per vedere i suoi colleghi più o meno noti e ricominciare anche da lì la sua attività.
    Anche quel giorno stava in ufficio dell'Animators, seduto alla scrivania che gli era stata assegnata in un ufficio tutto suo. Aveva il monitor acceso e leggeva notizie vecchie riguardo a qualcosa di strano che potesse essere accaduto a Nouvieille, ma pareva non esserci nulla di eclatante. Eppure anche lì dove si trovava molti dei suoi colleghi parevano non sapere chi fosse nonostante avessero lavorato insieme in passato. Erano diventati tutti così strani e non capiva perché!
    Mentre rifletteva su quelle cose un suo collega bussò alla porta ed entrò subito dopo senza troppe cerimonie. Jean Claude alzò la testa affatto sorpreso da quei modi, poiché doveva essere prassi tra loro. Eppure quell'uomo appena entrato era uno di quelli che il Risvegliante definiva ormai strani e mezzi impazziti: non ricordava chi fosse e non sapeva dire nulla del perché era lì, ma che qualcuno lì dentro gli aveva detto che doveva starci e allora andava bene.
    "Hey" aveva detto senza chiudersi la porta alle spalle e senza dire il suo nome perché non se lo ricordava ancora, "C'è un vecchio giù che non so chi è, sembra aspettare qualcuno. Ci vai tu a fare da badante?". Detto ciò, voltò le spalle e se ne andò lasciando la porta aperta.

    "Testa di merda" mormorò Jean Claude tra i denti prima di alzarsi e scendere in fretta al piano terra, in cerca del 'vecchio' annunciato da Andrew il collega di merda.
    Lo trovò subito anche perché era impossibile non riconoscere un anziano di quel calibro: non sapeva dargli un'età perché aveva un volto vissuto e allo stesso tempo di una mente lucida e perfettamente attiva. Sguardo attento e indagatore. Non sembrava essere mezzo scemo come la maggior parte della popolazione di Nouvieille.
    "Buongiorno, sono Jean Claude Allison. Con chi ho il piacere di parlare?". Gli si era fatto vicino e subito dopo aveva porto la mano per rafforzare l'accoglienza.
     
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    Aaron Lightner non era stato del tutto sicuro che quella di andare all’Animators Inc. fosse stata una buona idea una volta che vi aveva messo piede. Anche lì, come nel resto della cittadina aveva percepito qualcosa di strano, qualcosa che andava al di là del comportamento consono. Al Talamasca aveva imparato ad analizzare i suoi interlocutori e tutti i cittadini con cui aveva avuto a che fare fino a quel momento gli erano apparsi confusi perfino su sé stessi. E non era diverso nemmeno in quegli uffici.
    O così credeva, tanto che era stato quasi disposto a rinunciare fino a quando qualcuno non era finalmente giunto ad accoglierlo.
    Era un uomo alto e biondo che si era presentato con il nome di Jean Claude e al quale l’Osservatore aveva prima lanciato uno sguardo attento, tanto per rendersi conto se fosse o meno alla stregua di tutti gli altri, e poi aveva allungato a sua volta la mano per presentarsi «Aaron Lightner, da Londra.»
    Una risposta semplice e chiara che avrebbe lasciato all’altro quel minimo per fare due più due e a lui la possibilità di rendersi conto se la persona che aveva di fronte era o meno in grado di intendere e di volere come presupponeva. Al momento Jean Claude gli sembrava normale, per quanto poteva essere normale chi aveva scelto un posto come quello come sede di lavoro, ma non aveva ancora avuto i mezzi per analizzare a pieno quello strano effetto che assaliva la maggior parte dei cittadini. Ma era lì anche per quello dopotutto, trovare una soluzione a quello strano enigma.
    Con un gesto della mano aveva fatto cenno di accordarsi, un po’ come se fosse lui a fare gli onori di casa, ma la sua età chiaramente gli consentiva di star seduto più tempo che in piedi e senza che gli si facessero troppe domande.
    «È un piacere conoscerla signor Allison.» aveva cominciato «Ho sentito parlare molto di questa città, anche se devo dire che l’ho trovata diversa da come mi aspettavo. Ma da Londra è un lungo viaggio e temo di essere troppo inglese per comprenderne a pieno lo spirito.» Uno spunto di conversazione che avrebbe potuto portare in una qualsiasi direzione, ma che forse gli avrebbe dato un qualche indizio su quello che in realtà era intenzionato a cercare.



    mi appunto il codice colore #8edb76
     
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    Aveva notato subito lo sguardo attento e osservatore di colui che si era presentato col nome di Aaron Lightner, ma non aveva dato troppo peso alla cosa dato che di solito gli anziani tendono ad avere una maggiore predisposizione all'osservazione più attenta rispetto ad un giovanotto o un uomo della propria età, forse puro e semplice spirito di conservazione misto ad anni passati a guardare il tempo passargli davanti gli occhi. Non era quello il momento di mettersi a divagare sulle abitudini degli anziani, dato che il signor Lightner era un vero e proprio anziano con tutti i crismi. A occhio e croce doveva stare sull'ottantina, ottantacinque al massimo, e non aveva immaginato potesse averne quasi cento.

    "Piacere mio signor Lightner" rispose subito indicando un divano posto sotto la finestra che dava sul giardino interno dell'Animators. Un angolo comodo e silenzioso dove si poteva conversare in pace. Gli fece cenno di accomodarsi senza problemi sul divano davanti al quale c'era un tavolino basso con un vaso di fiori finti ma ben tenuti e verosimili.
    "Nouvieille è una città che ami oppure odi con tutto te stesso", esordì piegando le labbra in un accennato sorriso amaro, cercando di andare subito al nocciolo della questione, ossia sul perché il signor Lightner, uomo così avanti con gli anni, si fosse recato dai Risveglianti anziché dalla polizia. "Ne succedono di cotte e di crude, è sempre stato così qui, ma da quando sono tornato la cosa sembra essere davvero degenerata" aggiunse prima di sedersi nell'angolo destro del divano.
    Lo guardò in fine con sguardo un po' curioso e un po' indagatore e poi gli pose due domande essenziali per capire. "Posso chiederle come mai è venuto in questa città? E perché più specificatamente qui all'Animators Inc.?"
     
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    Accomodatosi, l’Osservatore aveva prestato attenzione all’intero discorso proposto da Jaen Claude.
    «Sì, ammetto di aver sentito diverse storie.» aveva risposto «Non posso affermare di avere un’esperienza diretta, ma sembra essere molto famosa.» Si era fermato un istante per valutare la reazione del suo interlocutore alle sue parole «E lei signor Allison è di quelli che la odiano o la amano?» domanda lecita, dopotutto visto che quell’uomo sembrava conoscere Nouvieille da tempo, almeno stando alle sue parole. Oltretutto quello era una sorta di test per capire se fosse effettivamente in sé e per quello che aveva visto fino a quel momento gli sembrava proprio che lo stesse superando.
    La domanda più interessante, tuttavia, era arrivata proprio da Jean Claude ed era stata proprio quella in merito al perché si fosse recato lì anziché alla polizia.
    «Vede signor Allison, il punto è che quando sono arrivato qui ho notato qualcosa di molto strano. I cittadini sembrano come se fossero sempre in una sorta di bolla, quasi non avessero un vero contatto con l’esterno. Se dovessi trovare una metafora potrei definirli dei sonnambuli che vivono la loro vita senza viverla veramente. Ed ecco, la mia idea era quella di provare a vedere se c’era ancora qualcuno che avesse mantenuto un minimo di senno. E detto con tutta la sincerità del mondo, l’Animators Inc. mi sembrava la soluzione con maggiori chance di un responso positivo.»
     
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    Annuì in merito al fatto delle storie di Nouvieille, ma nella sua testa subito si pose la domanda su come facesse a sapere di quelle storie. Da che ne sapeva lui, solo chi aveva contatti con il mondo parallelo o chi ne faceva parte poteva sapere di quegli aneddoti, dunque la questione era: chi era Aaron Lightner? Domanda che sicuramente gli avrebbe posto più prima che poi. Successivamente arrivò la domanda che lo prese alle spalle, scottante come la brace viva e che, in quel contesto, non si era aspettato. "Non saprei dire se la amo di più o la odio allo stesso modo" rispose spostando lo sguardo verso la finestra per guardare fuori. Si raschiò la gola e sospirò prima di finire la frase. "Qui ho incontrato la mia ragazza e qui l'ho persa per cause diciamo poco... Comuni? Si chiamava Haru... Haru Hatori". Si riferiva al fatto che Leon, primogenito di Asterios, aveva fatto di Haru la sua schiava di sangue, seducendola prima e privandola della vitalità molto lentamente ma senza sosta, fino a farla morire. Doveva, anzi poteva già citare i vampiri come cause di morti strane? Forse ancora no, ma il discorso che il signor Aaron gli aveva fatto poco dopo gli aveva dato quasi conferma del fatto che anche lui, come se stesso, in qualche modo trattava col mondo parallelo.
    "Anche io come lei avevo avuto la stessa impressione. Sono tornato qui poco meno di un mese fa per lavoro e l'unica cosa che mi viene in mente è una sola: amnesia". Schiarì di nuovo la gola prima di riprendere il discorso per spiegarsi meglio.
    "Inizialmente non capivo, ma come ho messo piede sia qui che in centrale... Sono anche poliziotto e lavoro per la scientifica nel campo di omicidi a sfondo esoterico, magico ecc. Sa', chi crede nella magia e nei demoni esiste davvero, ma non è questo ciò di cui voglio parlarle". Si alzò e andò alla dispensa che stava nella saletta dietro alla reception e tornò subito dopo con una coppetta di ceramica con dentro cioccolatini di vari tipi e per palati dai gusti diversi. "Prego, e se gradisce qualcosa da bere, té, cappuccino, caffè o altro non esiti a dirmelo". Si sedette di nuovo dove era stato prima e riprese il discorso: "I miei colleghi sono tutti qui, ma nove di loro su dieci hanno perso la memoria e non si capisce perché. Uno di questi è proprio quello che ha incontrato prima di me. Posso capire che uno soltanto possa subire qualcosa di grave e traumatico da perdere completamente la memoria, ma quasi tutti... E' strano, non trova?"


    Edited by †Jean Claude† - 22/11/2023, 22:18
     
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    Il fatto stesso che Jean Claude avesse nominato il passato era un chiaro segno che la sua di sua di testa doveva funzionare perfettamente. E il fatto che conoscessi qualcuno che era appartenuto al Talamasca era un punto ulteriore a suo favore «Vedo che abbiamo una conoscenza in comune, signor Allison.» aveva proferito l’osservatore a quel punto «Ricordo Haru che era alta più o meno così.» e con la mano aveva segnato quella che doveva essere l’altezza di un bambino di circa sette/otto anni. «E ricordo perfettamente quando mi informarono di quanto le era accaduto. Sa quando si arriva alla mia età, si vede sempre i giovani un po’ come se fossero figli, se non addirittura nipoti. E ci si sente sempre un po’ in colpa a essere ancora qui mentre accadono queste tragedie. Se ci fosse modo di scambiare il tempo che ci resta a disposizione per donare loro solo qualche altro anno di vita, probabilmente sarei il primo a offrirmi volontario.»
    Già perché con i suoi 97 anni di età aveva visto passare tanti giovani osservatori all’interno del Talamasca e per molti di loro era stato come un mentore, ma era anche vero che, come accadeva spesso a chi si trova a contatto con il mondo soprannaturale, alcuni di loro non appartenevano più a questo mondo. Lui forse era stato fortunato ad arrivare vivo a quell’età, ma altri non avevano avuto lo stesso privilegio.
    Si era fermato per qualche istante i quei pensieri, a quei giorni alla casa madre di Londra e a milioni di ricordi che erano legati ad essa per poi rinsavire e ritornare alla conversazione che stava avendo luogo in quel momento «La prego allora, in onore di Haru, di lasciar perdere il signore e chiamarmi semplicemente Aaron, sempre che questo non le dispiaccia.»
    Gli aveva dato ancora qualche istante per prendere una decisione, quindi aveva ripreso confrontare le informazioni che stava ricevendo con quello che aveva constatato di persona «Un tè andrà benissimo, sono pur sempre inglese.» aveva risposto prima di continuare «Come le dicevo è la prima volta che sono in questa città, pertanto no conosco nessuno si cui poter basare questa ipotesi, ma temo che possa essere corretta. E quello che è peggio che qualunque sia la causa sembra aver colpito l’intera cittadina, o almeno quasi tutta. Da quello che ho potuto vedere, lei è il primo che incontro che sia ancora in sé da quando ho messo piede in questa città.» gli aveva spiegato. Ora a essere del tutto onesto lo preoccupava che anche lì, all’animatore Inc. si trovassero in quella situazione, perché se nemmeno loro che avevano a che fare con il sovrannaturale erano riusciti a preservarsi la situazione era davvero grave. «E le dirò di più. A quanto pare non sono i grado di contattare la sede di Londra da quando ho messo piede a Nouvieille.»
     
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    Parlare di Haru, o anche solo pensarle, gli metteva un senso di angoscia profonda, eppure le parole dell'Osservatore erano riuscite a strappargli un sorriso accennato. Chissà se fosse ancora viva cosa le avrebbe preservato il destino, ma questo con lei non era stato gentile, tutt'altro, e la considerazione di Lightner ne furono in qualche modo la conferma. Non aveva tutti i torti a pensare che dovevano essere gli anziani a lasciare il posto ai giovani, non il contrario, eppure lui che lavorava a stretto contatto con la morte tutti i giorni sapeva bene che sebbene questa fosse la legge della natura, c'era l'eccezione che decideva chi prendersi anzitempo e chi lasciare in vita. Forse Haru non era morta invano.
    "Allora lei mi chiami Jean Claude, mi fa lavorare in uno stato più disteso". L'avrebbe chiamato per nome, ma per rispetto per la sua veneranda età avrebbe continuato a usare la forma di cortesia con lui. "Mi dia del tu per favore, dato che anche io potrei esserle nipote... Cinque minuti per prepararle il té che ci aiuterà a ragionare meglio sul da farsi dato che qui le cose stanno assumendo sfumature più strane e insolite".
    Alzatosi, andò nella saletta attigua a scaldare l'acqua per due tazze di té, dispose anche dei biscotti allo zenzero in una coppetta e dopo pochi minuti fu di nuovo seduto sul divano pronto a riprendere il discorso con Aaron.
    "Mi diceva dell'impossibilità di collegarsi con l'esterno in alcun modo e a questo non ci avevo fatto caso perché da quando sono tornato qui non ho avuto ancora occasione di mettermi in contatto con qualcuno lontano. Ma proviamo...". Prese il cellulare: sul display tutto sembrava regolare, le app erano al loro posto, le tacche della batteria erano tre su cinque, ma soprattutto il segnale era buono. Aprì Whatsapp e scrisse un messaggio breve al suo capo reparto a Parigi, ma nel momento di inviare il messaggio cadde la connessione e il messaggio rimase lì in sospeso. "Proprio come se non ci fosse connessione, eppure...". Mostrò la cosa all'Osservatore prima di posare il cellulare sul tavolino davanti a sé.
    "Tutto questo è molto strano... Sarebbe da capire innanzi tutto se c'è una connessione tra questa amnesia collettiva, chiamiamola così per praticità, e il fatto di non poter contattare nessuno fuori da qui". Si massaggiava il mento mentre si sforzava di trovare qualche dettaglio che poteva tornare utile, ma al momento non aveva nulla.


    Mi fermo qui così se tu hai qualche idea per legare le due faccende hai carta bianca
     
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7 replies since 14/11/2023, 01:42   123 views
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