Gyokuro estcher.

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    "Il tea è una tazza di vita, che può portarti a scoprire altri mondi."



    Per quanto sia una bevanda a me non molto gradita, seguì l'evoluzione del tea, detto all'inglese, in prima persona. Quando sentì parlare dell'orientale bevanda per la prima volta mi trovavo in Inghilterra da circa un anno, ricordo precisamente che era il 1650 e che fu importata come medicinale con prezzi esorbitanti, vista la provenienza.
    Nel giro di dieci anni divenne la bevanda di moda a corte: si prendeva verde, con o senza latte, in tazzine cinesi di porcellana bianca e blu senza manico. Diventato simbolo di uno status aristocratico, chi non riusciva ad ottenere un servizio originale di porcellana, al massimo poteva optare per la ceramica italiana di Faenza o quella olandese di Delft.
    Nel secolo successivo divenne di consumo nazionale pur rimanendo ancora abbastanza costoso: i benestanti bevevano il primo infuso, i servitori prendevano le foglie usate bevendo il secondo e rivendendole poi ai meno abbienti che lo utilizzavano per ulteriori infusioni. Io provai la bevanda per la prima volta nel 1660, dopo 3 anni dalla prima vendita avvenuta nel 1657 dalla Garway's Coffee House di Londra e 6 anni prima dell'introduzione del tè nella corte inglese da parte di Henry Bennet, Lord di Arlington.
    Mi venne servita nelle classiche porcellane cinesi e dolcificata lievemente, anche se mi fu consigliato dall'uomo che mi aveva offerto una tazza della bevanda. Provai il classico tè verde senza latte, che devo dire non mi piacque per nulla e che dopo quel primo assaggio evitai fino a qualche tempo fa.

    bloodrose


    Quanto detto poco più avanti fu anche il motivo per cui inizialmente non mi passò in testa, neanche per un attimo, l'idea di visitare la casa del the posta a nord-ovest della città. Ne avevo sentito parlare più volte, e anche piuttosto bene, sia dai miei sottoposti, da persona con cui mi era capitato di parlare e anche in alcuni articoli.
    In quel periodo stavo tra l'altro passando un momento pieno di tensioni dovute al comportamento di alcune persone nei miei confronti, a ciò che avevano causato alcune mie azioni avventate e sentivo tutto quello stress accumularsi sulle mie spalle, nelle mie ossa e nella mia testa in cui, come al solito, si affollavano vari pensieri in conflitto, avevo bisogno di riposo mentale, un po' di tempo per non pensare ad altro che a me... così, pensai che sarebbe stata una buona idea prenotare per una bella serata in quel luogo e così prenotai con esattamente 8 giorni di anticipo, prima di recarmi lì il martedì sera. Per l'occasione e per conformarmi allo stile del luogo indossai un Kimono un po' particolare, che durante quei 8 giorni mi feci confezione. Esso presentava una lunga gonna svasata nera, simile a quelle che indossavo di solito, una parte superiore alquanto particolare e di un bel bordeaux cosparso di tanti piccoli fiorellini ricamati e con un corsetto nero a cintura stretto in vita.
    Arrivare in quel posto non fu difficile, non essendo particolarmente distante da casa mia, tra l'altro lo raggiunsi a piedi godendomi durante il tragitto l'aria fresca della notte, i profumi che arrivavano alle mie narici e i suoni che si alternavano al silenzio più assoluto. Fui lì per le venti-tre e fui piacevolmente sorpresa dall'osservare tutto quel verde intorno quella che sembrava una tipica casa giapponese, di cui avevo letto alcune cose.
    Quando fui all'interno rimasi stupida dalla bellezza del "giardino" e mi domandai come fosse sotto la luce calda del sole, cercando d'immaginare i raggi del sole sulla mia pelle e quel piccolo angolo di mondo, ma ciò riuscì a farmi cadere in uno stato di malinconia... Mi mancano moltissime cosa dell'essere umana, il sole e il poter godere della natura nel suo splendore, l'invecchiare e la mia famiglia... La mia magnifica famiglia...
    Mi trascinai la malinconia e i pensieri rivolti a un passato ormai lontano e a qualcosa che, ahimè, è morta e sepolta da secoli, all'interno dell'edificio... Presa da quelle emozioni che mi attanagliavano il cuore e la mente non feci caso all'entrata, come avrei fatto in caso contrario se fossi stata in condizioni differenti, mi diressi semplicemente al posto che avevo prenotato sedendomi e ordinando tea e dolci, così per provare ad affogare tutto ciò che la mia mente stava elaborando in una montagna di zucchero.
    Quando mi arrivò il tè insieme ai dolci, rimasi per diversi istanti ad osservare il liquido con sguardo perso... Ero venuta lì per rilassarmi, ma io stessa, senza volerlo mi ero buttata nelle braccia del tornato, che vortica da secoli nel mio essere.
     
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    Quando era morto il nonno, Daisuke era entrato in possesso di tutti i suoi beni tra cui una catena di alberghi di lusso sparsi nelle più famose città frequentate dai turisti, non solo a Tokyo. Poiché sua madre era oramai morta da quasi dieci anni, lui era l'unico erede diretto e si era improvvisamente ritrovato il proprio nome al posto di quello del nonno, che forse aveva visto un paio di volte quando quest'ultimo era andato a Las Vegas a trovare la figlia e la famiglia ristretta. Non ne ricordava nemmeno i tratti, figuriamoci.
    Gli era stato suggerito di trasferirsi a Tokyo per gestire l'attività alberghiera, ma lui aveva rifiutato per molti motivi, oramai a nouvieille aveva tutta la sua vita, le sue cose, le sue relazioni e per tanto aveva assegnato diversi compiti gestionali ad un vice presidente nominato da lui stesso, lasciando invece i vari direttori che vi erano stati prima della dipartita del nonno. Ovviamente prima aveva fatto delle indagini sulla loro efficienza e rendimento e, visti gli ottimi risultati, aveva lasciato ognuno di loro al proprio posto, compreso tutto il resto del personale che era molto numeroso.
    Quell'anno aveva convocato dirigenti vari nella sua città per consultare il bilancio dell'anno precedente e prendere decisioni di altro tipo. Doveva essere dunque una cena di la oro sì, ma decisamente formale e per mostrare massima accoglienza e rispetto verso quelli che in fondo erano uomini alle sue dipendenze, aveva prenotato quell'ala della casa del tè dedicata alle cene private. Come naturale conseguenza aveva richiesto abiti altrettanto formali visto il posto, e così lui è tutti gli altri commensali si erano ritrovati seduti attorno ad un lungo tavolo rettangolare, tutti rigorosamente in kimono e accompagnati dalle più brave geisha che la casa potesse offrire.
    Per quella sera Daisuke era praticamente irriconoscibile a chi era abituato a vederlo vestito stravagante e spesso anche provocatorio e provocante, invece quel kimono scelto gli dava tutta la bellezza e la sobria eleganza di un popolo che lui stesso faticava ancora a capire. A parte la fascia bianca di cotone leggero attorno alla vita, sotto al kimono tradizionale vero e proprio ne aveva messo uno in seta grigia con draghi dipinti a mano, quel capo era considerato 'underwear' e si chiamava nagajuban. Il kimono tradizionale che aveva sopra era di color grigio chiaro, in tessuto abbastanza leggero e con la fodera in seta di color indaco. Ai piedi aveva messo i tabi bianchi, calzini appositi, e i geta in legno. Sopra a tutto, un haori azzurro scuro pastello e in fine un kinchaku nero per portare portafogli e cellulare.



    HAORI
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    KIMONO
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    NAGAJUBAN
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    KINCHAKU
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    GETA
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    "Una volta il sole per me era la vita, adesso è ciò che può portarmi alla tomba..."



    Solo altre creature della notte possono capire ciò che provo... Sono stata condannata a vivere nell'oscurità, non per mia scelta, ma per volere di qualcun altro e adesso soffro terribilmente la mancanza del sole.
    Il mondo si presenta in modo diverso quando è riscaldato e illuminato da quei raggi amorevoli, che potrebbero uccidermi in breve tempo. Ricordo ogni giornata passata sotto la luce della nostra stella come magica, ogni essere vivente sembrava uscito da un regno incantato e i raggi caldi accarezzavano la pelle come una madre accarezza il suo bambino..
    Adoravo passeggiare nelle belle giornate, leggere sotto un albero cadendo spesso così in un sonno profondo a causa del piacevole calore, mentre i miei bambini rimanevano accanto a me e alla balia o giocavano allietandoci con le lero risate.
    Quante cose si potevano fare in una sola bella giornata di sole? Potevi andare in città, passeggiare, leggere seduti in giardino, farsi un bagno in un ruscello, ascoltare il canto degli uccelli... Queste sono solo alcune delle poche cose che si possono fare, ecco perché ritengo chi può vivere accarezzato da Elios - è così che i greci chiamavano il sole. - incredibilmente fortunato.

    bloodrose


    Seduta a quel tavolo con davanti a me degli ottimi dolci e un buon tè, mi sentivo incredibilmente triste a causa di un mio stesso pensiero che sapevo essere irrealizzabile... Avrei voluto ammirare il mondo solo per poche ore sotto la luce del sole, osservare quel luogo in tutto il suo splendore con i miei stesso occhi, ma non sarebbe mai stato possibile... In realtà c'era una possibilità, ma dopo sarei diventata solo cenere nel vento. Le lacrime minacciavano di scendere, mentre lentamente portavo un dolcetto alla bocca per provarlo.
    Non ho mai assaggiato dolcetti giapponesi o comunque orientali, non ne ho mai avuto la possibilità né in vita né durante tutti i viaggi fatti con il mio padre di sangue, ero troppo impegnata a morire di fame e a vincere una battaglia già persa in partenza contro l'essere che credo mi ami di più al mondo. Se quella sera fosse venuto con me, invece di andare a caccia di donne di cui nutrirsi e con cui passare la serata, probabilmente non mi sarei mai ridotta in quel modo... Lui avrebbe iniziato a farmi ridere, a farmi i dispetti, a tentare di allietare il mio animo in tutti i modi che conosceva, senza vergognarsi, arrivando persino a confessare di amarmi in un certo senso, ma in quel momento non c'era ed io non potevo fare a meno di far vagare la mia mente tra pensieri e ricordi della mia vita umana. All'improvviso sentì un liquido caldo colarmi sul vestito, bruciandomi, facendo così uscire un urletto istintivo dalla mia gola. "Aih!" Esclamai ad alta voce istintivamente riprendendomi da quello stato in cui ero caduta e osservare il tè bollente riversato sul mio vestito. Lo sentivo sulla pelle, sembrava che facesse da collante tra la pelle e la stoffa della gonna che si era attaccata alla coscia. "Mi... Dispiace signorina... Non volevo." Mi disse la Geisha che mi aveva versato il liquido addosso, tutta tremante e mortificata, mentre i presenti erano voltati verso di noi e bisbigliavano. La guardai sorridendo e affermai: "Non è nulla, non si preoccupi." Cercai di dirle, ma senza riuscire a calmarla. Ella continuava a scusarsi secondo dopo secondo, quasi prostrandosi ai miei piedi e non c'era verso di farla calmare.
     
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    Cenava tranquillamente con i suoi commensali e le geisha, le quali offrivano loro piccoli manicaretti e bicchierini di sakè caldo mentre raccontavano improbabili storie su altrettanto improbabili clienti, facendo scoppiare di tanto in tanto un'ilarità dettata più che altro dall'effetto del sakè.
    Il mannaro era così preso da quella cena in fondo anche così divertente, oltre che costruttiva, con i suoi collaboratori che non si era minimamente accorto della presenza di una non morta che sedeva nella sala centrale. Non era un tipo da stare perennemente con i sensi in allerta, era una cosa che faceva solo quando lo riteneva necessario, oppure in luoghi che non gli ispiravano fiducia, ma cosa poteva mai capitare in una casa del tè? E invece una piccola disattenzione da parte di una delle ragazze della casa aveva fatto sì che del tè bollente cadesse sulla gonna dell'abito di una cliente, la quale si era fatta uscire uno strillo che, inevitabilmente, aveva attirato l'attenzione di tutti i presenti, facendo anche cadere un imbarazzante silenzio.
    La tavolata dove sedeva il mannaro era una di quelle poste ai alti e riparate da porte scorrevoli fatte con pannelli in carta di riso, nel momento dell'incidente era chiusa, eppure lui non aveva saputo resistere dal non aprirla per vedere cosa era successo. L'occhio attento era immediatamente caduto su quella figura femminile per la quale aveva provato un'immediata repulsione, nonostante la ragione e la razionalità gli dicevano che era una bella donna. Guardava quella donna con lo sguardo fisso su di lei e per un momento si era ritrovato in una sorta di stato confusionale. Non era malore, affatto, si sentiva benissimo, ma il suo spirito animale e mannaro aveva reagito selvaggiamente dentro di lui ruggendo, sebbene dalle sue labbra chiuse non si era udito alcun suono.

    "Daisuke-san, si sente bene?"
    La voce delicata della geisha che gli sedeva accanto e che fino a quel momento l'aveva servito, aveva spezzato l'incantesimo, facendo tornare il biondo con i piedi per terra. Scuotendo la testa, si era voltato verso la sua accompagnatrice e si era preso un breve momento di riflessione prima di risponderle.
    "Tutto bene, grazie. Dovrei soltanto andare al bagno".
    Non c'era bisogno di chiedere altro, lei sapeva che quando un cliente dava quell'avviso, lei doveva alzarsi e accompagnarlo fino al bagno, attendere fuori per poi riportarlo dagli altri commensali. E così aveva fatto. Strada facendo, Daisuke aveva guardato la donna di prima con la coda dell'occhio e sì, era quasi certo di stare nello stesso luogo, peraltro chiuso e con altre persone, con una vampira.

    "Avrei voluto tanto vedere il tuo spettacolo, ma detto tra noi, non mi sento molto bene. Perciò ti chiedo di accompagnarmi fuori usando l'altra uscita e di' ai miei ospiti che sono dispiaciuto, ma che colto da un malore mi sono visto costretto ad andare a casa. Digli anche che li richiamerò domani per porgere loro le dovute scuse".
    Dal suo kinchaku aveva tirato fuori una scatolina in legno scuro laccato e finemente lavorato dove vi era il regalo che aveva portato per lei. Ancora chiuso, glielo aveva dato e subito dopo le aveva consegnato anche il conto della cena, completa di spettacolo, e una tantum come regalo d'apprezzamento per la casa che lo aveva ospitato.
    La geisha aveva accettato tutto nel più profondo silenzio e una volta sicura che il suo ospite non aveva altro da dire, gli aveva fatto un profondo inchino.
    "La ringrazio di tutto cuore per la sua generosità e per la sua presenza, Daisuke-san, l'accompagno come mi ha chiesto e adempierò tutti gli ordini che mi ha assegnato".

    Una volta fuori, lei l'aveva condotto nella piccola sala che precede quella dove vi erano gli altri ospiti, l'aveva aiutato a mettersi i geta e si era congedata con un secondo, profondo inchino.
    A quel punto si era guardato un attimo attorno e prima che qualcuno potesse uscire fuori e vederlo, e quindi per evitare possibili domande, era tornato indietro fino all'uscita secondaria e da lì avrebbe preso la via per l'uscita vera e propria.
     
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    ”Per godersi qualcosa bisogna liberare la mente.”



    Ero così immersa nei miei pensieri che il mondo che mi circondava era svanito, nulla esisteva più né il mio corpo fisico né il locale in cui mi trovavo, ero sola a rimuginare sul passato, su tutto quello che avevo perso diventando vampira contro la mia volontà… La mia idea di passare una bella serata da passare insegna del divertimento e della tranquillità mentale, per stare almeno qualche ora senza a rivangare il passato. Un abbraccio o una persona al mio fianco mi sarebbe stata utile, ma chi sarebbe stato mai così gentile da prendermi tra le sue braccia, rimanere con me finché non fosse passata ogni cosa e che il sorriso si dipingesse nuovamente sul mio viso? Chi Elias? Il non morto che mi aveva costretto ad uccidere? Chi? Mi sentivo così sola, terribilmente ed eternamente sola, perché nonostante abbia qualcuno che afferma di amarmi intorno mi sento presa in giro… Dopotutto non sono come gli altri vampiri… Io odio questa immortalità, non è un bene, ma una maledizione…

    bloodrose


    Persa nei meandri della mia mente, mi risvegliai da quel groviglio infinito e intricato di pensieri, che potevano essere paragonato a roseti pieni di spine, solo quando il tea bollente colò un po’ sulla gonna del mio vestito. Bruciava, era caldo, ma per me non era nulla, ma la giovane Geisha che mi aveva servita continuava a scusarsi con ogni mezzo, finendo quasi in lacrime. Gli occhi di tutti erano ormai puntati su di noi, cosa che mi metteva non poco a disagio e chissà quanto faceva sentire umiliata la poverina. Scorsi persino una porta aprirsi e una figura bionda e vestita tradizionalmente osservare la scena. Non feci più di tanto caso a nessuno dei presenti in quando ero impegnata a calmare la ragazza del quale presi la mano nella mia per stringerla. La guardai negli occhi e usai il mio charme per convincerla con dolce parole che non doveva sentirsi in colpa e che una coda di quel genere poteva capitare: “Non è colpa tua, è stato solo un incidente.” Fui il più gentile possibile sorridendo per tutto il tempo, mentre la situazione si calmava e tutti tornavano a pensare a loro stessi. Quando ogni cosa fu a posto, le chiesi per piacere di portarmi il conto. Avevo bisogno di tornare nella mia dimora e cercare qualcuno da cui avere conforto, non volevo finire in lacrime in mezzo quelle persone e rovinare la loro serata. Pagai ogni cosa anche ciò che non avevo consumato, lasciando un ingente mancia alla fanciulla.
    Una volta fuori riempì i miei polmoni con l'aria fresca della notte e sospirai alzando il mio sguardo alla luna. Che cosa buffa… Da umana amavo la notte solo perché potevo passare ore e ore tra le braccia di mio marito, invece in quel momento avrei fatto qualunque cosa per essere baciata dal sole per anche in breve periodo di tempo. Invidiavo i risorti per questo, loro possano vivere alla luce come un umano ed io invece sono costretta a dormire quando il sole è alto.
    Nel mentre osservavo l’astro luminoso, vidi la stessa figura che si era affacciata dalla porta scorrevole all'interno della casa, sorrisi quando mi passò davanti mentre si dirigeva verso l'uscita. In quel momento percepì il suo odore, era un mannaro. Lo guardai, ma non smisi di sorridere, dopotutto non ho mai avuto nulla contro quella specie e divergenze di alcun tipo, mi sembrava stupido provare odio, come lo provava Elias, per qualcuno che neanche si conosce. Quando se ne fu andato il mio sorriso sparì e sospirai iniziando ad incamminarmi lentamente verso la stessa direzione, fermandomi di tanto in tanto per osservare ogni cosa. Come varcai la soglia me ne andai subito nel luogo che chiamavo casa, avrei preso un'altra volta il mio thè.
    CITAZIONE
    Charme:
    Uno dei poteri psionici che permette al vampiro di affascinare qualunque creatura, mortale e non, che non abbia la stessa capacità; gli altri non hanno scampo, l’effetto è pressoché immediato ed in base all’età del vampiro stesso. Il vampiro può affascinare in diversi modi: con il solo sguardo dalla profondità che attira e chiama chiunque, bello e seducente anche se il vampiro non è bello e giovane. Oppure con la voce: mentre parla con l’intento di sedurre, il vampiro modula la voce a proprio piacimento facendola sembrare soave musica per le orecchie del povero malcapitato. Altro modo di ammaliare è usare voce e movenze seducenti, ma quello più potente ed efficace è sfruttare tutte e tre le cose combinate: sguardo, voce e movenze. O si scappa dalla loro malia (se vi si riesce) o si finisce sotto la loro forte volontà.
    La vittima, ovviamente, farà quello che il vampiro gli dirà di fare, ma non commetterà mai un atto che va contro la sua morale: suicidio, omicidio e altro.
    - Giovane: massimo due bersagli
    Raggio d’azione: max 10 metri
    Durata dell'abilità: 3
    - Anziano: massimo tre bersagli
    Raggio d’azione: max 15 metri
    Durata dell'abilità: 4
    - Antico: massimo quattro bersagli
    Raggio d’azione: max 20 metri
    Durata dell'abilità: 5
     
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    Una volta fuori dalla casa del tè, e pronto a tornarsene a casa, aveva notato che poco dopo anche la donna colpita dalla disattenzione della giovane geisha aveva fatto la stessa cosa. Ora che era solo e senza tutto quel vociare della sala interna, era come se fosse senza alcuna protezione, come se gli fosse stato tolto un velo di dosso.
    Il suo olfatto gli aveva fatto vibrare le narici perché qualche odore non troppo lontano si era insinuato nel naso, costringendolo a voltarsi verso la fonte diretta di quell’odore pungente che lo mise in un certo senso in allarme. Non era una persona viva, questo era certo, ed era certo che quella donna dai lineamenti così eterei non fosse come mille altre donne di quella città. Era una vampira, con questo genere di creature il suo olfatto non sbagliava mai.
    La donna gli aveva sorriso e lui di rimando le aveva lanciato uno sguardo interrogativo e sospettoso. Che i vampiri potessero incantare le persone era una triste e inquietante realtà, e lui aveva inteso quel sorriso come un tentativo di sopraffarlo con un incantesimo di quel tipo tanto da voltare la faccia dall’altra parte così velocemente da sembrare anche scortese. Ma c’era stato quel momento in cui entrambi si erano trovati sulla stessa strada per raggiungere evidentemente lo stesso punto, ovvero l’ultimo cancello oltre il quale vi era la via di casa per l’uno e per l’altra. A quel punto Daisuke, memore del primo sorriso che gli aveva rivolto quando entrambi erano ancora dentro, le si mise davanti proprio poco prima che potesse uscire dal cancello.
    Ci conosciamo per caso?
    Il tono della voce piatto voleva lasciare intendere che da parte sua non c’era intenzione di nuocere la vampira, anche se la presenza della non morta gli suscitasse un certo moto di fastidio.
    Ho visto che mi hai sorriso, ma non ricordo di averti mai vista prima. Chi sei?
     
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    "Pochi potranno mai capire cosa si cela realmente nel cuore di un redivivo..."
    bloodrose


    Ero appena uscita dalla casa da tè, incapace di rimanere ulteriormente in quel luogo a causa del mio malumore… La brezza notturna era così piacevole… Essa faceva si che i petali che ormai iniziavano a cadere iniziassero una favolosa danza prima di appoggiarsi ai miei piedi. Guardavo quel fenomeno estasiata, reso ancor più suggestivo dai lampioni posti lungo la strada e la luna che risplendeva nella notte senza nuvole.
    Pur osservando quello spettacolo suggestivo, che avrebbe lasciato chiunque senza parole, sentivo l’angoscia crescere in me, a causa di domande che si insinuavano nella mia testa e non accennavano a dissolversi come dello zucchero in una tazza di tè caldo.
    Il ricordo della mia vita umana mi pervase, cercai di ricordare il calore del sole sulla mia pelle, l’odore dei fiori, dell’erba appena tagliata, di tutte le cose che adoravo e che davo per scontate un tempo e che invece adesso rimpiango… Una lacrima rigò il mio volto, facendo si che il mio volto distogliesse lo sguardo e si focalizzasse su altro, fu in quel momento che vidi lo stesso uomo presente nella sala da tè. Incrociai il suo sguardo e per pura e semplice educazione sorrisi, ma la cosa non sembrò gradita da egli che mi lanciò uno sguardo interrogativo e sospettoso prima di voltarsi dall’altro lato. Sospirai non capendo ancora l’astio che provava per me. Non avevo mai incontrato un essere sovrannaturale che non fosse un redivivo come me, una mummia o uno zombie e per questo non riuscivo a comprendere.
    Lasciai stare l’evento decidendomi di lasciare quel luogo per ritirarmi nella mia dimora per dedicarmi alla lettura di qualche libro o per sprofondare nel pianto e nei ricordi, così mi mossi verso l’uscita trovandomi sulla stessa strada del giovane prima di separarci. Egli, per non so quale motivo, mi bloccò la strada con il suo stesso corpo per chiedermi se io e lui ci conoscessimo, per poi continuare domandandomi chi fossi. “Non volevo infastidirla… Mi scusi…” Affermai con flebile voce, con la testa bassa… Non desideravo conversare, la mia mente era piena di pensieri che si accalcavano uno contro l’altro e riempivano la mia testa. “Mi scusi, ma devo andare.” Continuai poco dopo, mantenendo il mio sguardo fisso sul pavimento cercando di oltrapassarlo per poter lasciare quel luogo … La mia memoria riemergeva sempre di più ogni secondo che passava e non sarei riuscita ancora a lungo a trattenere le lacrime, che minacciavano di sgorgare dai miei occhi. Una volta fuori, mi diressi velocemente verso casa, in cui una volta all’interno lontano da sguardi indiscreti mi abbandonai al pianto e ai ricordi.
     
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    Non era un esperto nei comporamenti dell'uomo, eppure certe volte bastava poco per capire qualcosa di uno sconosciuto che aveva davanti. Quella donna era così strana, a parte essere vampira, la vedeva come una barca in balia delle onde che la portano da un punto all'altro dei suoi flutti. Non aveva nemmeno un atteggiamento tronfio che invece aveva riscontrato nella prima vampira incontrata in città, Noir, ma era come se dentro di lei si agitasse qualcosa che Daisuke non riusciva a decifrare. Prima gli aveva sorriso come a volerlo salutare silenziosamente, poi aveva abbassato lo sguardo e aveva preso subito la via d'uscita come a volerlo evitare, e in quel caso aveva pensato fosse pura vergogna. Invece la faccenda era un po' diversa.
    Aveva fatto di tutto per non essere d'impatto nei confronti della donna Vampira e non darle la parvenza di volerla provocare e infastidire, eppure lei si era scusata per averlo infastidito. Era stato sul punto di dirle che, in fondo, non era stato quello il motivo per cui le si era messo davanti, ma lei era stata più veloce di lui a prendere la strada dell'uscita e poi quella di ciò che doveva essere la sua dimora. Inutile dire che quel modo di comportarsi aveva destato non poca curiosità nel Mannaro, il quale si era riversato in strada per vedere la direzione presa da quella donna così misteriosa. Aveva atteso qualche manciata di secondi per darle il tempo di allontanarsi un po' e poi si era arrampicato sull'albero lasciando i geta in legno ai piedi del tronco, trovando più comodo compiere quell'azione a piedi scalzi. Una volta nascosto tra le foglie e trovato posto su un ramo robusto e non troppo sporgente aveva allentato il kimono mentre gli occhi si erano illuminati di quella luce sinistra e dorata che era poi il colore dei suoi occhi quando la forma umana cominciava a lasciar spazio a quella animale. Le ossa delle gambe e delle braccia si erano allungate di un po' coprendosi di folta pelliccia maculata, gli artigli erano spuntati dai piedi e dalle mani per stringere il tronco su cui poggiavano, e infilzandosi in esso per poter reggere meglio il peso di un corpo che stava cambiando la sua forma, e poiché il dolore che lo attraversava in quei momenti era forte e intenso. Eppure faceva parte del gioco anche quello.
    Anche il volto era in piena trasformazione, soprattutto la zona labiale e i denti, lunghi e aguzzi canini superiori e inferiori brillavano nel buio della notte assieme al paio di occhi felini che tagliavano le tenebre sempre in cerca della figura della donna vampiro.
    Non mancava molto affinché potesse tornare a terra e prendere la strada per seguirla, il grosso era fatto, a quel punto la lingua rasposa aveva inumidito il naso per cogliere ogni più piccola traccia odorosa che potesse servirgli.


    Per te va bene se ti seguo fino a casa?
     
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    Per me va più che bene. Come apro il continuo nell'apposita sezione aggiorno questo post e ti avverto nel topic dedicato alle prenotazioni.^^
     
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    per me puoi aprire nella sezione dove hai deciso l’ubicazione della casa della tua vampira. Puoi linkarmela anche qui ed io ti raggiungo.
     
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    Oggi vedo di aprire il topic con la descrizione dell'abitazione e ti tutto qui. ^^
     
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    Morgaine's House, questo è l link. Ho solo "descritto" la casa, così per il primo post hai carta bianca.


    Edited by Daisuke R. Stark - 10/11/2017, 11:25
     
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    Il post con la desrizione di case e attività lavorative è solo a titolo dimostrativo, mentre topic ambientati in case, negozi, uffici ecc. sono da farsi a parte per non intasare quello principale. Se per te non è un disturbo, preferirei se fossi tu ad aprire per la role a casa della vampira, anche perché l'ultimo post qui era mio ^^
     
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    Va benissimo, ma non so quando riuscirò a scrivere. In ogni caso ti lascerò il link qui.
     
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    Morgaine's house. ho aperto la role.^^ Ecco a te.
     
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